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TRENT'ANNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA E COMPORTAMENTALE
IN ITALIA
Ezio Sanavio
Professore di Psicologia Clinica, Università di Padova
con un commento critico di Giovanni Liotti,
una replica di Ezio Sanavio,
e il dibattito avvenuto in rete

Prima parte di sei parti:
1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
2. TABELLA: Principali tappe dello sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
3. Commento critico di Giovanni Liotti
4. Replica di Ezio Sanavio
5. Bibliografia
6. Dibattito avvenuto in rete

Introduzione di Paolo Migone

In questo lavoro, Ezio Sanavio, Professore di Psicologia Clinica al Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova, racconta la storia del movimento di psicoterapia cognitivo-comportamentale in Italia. Il paradigma teorico del comportamentismo e i suoi successivi sviluppi nel cognitivismo (nelle sue varie versioni) sono estremamente interessanti, anche perché rappresentano un imprescindibile punto di riferimento per il dibattito teorico sulla teoria della picoterapia e per comprendere meglio le differenze con altri paradigmi (come quello psicodinamico), e quindi la identità dei vari approcci. Un motivo di ulteriore interesse è rappresentato dal fatto che il movimento italiano di terapia cognitivo-comportamentale è considerato da molti come uno dei più innovativi a livello internazionale.

Per avere un panorama più articolato su questo movimento in Italia (e anche per mantenere quella che ormai è diventata una tradizione dell'Area "Psicoterapie" di POL.it, che è quella di ospitare discussioni critiche con posizioni diverse che si confrontano), ho chiesto a Giovanni Liotti di mandare un commento, dal suo punto di vista, allo scritto di Sanavio. Liotti è tra le figure più note del movimento italiano di psicoterapia cognitivo-comportametale, e ha vissuto in prima persona alcuni degli sviluppi di cui parla Sanavio. Il suo commento contiene aspetti critici, prevalentemente riguardo ai motivi della scissione tra le due associazioni italiane di psicoterapia cognitiva, per cui ci è prezioso per avere un quadro della situazione visto da un'altra prospettiva. Ho chiesto infine a Sanavio se voleva ribattere a Liotti, e con piacere ci ha mandato una sua breve replica.

Infine, dopo la pubblicazione in rete di questi documenti, sono comparsi alcuni interventi nelle liste di discussione (e precisamente sulla lista Psich-Ita di POL.it e sulla lista "Psicoterapia" di Psychomedia),da parte di Tullio Carere, Paolo Migone, Gennaro Esposito, Antonio A. Rizzoli, Piero Porcelli, Mario Galzigna, Silvio Lenzi, Tullio Carere, e Giovanni Liotti. Questo dibattito viene pubblicato nell'ultima parte.


TRENT'ANNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA
E COMPORTAMENTALE IN ITALIA
Ezio Sanavio
Professore di Psicologia Clinica, Dipartimento di Psicologia Generale, Università di Padova

Introduzione

La terapia del comportamento in Italia si diffonde negli anni 70. Essa costituì un fenomeno d'importazione, qualcosa di estraneo per la cultura e la tradizione italiana e faticò molto per superare le iniziali reazioni di rigetto, per radicarsi nella nostra realtà, sviluppare la propria autonomia. Questo radicamento fu favorito negli anni80 dallo sviluppo delle teorie e delle tecniche cognitive, che risultavano più coerenti con le nostre tradizioni culturali. Nella pratica clinica, non vi fu contrapposizione tra cognitivismo e comportamentismo, ma un innesto graduale dei modelli cognitivi che espandevano le potenzialità terapeutiche delle teorie e tecniche comportamentali. Nell'uso d'oggi é invalsa l'espressione psicoterapia comportamentale e cognitiva sostituendo quella di terapia del comportamento. Essa potrebbe essere descritta come un albero che affonda le sue radici nella reflessologia pavloviana ed erge la chioma nelle epistemologie della complessità e nelle ideologie post-moderne(vedi Tabella, alla fine dell'articolo).

Sia per comprendere tale sviluppo, sia soprattutto per comprendere in profondità luci ed ombre che oggi presenta in Italia, é opportuno soffermarsi preliminarmente su alcune riflessioni storiche.

Il retroterra culturale

La cultura italiana, nella prima metà del novecento, fu dominata dall'influenza della filosofia classica tedesca e del neo-idealismo, che ebbe nel nostro paese continuatori originali ed eminenti come Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Nel dopoguerra la cultura italiana si aprì con entusiasmo al pensiero marxiano ed al materialismo storico. Il dopoguerra vide altre importanti aperture culturali, di più elitaria diffusione, in particolare verso il pensiero esistenzialista e fenomenologico (e questi furono gli approcci abbracciati dalla parte più colta della cultura psichiatrica in Italia, che aveva sempre parlato tedesco o francese, ma raramente inglese). Furono invece poco conosciuti il Circolo di Vienna, il positivismo logico, la filosofia della scienza, la cui diffusione - dovuta a Ludovico Geymonat, che coniugò filosofia della scienza e marxismo - fu sorprendentemente tardiva. Dunque la generazione che negli anni '70 - anni della introduzione della terapia del comportamento - aveva posizioni autorevoli negli ospedali, nelle università, nella vita culturale e sociale in genere, é una generazione cresciuta ed educata, nel bene e nel male, nel culto della cultura umanistica, dell'antichità classica, della filosofia classica tedesca e del suo sistema di valori culturali, sociali, etici ecc.

In Italia Watson e la cosiddetta "rivoluzione comportamentista "erano stati ignorati al loro apparire, fraintesi in seguito (Trombetta, 1995). Lungo oltre metà del secolo il comportamentismo fu considerato come un sistema filosofico di stampo materialista particolarmente ingenuo e grezzo - una posizione che anche in seguito stentò ad essere corretta e che é tuttora condivisa dai più. Sul piano filosofico, la rilettura storico-critica del comportamentismo dovette attendere la fine degli anni 60 e fu opera di Umberto Curi, un filosofo padovano di formazione marxiana (Curi, 1967, 1973). Egli, da una parte, rimprovera al comportamentismo di prima generazione di avere sviluppato "una meta fisica del comportamento, altrettanto dogmatica ed arbitraria della deprecata metafisica coscienzialista" (Curi, 1967, p. 173). Dall'altra parte, egli riconosce un secondo e più valido modo di intendere il comportamentismo come un'applicazione al lessico della psicologia di indicazioni epistemologiche fornite in parte dall'operazionismo di Bridgman, in parte dalla filosofia analitica e dal Circolo di Vienna.

Evidente dunque come la cultura italiana abbia avuto e conservi tuttora connotazioni estremamente diverse dalla cultura anglosassone: in breve, essa é stata - ed é in prevalenza tuttora - intrinsecamente ostile a tutto quel retroterra filosofico e più generalmente culturale che é stato alle spalle della terapia del comportamento.

Lo scenario psichiatrico e socio-politico

Il 1968 fu un anno cruciale per la nostra storia sociale e politica come in gran parte d'Europa. Inoltre, nel 1968 la contestazione irrompe prepotentemente nella scena psichiatrica. Punto cruciale é la pubblicazione in quello stesso anno da parte di Franco Basaglia de L'istituzione negata: Rapporto da un ospedale psichiatrico. In questo contesto critico anche il tradizionale ruolo terapeutico del medico viene negato: viene denunciatala violenza del sapere e del potere psichiatrico, viene denunciata la falsa neutralità della scienza. Da questa critica non viene risparmiatala psicoterapia, che viene considerata solo una forma più raffinata(o subdola) della medesima violenza.

Per quanto ci concerne, il momento più arduo di questo dibattito é dato da un Convegno tenutosi nel 1976 a Reggio Emilia sul tema "La terapia del comportamento nella pratica psichiatrica". Gli esponenti principali della psichiatria di allora sostennero che le psicoterapie vanno considerate uno strumento di manipolazione e di controllo sociale e che la terapia del comportamento sarebbe solo la più ingenua e scoperta di tutte, quella nella quale "il malato viene messo nella stessa situazione del topo e del piccione nella gabbia di Skinner" (Minguzzi, 1978).

In conclusione, nel mondo della psichiatria e della psicoterapia italiana, la strada della Terapia del Comportamento fu tutta in salita a partire dagli anni 70 ad oggi. Costante é stata la necessità di difendersi dalla critica stereotipica di operatori della manipolazione, del consenso sociale, del lavaggio del cervello. E' stato merito di Gian Franco Goldwurm - uno psichiatra comunista che ha avuto un ruolo di primo piano nella riforma psichiatrica italiana e nella chiusura di tre dei principali ospedali psichiatrici del Nord Italia - coniugare la deistituzionalizzazione con i principi della terapia del comportamento e con le risorse tecniche offerte da essa alla riabilitazione ed al reinserimento degli psicotici cronici (cfr. Goldwurm,1978, 1979).

La psicologia italiana ed il comportamentismo

Nei paesi anglosassoni, lo sviluppo e la diffusione della terapia del comportamento si sono giovati del forte peso che il comportamentismo aveva avuto da mezzo secolo. Nulla del genere in Italia. Lungo tutta la prima metà del novecento, gli studiosi comportamentisti furono conosciuti di riflesso, per lo più attraverso le critiche formulate da loro oppositori (Kohler, Vygotsky, Piaget) o compendi di psicologia francesi o tedeschi. I classici del comportamentismo e della Learning Theory sono stati tradotti solo a partire dagli anni settanta e proprio sull'onda dell'interesse suscitato dalla Behavior Therapy.

Va però fatta menzione di due significative eccezioni, a Siena ed a Palermo, rappresentate rispettivamente da Virgilio Lazzeroni e Gastone Canziani. A Lazzeroni viene riconosciuto il merito di avere per primo esposto e difeso in Italia, nel 1942, la tesi che "l'oggetto della ricerca psicologica è un momento dell'esperienza riducibile al comportarsi degli organismi animali in situazioni date". Per i successivi quarant'anni Lazzeroni continuò ad approfondire lo studio storico e critico delle origini della psicologia moderna e pervenne ad elaborare una propria revisione originale - in termini funzionalisti - della nozione di comportamento; egli riconosce nel comportamento una funzione simile alle altre funzioni dell'organismo: un sistema regolatore dell'organismo che si sovrappone e interagisce con tutti gli altri sistemi di regolazione dell'omeostasi dell'organismo (Lazzeroni, 1985). Egli si occupò non solo di storia e teoria della psicologia, ma anche di psicosomatica e psicopatologia. Fu così dapprima precursore poi fautore e divulgatore della terapia del comportamento in Italia. Per merito suo e dei suoi successori, Saulo Sirigatti e Mario Reda, l'Istituto di Psicologia Generale e Clinica dell'Università di Siena da lui fondato é stato ed é tuttora uno dei poli principali di ricerca e di formazione in terapia comportamentale ed ora in terapia cognitiva.

Una seconda eccezione é costituita, nell'immediato dopoguerra, da Gastone Canziani. Arrivato in Sicilia dalla nativa Trieste - allora città di vasta cultura mitteleuropea - insegnò psicologia all'università di Palermo, dove fondò un laboratorio che svolse ricerche sperimentali di derivazione reflessologica. Grazie a questa presenza, la Sicilia continuò in seguito ad importare significativi studiosi aperti ad una psicologia del comportamento. Invitò Isaias Pessotti, un giovane brasiliano allievo di Keller, ad insegnare le tecniche del condizionamento operante nel proprio laboratorio ed a sperimentarle, assieme al figlio Fabio Canziani, nel trattamento di fobie infantili e disturbi del controllo sfinterico. La Sicilia fu così un altro polo di diffusione della terapia del comportamento: prima per opera di Canziani, poi per opera di due ricercatori di origine milanese, Ettore Caracciolo e di Paolo Moderato.

Nel complesso, però, la riabilitazione del comportamentismo fu parziale e incredibilmente tardiva ed ebbe luogo ben dopo che la psicologia cognitiva si era diffusa e radicata nel mondo della ricerca psicologica italiana e dell'insegnamento universitario. Avviene così che, nel mezzo degli anni 70, la principale rivista di psicologia italiana, il GiornaleI taliano di Psicologia, pubblichi un articolo, che può essere considerato il manifesto programmatico del cognitivismo in Italia (Bagnara et al., 1975). Con lo schematismo che spesso si ritrova in tali documenti programmatici, il cognitivismo é presentato come paradigma scientifico emergente, in antitesi al comportamentismo e in associazione ad una vasta serie di potenzialità innovative e valori progressisti. Il comportamentismo é invece liquidato come (1) fenomeno culturalmente e scientificamente chiuso e superato (2) che lascia un'eredità o insignificante o regressiva (3) estraneo alla cultura ed alla storia della psicologia europea (4) espressione del colonialismo scientifico ed economico nord-americano (5) sovrastruttura ideologica di una società che monetarizza l'uomo e le relazioni umane.

Per reazione a tali tesi, un gruppo di giovani ricercatori dell'Università di Padova pubblicò una articolata risposta (Cornoldi et al.,1976); essa contribuì in maniera determinante ad una comprensione critica della psicologia del comportamento: in particolare veniva ribaditala vitalità delle applicazioni della psicologia del comportamento nella clinica e nella Behavior Therapy. Questo gruppo rappresenta quel polo padovano, che ebbe un ruolo chiave nella diffusione della terapia del comportamento in Italia.

L'approfondimento storico della psicologia del comportamento fu condotto solo negli anni '80, da Paolo Meazzini, uno psicologo veneziano di formazione gestaltista (Meazzini, 1980, 1983). Egli ribadisce che il comportamentismo, lungo tutta la sua lunga storia, non ha rappresentato un corpus teorico unitario né una "scuola", ma piuttosto un "sistema culturale aperto" e che l'eredità del comportamentismo é metodologica: essa consiste nel rigore dei metodi, nell'attenzione ad evitare la reificazione di costrutti ipotetici, nel primato della ricerca sperimentale, nella tensione verso l'obiettività metodologica sempre strenuamente rivendicata al di là delle differenti teorie formulate via via dai vari studiosi (Meazzini, 1985). E' proprio in questa accezione medologica e di "sistema aperto" che si parlò di terapia del comportamento in Italia.

Radici nella reflessologia pavloviana

Le prime presentazioni in ambiente scientifico della Terapia del Comportamento ebbero luogo sotto l'egida della neurologia e della dottrina pavloviana dei riflessi condizionati. Nel 1965 si tiene a Salice Terme il XV Congresso della Società Italiana di Neurologia: vi é un intero symposium sui riflessi condizionati. Ospite d'onore è il sovietico Sokolov; a noi interessa la relazione di E. Arian (uno psichiatra torinese che morirà nello stesso anno anche per le sevizie subite nei lager nazisti) che svolge una ampia esposizione delle prospettive terapeutiche derivate dalla teoria pavloviana dell'attività nervosa superiore e, per dovere di completezza, svolge un lungo excursus a illustrazione della terapia del comportamento. Arian cita soprattutto Dunlap, Eysenck, Lazarus, Mary Cover Jones, Wolpe:

Le premesse teoriche donde partono questi autori non sono perfettamente omogenee, sono in tutti i casi assai fragili, e talvolta sotto non pochi aspetti appaiono come una distorsione o caricatura della dottrina di Pavlov (Arian, 1965, p. 232-233)

Nel 1968 si tiene a Milano il congresso del Collegium Internationale Activitatis Nervosae Superioris (CIANS). Il CIANS é un'associazione internazionale, costituita nel 1960 in Cecoslovacchia grazie soprattutto all'intraprendenza di Gantt, che nel 1955 aveva dato vita alla Pavlovian Society of Northern America. Gli scopi vanno al di là della tradizione pavloviana e sono così indicati: promuovere lo studio interdisciplinare di problemi di rilievo delle neuroscienze, della psicologia e delle scienze biomediche che abbiano un impatto sul comportamento e sulla salute: si noti l'ampia sovrapposizione con gli scopi che ben più tardi saranno propugnati dalla Medicina Comportamentale e dalla Psicologia della Salute. Presidente del congresso milanese é W.H. Gantt, organizzatori locali G.F. Goldwurm e L. Cazzullo, fra gli intervenuti occidentali vi sono Gelder, Rachman e Wolpe. In questa come in varie altre occasioni gli studiosi italiani hanno saputo svolgere questo ruolo di cerniera: mettere in contatto studiosi dell'Est e dell'Ovest in un mondo diviso dalla guerra fredda che non incoraggiava gli scambi scientifici.

Ancora a Milano, nel 1970, si tiene il Congresso di psichiatria e neurologia di lingua francese; la sezione sulla terapia é dedicata alle "terapie di condizionamento nelle nevrosi" ed affidata al francese Rognant ed all'italiano Goldwurm (1970): entrambi utilizzano riferimenti che provengono in parte dalla reflessologia sovietica, in parte dal comportamentismo. Un'ulteriore testimonianza della tradizione pavloviana é l'attività in questi anni a Roma dell'Istituto di studi psicologici e psichiatrici di Villa S. Rita intento a realizzare una sintesi tra reflessologia e psicodinamica. Ne é espressione un volumetto dall'accattivante titolo "I riflessi condizionati nella vita quotidiana" (Cerquetelli & Durante, 1970).

Due società di Terapia del Comportamento

Sempre agli inizi degli anni 70, inizia ad interessarsi di Terapia del Comportamento un gruppo di studenti e giovani psichiatri della Clinica Psichiatrica dell'Università di Roma, che grazie all'incoraggiamento del direttore, Prof. Giancarlo Reda, hanno occasione di formarsi in Inghilterra al seguito soprattutto di Victor Meyer e Isaac Marks. Il loro interesse é rivolto alla psicoterapia delle nevrosi ed alla professione privata. Altri, come Paolo Pancheri, Gabriele Chiari, Roberto Mosticoni e MarioReda, apprendono e diffondono il bio-fedback. Altri, come Francesco Mancini, si rifanno alla teoria dei costrutti personali di Kelly e richiamano l'attenzione sui princìpi costruttivistici in psicologia e psicoterapia. Stimolo ulteriore al gruppo romano viene da un allievo di Ellis, Cesare De Silvestri, che introduce la Rational Emotive Therapy (RET) a Roma e, successivamente, in Italia. Si costituisce così a Roma, nel 1971, una delle prime società di Terapia del Comportamento costituite in Europa, la Società Italiana di Terapia del Comportamento (SITC), benché in quegli anni avesse un rilievo solo cittadino. Primo presidente é Vittorio Guidano; altri promotori oltre ai summenzionati furono Stefania Borgo, Gianni Liotti, Lucio Sibilia. Negli anni successivi questo gruppo iniziò un'attività auto-formativa e formativa invitando a Roma figure eminenti per brevi stages. Con gli anni '80 la SITC svilupperà una dimensione nazionale ed organizzerà regolarmente propri congressi.

Il polo milanese ha invece come interessi teorici e clinici prevalenti quelli delle psicosi, della Terapia del Comportamento all'interno delle istituzioni e finalizzata alla riabilitazione ed al reinserimento degli psicotici.- figura di riferimento é G.F. Goldwurm. Inoltre il polo milanese é reso vivace da molte iniziative che provengono dall'Istituto di Psicologia della facoltà Medica dell'Università di Milano. Vengono tradotti i primi libri sulla Terapia del Comportamentoe, nel 1972, Victor Meyer tiene un vero e proprio corso di Terapia del Comportamento alla Scuola di specializzazione in psicologia, per invito del direttore Marcello Cesa-Bianchi. Accanto a lui, figura di riferimento é Ettore Caracciolo, che promuove, nel 1972, un congresso internazionale sul tema "Recenti sviluppi nella psicologia dell'apprendimento", dove interverranno, tra gli altri, Eysenck e Meyer. Attorno all'istituto di Milano si raccoglie un gruppo di giovani psicologi che sviluppano tematiche teoriche dell'analisi dei processi di apprendimento e dei processi cognitivi e le loro applicazioni nell'educazione, nell'handicap e nella clinica. Tra loro ricordiamo Roberto Anchisi, Bruno Bara, Silvia Perini, Giorgio Rezzonico, Francesco Rovetto e Paolo Moderato, che nel 1996 sarà eletto presidente dell'European Association for Behavioural & CognitiveTherapies (EABCT).

Già si é detto del polo padovano e della sua presenza nel mondo della psicologia. Esso dà vita alla rivista Formazione e Cambiamento (Learning & Change) che possiamo considerare un'antesignana delle successive riviste di terapia del comportamento. Nel1975 si tiene a Treviso per iniziativa di Paolo Meazzini una settimana di studio su "Analisi e modificazione del comportamento": é il primo vero e proprio corso di formazione in Terapia del Comportamento organizzato in Italia e - quel che più é notevole - il corpo docente é tutto italiano. Altre iniziative simili seguiranno e da fine degli anni '70 si avrà in Italia una prima generazione di terapeuti comportamentali di formazione, per così dire, "autoctona".

Nel 1977 a Verona viene fondata una seconda società di terapia del comportamento, denominata Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento (AIAMC). Essa é il risultato del collegamento tra i principali poli attivi nel Nord Italia. Primo presidente é Roberto Anchisi; gli succederanno Paolo Meazzini, Gian Franco Goldwurm, Paolo Moderato, Ezio Sanavio, Anna Meneghelli. A partire dal nucleo lombardo-veneto, negli anni l'AIAMC acquista una diffusione nazionale ed internazionale. Nel 1978 tiene il suo debutto internazionale, al Lido di Venezia, organizzando il suo congresso internazionale; tra i partecipanti stranieri Birbaumer, Brengelmann, Eysenck, O'Leary, Rachman, Richelle, Staats, Thompson. L'anno successivo inizia le pubblicazioni il Giornale Italiano di Analisi e Modificazione del Comportamento, rivista ufficiale dell'AIAMC.

Si può dunque dire che a fine degli anni '70 la presenza in Italia della Terapia del Comportamento é pienamente definita, benché estremamente gracile. Perché due società di terapia del comportamento? I protagonisti che vollero allora tale dualismo dettero spiegazioni stranamente generiche, tanto da accreditare la convinzione che i problemi di leadership fossero l'unico vero ostacolo ad un'unificazione di due società che hanno perseguito e perseguono finalità statutarie assolutamente identiche.

Handicap e apprendimento

Come si é visto, i temi della malattia mentale e dei diritti di tutti i portatori di devianze ed handicap erano stati dibattuti in Italia con una incredibile partecipazione di massa. La polemica al sistema istituzionale dalla sfera manicomiale si trasferisce agli istituti per minori, alla scuola ed alle classi speciali. Avviene così che il tema dell'apprendimento e dell'handicap sia centrale lungo tutti gli anni '70 ed '80: vengono smantellatele "classe speciali" e ridimensionati gli istituti per handicappati, viene svolto uno sforzo immane, non sempre coronato da successo, per garantire loro una possibilità formativa all'interno delle classi normali (Caracciolo & Rovetto, 1988; Moderato, 1989).

Nel settore della psicologia dell'educazione ed in particolare dell'handicap, va fatta menzione di due riviste che si muovono principalmente nell'ottica cognitiva e comportamentale: la prima é Psicologia e Scuola (diretta Paolo Meazzini e pubblicata da Giunti), la seconda Difficoltà di apprendimento, diretta da Fabio Folgheraiter e Dario Ianes, che hanno costituito a Trento il Centro studi sull'handicap M.H. Erickson. L'indirizzo elettronico é "www.delta.it/edizioni_erickson".

Medicina comportamentale

Nel 1977 si costituisce la Società Italiana di Biofeedback (SIB) per opera di Paolo Pancheri. Egli ed i suoi allievi operarono molto attivamente per la diffusione del biofeedback. Il biofeedback ebbe il merito di avvicinare una parte del mondo medico ad un approccio psicologico al malato somatico. Presto il biofeedback perse molto interesse e venne ridimensionato il suo ambito di utilizzo, tuttavia, attraverso di esso si fece strada il modello psicobiologico della malattia e si aprì la strada alla medicina comportamentale.

Nel 1983 si tiene a Padova un Congresso sul tema "Scienze biomediche e scienze del comportamento: verso una nuova interpretazione della salute", durante il quale viene presentata la traduzione italiana del primo testo di medicina comportamentale che appare in Italia (Melamed & Siegel, Behavioral Medicine. Practical Applications in Health Care). Nel 1986 la SIB ampliò il suo scopo ed allargò la propria denominazione in Società Italiana di Biofeedback e Medicina Comportamentale. Nel 1987 inizia a Milano, presso l'Ospedale Niguarda, un corso sull'approccio comportamentale in medicina psicosomatica e viene attivato nello stesso ospedale un Centro di Medicina Comportamentale; direttore é G.F. Goldwurm.

Nel 1988 si tiene a Treviso il Congresso AIAMC sul tema "Salute e stile di vita". Negli anni novanta si é fatta strada la Psicologia della Salute e si creato un facile terreno di incontro con tale prospettiva ed una sinergia di forze (Di Giorgi, Michielin, Riedi, Targa, Turola & Zambon, 1992; Sibilia, 1995).

Latini dies

Una tappa importante nel processo di emancipazione ed autonomia da modelli di importazione straniera é stato l'avvio di un ciclo di convegni internazionali di area latina. Nel 1989 si tiene a Roma, per iniziativa di G.F. Goldwurm, il primo incontro delle organizzazioni di terapia cognitiva e comportamentale dei paesi di lingua latina; tra i partecipanti Ramon Bayes, Leonidas Castro-Comacho, Jean Cottraux, Ovide Fontaine, J. Miguel Tobal, Emilio Ribes. E' il primo di una serie di congressi internazionali, che si ripeteranno negli anni successivi con il nome "Latini dies" e con nutrita presenza italiana: nel 1991 a Sitges in Spagna; nel 1993 a Tolosa, Francia; nel 1995 a Guadalajara, Messico; nel 1997 a Cascais, Portogallo. La segreteria permanente dell'organizzazione "Latini dies" é in Italia, presso la segreteria AIAMC, via Settembrini 2, 20124 Milano.

L'area latina ha inoltre espressione attraverso la creazione, nel 1992,di una rivista scientifica comune, Acta comportamentalia. Rivista Latina di Analisi del Comportamento: è pubblicata dalla Casa Editrice dell'Università di Guadalajara (Mexico) ed ospita articoli in lingua castigliana, francese, italiana e portoghese; animatore ne é Emilio Ribes Inesta.

Dal comportamentismo al cognitivismo

Se rottura o "salto di paradigma" possono cogliersi tra comportamentismo e cognitivismo, non esiste invece soluzione di continuità sul piano della terapia. Principi e tecniche cognitive sono andate via via ad aggiungersi, ad integrare o talvolta a sostituire principi e tecniche comportamentali nella pratica clinica delle prime generazioni di terapeuti italiani. In terapia, dal comportamentismo al cognitivismo si giunse per semplice inerzia, sulla scia della crescita e degli sviluppi anche in Italia delle terapie cognitive. Gli studiosi che ebbero più intensi scambi con l'Italia ed influenzarono lo sviluppo delle terapie cognitive sono stati A.T. Beck, A. Freeman, P.C. Kendall e M. Mahoney.

Per prima la SITC, nel 1981, modificò nome e sigla in Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) a riconoscimento degli sviluppi in senso cognitivista. Nel 1992 anche l'AIAMC opera una modifica: il nome esteso diventa Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e di Terapia Cognitiva e Comportamentale, mentre la sigla rimane la stessa.

Naturalmente non mancarono né mancano tuttora dibattiti di tono polemico, affermazioni dogmatiche e estremiste, ma, nel complesso, principi e tecniche cognitive sono state considerate quali sviluppi obbligati delle nuove acquisizioni sperimentali e cliniche che, nel corso degli anni, si verificavano all'interno di una stessa comunità e di un comune programma di ricerca (Sanavio, 1991).

Attachment and Bowlby theory

Un grande interesse ha assunto, soprattutto in seno al gruppo romano, la teoria dell'attaccamento di Bowlby. Guidano e Liotti dedicano nel 1983 a John Bowlby il loro principale volume, Cognitive Processes and Emotional Disorders (New York: Guilford). Liotti ha pure dato vita ad una Italian Association forthe Research on the Psychopathology of the Attachment. In rapporto ai pattern di attaccamento che il bambino sviluppa nella relazione con la madre, si costruiscono schemi che rivestono ruoli fondamentali perla patogenesi della psicopatologia (Liotti, 1991; Intreccialagli, 1996). Particolare interesse ciò sembra avere nei disturbi della personalità (Lorenzini & Sassaroli, 1995) e nei disturbi dissociativi (Liotti, 1992). La relazione terapeutica é concettualizzata a partire dalla nozione bowlbiana di "base sicura" e diventa un fondamentale strumento di cambiamento. Come già era avvenuto nella storia della psicoanalisi, scema il ruolo della tecnica e diventa primario il ruolo della relazione terapeutica.

Construttivismo e post-modernismo

Nella prospettiva costruttivista l'essere umano é considerato un attivo costruttore di modelli rappresentativi di sé e della realtà esterna. Questa tesi viene portata alle sue conseguenze estreme mettendo in  crisi la nozione stessa di una realtà esterna: la realtà, o meglio le realtà, sono sostanzialmente costruzioni sociali (Chiari& Nuzzo, 1996).

La psicoterapia diventa sostanzialmente un'analisi del sistema conoscitivo del paziente alla ricerca delle aree disfunzionali o di eccessiva incoerenza interna. In tale ottica, la psicoterapia analizza - i nostri costruttivisti ricercano intenzionalmente un lessico psicoanalitico per meglio marcare le distanze rispetto al lessico cognitivo e comportamentale! - le modalità con le quali il paziente organizza la propria conoscenza di sé, degli altri e delle proprie esperienze, modalità che sono sia di carattere conoscitivo sia di carattere emozionale.

Il terapeuta tende ad attivare un processo di auto-ristrutturazione; pertanto egli opera non a sostegno dell'omeostasi, ma come un elemento perturbatore del sistema, come catalizzatore di crisi e riorganizzazioni dell'organizzazione conoscitiva del paziente (Guidano, 1987, 1991; Bara,1996). Come già era avvenuto nella storia della psicoanalisi, la psicoterapia tende ad allungarsi ed a porsi obiettivi di difficile verifica al di fuori del setting terapeutico.

Le riviste di psicoterapia comportamentale e cognitiva

La prima rivista di Terapia del Comportamento apparve nel 1979. E' il Giornale Italiano di Analisi e Modificazione del Comportamento, rivista ufficiale dell'AIAMC, e Paolo Meazzini ne era il direttore. Il giornale cesserà le pubblicazioni dopo alcuni anni per rinascere, nel 1984, con diverse caratteristiche ed un nuovo titolo: TC - Terapia del Comportamento; direttori sono G.F. Goldwurm e P. Meazzini. Nel corso degli anni ha ospitato contributi non solo di studiosi italiani, ma anche di molti stranieri, a volte originali, a volte traduzioni, per esempio Bandura, Bellack, Dobson, Eysenck, Falloon, Francks, Glass, Goldstein, Kanfer, Leff, Lewinsohn, Marlatt, Ost, Patterson, Rachman, Sarason, Sobell, Spielberger, Wilson, Windheuser, Wolpe.

Nel 1992 é sorta la rivista Complessità & Cambiamento (Complexity & Change) che pubblica preferibilmente articoli di carattere teorico, nell'ottica della complessità, di pertinenza psicoterapeutica; ne sono responsabili due psichiatri dell'Università di Catania, Tullio Scrimali e Liria Grimaldi. L'indirizzo elettronico é: http://web.tin.it/cambiamento.

Nel 1995 ha iniziato le pubblicazioni Psicoterapia cognitiva e comportamentale - Italian Journal of Behavioural and Cognitive Psychotherapy. La rivista pubblica articoli originali sull'argomento e su temi connessi: l'assessment clinico, la medicina comportamentale, la riabilitazione, la metodologia e la ricerca di base connessa alla psicoterapia. Tra le linee programmatiche é pure l'operare per avvicinare la comunità scientifica e professionale italiana alla più vasta comunità internazionale; difatti il giornale ospita sempre più spesso significativi contributi internazionali.

La formazione

Nel 1989 la legge italiana ha subordinato l'esercizio della psicoterapia ad una specifica formazione della durata di quattro anni cui possono accedere solo medici e psicologi. Questa formazione può essere conseguita o presso le scuole di specializzazione universitaria, in particolare quelle in Psicologia Clinica ed in Psichiatria, oppure presso istituti privati, che vengono riconosciuti dallo stato, attraverso apposite procedure, allo scopo di salvaguardare la pluralità di indirizzi teorici in tema di psicoterapia.

Ciò ha comportato un ripensamento approfondito dei modelli di formazione anche in psicoterapia cognitiva e comportamentale. Esistono attualmente istituti di formazione e corsi riconosciuti nelle principali città: Firenze, Milano, Padova, Roma, Torino. Il piano didattico prevede sette componenti tra loro integrate.

1- Insegnamenti di carattere generale, nel corso dei quali sono sviluppati temi di epistemologia, metodologia, psicologia generale, psicologia dello sviluppo, psicopatologia, psicodiagnostica, psichiatria, psicofarmacologia, deontologia, psicologia della salute.

2- Insegnamenti di carattere teorico, durante i quali sono approfonditi i fondamenti teorici dell'approccio cognitivo e comportamentale, l'assessment ed i modelli dei principali disturbi.

3- Insegnamenti di carattere pratico-clinico, nei quali sono sviluppatele teorie e le tecniche della psicoterapia cognitiva e comportamentale.

4- Attività in gruppo finalizzate alla formazione personale e tecnica dell'allievo.

5- La supervisione individuale, che ha luogo con un supervisore di libera scelta del trainee: essa prevede tanto aspetti di crescita e formazione personale quanto di eventuale terapia personale.

6- La supervisione delle psicoterapie attuate dal trainee nel corso del secondo biennio.

7- Un tirocinio in strutture pubbliche in cui l'allievo possa confrontare il proprio modello di formazione con differenti tipi di utenza ed acquisire esperienza di diagnostica clinica e di intervento in situazioni di emergenza.

Il livello di preparazione teorica e clinica raggiunta dall'allievo viene valutato al termine di ciascun anno durante un esame; al termine del quadriennio l'allievo discute una tesi ed una serie di 8 casi clinici trattati con supervisione.

Supervisione clinica e formazione personale

La supervisione é considerata un fondamentale aiuto sia al processo di crescita personale sia al processo di apprendimento professionale dell'allievo e può essere distinta in due componenti: una rivolta alla formazione personale del trainee ed una rivolta alla gestione del trattamento dei pazienti a lui affidati.

Lo scopo della supervisione clinica é acquisire la capacità di impostare e condurre autonomamente una terapia cognitiva e comportamentale con una gamma eterogenea di casi e con problematiche di varia complessità. Ciò é stato a lungo oggetto di dibattito all'interno dell'AIAMC ed alla fine si é operata con chiarezza una scelta a favore della ampiezza e diversificazione delle esperienze e contro l'iperspecialismo e la settorializzazione. La supervisione si focalizza sulla costruzione e sulla continua verifica della strategia del trattamento dei casi in carico all'allievo, in rapporto alle variabili proprie al paziente ed alle variabili del contesto nel quale si colloca. La supervisione é dunque momento di sintesi dell'utilizzo delle varie tecniche di assessment e di trattamento. Massimo interesse riveste l'analisi delle registrazioni video delle interviste iniziali, delle sedute dedicate al contratto terapeutico, delle sedute conclusive e di follow-up dei casi seguiti dall'allievo. Per un maggiore allargamento delle esperienze questa parte é generalmente svolta in gruppo e la dimensione di tali gruppi e 3-4 allievi.

L'altra parte della supervisione, quella a carattere personale, si focalizza sulla storia e sulle caratteristiche personali del trainee e sui problemi relazionali presenti nell'interazione terapeutica. Vengono indagatele caratteristiche dell'allievo che vengono ad interagire e talora ad interferire con il trattamento a diversi livelli: aspettative, struttura cognitiva, attivazione emotiva, coinvolgimento personale, comportamento verbale enon-verbale in seduta. Per un migliore rispetto della privacy dell'allievo, questa parte della supervisione é condotta individualmente. Il supervisore può suggerire al trainee l'opportunità di un ciclo più o meno breve di terapia formale.

Questo modello formativo é stato a lungo dibattuto a fine degli anni 80 ed adottato da una delle due associazioni italiane, l'AIAMC. Successivamente anche l'altra associazione, SITCC, ha riconosciuto l'opportunità di una formazione personale del trainee e l'ha recentemente adottata a titolo sperimentale: prevede una durata minima di 30 ore e, per affinità con il modello psicoanalitico, essa é denominata "analisi didattica", mentre il supervisore é chiamato "didatta" (Rezzonico & Ruberti, 1996) .

Diffusione

In Italia il modello di riferimento più comune in psicoterapia é stato e continua ad essere quello psicoanalitico o più genericamente psicodinamico. Oltre la metà della psicoterapia in Italia è di impostazione psicodinamica; tra gli altri approcci, probabilmente il più diffuso é quello sistemico-relazionale, che in Italia ha avuto un grande caposcuola in Mara Selvini Palazzoli.

La terapia comportamentale e cognitiva é dunque una presenza minoritaria ma non marginale. Un indice per valutare la diffusione in Italia della Terapia del Comportamento può essere offerto dalla consistenza numerica dei soci delle due principali associazioni esistenti (AIAMC e SITCC): circa 1560. Ciò corrisponderebbe a meno del 10% dei psicoterapeuti riconosciuti legalmente in Italia. A questi 1560 dobbiamo poi aggiungere un certo numero di psichiatri e psicologi interessati all'approccio cognitivo e comportamentale, i quali operano prevalentemente in ambiti diversi dalla psicoterapia: ricerca, handicap, scuola, lavoro, ecc.

Considerazioni conclusive

In conclusione, nella introduzione della psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia fu determinante la tradizione pavloviana e la sua rete di collegamenti scientifici internazionali. Per quanto strano possa sembrare, negli anni'60 la Terapia del Comportamento arrivò in Italia via Mosca e via Praga. Negli anni '70, essa ci arrivò via Londra: fondamentale l'insegnamento teorico di H.J. Eysenck e quello clinico di V. Meyer, ma ancor più importante la possibilità per molti psicologi e psichiatri di imparare a Londra la pratica della Terapia del Comportamento nel corso di soggiorni di studio.

Nel particolare scenario socioculturale degli anni '70, fu motivo di ostracismo piuttosto che un aiuto fu il richiamo alla psicologia del comportamento. Servì a farci deridere come relitti del passato dai ricercatori delle università, in massima parte affascinati dalle scienze cognitive, ed a farci confondere col mondo psichiatrico più retrivo, quello che aveva in uso elettroshock e metodi manipolativi o violenti.

Negli anni '80 e '90 é andato crescendo il gruppo di ricercatori e di clinici che operano nei diversi ambiti della psicoterapia comportamentale e cognitiva, tanto che essa può essere considerata - dal punto di vista quantitativo - la terza presenza nello scenario della psicoterapia italiana (dopo quella psicodinamica e quella relazionale-sistemica). Il gruppo italiano ha saputo presto emergere dalla sudditanza culturale verso il mondo anglosassone. Ha saputo poi operare produttivamente sul piano internazionale, sia come cerniera verso i paesi dell'Est, sia come punto di condensazione della vasta area dei paesi di lingua latina sviluppando una propria autonomia. Oggi la psicoterapia cognitiva e comportamentale é un albero robusto con molte ramificazioni. Merito degli studiosi italiani é di avere saputo articolare una pluralità di modelli della teoria psicoterapeutica e, inoltre, di avere sviluppato molteplici ambiti di interesse, non solo quelli tradizionalmente ed immediatamente remunerativi .

Accanto alle luci, naturalmente sono le ombre ed i problemi aperti. In sostanza, il problema italiano é quello di una possibile "fuga in avanti" nella verbosità della teoria - sirena latina tantopiù fascinosa quanto meno agganciata a requisiti di controllabilità! Lo specifico retaggio della nostra tradizione ha infatti comportato e continua a comportare alcune luci ed ombre che vorrei indicare.

1. Una forte attenzione per i problemi epistemologici ed i fondamenti teorici. Ciò costituisce certamente un fortissimo pregio, specie se confrontato al pragmatismo spicciolo di molta letteratura scientifica di tante riviste internazionali. L'ombra é però d'aver prodotto un'inflazione di "dotti" riferimenti (per esempio alla teoria generale dei sistemi, all'epistemologia della complessità, al pensiero post-moderno) a fronte di progressi conoscitivi limitati. In metafora, "inventar l'acqua calda" e cercar di venderla grazie ad una riformulazione epistemologica o teorica di moda.

2. Un atteggiamento di sufficienza verso il momento della "scienza normale", nel lessico kuhniano, ed un'ingenua idolatria per il momento della "scienza straordinaria". Avviene così che, pur con tanta attenzione epistemologica e sofisticazione teorica, lamentiamo gli stessi gap di trent'anni fa nelle strutture di ricerca in psicoterapia cognitiva e comportamentale.

3. Un insolito disinteresse per i problemi empirici (ad esempio efficacia terapeutica, implementazione tecnica, documentazione dei risultati): a fronte dell'ingombro di centinaia di trattati, manuali, saggi e volumi di taglio teorico, i contributi di ricerca vera e propria, in psicoterapia comportamentale e cognitiva, che abbiamo saputo produrre in Italia in trent'anni si possono raccogliere senza problemi in una cartella neppure tanto gonfia.

4. Una diffusa fascinazione per i sincretismi teorici - come ad esempio l'assimilazione della teoria dell'attaccamento e l'ottica post-moderna- dove si perpetua, ahimè, la lunga consuetudine degli intellettuali italiani con i virtuosismi argomentativi delle sintesi dialettiche - siano esse quelle della dialettica hegeliana o del materialismo dialettico o dello storicismo crociano.

5. Una propensione verso quelle tesi costruttiviste e costruzioniste, che meglio si collocano nella tradizione della filosofia classica tedesca (idealismo in particolare) e/o meno richiamano la tradizione materialista, empirista e sperimentalista del pensiero moderno - ad esempio la meta-teoria motoria della mente (Weimer, 1977).

6. Un certo grado di camaleontismo e mimetismo con il paradigma dominante, quello dinamico - ad esempio la mutuazione di molteplici aspetti del lessico e della prassi psicoanalitica.

Riassunto

L'introduzione in Italia della terapia del comportamento avviene alla fine degli anni '60 sotto l'egida della neurologia e della reflessologia pavloviana. Nella psicologia e nella psicoterapia del tempo, essa fu percepita come un corpo estraneo e suscitò reazioni di rigetto, che nei primi tempi furono piuttosto intense. Negli anni '80 andò includendo progressivamente principi e tecniche cognitive, tanto che l'espressione ora in uso é quella di psicoterapia cognitiva e comportamentale. Attualmente é una presenza minoritaria ma non marginale nella psicoterapia italiana. Ha due società scientifiche nazionali che organizzano periodicamente convegni scientifici, una propria rivista scientifica, Psicoterapia cognitiva e comportamentale, reti di collegamenti con gli altri paesi europei e con i paesi di lingua latina. Oggi potrebbe essere descritta come un albero che affonda le sue radici nella reflessologia pavloviana ed erge la chioma nelle epistemologie della complessità e nelle ideologie post-moderne. Accanto agli aspetti positivi, non mancano difficoltà e problemi, in particolare la carenza di strutture di ricerca e la "fuga in avanti" nell'astrattezza teorica.


Ezio Sanavio
Professore di Psicologia Clinica
Dipartimento di Psicologia Generale
Università di Padova
Via Venezia, 8
35131 Padova, Italy
Fax: +(39) 049-8276560

Fine della Prima parte:
1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
2. TABELLA: Principali tappe dello sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
3. Commento critico di Giovanni Liotti
4. Replica di Ezio Sanavio
5. Bibliografia
6. Dibattito avvenuto in rete

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