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TRENT'ANNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA E COMPORTAMENTALE
IN ITALIA
Ezio Sanavio
Professore di Psicologia Clinica, Università di Padova
con un commento critico di Giovanni Liotti,
una replica di Ezio Sanavio,
e il dibattito avvenuto in rete

Quarta parte di sei parti:
1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
2. TABELLA: Principali tappe dello sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
3. Commento critico di Giovanni Liotti
4. Replica di Ezio Sanavio
5. Bibliografia
6. Dibattito avvenuto in rete

Replica di Ezio Sanavio a Giovanni Liotti

Scrivevo nel mio articolo:

Si può dunque dire che a fine degli anni '70 la presenza in Italia della Terapia del Comportamento é pienamente definita, benché estremamente gracile. Perché due società di terapia del comportamento? I protagonisti che vollero allora tale dualismo dettero spiegazioni stranamente generiche, tanto da accreditare la convinzione che i problemi di leadership fossero l'unico vero ostacolo ad un'unificazione di due società che hanno perseguito e perseguono finalità statutarie assolutamente identiche.

Liotti dice che non vi furono problemi di leadership, ma divergenze radicali di natura concettuale. Prendo atto della sua dichiarazione, come prendo volentieri atto dell'integrità della persona - del resto, quel poco che so di Liotti fa pensare davvero a persona lontana dalle sirene del potere. Ma Liotti porta proprio quelle "spiegazioni stranamente generiche" delle quali dicevo. Da che mondo é mondo in una stessa società scientifica (1) convivono tesi contrastanti e (2)si hanno velocità diverse nelle evoluzioni interne. Quando le divergenze concettuali diventano "dirompenti"? Quando alle loro spalle vi sono questioni che scientifiche non sono: questioni di fede religiosa odi riferimento politico o di convenienza economica o di gelosie di leader, ecc. ecc.

Pur riconoscendo l'integrità (e forse persino il candore) di Liotti, non vorrei che gli argomenti dell'agiografia dell'una come dell'altra Società facessero velo agli argomenti della ricostruzione storica. Perché si é giunti, nel 1977, alla costituzione dell'AIAMC invece che ad una confluenza nella neo-nata SITC, cosa di cui si parlava invece nell'inverno del 1976? Fatico a capire perché divergenze concettuali pur radicali non potessero convivere nel rispetto del pluralismo. E ammesso e non concesso che esistessero davvero radicali divergenze teoriche, quanti e quali tentativi furono fatti per confrontare e meglio chiarire il quadro concettuale? Liotti fu uno dei protagonisti di quegli anni (gli altri furono Gian Franco Goldwurm, Vittorio Guidano e Paolo Meazzini, e mi auguro che mi onorino anch'essi delle loro osservazioni). Al momento, continuo a credere che la scelta di due Società - soprattutto nel gracile quadro degli anni '70 - fu una decisione sbagliata ed uno spreco di sinergie ed un insulto al pluralismo conoscitivo.

Sempre nelle sue note al mio articolo Liotti ribadisce ripetutamente una tesi che a me sta molto a cuore - più a cuore di una (improbabile) unificazione delle Società cognitive e comportamentali o di una loro (abbastanza probabile) ulteriore frammentazione futura. Ribadisce Liotti che - trent'anni fa come oggi - "l'interesse fondamentale è rivolto alla relazione stretta fra psicoterapia e ricerca di base in psicologia sperimentale". Condivido e sottoscrivo (oggi come vent'anni fa, cfr. Sanavio, 1978, p. 136; Sanavio, 1991, pp. 11-16) perché credo che il vero spartiacque che attraversa la psicoterapia sia proprio lì dove Liotti giustamente lo colloca: nel riferimento costante ed in perenne movimento alle acquisizioni della psicologia di base, del dibattito epistemologico, ecc. Non é uno spartiacque tra certe scuole e società di psicoterapia e certe altre, ma uno spartiacque trasversale, che taglia attraverso una dozzina delle società di psicoterapia patria come europea. Per alcune - quelle psicoanalitiche, ad es. - é stato fin dagli albori motivo di grossa sofferenza e forte conflittualità interna.

Mi auguro che prima o poi il clima culturale maturi abbastanza da permetterci di avere una Società di Psicoterapia punto e basta. Psicoterapia senza aggettivi, dunque, senza bisogno di qualificarla cognitiva piuttosto che sistemica o dinamica o vattelappesca. Una spinta in questa direzione viene certo dai moderni movimenti per l'integrazione psicoterapeutica (benché temo inficiati da un troppo ingenuo irenismo).

Altre cose che Liotti dice, però, non mi piacciono affatto. Dice che critico severamente "l'integrazione fra cognitivismo clinico e teoria dell'attaccamento da una parte, e fra cognitivismo e costruttivismo dall'altra" e dice pure che guardo "con sospetto al collegamento concettuale che essi pongono fra il cognitivismo clinico ed alcuni settori della ricerca psicoanalitica." In realtà quel che faccio é rilevare come scorra a fiotti la filosofia classica tedesca (idealismo in particolare) in parte delle tesi apparentemente innovative e stimolanti che ci vengono dal costruttivismo e dal costruzionismo sociale. Quanto ai "collegamenti concettuali" con "alcuni settori della ricerca psicoanalitica", Liotti mi fa troppo "profondo": mi sono permesso di sbeffeggiare non dei "collegamenti concettuali", ma la scarsa fantasia nell'uso e nell'abuso di elementi del lessico ("analizzare", "didatta") in bocca ai nostri colleghi cognitivisti!

Liotti poi mi rimprovera "la tuttora perdurante diffidenza per gli apporti dell'etologia e dell'evoluzionismo alla psicoterapia e alla psicopatologia (diffidenza che chiaramente traspare dallo scritto di Sanavio)".Rileggo il mio testo e non vedo parola che possa autorizzare Liotti ad attribuirmi della diffidenza verso l'etologia (per inciso, la mia prima comunicazione ad un congresso scientifico internazionale fu alla XIVth International Ethological Conference, organizzata da Mainardi nel 1975. In sala, ad un certo punto, venne a sedersi Konrad Lorenz - e ne ricordo la figura imponente e la bella testa canuta con intatta emozione e venerazione oggi ancora).

Liotti pone infine una domanda cui sono lieto di saper rispondere. Una persona come lui, chiede, avrebbe potuto rivendicare il suo "interesse per le idee che abbiano forte rapporto col mondo della ricerca sperimentale e col mondo della filosofia della scienza" e rivendicare il suo "diritto a non aderire rigidamente ad alcuna ideologia che emerga nel mondo della psicoterapia e della psicologia" senza essere minacciato di espulsione, qualora fosse stato membro non della SITC ma di altre Società di psicoterapia o di modificazione del comportamento? Se posso parlare per l'AIAMC, la risposta é sì. Sì al 100%. Provare per credere.


Fine della Quarta parte:
1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
2. TABELLA: Principali tappe dello sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
3. Commento critico di Giovanni Liotti
4. Replica di Ezio Sanavio
5. Bibliografia
6. Dibattito avvenuto in rete

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