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Attenzione: questo Ë un vecchio file, che conteneva la quarta e ultima parte dell'articolo di Cremerius che era diviso in quattro parti, successivamente accorpate alla prima. Torna quindi all'indirizzo: http://www.pol-it.org//ital/riviste/psicouman/cremeriuspsi.htm

Psicoterapia e Scienze Umane, 1999, XXXIII, 4: 5-43

IL FUTURO DELLA PSICOANALISI 
(4/4)

Johannes Cremerius

  NOTE

1. Qui si rinnova la tradizione dell'Antico Testamento: “Siate temperanti - createvi molti seguaci e costruite una torre intorno alla teoria” (sentenze del padre). Echeggia anche nella storia della origine del Comitato. Freud si circondò in esso di sette allievi e si legò a loro col dono di un anello con una antica gemma che egli stesso portò. La sua pietra mostrava la testa di Giove. In Matteo (9.9, 10.3) si dice che Gesù scelse i suoi seguaci di Cafarnao nega cerchia dei dodici (apostoli).

2. Erikson ironizzava su ciò dicendo che la psicoanalisi era scaturita dalla testa di Freud come “Atena dalla testa di Zeus” (Erikson, 1957, pag. 80).

3. Il valore della selezione corrisponde alla legge del caso: 50% di prognosi esatte, 50% di prognosi errate, si conta il caIo dei candidati nella analisi didattica.

4. Nel 1918 Nunberg propose al Congresso di Budapest, incitato a ciò da Freud, che ogni analista dovesse compiere una propria analisi personale. Soltanto nel 1926 la proposta fu accolta, contro certe opposizioni, al congresso di Homburg. Da allora esiste il concetto di “analisi didattica”.

5. Balint ricapitolò la situazione nel modo seguente: “Da parte dei comitati d'insegnamento e degli analisti didatti notiamo segretezza del loro sapere esoterico, pronunciamenti dogmatici di fronte alle nostre richieste e tecniche autoritarie. Da parte dei candidati (...) notiamo docile accettazione di leggende esoteriche, sottomissione a un trattamento dogmatico e autoritario senza molte proteste. Sappiamo quale obiettivo hanno tutti i riti di iniziazione: debbono costringere il novizio a identificarsi col clan. Noi sappiamo invece che ciò che dobbiamo proporci coi nostri candidati è che sviluppino un Io critico e forte. In contrasto con questo obiettivo consapevole, il nostro peculiare comportamento come didatti produce caratteri ed il nostro sistema di formazione va a finire che immancabilmente porta ad un indebolimento di questa funzione dell'Io dei nostri candidati” (Balint, 1947, pag. 317).

6. I movimenti di ribellione e di scissione provengono da Jung, Adler, Steckel, Max Graf, Otto Grass, fino a Melanie Klein, Horney, Rado, Sullivan, Fromm, Kohut. Il carattere tipico da guerra di religione col quale essi talvolta furono conclusi dimostra che qui si trattava di vera fede e non di scienza. Penso in particolare alla battaglia tra Anna Freud e Melanie Klein, nella quale ad ognuna delle due combattenti era permesso ogni mezzo (Steiner, 1985).

7. Come esempi dell'odio dell'analizzando verso il suo didatta faccio riferimento ad Ernst Jones, che si comportò per tutta la vita in modo pregiudizievole verso il suo didatta Ferenczi: “un piccolo e vile autore di depliants” (Balint, 1958), che alla fine della sua vita sarebbe diventato psicotico Jones, 1957, pag. 214). All'opposto didatti perseguirono i loro analizzandi. Questa sorte toccò a Margaret Mahler. La sua analista didatta, Helene Deutsch, interruppe la sua analisi e comunicò al comitato di didattica che era inanalizzabile (Stepansky, 1989, pag. 88). A quest'area appartiene anche il tragico distanziamento di Freud dal suo analizzando Ferenzci. Egli permise che la pubblicazione dell'intervento di Ferenczi al congresso di Wiesbaden, che egli non potè accettare, fosse per anni impedita.

8. In Germania, dove l'abilitazione alla psicoterapia della cassa mutua è possibile solo su licenza di un istituto di formazione accettato dalla confederazione dei medici mutualisti (intuisco come siano difficili altre vie d'accesso), il fallimento della formazione significa il rifiuto dell'abilitazione.

9. La segretezza si trasforma facilmente in censura. Esemplare a questo proposito è la prima edizione delle lettere a Fliess. I curatori apportarono tagli, senza farne cenno, raccolsero solo 168 delle 284 lettere, senza indicare il criterio secondo cui avevano effettuato la selezione.

10. L'Associazione psicoanalitica americana (Apa) accettò “laici” alla formazione, solo dopo che fu condannata a questo, dopo un processo perso in difesa del monopolio dei medici. L'Ipa diede il suo appoggio all'analisi dei laici, quando la Kbv la dichiarò non compatibile con le direttive della psicoterapia.

11. Come divenga ristretto il campo dell'esperienza dell'analista, lo dimostra il fatto che molti analisti cominciano l'analisi solo se il paziente può dimostrare di possedere i mezzi per pagare l'intera analisi attraverso una documentazione bancaria (Kubie, 1956; Menninger, 1958). Analisti svizzeri di scuola kleiniana si fanno pagare (ancor oggi) in anticipo di volta in volta per l'anno seguente.

12. Nella Repubblica federale tedesca, dove quasi tutti i soci della Dpv prendono parte alla psicoterapia mutualistica, cioè debbono osservare le sue regole (a bassa frequenza, limitata nel tempo, procedura peritale, criteri di redditività e di convenienza ecc.), la tecnica psicoanalitica classica, così come ancora viene rappresentata, è stata già trasformata in una psicoterapia analitica come ogni altra e non è più riconosciuta dall'Ipa come una tecnica psicoanalitica (Cremerius, 1990a, 1992a).

13. È meritevole di considerazione il fatto che, in sincronia con questa “maternità collettiva”, cresca la pratica assistenziale del “sostenere” (Winnicott), la raccomandazione che l'analista deve essere come una madre per il bene del paziente. È sorprendente come questa nuova tecnica sia vista solo come una variante della tecnica psicoanalitica e non invece in rapporto al citato mutamento sociale. Di nuovo si rende visibile lo scotoma sociale della psicoanalisi istituzionalizzata.

14. Qui un esempio: una commissione dell'Ipa doveva chiarire il rapporto tra psicoanalisi e psicoterapia. Non le riuscì, nonostante uno sforzo durato decenni (dal 1949 al 1980), di definire consensualmente la differenza. Wallerstein nel 1980 dichiara a questo proposito:

“Non siamo arrivati in tutti questi anni più vicini ad una risposta a questo problema” (citato da Kluewer, 1980, pag. 21). E sullo stesso problema Sandler: “Gli spazi di differenziazione rimasero senza esito perché queste importanti riflessioni furono definite da un punto di vista tattico e politico, più che da un punto di vista scientifico” (Sandler, 1989, p. 5).

15. Già ora si intravede la conseguenza del nuovo ordinamento specialistico per il futuro dell'istituto della Dpv; il numero dei candidati è drasticamente calato. In uno dei 14 istituti è già sceso a un solo partecipante alla formazione.

16. Thomä e Kächele condividono questo punto di vista: “la critica portata avanti da Schultz-Hencke nel primo congresso tenuto dall'Ipa dopo la guerra a Zurigo sulla teoria della libido ed alla metapsicologia non solleverebbe oggi più alcuna sensazione e sarebbe condivisa da molti analisti ”(Thomä/Kächele, vol. 1, pag. 12, pag. 6 nella ed. italiana).

17. L'ottantenne Therese Benedek rispose a Basch alla domanda di quanti pazienti avesse trattato nella sua vita professionale in senso strettamente psicoanalitico: forse tre o quattro. Basch aggiunge che ciò coincide con la propria esperienza e con quella di molti suoi colleghi (Basch, 1991). Winnicott constata che l'era di questa psicoanalisi (il metodo standard) sta giungendo inesorabilmente alla fine. E “solo con una insignificante percentuale dei molti pazienti che vengono da me, è iniziata un'analisi standard” (Winnicott, 1986, pag. 101). Come di fatto si fosse allontanato dal metodo standard, ce lo mostra l'analisi condotta con Margaret Little tra il 1957 e il 1967 (Little, 1991).

18. Nello stesso periodo in cui Freud trattava Marie Bonaparte, Glover condusse il suo studio sui “Fondamenti teorici e clinici della terapia psicoanalitica”. La sua conclusione: non si può parlare né in termini contenutistici, né formali di una tecnica uniforme, di un “nocciolo di identità” (Glover, 1937).

19. [N.d.T] Al tempo in cui è stato scritto il presente articolo. Come noto, Sandler è recentemente scomparso.

 

Riassunto. L'articolo, comparso in Germania nel 1995 in un'antologia di scritti sul futuro della psicoanalisi curata da Cremerius e col contributo di alcuni autori di lingua tedesca, rappresenta il punto più alto della critica radicale condotta dall'autore sulla psicoanalisi istituzionalizzata. Cremerius ripercorre la storia del movimento psicoanalitico dalle origini; ne esamina gli snodi più salienti, ne analizza i punti critici e le contraddizioni. Viene evidenziato come le scelte compiute dalla istituzione siano state il più delle volte ispirate da motivazioni “politiche” tese alla propria autoconservazione. Ciò si è verificato con importanti conseguenze sul piano della teoria, della tecnica e della didattica. Ci si è allontanati dai criteri universalmente riconosciuti come fondanti delle scienze umane e della moderna ricerca scientifica, con una progressiva emarginazione da queste. È inoltre andato perduto il fondamentale contributo che la psicoanalisi ha fornito nei suoi primi anni alla critica della società e della cultura. Cremerius termina l'articolo formulando la propria sentenza/proposta: che cioè la psicoanalisi trovi la forza di rigenerarsi dal proprio interno, superando il vizio burocratico, che abbia il coraggio di rimettersi in discussione dalle radici, collegandosi organicamente e senza pregiudizi alle altre scienze, ritrovando così anche il proprio ruolo di teoria critica.

Summary. The article, appeared in 1995 in Germany as part of an anthology on the future of psychoanalysis by Cremerius with the contribute of other Ger man authors, represents the highest point of radical criticism developed by the author on institutional psychoanalysis. The author recovers the history of psy choanalysis, from its very beginning; he examines the most important steps, analyses critical points and contradictions. He points out how the choices opera ted by the institution have been mostly inspired by “political” motivations, often due to a self-conservation worry. This led to significant consequences on the fields of theory, technique and training. This trend drew psychoanalysis away from modern scientific and human sciences research criteria, causing its progressi ve emargination. It caused also the loss of the original contribution, given by psychoanalysis in its early days, to the critique of society and culture. The author ends the article with his hope and proposal: that psychoanalysis can find from its own inside the strength for a rebirth, overcoming his current burocracy, and that looking back to its own roots it can reconnect a dialogue without bias with other scientific disciplines so that it can recover its role as a critical theory.

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