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Soggetti e follia. Un approccio storico-epistemologico
di
Mario Galzigna

"La malattia dell'uomo normale è la comparsa
di un'incrinatura nella sua fiducia biologica in se stesso (…).
L'uomo detto sano non è dunque sano.
La sua salute è un equilibrio che egli riacquista su fratture incoative.
La minaccia della malattia è una delle componenti costitutive della salute"

(G. CANGUILHEM, Il normale e il patologico, Einaudi, Torino 1998, p.249)


  • I. RADICI
  • II. PERSONA
  • III. INTUIZIONE E CONOSCENZA
  • N O T E

  • II. PERSONA

    Nell'ambito della psicopatologia, la continuità tra ragione e follia, già tematizzata da Pinel, viene spesso ribadita e ridefinita anche attraverso l'utilizzo di un concetto elaborato da Edmund Husserl, all'interno della sua fenomenologia: il concetto di epoché.

    L'epoché fenomenologica è la messa tra parentesi del mondo, "la sospensione volontaria del senso comune", la "perdita dell'evidenza naturale", il "disancoraggio dalla realtà consensuale"(p.187), dalla realtà condivisa da parte dei membri della comunità di appartenenza. L'eccessiva inclinazione o l'eccessiva resistenza all'epochè costituiscono "la condizione che predispone alla patologia mentale". La stessa condizione che sta, secondo Husserl, alla radice dell'attività filosofica e, potremmo aggiungere, dell'attività creativa, è dunque una sorta di Giano bifronte: in bilico tra l'abisso della disintegrazione schizofrenica e lo spazio aperto del pensiero e della creatività. Sospendere il senso comune – problematizzare ciò che ci appare ovvio e scontato – può essere "un salutare esercizio di demistificazione", e quindi una premessa necessaria ad ogni attività creativa e riflessiva, ma può anche condurci alla deriva psichica, alla perdita di contatto con la nostra realtà storica e culturale: perdita dell'ancoraggio, sradicamento, smarrimento dell'identità, derealizzazione, depersonalizzazione, egopatia, e quindi crisi della funzione costitutiva dell'Io, cioè della sua capacità di concettualizzare il Sé, gli altri e gli oggetti del mondo. Ma su questo ritorneremo.

    Attraverso l'epoché, dunque – al tempo stesso strumento del pensiero, fonte della creatività e matrice della follia - la psichiatria fenomenologica riapre e ripensa "il campo problematico dei rapporti tra normalità e patologia", già dischiuso, all'alba del XIX secolo, dagli alienisti della scuola parigina. Il folle – lo psicotico, lo schizofrenico – appartiene radicalmente all'orizzonte dell'umano: è anch'esso persona; persona, per dirla con Binswanger, con un suo modo specifico e irriducibile di essere-nel-mondo.

    Al concetto di persona Stanghellini dedica particolare attenzione in tutto il suo libro, ma soprattutto nel sesto capitolo, dedicato alla psichiatria antropologica di Jacob Wyrsch. Stanghellini ha il merito di ridefinire rigorosamente il concetto psicopatologico di persona, in aperta polemica con il riduzionismo della psichiatria biologica, che vede nelle forme del disordine mentale pure e semplici entità naturali, astoriche, riconducibili esclusivamente ad alterazioni cerebrali o bio-umorali. L'attenzione alla persona vista come homo biographicus, come storia di vita, non può essere appiattita su opzioni ed atteggiamenti di carattere irrazionalistico, estetizzante, o filantropico. E' invece, come afferma l'autore, un "vincolo epistemologico"(p.15).

    La sostanziale accettazione di questo approccio si accompagna tuttavia ad una perplessità di fondo, di carattere teorico e pratico: la persona – l'Io, la coscienza – ci appare talvolta, nella prospettiva fenomenologica della psicopatologia, come una realtà già data; potremmo dire, usando il linguaggio filosofico, come una realtà costituente e non costituita. [17]

    Fuori dal gergo, voglio sostenere che per cogliere con pienezza l'attualità di una presenza occorre guardare ai modi, ai percorsi temporali, alle vicende (di carattere individuale, sociale, storico) che hanno reso possibile la formazione e la costituzione della persona concreta: quella stessa persona che il terapeuta incontra e cerca di comprendere e di guarire.

    L'attenzione fenomenologica alla coscienza come intenzionalità, come campo della donazione di senso (Sinngebung) e quindi come attività costituente (o costitutiva), non può farci dimenticare la trama dei processi storici che l'hanno prodotta e costituita: cioè, per dirla sempre con Husserl - ed anche con Enzo Paci - la sua diacronicità, oltre che la sua genesi passiva e la sua costituzione passiva. [18]

    All'altezza dei vertici problematici più radicali del pensiero husserliano, stiamo cercando di individuare l'implicita necessità di un'integrazione con l'approccio storico-genealogico. La coscienza, in quanto evidenza, nonostante la sua ribadita natura di fenomeno originario, trova in se stessa la sua ineliminabile storicità, la sua ineludibile diacronia. Scrive infatti Enzo Paci: "Il presente scopre in sé, ora, il passato reale che l'ha preceduto e ripresentifica e riconosce nell'origine attuale l'origine passata". Ed ancora: "L'intersoggettività del presente, sincronica, trova in sé le reali strutture diacroniche precedenti che hanno permesso la presenza sincronica". [19] Di qui, come dimostreremo più avanti, alla possibilità di pensare l'inconscio, il cammino – un nuovo cammino, filosofico e clinico - non è certo scontato, ma non è neppure impraticabile, sotto il profilo di una teoria fenomenologicamente fondata.

    La storicità, come afferma Husserl in Krisis, "è il mondo circostante delle cose della cultura (…) è il mondo dei prodotti tramandati, dei risultati di passate attività". E "ciò rende l'esistenza umana (…) un che di storico; l'esistenza umana è sempre un che di storico". La "storicità", dunque, "è già da sempre in atto (…), è appunto un che di generale che inerisce all'esistenza umana". [20]

    La nostra storicità, questo "mondo culturale", questo "modo d'essere che è diverso in ogni epoca storica" – e che si configura sempre come una "tradizione" – "ha una propria struttura essenziale che può essere dispiegata attraverso un'indagine metodica ". [21]

    Ciò non significa ridurre l'umano alla sua costituzione passiva, alla sua determinatezza storica. La presenza, proprio perché "non si limita ad articolarsi nella totalità storica", può tessere "un nuovo filo nell'ordito della cultura", diventando fonte di "una nuova umanità" e di "una cultura di nuovo genere". [22]

    Nel cuore della tragedia tedesca – in piena tirannide nazista – l'ultimo Husserl tematizza la possibilità di questo "slancio" verso il futuro (lo stesso che "animò tutte le imprese scientifiche"), fondato sulla consapevolezza e sul trascendimento della nostra storicità essenziale. L'Inno alla gioia di Beethoven diventa per lui la "testimonianza perenne" di questo spirito, di questo slancio creativo e costruttivo. "Oggigiorno quest'inno non può che suscitare in noi dolorosi sentimenti. E' impensabile un contrasto maggiore con la nostra attuale situazione". [23]

    La storicità del soggetto, che occorre conoscere attraverso un'indagine metodica, appartiene dunque alla sua stessa struttura; la storicità è tradizione, eredità già data, vincolo, ma è anche premessa e promessa di nuove libertà, progetto, "azione creativa", costruzione di "un secondo grado dell'umanità": presenza costituita che diviene storicamente - all'interno di quello che Husserl definisce "il secondo grado della storicità", [24] - presenza costituente, spinta verso il futuro, intenzionalità. Come sintetizza efficacemente Enzo Paci, "l'intenzionalità, partendo dalla presenza, si dirige oltre la presenza riprendendo il passato e muovendosi verso il futuro". [25]

    I "filosofi del presente", " funzionari dell'umanità ", [26] colgono, "a partire dagli uomini singoli", [27] tutta la pienezza della presenza: intrisa di storicità, strutturata in forme specifiche, protesa verso il futuro. Una psicopatologia all'altezza dell'elevata temperatura etica delle pagine di Krisis non può permettersi di trascurare nessuna di queste tre dimensioni fondamentali. L'intuizione eidetica delle forme (figura del presente relazionale), colta anche attraverso il supporto di una indagine metodica di carattere storico (figura del passato, figura della sua rimemorazione), potrà produrre cura e guarigione (figura del futuro, figura del progetto terapeutico).

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