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Nota della redazione

La recente pubblicazione su POL.IT dell'ultima versione del PdL Burani è stato accolta con grande interesse da tantissimi lettori e da ormai dieci giorni è il documemto più letto e ricercato su POL.IT insieme al commento di Benevelli che abbiamo pubblicato contestualmente.

Di parere opposto al commento di Benevelli è stato il giudizio sul PdL Burani che ci è giunto da Albertina Seta per Nuova Psichiatria.

Di seguito pubblichiamo la controreplica di Benevelli

Volentieri pubblicheremo su richiesta ogni altro contributo alla discussione sul tema della riforma della 180, che fin dall'inizio stiamo cercando di documentare nel modo più attento e completo possibile.

Buona lettura

Risposta a "Nuova psichiatria"
di Luigi Benevelli

Rileggendo il testo unificato Burani Procaccini alla luce dell'interlocuzione di "Nuova Psichiatria", osservo che i punti che da soli garantirebbero il valore positivo della proposta (istituzione delle divisioni di psichiatria al posto degli SPDC, moduli di 20 posti letto, durata del t.s.o. fino a due mesi) costituiscono parti secondarie perché non comportano di per sé l'abrogazione della 180.

Faccio notare al riguardo che:
- le Cliniche Universitarie, se vogliono, e i gestori privati possono abbondantemente "sforare", e hanno sforato, i limiti dei 15 posti letto. Il fatto è che solo pochissime Cliniche Psichiatriche hanno accettato di misurarsi con la sfida della presa in carico delle "situazioni gravi", quelle che giustificano e rendono necessario l'istituzione di servizi che rispondano alle esigenze di servizi di sanità pubblica (apertura e operatività 24 ore su 24, non discriminazione negli accessi, adozione e rispetto delle Carte dei Servizi). La maggior parte delle Cliniche ha invece preferito "scegliersi" i pazienti, senza dover rapportarsi con le comunità e i territori di riferimento dei pazienti.
- Da decenni nell'Occidente, non solo in Italia, le attività di assistenza psichiatrica hanno perseguito la de-ospedalizzazione dei trattamenti, anticipando una tendenza che oggi attraversa tutta l'organizzazione della sanità con ragioni che non sono solo di ordine economico. La richiesta di aumentare i letti psichiatrici ospedalieri e di in-trattenervi i pazienti per più di due mesi mi pare alquanto "retrò". In ogni caso sarà interessante aprire una discussione attenta e documentata sul lavoro degli SPDC.

Burani Procaccini dà una risposta manicomiale alle situazioni psichiatriche definibili come gravi (che, come noto non sono necessariamente quelle di maggior impegno dal punto di vista clinico) e a tutte quelle che comportano un grave disturbo sociale (alcool e tossicodipendenze, demenze) mettendole tutte insieme nel circuito delle SRA. Ma non si limita a questo perché conduce un'operazione che toglie il potere agli psichiatri, ribaltando l'esito della sconfitta subita dai gestori non-psichiatri con la legge del 1904, quella che sancì la centralità del medico direttore nella vita del manicomio. Eloquente è l'articolo 9 che propone un assetto dei servizi per cui i cittadini con disturbi mentali, che abbiano o meno compiuto reati, sono affidati alle pedagogie speciali di operatori che non devono rendere conto, se non almeno una volta ogni due anni (sic!), di quello che fanno.

Mi pare che la temperie culturale da cui nasce la proposta Burani Procaccini affonda le sue radici nel dibattito che si sviluppò intorno agli anni '80 del secolo scorso intorno al tema di quali fossero le pedagogie più efficaci per la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze. Si fronteggiarono da una parte il cartello di "Educare e non punire" e dall'altra lo schieramento in cui si riconoscevano alcune potenti Comunità a leadership carismatica e i sostenitori della tossicodipendenza come patologia dal punto di vista biomedico. Secondo questi ultimi, la tossicodipendenza, in quanto malattia della volontà, malattia dello spirito o malattia del corpo, avrebbe compromesso o eliminato la capacità di scelta fra cura e non cura, con la conseguenza che il soggetto tossicodipendente, e quindi "irresponsabile" dei propri atti, poteva/doveva essere sottoposto all'obbligo del trattamento. La legge 162/1990 ha riconosciuto al servizio pubblico dei SERT un ruolo importante nel controllo e nei trattamenti farmacologici delle tossicodipendenze, ma non nel trattamento e nel recupero in regime residenziale. Le comunità, tutte affidate a soggetti privati, a garanzia della qualità dei trattamenti, avrebbero dovuto rispondere ad alcuni standard quali la presenza di operatori laureati, ma a tali disposizioni le comunità carismatiche quali S.Patrignano si sono sempre fortemente opposte perché la garanzia sarebbe data dal carisma del leader, non dal valore di una equipe multiprofessionale.

Analogamente, la proposta Burani Procaccini privilegia il potere delle famiglie e degli psichiatri contro quello dei pazienti, ma poi fa uscire la gestione dell'assistenza dal circuito dei servizi di sanità pubblica e della psichiatria professionale. Le conseguenze prevedibili sono che anche in Italia si moltiplicherebbero le situazioni di degrado delle condizioni della vita quotidiana dei pazienti come quelle delle 12.000 persone internate nella "adult homes" dello stato di New York e coraggiosamente denunciate nel corso di quest'anno dal New York Times.

Circa l'irrilevanza della figura del Sindaco come autorità sanitaria, la scelta del testo unificato di farne a meno conferisce da sola il carattere di proposta di "legge speciale" perché fa uscire l'assistenza psichiatrica dell'ordinamento della sanità pubblica. Ma osservo anche che la presenza del Sindaco nel percorso delle garanzie conferma il valore del rapporto fra paziente e comunità di riferimento, sancisce che la tutela dei diritti si esercita localmente ed è evento ben più complesso della relazione medico-paziente.

Luigi Benevelli

2 ottobre 2002




Rubrica realizzata in collaborazione con

Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA
http://www.psichiatriabrescia.it

COLLABORAZIONI

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