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Soggetti e follia. Un approccio storico-epistemologico
di
Mario Galzigna

"La malattia dell'uomo normale è la comparsa
di un'incrinatura nella sua fiducia biologica in se stesso (…).
L'uomo detto sano non è dunque sano.
La sua salute è un equilibrio che egli riacquista su fratture incoative.
La minaccia della malattia è una delle componenti costitutive della salute"

(G. CANGUILHEM, Il normale e il patologico, Einaudi, Torino 1998, p.249)


  • I. RADICI
  • II. PERSONA
  • III. INTUIZIONE E CONOSCENZA
  • N O T E

  • NOTE

    1. G. STANGHELLINI, Antropologia dellla vulnerabilità, Feltrinelli, Milano 1997, p.11. Nel testo, le espressioni o le frasi virgolettate prive di ogni riferimento sono prese da questo saggio ( ed è stata talvolta indicata, tra parentesi, la pagina citata ). Queste nostre riflessioni storico-epistemologiche – nate occasionalmente, a ridosso del saggio appena citato, e qui presentate senza nessuna pretesa sistematica - rappresentano una delle fasi preliminari di un lavoro di più ampio respiro, dedicato al tema dei rapporti tra coscienza, inconscio e storia.
    2. E. D. ESQUIROL, Delle passioni (1805), a cura di M. Galzigna, Marsilio, Venezia 1982, p. 141 e p. 73.
    3. Per una trattazione approfondita degli aspetti di carattere storico, rinvio a: M. GALZIGNA – H. TERZIAN, L'Archivio della Follia, Marsilio, Venezia 1980; M. GALZIGNA, La malattia morale. Alle origini della psichiatria moderna, Marsilio, Venezia 1992 (seconda edizione); M. GAUCHET – G. SWAIN, La pratique de l'esprit humain. L'institution asilaire et la révolution démocratique, Gallimard, Paris 1980. Si veda anche: G. LANTERI-LAURA, Psychiatrie et connaissance, Sciences en situation, Paris 1991; P. BERCHERIE, Les Fondements de la Clinique.I. Histoire et structure du Savoir psychiatrique, Ornicar?/Seuil, Paris 1980, e Les Fondements de la Clinique. II. Genèse des concepts freudiens, Navarin, Paris 1983; H. F. ELLENBERGER, La scoperta dell'inconscio, 2 volumi, Boringhieri, Torino 1976; P. PICHOT, Un siècle de psychiatrie, Synthélabo, Le Plessis-Robinson 1996; M. FOUCAULT, Storia della follia nell'età classica, Rizzoli, Milano 1976. Sul rapporto normale/patologico e sulla possibilità di definire la norma a partire dai suoi scarti, si veda il classico studio storico-epistemologico di G. CANGUILHEM, Il normale e il patologico (1943 – 1966), Einaudi, Torino 1998; all'interno dello stesso volume è stato inserito, come post-fazione, l'importante saggio di M. FOUCAULT, La vita, l'esperienza, la scienza, consegnato alla "Revue de métaphysique et de morale" nel 1984 (l'anno della morte) e pubblicato da quella stessa rivista nel 1985 (n.1, gennaio-marzo 1985), con il titolo L'expérience et la science.

    4) E. D. ESQUIROL, op.cit., p. 141.

    1. Ibidem, p.148.
    2. Secondo la Swain, Pinel che toglie le catene ai folli diventa l'eroe dell'umanesimo repubblicano, e la sua azione terapeutica scandisce l'irruzione dei diritti dell'uomo (sic!!!) entro le mura dell'asilo (G. SWAIN, Le sujet de la folie, Privat, Toulouse 1977, pp.119-171). Ho già dettagliatamente analizzato e confutato questa interpretazione, che sottovaluta la componente sicuritaria e disciplinare del trattamento morale (M. GALZIGNA, La malattia morale, cit., pp.129-135): un'interpretazione fortemente ideologizzata, che si collega direttamente al dibattito politico-ideologico d'Oltralpe, nel quale – già sul finire degli anni 70 – si stava verificando una ripresa del pensiero neo-liberale, incentrato sulla problematica dei diritti dell'uomo e su una rilettura orientata di Constant e di Tocqueville. In questa congiuntura ebbero un certo peso il revisionismo storiografico di Francois Furet, i lavori di Marcel Gauchet e riviste come "Le débat" (tuttora in vita: diretta di Pierre Nora ed animata dallo stesso Marcel Gauchet). In questa nouvelle vague neo-liberale, uno degli avversari da sconfiggere (spesso in maniera non scoperta) era sicuramente Michel Foucault e, con lui, tutto il pensiero critico europeo incline ad analizzare il rovescio dispotico della ratio democratico-liberale (dalla scuola di Francoforte all'antipsichiatria, da Habermas alla filosofia di Gilles Deleuze).
    3. "Un ospedale di alienati è uno strumento di guarigione", afferma E. D. ESQUIROL (Des maladies mentales, Bruxelles 1838, t. II, p. 144). Al ruolo curativo dell'istituzione manicomiale in Pinel accenna correttamente anche G. STANGHELLINI, op.cit., p. 45. Sulla problematica attuale della correlazione tra istanza terapeutica e contenitore istituzionale, si veda il recente scritto di F. PETRELLA, Intervento farmacologico vs intervento psicologico: la questione dell'integrazione, in "BioLogica", 1998 (in press) e nella rivista on line "Polit" (Psychiatry on Line) 1998 ). Sulla stessa problematica cfr., sempre di F. PETRELLA, Turbamenti affettivi e alterazioni dell'esperienza, Cortina, Milano 1993, pp. 405-528.
    4. Si veda – tra i non pochi esempi possibili - l'induzione farmacologica della distonia cinetica (chiamata anche parkinsonismo iatrogeno), in: G. KUSCHINSKY – H. LULLMANN, Farmacologia e tossicologia, Piccin, Padova 1998, p. 317 e sgg.
    5. Volume sesto, 1979, ora in: F. BASAGLIA, Scritti, Einaudi, Torino 1982, vol. II, pp. 411-418.
    6. N. ELIAS, Coinvolgimento e distacco. Saggio di sociologia della conoscenza, Il Mulino, Bologna 1988.
    7. Su questo si veda l'importante analisi di A. FONTANA, Il vizio occulto. Cinque saggi sulle origini della modernità, Transeuropa, Ancona – Bologna 1989, pp. 49-83. Sul rapporto tra sovranità e disciplina cfr. A. FONTANA, Polizia dell'anima. Voci per una genealogia della psicanalisi, Ponte alle Grazie, Firenze 1990 (in particolare pp.116-133). Le "voci", già uscite nell'Enciclopedia Einaudi, sono: Angoscia/colpa, Castrazione/complesso, Censura.
    8. Per il riferimento bibliografico si veda la nota 23.
    9. FERENCZI – GRODDECK, Corrispondenza (1921 – 1933), Astrolabio, Roma 1985, pp. 62 – 69.
    10. S. FERENCZI, Diario clinico (1932), Cortina, Milano 1988, pp. 59 – 65.
    11. Cfr. F. GUATTARI, Una tomba per Edipo, Bertani, Verona 1974, p. 366; ma si veda soprattutto: G. DELEUZE – F. GUATTARI, L'anti-Edipo, Einaudi, Torino 1975.
    12. Così F. GUATTARI, in "La quinzaine", 30 giugno 1972. Una prosecuzione della "schizo-analisi" proposta da L'anti-Edipo la troviamo in un'opera uscita a Parigi nel 1980: G. DELEUZE – F. GUATTARI, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Enciclopedia Italiana, Roma 1987, 2 volumi.
    13. Su questa critica, e sul rapporto tra coscienza costituente e coscienza costituita, si veda: H. EY, La conscience, PUF, Paris 1963 e, tra gli psicopatologi italiani, B. CALLIERI, Percorsi di uno psichiatra, Edizioni Romane, Roma 1993, pp.149-166. Sul rapporto fenomenologia-genealogia e sul rapporto Husserl-Foucault si veda: Conversazione con Michel Foucault , in "Il Contributo", gennaio-marzo 1980, pp. 23-84; M. FOUCAULT, Malattia mentale e psicologia, Cortina, Milano 1997, in particolar modo pp.51-65; M. FOUCAULT, Introduction, in: L. BINSWANGER, Le Rève et l'Existence, Desclée de Brouwer, Paris 1954, pp. 9-128 (si veda anche l'edizione italiana: L. BINSWANGER, Il sogno e l'esistenza, Introduzione di Michel Foucault, SE, Milano 1993); H. DREYFUS – P. RABINOW, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, Ponte alle Grazie, Firenze 1989, pp. 55-61. Personalmente, ho cercato, commentando Binswanger, una via d'uscita all'antagonismo tra fenomenologia e genealogia: cfr. M. GALZIGNA, Le strutture della presenza (il saggio compare come introduzione a L. BINSWANGER, Il caso Suzanne Urban. Storia di una schizofrenia, a cura di E. Borgna e M. Galzigna, Marsilio, Venezia 1994, pp.23-54). Sul tema cfr. anche G. LEBRUN, Notes sur la phénoménologie dans Les Mots et les Choses, in AA. VV., Michel Foucault philosophe, Seuil, Paris 1989, pp. 33-53. Sul rapporto tra intenzionalità (soggetto sovrano) e costituzione soggettiva (soggetto assoggettato), si vedano le sottili argomentazioni di Alessandro Fontana, che legge nell'ultimo Foucault un tentativo di mediazione tra le due posizioni: cfr. A. FONTANA, La lezione di Foucault, in AA.VV., Effetto Foucault, a cura di P. A. Rovatti, Feltrinelli, Milano 1986, pp. 15-23.
    14. Cfr. E. PACI, Funzione delle scienze e significato dell'uomo, Il Saggiatore, Milano 1963, p.470. L'influenza di Husserl sulla filosofia italiana passa soprattutto attraverso il magistero di Enzo Paci: attraverso la rivista "aut aut", da lui fondata nel 1951, attraverso la sua grande ed ineguagliata summa fenomenologica del 1963 ed infine, più specificamente, attraverso la sua coraggiosa e pionieristica opera di collegamento e di confronto tra la fenomenologia husserliana e le scienze dell'uomo.
    15. Ivi, p. 229.
    16. E. HUSSERL, La crisi delle scienze europee, Il Saggiatore, Milano 1961, p.529. Le sottolineature sono mie. L'opera, nel testo, viene citata con il titolo tedesco abbreviato: Krisis.
    17. Ivi, pp. 395-396. La sottolineatura è mia.
    18. Ivi, p. 490.
    19. Ivi, p. 39.
    20. Ivi, p. 490.
    21. E. PACI, op.cit., p. 474.
    22. E. HUSSERL, op.cit., pp. 45-46.
    23. Ivi, p. 490.
    24. J. RUESCH - G. BATESON, Comunication. The Social Matrix of Psychiatry, Norton, New York-Penguin Books Canada Ltd., Markham, Ontario 1987 (con prefazione di P. Watzlawick, scritta appositamente per questa edizione): si veda soprattutto il capitolo 9 (da noi utilizzato), dedicato all'epistemologia psichiatrica e firmato esclusivamente da Bateson. La prima edizione risale al 1951: è già presente, qui, il profilo essenziale della teoria del double bind.
    25. Cfr. N. ELIAS, Teoria dei simboli, Il Mulino, Bologna 1998, p. 203 (è l'ultima opera del noto storico e sociologo Norbert Elias, pubblicata nel 1989, cioè un anno prima della morte, all'età di 92 anni: un lucido ed appassionato testamento spirituale).
    26. Di Bateson mi limito ora a citare l'ultima silloge di scritti, uscita in USA nel 1991: G. BATESON, Una sacra unità. Altri passi verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1997; di Edelman (premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1972) basti menzionare la più recente opera teorica di grande respiro, uscita in USA nel 1992: G. M. EDELMAN, Sulla materia della mente, Adelphi, Milano 1993.
    27. E. BORGNA, I conflitti del conoscere. Strutture del sapere ed esperienza della follia, Feltrinelli, Milano 1988, pp. 191-192.
    28. Cfr. G. LANTERI-LAURA, La chronicité en psychiatrie, Synthélabo, Le Plessis-Robinson, 1997, p. 23.
    29. E. D. ESQUIROL, Des maladies mentales, Baillière, Paris 1838, vol. II, p. 428.
    30. G. LANTERI-LAURA, op.cit., pp. 67-68. La traduzione e la sottolineatura sono mie. Il primo capitolo (qui citato) di questo saggio era apparso nella rivista storica "Annales" (3, 27, maggio-giugno 1972, pp.548-568), senza suscitare, che io sappia, un dibattito proporzionato alla novità e alla radicalità delle tesi sostenute. Sullo scacco dei grandi asili – "les magnifiques établissements" – che hanno contribuito a far crescere "le nombre des incurables" – si vedano le osservazioni critiche molto puntuali di MARANDON DE MONTYEL, La nouvelle hospitalisation des aliénés, in "Annales Médico-psychologiques", 1896, t.I, p. 60.
    31. Cfr. C. MIEVILLE, Chronicité: chronicisation ou chronification?, in "Archives Suisses de Neurologie, Neurochirurgie et de Psychiatrie", n.126, 1980, pp. 229 – 243.
    32. E. BORGNA, Come se finisse il mondo. Il senso dell'esperienza schizofrenica, Feltrinelli, Milano 1995, pp. 74 – 77. Il tema è stato ripreso anche più recentemente: cfr. E. BORGNA, Le figure dell'ansia, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 32 – 37. Sarebbe interessante – utilizzando i dati dell'etnopsichiatria - un'analisi critica comparata della cronicità in società industriali ed in culture preindustriali. Per ragioni di spazio ho solo accennato al problema.
    33. Cfr., al proposito, un intervento di Franco Basaglia, del 1966, su Deliri primari e deliri secondari, ora in: F. BASAGLIA, op.cit., Einaudi, Torino 1981, vol. I, pp. 376-383.
    34. Cfr. G. EDELMAN, op.cit., p. 282. Sul problema cfr. pp. 277-292.
    35. Cfr. A. H. MODELL, Other Times, Other Realities: Towards a Theory of Psychoanalytic Treatment, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1990.
    36. Sulla problematica del Sè plurale, qui solo accennata – e che verrà ripresa più avanti, nella seconda parte – cfr. R. J. LIFTON, The Protean Self: Human Resilience in Age of Fragmentation, Basic Books, New York 1993. Sul tema mi sia consentito il rinvio a: M. GALZIGNA, Euforie e malinconie del cibernauta. Il Sè plurale e la rete infinita, in corso di pubblicazione sulla rivista on line "Polit", 1998
    37. J. HILLMAN, Il codice dell'anima. Carattere, vocazione, destino, Adelphi, Milano 1997, pp. 20-21. Al determinismo dell'ambiente, della genetica o della costellazione edipica, Hillman contrappone quello che è in realtà, nonostante le sue intenzioni, un altro tipo di determinismo, altrettanto cogente ed univoco: il determinismo del daimon, "portatore del nostro destino". Il daimon è molto di più di uno stile di vita, che si forgia e si modifica nel tempo; è in realtà vocazione, destino, "immagine innata", "carattere": un "già dato", un qualcosa che esiste fin dalla nostra nascita, e che una terapia corretta ed eticamente orientata dovrebbe far emergere e trionfare. Ci sia consentita qualche annotazione ironica, che tuttavia ritengo epistemologicamente fondata: peccato che solo pochi eletti possano, nell'arco della loro esistenza, identificare un daimon, una vocazione, con o senza l'aiuto di una psicoterapia! Peccato, anche, che molti individui scoprano in se stessi più vocazioni, più demoni, tra i quali si scatena spesso un lacerante conflitto. A mio parere Hillman entra in contraddizione con lo stesso Jung, sua riconosciuta guida intellettuale, che individua nella psicologia analitica una prospettiva liberatoria, proprio perché capace di far assumere ad ogni individuo la pluralità di personae che lo abitano. Per uno junghismo critico, che valorizza la complementarietà tra un Sè multiplo ed un Io integrato, si veda M. TREVI, L'altra lettura di Jung, Cortina, Milano 1988.
    38. Cfr. A. H. MODELL, The Private Self, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1993. Sulla produzione metaforica, fondata sull'associazione per somiglianza, a cui corrisponderebbe, secondo Jacobson, l'attività simbolica studiata da Freud, cfr. R. JACOBSON, Two aspects of language and two types of aphasie disturbance, in: Foundamentals of language, Mouton, L'Aia 1956, pp. 80-82. Per Lacan, come è noto, che sviluppa le tesi di Jacobson, la freudiana condensazione – attività fondamentale del lavoro onirico – si serve della metafora, mentre lo spostamento è assimilato alla metonimia. Cfr. J. LACAN, Il seminario.Libro III. Le psicosi, Einaudi, Torino 1985, pp. 254 – 274.
    39. Sul corpo visto come fondamento del pensiero e della metafora, si veda l'importante lavoro di linguistica cognitiva di G. LAKOFF, Women, Fire, and Dangerous Things. Wath Categories Reveal about the Mind, University Press of Chicago, Chicago 1987. Segnalo anche un recente articolo di Edelman relativo ad un approccio alla creatività fondato sulla relazione tra corpo e metafora: G. EDELMAN, La metafora muta. Arti figurative e cervello, in "MicroMega", 2, 1998, pp.206-226.
    40. Contro la "mistica della persona" - ed a favore di una varietà di "piani di conoscenza" (di ipotesi, di teorie scientifiche, eccetera), visti come necessaria "premessa" ad ogni comprensione, ad ogni intuizione dell'altro - rimane a mio avviso ancora valido l'intervento di A. BALLERINI e P. ROSSI, A proposito di alcuni presupposti culturali del concetto di persona, in "Giornale di Psichiatria e di Neuropatologia", fasc. II, 1970, pp. 291-302 (ringrazio Albertina Seta, che mi ha segnalato questo articolo).
    41. Punto di vista, questo, già presente in quello che può essere considerato il padre fondatore dell'indirizzo antropoanalitico italiano: D. CARGNELLO, Alterità e alienità, Feltrinelli, Milano 1966, p. 15 e passim.
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