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Psicoterapia e Scienze Umane, 1999, XXXIII, 4: 5-43
Johannes Cremerius
La formazione psicoanalitica tra scuola professionale e seminario
La comunità psicoanalitica non ha fino ad oggi portato a termine questa eredità, non si è ancora posta di fronte alla propria storia. Ora e costretta a ripeterla. Due elementi della storia psicoanalitica appaiono ancora efficaci, disse Knight nella sua allocuzione come presidente
dell'APA: l'immaturo attaccamento nel quadro di un "culto della personalità", e l'idea del movimento psicoanalitico come strumento di potere politico (Knight, 1953); in un senso analogo si espresse il suo predecessore nel suo discorso come presidente
dell'APA (Cooper, 1984).
La psicoanalisi istituzionalizzata evidenziò immediatamente il proprio sistema formativo quando iniziò ad organizzarsi burocraticamente all'Istituto psicoanalitico di Berlino
(BPI) nel 1925 in funzione di questo sistema chiuso, di una chiesa, come affermarono Graf e Sachs. Pietre angolari di questo sistema divennero la procedura di ammissione, l'analisi didattica ed il curriculum. Il criterio di ammissione mostra i caratteri della formazione ecclesiastico-seminariale
(Kernberg, 1984).
Il candidato deve sottoporsi a dei colloqui, che non sono formalizzati, ed è per tanto rimesso all'arbitrio dell'interrogante. In caso di abuso non può rivolgersi ad alcuna istanza superiore di ricorso. Non esiste. Il presupposto ideologico di questa iniziazione è rivelato dalla sua resistenza, sia attuale che passata, a ogni tentativo di modificarlo. Anche l'autorità di Anna Freud si dimostrò impotente di fronte a ciò. E criterio non si concilia col rispetto delle personalità del candidato ella annota (A. Freud, 1966, pag. 227). Un ulteriore segnale del carattere ideologico è il fatto che la sua efficienza nei settant'anni della sua applicazione non fu mai verificata scientificamente, così come fino ad oggi non è mai stato provato(3). Balint si accorse che nel periodo di tempo che va fino alla fine della seconda guerra mondiale non ci furono pubblicazioni che si occupassero della qualificazione personale del candidato per l'ammissione alla formazione (Balint, 1947). La conseguenza di ciò è che fu scelto secondo il metodo primitivo-fisiognomico, basato sul concetto: Mi assomiglia - non mi assomiglia. L'osservazione di Balint non significa che non ci si occupasse delle domande di selezione. Questo avveniva senz'altro, ma a porte chiuse. In cosa consiste il collegamento tra la carenza del metodo e la crisi delle istituzioni? Consiste in questo, che il metodo di selezione è uno pseudo-metodo di selezione e quindi non offre alcuna garanzia per la qualità degli ammessi. Anna Freud osservava: Il tipo che gli attuali istituti di formazione prediligono è conformato più ad un forte senso della realtà ed alla laboriosità, che ad una predisposizione alla lungimiranza ed alla creatività (A. Freud, 1972, pag. 21). Hanns Sachs intravide gravi conseguenze per la professione dell'analista: E' paradossale che ci sia un gruppo che debba essere inutilizzabile per il lavoro dell'analista poiché mostra troppo pochi sintomi psiconevrotici. La sua libertà da vistosi sintomi nevrotici dipende da una forte rimozione e ha come conseguenza una incapacità a raggiungere l'inconscio e a comprendere le sue manifestazioni (..). È probabilmente necessario aggiungere che questa separazione dal proprio inconscio esclude ogni reale comprensione dell'inconscio altrui (Sachs, 1947, pag. 157). Egli pose il quesito di come mai li si volesse formare ad una professione per la quale questi candidati non avevano al momento e forse mai nessuna dote. Freud aggiunse in modo lapidario alla metà degli anni venti: I bravi non sono valorizzati ed i cattivi vanno avanti (Roazen, 1976, pag. 301).
Nonostante questi avvertimenti, questo metodo è stato mantenuto fino ad oggi. Ciò spiega il gran numero di normopati (Bird, 1968), di candidati d'imitazione (Gaddini, 1984) e di dull - normal people (Kernberg, 1984, pag. 23), che passano le procedure di ammissione, a tutto danno della professione e della scienza psicoanalitica. Qui c'è un chiaro rapporto col basso livello scientifico dell'associazione psicoanalitica. Ancor più del criterio di ammissione è funzionale alla finalità della chiesa l'analisi didattica. Freud stesso ha assegnato queste finalità: l'analisi didattica(4) dovrebbe produrre un grande livellamento della personale equazione degli analizzandi, cosicché un giorno possa essere raggiunta una soddisfacente concordanza tra gli analisti (Freud, 1926, vol. 10, pag. 385 e seg.). L'idea inizialmente opportuna di sviluppare un metodo di insegnamento/apprendimento corrispondente ai bisogni specifici della professione di analista, fu contrastata da questo punto di vista (Cremerius, 1989). Il risultato finale distorto fu di ottenere entusiasti proseliti al posto di candidati autonomi (Balint, 1947, pag. 326), analisti credenti (Widloecher, 1983). Con ciò si ottenne ciò che secondo Sachs occorreva, e cioè qualcosa che corrispondesse al noviziato della Chiesa (Sachs, 1930). Voci critiche degli autori di oggi denunciano che perdura l'antica intenzione di abusare dell'analisi didattica come forma di indottrinamento e di estraniarla dal suo scopo specifico.
Balint descrisse nel 1947 l'analisi didattica come un rito di iniziazione, che aveva come tutti i riti di iniziazione l'obiettivo di costringere il novizio a identificarsi col clan (Balint, 1947). Altri autori concordarono in questa critica: nel 1950 Anna Freud rinnovò la sua critica già espressa nel 1938. Essa sarebbe una analisi non sufficiente(A. Freud, 1938, 1950) o, secondo la formula ancora più tagliente che usò nel 1976, una analisi selvaggia (A. Freud, 1976, pag. 2805), che avrebbe condotto ai peggiori risultati ed ai più insolubili legami transferali (1938, 1950). Nel 1962 Bernfeld definì l'analisi didattica una analisi non freudiana (Bernfeld, 1962): nel 1967 Mc Langhlin si chiedeva per quali motivi restiamo fedeli così ostinatamente ad un modello, che giudichiamo altrimenti non analitico? (Mc Langhlin, 1967), e Limentani (allora presidente dell'Ipa): per il fatto che noi prendiamo qualcuno in una cosiddetta analisi didattica, perpetriamo un attacco distruttivo al Setting, totalmente a prescindere da ciò che creiamo come problema transferale e controtransferale (Limentani, 1986).
Eissler riconobbe nel suo carattere di sottomissione il motivo della simbolica uccisione del figlio (Eissler, 1969). Contro queste voci l'analisi didattica nella sua antica forma si è consolidata sempre più e per il fatto che è divenuta sempre più lunga (oggi dura mille e più ore da quattro o cinque ore alla settimana, mentre fino al 1933 durava solo un anno, un anno e mezzo), cresce il pericolo che si accrescano i danni sunnominati: indottrinamento, insuccesso e legame transferale irrisolto(5).
Dove sta il legame tra questi difetti dell'analisi e la crisi della istituzione? In primo luogo il legame infantile, del complesso edipico irrisolto col suo legame affettivo ambivalente, non consente alcun pensiero libero da pregiudizi, alcuna libera scelta (se il complesso edipico non è elaborato, cade la capacità di conoscere): questa inibizione del pensiero ostacola l'addestramento professionale di quella società scientifica che la psicoanalisi istituzionalizzata pretende di essere. (Da un altro punto di vista, riacquista i suoi diritti di Chiesa: la limitata capacità di pensare giova alla fede). Su questo problema già nel 1938 Anna Freud aveva indicato e riconosciuto tranfert irrisolti (col didatta) come causa dell'atteggiamento manchevole da un punto di vista scientifico dei candidati (A. Freud, 1938/1950).
Questa limitazione del pensiero scientifico e critico si riflette nel basso livello scientifico
dell'IPA. Dopo sforzi quarantennali di molti noti analisti, Wallerstein constata che nessun movimento ha messo piede in uno sviluppo scientifico (Wallernstein, 1991). La commissione insediata
dall'IPA che avrebbe dovuto chiarire come mai manchino nuove conoscenze psicoanalitiche nelle aree centrali del sapere analitico (Kohut, 1969), lavorò infruttuosamente. Non ne venne fuori alcun vantaggio in termini di impulsi scientifici, di libertà d'insegnamento e di apertura dell'istituto alle scienze limitrofe, ma ancor più ristrettezza, prima di tutto in rapporto ai criteri di selezione nel processo di formazione. (Kohut ibid.; cfr. anche Kohut, 1973/1975). Questa lagnanza è antica, già nel 1957 Franz Alexander constatò questa carenza (Alexander, 1957). È degno di nota che Wallerstein, ma anche altri come Edelson (Edelson, 1988) e Kernberg (Kernberg, 1993), che parlano di un deficit scientifico, non stabiliscono esplicitamente un rapporto tra il basso livello scientifico e l'analisi didattica. Klauber sembra essere un'eccezione. La formazione dell'identità dell'analista avviene secondo il modello della conversione religiosa (Klauber, 1980). Questo corrisponde in pieno all'ingresso delle idee di Kohut in Germania all'inizio degli anni '70. Queste produssero una specie di movimento di risveglio che si impadronì di tutti i centri analitici - come un'epidemia (Jappe, 1983). Un altro nesso tra l'analisi didattica, l'analisi selvaggia e la crisi dell'istituzione si mostra nei movimenti permanenti di scissione e di rivolta che accompagnano il percorso della comunità psicoanalitica internazionale(6). Essi avevano la loro origine nelle analisi didattiche, nelle quali un pezzo fondamentale dell'analisi, la rielaborazione dell'aggressività, della rabbia e della gelosia, non è possibile, perché il didatta è insieme il rappresentante dell'istituzione nella quale si vuole entrare(7). Da lui dipende, in realtà o nella fantasia, l'accoglimento in essa(8). La paura di irritarlo con un transfert negativo è perciò di per sé comprensibile. In molti paesi è una preoccupazione reale: in cinque società-membro dell'Ipa (Barcellona, Inghilterra, Danimarca, Norvegia, Vienna) il didatta interviene sempre, come usava abitualmente fino al 1925 all'Istituto psicoanalitico di Berlino nelle decisioni del comitato di formazione. Egli contribuisce col proprio giudizio riguardo al progredire dell'analisi e all'idoneità del candidato. Queste relazioni hanno luogo ogni sei mesi e ad hoc.
Solo nel 1994 la Conferenza europea sulle domande di formazione discusse se il didatta dovesse dare un giudizio, se era opportuno oppure no. Le relazioni transferali irrisolte verso il didatta hanno di regola due tipici risultati: ribellione, protesta, distacco o identificazione Quest' ultima è la causa di quella che Balint ha definito la formazione del clan intorno al didatta. Ed infine questo eccesso di autoformazione negli istituti vale a dire l'eccesso di didattica (quattro ore la settimana più tempi di trasferimento per un periodo che va dai cinque ai sette anni) favorisce necessariamente il rafforzarsi dell'autoghettizzazione dell'istituto, poiché questo processo segrega i candidati dal mondo esterno e favorisce il ripiegamento nel mondo interno. (lo pongo perciò un rapporto causale tra l'autoghettizzazione della psicoanalisi e l'analisi didattica). Tale chiusura è infatti molto difficile per un istituto aperto a vivaci attività interdisciplinari Questo ripiegamento verso l'interiorità spiega, io suppongo, anche l'interesse, che si riscontra a livello internazionale allentarsi sempre più, un interesse in molti luoghi addirittura assente per gli scritti di Freud di teoria della cultura ed alla sua critica sociale. Questo interesse progressivamente calante ha prodotto la conseguenza che gli analisti contemporanei (con poche eccezioni: Parin e Richter) prendono malvolentieri posizione sulle questioni sociali come sulle grandi questioni di storia contemporanea (Parin, 1978). Queste cose sono ritenute incompatibili col ruolo dell'analista: se rende note le sue idee private in campo politico o religioso, la sua Weltanschaaung esce dal proprio richiesto anonimato, provocando un danno al proprio paziente (problema transferale). Questo non è certo l'unico motivo del tacere. Spesso questo atteggiamento del singolo riflette la tendenza della comunità psicoanalitica a non intromettersi, a conformarsi: negli Stati Uniti alla medicina ufficiale, in Germania dopo il 1933 alla psichiatria tedesca, nella Germania attuale alla sanità pubblica ed ai suoi compiti. La Ipa tacque sulla guerra del Vietnam e su altre guerre, sulla repressione delle minoranze (neri ed omosessuali), sul divieto alla interruzione della gravidanza, sulle sofferenze dell'infanzia (violenze sui bambini ed abusi sessuali sull'infanzia) e dei giovani per la disoccupazione. Adorno annotava già nel 1962 in modo critico, come gli analisti negli Usa (e ciò vale anche per l'Europa) avessero già da lungo tempo fatto un giuramento di fedeltà al modello di cultura là dominante ed avessero preparato, autocastrandosi, la strada alla convenzionalizzazione della psicoanalisi.
Freud non ha condiviso questo bisogno degli analisti contemporanei. Egli ha preso posizione apertamente ed in modo indiscutibile contro la guerra: (si consideri la sua sottoscrizione dell'appello di Henry Barbuse e di Romain Rolland del 1927), per la pace, per il pacifismo (1917 e
1930), la sua presa di posizione sulla religione (1930), sul socialismo e sul comunismo (1930). Egli era membro del consiglio direttivo della sezione austriaca della Associazione per la tutela della maternità, fondata nel 1905 da Helene Stoecker, che presto si chiamò Associazione per la tutela della maternità e per la riforma sessuale. I suoi obiettivi erano combattere la condanna morale e giuridica delle madri e dei figli illegittimi, la doppia morale maschile ed il paragrafo 218. Nel 1908 Freud pubblicò sulla rivista della associazione Mutterschutz due lavori: La morale sessuale civile ed il nervosismo moderno e Le teorie sessuali dei bambini. Nel 1927 il Giornale Viennese dei Lavoratori pubblicò un manifesto, che invitava a sostenere la politica sociale dei socialdemocratici, innanzitutto la riforma della legislazione fiscale. L'appello portava in testa, accanto ai nomi di Alfred Adler e di Karl Buehler, anche quello di Sigmund Freud. È però necessario fare qui una precisazione: Freud si allontanava sempre da questa sua strada se vedeva in pericolo l'opera della sua vita. Quando il pericolo si fece acuto nel 1933, sperò di poter salvare l'istituto psicoanalitico di Berlino attraverso l'adozione di una linea di assoluta neutralità. Nella sua inquietudine arrivò al punto di pronunziarsi contrariamente al fatto che i membri della Società psicoanalitica tedesca (Dpg) si attivassero politicamente, sia in gruppi di sinistra (sia che fossero i soci della Dpg, i membri della lega dei medici socialisti e del Kpd, dovevano incontrarsi segretamente e vivere la parte politica della loro esistenza nel sottosuolo; vedi Jakoby, 1983; Langer, 1986) sia in gruppi decisamente antifascisti. Anche nel corso di formazione stesso e nel curriculum si trovano tracce della Chiesa. Il rapporto irrisolto col Padre Fondatore (qui si ripete come tra didatta e discepolo) non permette di considerare la psicoanalisi come la scienza dell'anima, ci costringe a serbarla come dottrina (Knight, 1953, pag. 211). Fintantoché così stanno le cose, coglie nel segno la frase di A.N. Whitehead: una scienza che esita a dimenticare il suo fondatore è perduta (cit. da Merton, 1962, pag. 3). Nella formazione gli scritti di Freud vengono letti sempre in modo cronologico e non criticamente dal punto di vista di oggi (Wallerstein, 1989, pag. 356). Non vengono confrontati coi testi più recenti, come quelli di Schafer, George S. Klein, Peterfreund, Gill, Weiss e Sampson, tutti illustri esponenti dell'Ipa. Nei miei anni di formazione sono stato testimone di un uso delle storie cliniche di Freud come pezzi da antologia e non, come sarebbe stato necessario, contropelo. In molti istituti di formazione viene ancor oggi semestralmente eseguito l'esercizio acrobatico della trasformazione dell'energia, come se ciò avesse un'importanza diretta per la clinica (Sandler, 1983, pag. 582). Un'ulteriore carenza è costituita dal fatto che gli scritti di Freud vengono studiati quasi esclusivamente come preparazione alla pratica clinica. Non viene più data rilevanza al loro contenuto teorico, alla loro consistenza filosofica. Proprio questo, però, dovrebbe essere importante per Freud. Infatti la psicoanalisi dovrebbe essere, più che una mera terapia della nevrosi, una scienza sussidiaria alla psicopatologia; dovrebbe essere il fondamento di una psicologia del profondo; le è aperta la strada in prospettiva all'interesse per l'umanità (Freud, 1925, vol. 10, pag. 114). Io volevo raccomandarla al vostro interesse disse nel 1933 non come terapia, ma per il suo contenuto di verità, per i chiarimenti che ci dà su ciò che tocca l'uomo più da vicino, la sua propria essenza (Freud, 1933, vol. 11, pag. 261). Ma non solo viene trascurata essa, la psicologia del profondo; lo stesso vale per gli scritti di critica sociale di Freud, come mostrano i curricula della maggior parte degli istituti
dell'IPA.
In ciò si rispecchia la rinunzia della comunità psicoanalitica al potenziale socio-politico della psicoanalisi come pure la sua preoccupazione di impegnarsi nella società con la propria storia. Solo molto più tardi ha analizzato il proprio ruolo durante il Reich nazista (Lohmarm e Rosenkoetter, 1982). Il tema Reich nazista per un chiarimento del proprio problematico passato venne alla luce
nell'IPA tanto quanto niente. Quando feci la mia seconda analisi a Zurigo dal 1960 al 1963, quando già la maggior parte delle analiste e degli analisti tedeschi facevano una seconda analisi, il mio analista svizzero fu colpito dal fatto che il tema del fascismo fosse stato elaborato nella prima analisi solo un po' (tutti gli analizzandi di allora, che io conoscevo, appartenevano a delle classi che nelle loro vicende personali avevano avuto a che fare col fascismo). Ma anche oggi questo tema non trova quasi considerazione, come io stesso posso verificare, conducendo seconde analisi. Kernberg deplora come la scienza psicoanalitica venga logorata dall'organizzazione degli istituti psicoanalitici tramite la trascuratezza del lavoro scientifico (Kernberg, 1993).
L'istituzione psicoanalitica ha i tratti di una Chiesa
Quando le religioni divengono chiese e quando le idee politiche divengono partiti, la conservazione delle istituzioni diviene più importante della conservazione delle funzioni, che originariamente avevano dato loro senso. Nello spazio di pochi anni ho fatto in tempo a vedere tutta la storia della chiesa (Max Graf in uno sguardo retrospettivo sui suoi anni con Freud) (1942).
Poiché ho stabilito spesso un'analogia tra la forma organizzativa ed il sistema di formazione dell'Ipa ed una comunità religiosa, una Chiesa, dovrei illustrarla. Come già più su rilevo, sussiste una rassomiglianza tra Freud e le figure fondatrici delle Chiese. Egli è il creatore della dottrina (La psicoanalisi è una mia creazione), un comandante carismatico, egli considera la psicoanalisi la verità (Noi siamo in possesso della verità), vincola parti della dottrina come Schibboleths e come regole sacre (Chi non è in grado di approvarle totalmente, non dovrebbe annoverarsi tra gli psicoanalisti), egli ha coscienza della propria missione: gli analisti da lui personalmente analizzati debbono rappresentare la psicoanalisi nelle grandi città del mondo come capi delle sezioni locali; desidera un movimento psicoanalitico, una Internazionale psicoanalitica, che deve garantire che sia offerta al pubblico autentica psicoanalisi, che questa sia protetta da contraffazioni e che serva come ufficio centrale nei contrasti con l'avversario (lettera a Eugen Bleuler 1910, in: Clark 1979, pag. 331f.); per la salvaguardia del Movimento fonda un Comitato, che deve difendere la sua opera nel tempo dopo la sua morte. L'esistenza e l'operato dello stesso devono restare rigorosamente segreti; organizza un sistema di formazione, al cui centro si colloca un metodo, l'analisi didattica, il cui obiettivo deve essere: produrre una soddisfacente armonia tra gli analisti. È pensata la produzione di proseliti. Hanns Sachs ha descritto come segue la situazione del movimento psicoanalitico: soggiacevano alle direttive, alle norme ed alle limitazioni più severe. Tutto, dai più piccoli dettagli della routine giornaliera, fino alle più importanti prese di posizione, veniva deciso secondo il suo (di Freud) volere (Sachs, 1945, pag. 70). Eitigon indica come la meta della associazione sia quella di custodire le creazioni del nostro maestro da troppo prematuri rimescolamenti e dalle cosiddette sintesi con gli altri campi del sapere e da metodi di ricerca e di lavoro diversamente costituiti (Eitingon, 1925, pag. 516). Quando il sapere diviene certezza dogmatica, la deviazione deve essere repressa e perseguita.
Freud e i suoi allievi prestavano attenzione a che il deviazionista fosse riconosciuto come tale e che l'apostasia fosse provata: a Sabina Spierlein Freud scrive, dopo che questa si era associata alla Società psicoanalitica Viennese: Se Lei resta con noi, deve vedere anche dall'altra parte (di Jung) il nemico (Cremerius, 1986). Max Graf, il padre del piccolo Hans, scrive che l'amicizia in questo consisteva... che uno che seguiva Adler non poteva più essere un freudiano (Graf, 1942, pag. 473). La fila di coloro di cui fu dimostrata l'apostasia è lunga. Anche vecchi e fedeli allievi, come Ferenczi, furono colti da questo destino. Nel 1927 colpì anche Melanie Klein. Dice Freud: Le loro idee sono in contrasto con tutte le mie premesse... Contesto le motivazioni alle loro interpretazioni (Steiner 1985, pag, 31 e 39). E questo verdetto doveva concludersi con la loro esclusione
dall'IPA: così la proposta di Anna Freud e dei suoi amici nel 1945, che però fu rifiutata. L'IPA è rimasta chiesa anche dopo gli anni della fondazione: la forma organizzativa della associazione è sempre autoritario-gerarchica (vedi la carta di Altenburg); l'analisi didattica da allora in poi ha luogo nella cornice della formazione ed in parecchie regioni sotto osservazione e con resoconti segreti; il principio della segretezza perdura. Tuttora vengono prese decisioni sui candidati a porte chiuse; fino al 1983 non tutti gli analisti didatti potevano prendere parte alle riunioni preliminari sulle richieste di formazione. La cerchia degli invitati era limitata a pochi delegati. I criteri per la selezione erano di competenza soltanto del comitato di invito; gli organi di pubblicazione psicoanalitici di rango hanno un comitato di esperti, che rimane segreto a chi firma i manoscritti. I garanti controllano ciò che deve essere stampato e quello che no, senza dover comunicare al mittente le motivazioni della loro decisione(9). Come nelle sette segrete i congressi analitici hanno luogo sotto stretta esclusione del pubblico.
Potevano partecipare solo soci e candidati in formazione, e più oltre ospiti raccomandati da famosi analisti. La psicoanalisi vive sempre più in una condizione di autoghettizzazione quasi in una religiosa difesa contro tutti gli estranei, quasi in un fobico rifiuto dell'accettazione dei contributi delle altre scienze. La conseguenza di questo atteggiamento è una reazione negativa degli scienziati contro la psicoanalisi. Vale lo stesso argomento con cui Eugen Bleuer nel 1910 rispose alle pressioni di Freud: Per me questa (la Sua) teoria è solo una nuova verità tra altre verità. Il principio di Freud del tutto o niente è necessario per le sette religiose e per i partiti politici, ma nocivo per la scienza (Alexander e Selenski, 1965, pag. 6); ancor oggi gli scienziati rispondono quando l'Ipa entra in rapporto con loro. Jaspers era uno di loro Jaspers 1951). Le strutture religiose sono resistenti alle critiche, tanto alle critiche provenienti dall'interno quanto a quelle provenienti dall'esterno. Lo stesso fondatore di questa struttura, Freud stesso, dovette fare questa esperienza quando nel 1927 protestò contro l'esclusione dei laici dalla comunità psicoanalitica. Brill lo minacciò dell'interruzione del rapporto, Freud dovette cedere, nell'interesse della stessa comunità, che era ad un passo dalla distruzione (Cremerius, 1986). Dove non è possibile alcuna critica, non è possibile neanche alcuna posizione di protesta. L'assemblea dei candidati
dell'IPA lamenta il fatto che tutte le decisioni relative all'ammissione, all'allontanamento ed alla chiusura della formazione siano oscure e confuse e che non vi sia alcuna via per una assistenza legale contro gli abusi (Franzen, 1982; si veda anche Speier 1983). Kernberg descrive il predominio di un'atmosfera paranoide negli istituti di formazione dell'Ipa, una costante minaccia di persecuzione (Kernberg, 1984, pag. 561). Uno dei primi esempi divenuti famosi della mancanza di protezione dei candidati in formazione è offerto dal già citato caso di Margaret Mahler: quando la sua analista didatta, Helene Deutsch, interruppe la sua analisi, perché secondo lei era inanalizzabile, fu lasciata senza alcuna difesa contro questa sentenza e dovette interrompere la sua formazione (Stepansky, 1989, pag. 88).
E ancora un parallelo tra la Chiesa e l'IPA: in entrambe, le donne non riuscivano a raggiungere le più alte posizioni di potere. Dalla fondazione
dell'IPA nel 1910 solo una volta una donna è divenuta presidente della associazione e solo in sostituzione di un uomo sospeso e per breve termine. La prevalenza degli uomini si rispecchia in modo impressionante nel rapporto tra analisti didatti maschi e femmine: il 75% di uomini contro il 25% di donne. Infine
l'IPA applica, come la Chiesa, misure coercitive. A questo è obbligata e nel contempo lo desidera, per conservare la comunità dei credenti ed il sistema di formazione che la sostiene. Ecco dunque la minaccia di esclusione contro i dialetti: analisti didatti che mostrino segni di significative deviazioni dalla teoria e dalla prassi psicoanalitica, debbono essi stessi farlo presente o essere denunciati da altri, col che vengono sospesi dalla loro attività (documento di Altenburg, 1985). Questa è in sintesi la clausola di incompatibilità: La partecipazione a corsi di perfezionamento, a parte quelli che acquisiscono la denominazione aggiuntiva "psicoanalisi" non è compatibile con le finalità associative della Dpv (Risoluzione della Assemblea generale della Dpv del 1986). Queste affermazioni non rimasero solo sulla carta. Fonagy riconosce al presidente
dell'IPA, Sandler, di essere divenuto importante per aver continuamente richiamato l'attenzione sui pericoli apportati all'identità psicoanalitica dalla partecipazione di analisti
dell'IPA a momenti di formazione psicoterapeutica e ad associazioni di categoria psicoterapeutiche (Fonagy, 1993). (Non è contraddittorio che gli analisti
dell'IPA guadagnino il proprio denaro con la psicoterapia, ma che non possano fornire la psicoterapia per ragioni di identità?).
L'IPA ha conservato anche la prima misura coercitiva da lei introdotta nel 1925 e continua a praticarla tuttora, e cioè l'iscrizione obbligatoria (Wittenberger, 1987). Secondo questa non si diventa analista attraverso una formazione psicoanalitica compiuta presso un istituto dell'Ipa ma attraverso la condizione di socio
dell'IPA, che si ottiene automaticamente superando il colloquio. Ciò significa: si deve. Se si rifiuta l'associazione, si deve dichiarare esplicitamente che non si vuole diventare membro. Loch constata che un analista consegue la propria identità di analista solo attraverso una sanzione esterna, l'ingresso nella comunità psicoanalitica, cioè
nell'IPA (Loch, 1974; vedi anche Sandler, 1989). La psicoanalisi, permanendo in una siffatta forma organizzativa, non ha alcun futuro come scienza. Per una scienza, le teorie sono solo proposte di come si potrebbero prendere in considerazione le cose. La scienza non può imporre questi punti di vista come se si trattasse di una comunità religiosa. Per essere tale necessita di metafore, simboli, speculazioni metateoriche al di fuori dell'ambito della ricerca empirica, con le quali noi viviamo come se fossero i nostri articoli di fede (Wallerstein, 1988).
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