logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina

26 gennaio 2004

Il testo unificato dell'on. Burani "Prevenzione e cura malattie mentali" (gennaio 2004)

Un commento di Luigi Benevelli

L'on. Burani ha proposto ai primi di gennaio di quest'anno 2004 un secondo testo unificato col quale propone di abrogare le norme vigenti del 1978 in tema di assistenza psichiatrica, per sostituirle con una nuova legislazione. Come noto, nel luglio 2002, al termine delle audizioni e della discussione generale nella Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, l'on. Burani aveva presentato un testo unificato che non ebbe seguito. Nel marzo 2003 l'on. Burani fece circolare una nuova bozza, forse allo scopo di saggiare le reazioni, che alla fine non fu mai formalizzata. Il testo unificato presentato nel gennaio 2004, sovrapponibile al testo del marzo 2003, vuole invece arrivare alla discussione ed alla votazione, prima in Commissione e poi in Aula. Per capire il percorso del relatore, è utile e importante, in primis, mettere a confronto i testi, evidenziare le modifiche apportate per poi sviluppare considerazioni e note di commento.

Analisi del testo del gennaio 2004

Articolo 1, comma 2: il diritto alla cura, anche quando è coatta, è presentato come un dovere fondato costituzionalmente; la motivazione della coazione è lo stato di malattia e il fatto che il cittadino non sia in grado di rendersi conto, temporaneamente o permanentemente del suo stato (incapacità di intendere e volere). La norma proposta consente di procedere al trattamento coatto dei cittadini che soffrano di qualsiasi malattia, non solo di disturbi psichiatrici quindi, e che non vogliano curarsi perché non se ne rendono conto.

Articolo 2: il DSM è lo strumento delle attività di prevenzione e cura delle malattie mentali, manca qualsiasi cenno alla riabilitazione psico sociale;

è fatto obbligo che nel DSM il Servizio Territoriale (CSM + SRA) e il Servizio Ospedaliero (Divisione di Psichiatria+ pronto soccorso psichiatrico) siano fra loro separati

il DSM è responsabile della cura del malato e del suo recupero sociale il DSM collabora con le scuole per la "prevenzione delle malattie mentali" e l'informazione in favore (sic!) del personale insegnante le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile svolgono le attività di prevenzione e cura delle malattie mentali fino al compimento dl 18° anno di età

Articolo 3: il CSM è responsabile del malato in tutti i suoi aspetti medici e psicologici; garantisce turni di apertura (di durata non meglio precisata) in ogni giorno dell'anno. In particolare:

  • si occupa delle persone malate a livello ambulatoriale e domiciliare e nelle fasi di subacuzie e post-acuzie
  • gestisce l'emergenza territoriale 24 ore su 24, ma solo a livello domiciliare

• organizza e controlla l'inserimento dei pazienti nelle strutture residenziali per le quali vige la libertà di scelta del paziente e della famiglia; segue e controlla i passaggi da una struttura residenziale all'altra. Pare di capire che il malato può essere trasferito da una struttura residenziale all'altra senza il consenso suo e della famiglia. Si cita l'integrazione con riferimento al solo "profilo lavorativo".

Articolo 4: la SRA, definita "struttura ad alta protezione", ha finalità diagnostiche, terapeutiche e riabilitative. Offre verde e ricreazione ai pazienti che vi sono ricoverati. Non è detto cosa s'intenda per "struttura ad alta protezione" (psichiatrica?), di cosa questo requisito comporti in ordine alle finalità, all'organizzazione, alle figure professionali, al sistema delle responsabilità.

Articolo 5: la psichiatria ospedaliera si occupa solo del trattamento degli episodi acuti. Sembra ignorata la psichiatria di liaison e il ruolo che la cultura professionale psichiatrica può svolgere nelle con le altre branche della medicina ospedaliera.

Articolo 6: la continuità terapeutica e la collaborazione con i servizi territoriali e ospedalieri, sono assicurate dalle Regioni attraverso "protocolli operativi"; ne è titolare il CSM. Questo elabora e attua il progetto terapeutico individualizzato, ma non è specificato in quale rapporto col servizio ospedaliero.

Articolo 7: gli accertamenti e ricoveri coatti. L'ASO può scattare a fronte di un "fondato sospetto della presenza di alterazioni psichiche", mentre il TSOU è adottato in presenza di "evidenti disturbi comportamentali e tali da far supporre l'esistenza di alterazioni psichiche". Il tso dura due mesi, rinnovabili e può essere effettuato in tutte le strutture, ospedaliere e non, purchè accreditate. Interessante perché apre spiragli sulla filosofia del relatore, è il comma 7 in base al quale il tso può essere interrotto quando siano venuti meno i motivi della coazione, ma solo dopo che "ci si sia assicurati che esiste la possibilità di poter concretamente continuare il trattamento terapeutico". Questo significa che si esclude la possibilità che una persona guarisca o recuperi salute (v. l'importanza dei fattori extraclinici nel percorso di recovery), ma esprime l'assillo di normare i comportamenti dei medici psichiatri, e comunque del personale sanitario, che sono principalmente e comunque responsabili che non succeda nulla di grave (paziente pericoloso a sé e agli altri)

Articolo 8: la condizione di paziente psichiatrico consente di beneficiare di:

  • lavoro tramite l'inserimento nelle liste di collocamento obbligatorio per portatori di handicap, con l'intesa che tale condizione non debba comportare alcuna discriminazione. Non meglio specificate "strutture curative" (CSM, SRA, servizi ospedalieri?) devono supportare le attività lavorative (pare di capire di natura ergoterapica) e collaborare con le Cooperative sociali. Non sono previste altre opportunità di occupazione né la formazione Professionale.
  • libertà di scelta delle strutture, dei medici e del DSM presso cui curarsi
  • possibilità di associarsi liberamente in gruppi di auto-mutuo aiuto
  • convivenza in famiglia. I famigliari non sono però obbligati alla convivenza col congiunto folle; tuttavia il CSM si deve adoperare per "incentivare" la convivenza. In particolare il paziente psichiatrico può far avere in casa i soldi del sussidio regionale, qualora la famiglia accetta la convivenza (articolo 9, comma 3)

Articolo 9: i DSM possono essere a gestione sia pubblica che privata. Le Regioni garantiscono del valore e della affidabilità dei servizi tramite proprie ispezioni. Le Regioni devono avvalersi delle Case di Cura con indirizzo specifico neuropsichiatrico di cui all'art. 43 della legge 833/78 e possono avvalersi di altre strutture private convenzionabili.

Articolo 10: le regioni possono (non devono) istituire Agenzie per la tutela della salute mentale

Articolo 11: i beni e le risorse ricavate dalla chiusura delle arre ex-OP sono destinati ai servizi di assistenza psichiatrica.

Articolo 12: riconosce piena autonomia alle Cliniche Psichiatriche Universitarie

Articolo 13: le Regioni devono istituire i DSM in ogni ASL entro due anni dall'entrata in vigore della legge. Le assunzioni degli operatori sono in deroga alle norme di limitazione o blocco delle stesse. I Prefetti collaborano a reperire strutture utili al DSM. Riconosciuto il potere di commissariamento per Aziende sanitarie e Regioni inadempienti.

Articolo 14: il Ministero della Salute predispone programmi per la diagnosi precoce del rischio psicopatologico nelle scuole, nonché programmi contro il pregiudizio e lo stigma.

Articolo 15: vincolo del 5% del Fondo sanitario Nazionale per i DSM e del 5% del Fondo Nazionale per l'infanzia e l'adolescenza per le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile.

Articolo 16: abroga gli articoli 34, 35 3 64 della legge 833/78

Confronto fra i testi Burani del luglio 2002 e quello del gennaio 2004

Parti del testo luglio 2002 eliminate

-obbligo che le UONPI abbiano servizi territoriali ed ospedalieri separati (art. 3, comma 6)

-riferimento a offerte di servizi di Day Hospital, Centri Diurni e Comunità Terapeutiche (art. 4, comma 2, lettera a)

-riferimento a vincoli organizzativi e standard di posti letto per le SRA. (art. 5); riferimento a compiti di custodia dei pazienti autori di reato accolti in SRA. Tolto riferimento ai moduli di 20 letti diversi per patologia, età e sesso e a quelli di psicogeriatria.

-riferimento a vincoli organizzativi, articolazione delle degenze+ e standard di posti letto per le Divisioni Ospedaliere (art. 6).

-Possibilità di usare le Forze dell'ordine nell'esecuzione dell'ASO

-uso del TSOU per il trattamento di patologie fisiche, intossicazioni da alcool e droghe, disturbi della terza età (art. 7, commi 5 e 6)

-denuncia di omissione di soccorso per abbandono del malato in regime di TSO (art. 7, comma 10)

-assegnazione delle funzioni di ispezione e controllo alla "Commissione per i diritti della persona affetta da disturbi mentali" presso il Giudice Tutelare (art. 7, commi da 13 a 19)

-la possibilità di permessi brevi e licenze lunghe per viaggi o visite a famigliari e conoscenti, se consenzienti. (art. 8, comma 4)

-obbligo della cadenza almeno biennale degli ispettori regionali nelle strutture del DSM (articolo 9, comma 2)

-obbligo di istituzione in ogni Regione di un'Agenzia per la tutela della salute mentale (art. 10)

-istituzione presso il Ministero della Salute dell'Agenzia Nazionale per la tutela della salute mentale e della Commissione centrale di salute mentale (art. 11)

-possibilità di riusare aree ed edifici già manicomiali per un'utenza psichiatrica (art. 12, comma 1)

Parti aggiunte nel testo gennaio 2004

a) obbligo del CSM a collaborare con gli Enti Locali e le altre agenzie per l'integrazione lavorativa dei pazienti art. 3, comma d)

b) le SRA sono destinate ad accogliere pazienti in fase post-acuta (prima di cronicità) (art.4)

c) la continuità terapeutica (art. 6, comma 1) intesa come "collaborazione per mezzo di protocolli operativi tra CSM e gli altri servizi territoriali ed ospedalieri"

d) uso eventuale della sola Polizia Municipale nella gestione dell'ASO (art. 7, comma 2)

e) il TSOU può (non deve) essere eseguito in collaborazione con le Forze dell'Ordine (art. 7, comma 4)

f) le strutture extraospedaliere in cui può essere fatto il TSO devono essere "accreditate" dalle Regioni (art. 7, comma 6)

g) citazione dell'amministratore di sostegno all'art. 8, comma 2

h) possibilità da parte delle Regioni di prevedere "forme di sussidio per i familiari disponibili a mantenere in famiglia la persona affetta da disturbi mentali" (art. 9 comma 3)

i) le attività del DSM sono svolte "dalle case di cura con indirizzo specifico neuropsichiatrico" di cui all'art. 43 della legge 833/78 (art. 9, comma 4)

j) lotta allo stigma da parte del Ministero della Salute attraverso programmi informativi, formazione dei medici di medicina generale, diagnosi precoce (art. 14, comma 2)

k) divieto del riuso delle aree già manicomiali (art. 11, comma 1) per funzioni psichiatriche.

Parti confermate

Nella nuova redazione sono confermati:

ƒ L'istituzione del DSM e della UONPI- per l'organizzazione di quest'ultima è riconosciuta piena autonomia alle Regioni per le quali invece vi è il vincolo di tenere separati il Servizio territoriale (CSM + SRA) da quello ospedaliero (Divisione di psichiatria e pronto Soccorso psichiatrico dove è attivato il DEA).

ƒ Il CSM ha la responsabilità della gestione delle urgenze e degli aspetti clinici in fase di sub-acuzie e post-acuzie (art. 3, comma 2), del controllo degli inserimenti e dei percorsi nelle strutture residenziali; deve inoltre collaborare alle attività di integrazione, specie quella lavorativa

ƒ Le SRA, strutture ad "alta protezione" accolgono i pazienti autori di reato. Devono avere "adeguati spazi verdi e di ricreazione, assicurare interventi medici diagnostici e terapeutici, psicologici, psicoterapici, psicodiagnostici ed attività riabilitative (art. 4)

ƒ I diversi gradi della coazione (art. 7): -ASO richiesto da un medico e convalidato da uno psichiatra del CSM per accertamenti, visite e trattamenti terapeutici al domicilio, eseguibile con l'intervento dei Vigili Urbani. Valido per un mese; -TSOU richiesto da un medico e convalidato da uno psichiatra ospedaliero, ha finalità diagnostiche, si effettua nelle Divisioni di psichiatria dell'Ospedale, eseguibile con l'intervento delle Forze dell'Ordine, non rinnovabile. Valido per 72 ore; -TSO richiesto da un medico del DSM, convalidato da un altro psichiatra (non necessariamente del DSM), eseguibile con l'intervento delle Forze dell'Ordine. Valido 2 mesi, rinnovabili. Si effettua in strutture ospedaliere

ed extra-ospedaliere, purchè accreditate dalle Regioni, comprese le Strutture Residenziali ad Assistenza continuata (SRA)

ƒ La Commissione per i diritti della persona affetta da disturbi mentali" presso il Giudice Tutelare (art. 7, commi da 13 a 19) che convalida i provvedimenti e presso la quale è possibile ricorrere

ƒ L'inserimento dei pazienti nelle liste di collocamento obbligatorio di cui

possono fruire i portatori di handicap ƒ La parte che riguarda l'Università (art. 12) ƒ Il potere di commissariamento della Regione nei confronti dell'ASL

inadempiente e del Ministero della salute nei confronti della Regione inadempiente (art. 13) ƒ Il vincolo del 5% per il DSM e del 5% per le UONPI

Lo stato dei servizi di salute mentale in Italia

Dopo l'analisi dei testi e prima delle note e dei commenti, credo sia utile conoscere lo stato dei servizi di salute mentale in Italia. Riporto dati del Ministero della Salute riferiti all'anno 2001 ripresi dall'indagine DOXA "MENS insieme per la salute mentale" presentata nell'estate dello scorso anno.

ƒ Il numero totale dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) è di 211, in linea generale vi è un DSM in ogni Azienda Sanitaria

ƒ I Centri di Salute Mentale sono 707 con un tasso/popolazione pari a 1,83, quasi doppio rispetto allo standard del progetto obiettivo nazionale 1998-2000. Circa l'orario medio di apertura giornaliera, solo in 5 Regioni si raggiunge e supera lo standard di 12 ore al giorno, in tutte le altre regioni esso è inferiore e oscilla da 7 a 11 ore.

ƒ Strutture di ricovero: -I Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura sono in totale 321 con 3.997 posti letto -Le Cliniche Psichiatriche Universitarie sono 8 con 162 posti letto -Le Case di Cura private sono 56 con un totale di 3.975 posti letto; la

concentrazione maggiore è nel Lazio, a Roma con 12 case di Cura e 973 posti

letto -Il totale complessivo nazionale è di 9.289 posti letto, di cui il 57% pubblici ƒ I Centri Diurni sono in numero di 612 con un tasso/popolazione pari a 1,59

superiore allo standard. 520 sono a gestione pubblica, 57 privati a gestione autonoma. ƒ Il totale dei posti letto semiresidenziali (Centri Diurni, Centri Salute Mentale, strutture residenziali) è pari a 11.619.

ƒ Le strutture residenziali sono complessivamente 1.552 per un totale di 17.101 posti letto residenziali. Il tasso nazionale posti letto/popolazione è 2,96, valore superiore, più che doppio rispetto allo standard. La maggioranza, quasi il 60%, delle strutture residenziali è a gestione pubblica.

-Le strutture residenziali a 24 ore sono 850 (54,8%); i posti letto sono 12.874 -Le strutture residenziali a 12 ore sono 208 (13,4%); i posti letto sono 1.625 -Le strutture residenziali a fascia oraria sono 494 (31,8%); i posti letto sono

2.602

ƒ Personale-il numero complessivo degli operatori è di 34.446, dei quali 30.711 sono di ruolo o convenzionati. Il tasso nazionale è pari a 0,80 operatori DSM ogni 1500 abitanti, inferiore allo standard previsto dal p.o. nazionale 1994-96 di 1 operatore ogni 1500 abitanti. Secondo le professioni:

-I medici sono 5.561 -Gli psicologi sono 1.850 -I sociologi sono 120 -I terapisti della riabilitazione psichiatrica sono 171 -Gli educatori sono 2.095 -Gli assistenti sociali sono 1.551 -Gli infermieri sono 14.760 -Gli operatori tecnici dell'assistenza (OTA) sono 2.698 -Gli ausiliari sono 1.300 -Gli amministrativi sono 605

La tabella mostra che, in Italia, non ci troviamo di fronte a un deserto di attività e capacità di intervento. Di lavoro in questi 25 anni se ne è fatto molto e la chiusura dei manicomi è stata accompagnata dalla creazione di una offerta di servizi diffusa su tutto il territorio nazionale. La situazione è differenziata da regione a regione ed anche nelle diverse aree di ciascuna regione.

Note e commenti all'articolato

La stesura del gennaio 2004 apporta modifiche al precedente elaborato del 2002 irrilevanti e opportunistiche perché motivate dalla necessità di rispettare l'autonomia delle Regioni in tema di sanità; esse lasciano sostanzialmente intatto l'impianto fondamentale e le intenzioni di una elaborazione che rispondono alla seguente situazione-tipo:

una famiglia con un congiunto che soffre di disturbi mentali gravi e sia resistente ai trattamenti e che si trovi come interlocutore un DSM con scarsissime capacità operative, operatori che non si recano mai al domicilio del paziente, un SPDC sovraffollato in cui ci si occupa male, e sempre di fretta, del paziente ricoverato. In una tale famiglia i componenti sono obbligati ad una convivenza coatta fonte di grandi allarmi e tensioni. Tale situazionetipo è assunta come la situazione grave e la situazione standard di abbandono in cui verserebbe l'assistenza psichiatrica in Italia, oggi.

E' utile cercare di precisare che cosa sia una "situazione grave", chi siano i "pazienti gravi" per verificare se corrispondano all'idea che se ne è fatta l'o. Burani. Per rispondere a queste domande, mi rifaccio ad un articolo che porta la prima firma di Carmine Munizza1 , Direttore del DSM di Torino e Presidente della Società Italiana di Psichiatria. In esso si ammette la difficoltà del tema "per la

complessità delle variabili in gioco (diagnosi, angoli di osservazione e caratteristiche dell'osservatore, committenza, contesto sociale e operativo), per il rapporto non lineare che connette la gravità clinica alla gravosità assistenziale ed alle espressività di menomazioni di vario tipo e grado (nella sfera dell'autonomia, delle abilità sociali, della qualità della vita). La gravità emerge per lo più come dimensione longitudinale, prognostica, e corrisponde, sul piano della storia individuale, ad una sorta di punto minimo per ognuno dei quattro (…) attori: gli operatori ( per il dolore e il peso dell'instabilità e del fallimento dei successivi progetti terapeutici), i famigliari (per l'elevato e persistente carico oggettivo e soggettivo), gli amministratori (per i costi stabilmente elevati) e l'utente (per il ridimensionamento radicale delle proprie prospettive esistenziali, per la ribellione a questa perdita, per i rischi di istituzionalizazione e di invisibilità all'occhio progettuale del servizio). Affiorano inoltre nuovi profili di gravità (…): anziani fragili, pazienti autori di reato inseriti nel circuito penale (OPG, carcere), adolescenti devianti, pazienti con disturbi da abuso e con "doppia diagnosi", pazienti con gravi disturbi dell'umore e comportamenti autolesivi, persone malate di mente senza fissa dimora nelle grandi aree urbane, ed altre ancora che non conosciamo e non vediamo. (…) Il paziente grave non è quindi un fenomeno nicchia, definito una volta per tutte e solo da alcune diagnosi (psicosi), istituzioni (famiglie, servizi) e discipline (dentro la psichiatria), ma è il coaugulo (spesso il precipitato) di una miscela complessa e variabile ( anche nel tempo e nei contesti), a seconda degli angoli di osservazione, delle priorità, dei bisogni, delle speranze, delle paure, delle emozioni, dei fallimenti di persone, gruppi, istituzioni, tecniche e campi sociali".

1 C. Munizza, L. Ferranini, E. Pirfo, G. Tibaldi: "E' possibile coniugare la tutela dei diritti degli utenti e delle famiglie con le priorità assistenziali ed amministrative?" Tendenze nuove 3/2002

Le argomentazioni del presidente della più importante associazione professionale nazionale degli psichiatri fanno giustizia del modo sbrigativo e rozzo con cui l'on. Burani definisce "chi è il paziente grave". Si può presumere che l'on. Burani abbia scelto di affrontare così la questione per affermando che non vi è un servizio di salute mentale moderno, attivo, funzionante, capace di dare risposte utili 24 ore su 24 e tutti i giorni dell'anno, può imputare la "scopertura" assistenziale, la privazione del diritto alla salute mentale alla legge del 1978 condannata perché giudicata responsabile di impedire e ostacolare trattamenti efficaci e tempestivi. Evidentemente non le è mai venuto il dubbio che quando tali situazioni si verificano (e certamente non sono tollerabili), esse possano essere imputabili a Regioni e Aziende Sanitarie inadempienti, nonché a servizi, psichiatri, operatori inadempienti.

L'on. Burani propone di rimediare alla privazione del diritto alla salute mentale coartando il servizio di salute mentale e coartando, a vita, il paziente che almeno una volta, non abbia voluto "collaborare". ‰ Ne consegue che il paziente può, deve essere sottoposto a coazione perché

incapace di intendere e di volere (articolo 1, comma 2), di pubblico scandalo (v.

criteri per TSOU) e pericoloso (v. enfasi su emergenza, controllo e sicurezza).

Tutte le risorse e le strutture, tutto il lavoro del servizio pubblico di assistenza

psichiatrica sono usati, convertiti in funzione della necessità di rispondere, in

primis, alle emergenze e alle urgenze psichiatriche. Pertanto, negli ambiti di

ciascuna Azienda Sanitaria, si prevede che in ogni DSM siano attivi:

  • un servizio 24 ore su 24 per le emergenze territoriali gestibili al domicilio dal CSM con il supporto dei Vigili Urbani
  • un servizio 24 ore su 24 per le emergenze gestibili nell'Ospedale Generale in un istituendo Pronto Soccorso psichiatrico con il supporto delle Forze dell'Ordine
  • strutture residenziali "ad alta sorveglianza" nelle 24 ore (SRA). Nulla dice il nuovo testo Burani su cosa significhi "ad alta protezione", ma per dare un'idea di cosa possa comportare, si pensi al comma 3 dell'articolo 4 che riconosce a tali SRA le funzioni degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, di strutture cioè nella quali convivono e si intersecano le dimensioni del carcere e del manicomio. Considerando che il nuovo testo unificato non fissa più alcun standard e alcun limite di accoglienza, e questo è inquietante, non si capisce quale possa essere la differenza fra SRA e OPG e perché si proponga di chiudere gli OPG..

Da tale impostazione consegue che il senso del lavoro di assistenza, la sua finalità ultima siano dati dalla funzione del controllo della persona malata e pericolosa. Ad appesantire l'operatività dei servizi la proposta di legge dispone che le diverse strutture del Dipartimento si occupino dei pazienti a secondo dello stadio della malattia (acuzie, post-acuzie, sub-acuzie, cronicità) definita secondo le nosografie più tradizionaliste.

‰ L'assetto dei servizi proposto dal relatore, vede almeno raddoppiare se non triplicare l'attuale offerta di servizi per l'emergenza sulle 24 ore nel territorio di ciascuna Azienda sanitaria. Come noto, i servizi di emergenza hanno costi molto alti (e non a caso, la gran parte degli ospedali privati non ha servizi di pronto soccorso) perché richiedono organici molto folti, sono servizi di attesa perchè intervengono quando l'emergenza si è manifestata. Chiedo quanto costa e quale senso abbia tenere immobilizzati ad attendere una chiamata tutti gli operatori psichiatrici ( e delle forze dell'ordine) necessari a intervenire a casa e/o in Ospedale e/o nella SRA.

Circa la distinzione fra TSO ordinario e Tso d'urgenza, cito il commento di Eugenio Borgna2, psichiatra operante a Novara e scrittore. Egli, dopo aver negato che la violenza sia terapeutica, osserva che "il TSO d'urgenza costituisce una variante "anarchica" perché consente qualunque ricovero, anche quando avvenga sulla spinta di aspetti apparentemente gravi, in realtà magari legati soltanto a condizioni affettive o emozionali molto intense. Si configura così il tentativo di sottrarre al giudizio medico psichiatrico una decisione così drammatica sia dal punto di vista psicologico-umano, sia dal punto di vista giuridico." Le

culture professionali che hanno ispirato l'elaborazione dell'on. Burani fanno capolino in alcuni passaggi significativi del testo nei quali, fra l'altro, è smarrito ogni riferimento alla sofferenza della persona con un disturbo mentale grave:

  • v. l'articolo 7, comma 2: "Gli Accertamenti Sanitari Obbligatori si configurano come uno strumento capace di perseguire l'obiettivo di entrare in contatto con la persona quando si ha il fondato sospetto della presenza di alterazioni psichiche";
  • v. articolo 7, comma 4: "Il TSOU può essere richiesto da un medico nei confronti di soggetti che presentano evidenti disturbi comportamentali e tali da far supporre l'esistenza di alterazioni psichiche.

Non vi è necessità di introdurre le norme proposte perché oggi le cose già avvengono in tempi estremamente rapidi, il tso ha durata massima iniziale di 7 giorni e può essere rinnovabile anche per mesi interi. In realtà l'on. Burani vuole solo smantellare pratiche fondate sul rispetto delle persone che stanno male.

‰ Il DSM può delegare le sue funzioni a qualsiasi struttura o equipe, purchè "accreditate" dalla Regione. Tale scelta comporta gravi rischi di rottura del rapporto fra il complesso del servizio sanitario e i servizi di salute mentale con una spinta alla separatezza e alla discriminazione di questi ultimi. La stessa Divisione di Psichiatria presso l'Ospedale generale potrebbe occuparsi del solo Pronto Soccorso psichiatrico e dei soli TSOU, cioè di provvedimenti di coazione della durata di 72 ore, non rinnovabili. Tutto il resto degli interventi ospedalieri e residenziali possono svolgersi nelle Case di Cura ad indirizzo neuropsichiatrico. Al riguardo, l'articolo 9 prima recita: "i servizi del DSM possono essere sia a gestione pubblica che privata " (comma 1), poi, perentoriamente, al comma 4 dispone che "per lo svolgimento delle attività del DSM, le Regioni si avvalgono (…) delle case di cura con indirizzo specifico

2 E. Borgna: Intervista in Animazione Sociale dicembre (2001)

neuropsichiatrico" di cui all'art. 43 della legge 833/78 "stipulando per tali scopi contratti per il ricovero ospedaliero volontario o obbligatorio e per ogni altra prestazione appropriata". Si aggiunge che "devono essere tenuti in considerazione (senza specificare quanto e da chi) sia il parere dei responsabili del DSM ed il parere dell'utenza, sia il risultato delle ispezioni".

‰ L'on. Burani disegna la sua proposta della "carriera psichiatrica" che si apre davanti a un cittadino ( con pesanti ricadute sulla sua famiglia e le sue relazioni sociali) che soffra di disturbi mentali e che sia stato "uncinato" da un DSM, soprattutto quando lo stesso "dice di no": -Sulla base del "sospetto di alterazioni psichiche", gli operatori del CSM

gestiscono interventi al domicilio con i Vigili Urbani (ASO), convalidano interventi coatti in un Pronto soccorso psichiatrico separato dal DEA, con il TSOU e TSO della durata di due mesi rinnovabili in strutture come le SRA

o le Case di Cura neuropsichiatriche.

-Il cittadino, e la sua famiglia, possono scegliere di andare a curarsi da un'altra parte (libertà di scelta), ma il Direttore del DSM non lo/li possono perdere di vista in nome della "continuità terapeutica".

-A propria salvaguardia, il cittadino con disturbi mentali può ricorrere alla Commissione presso il Giudice Tutelare dove operano uno psichiatra con almeno 10 anni di attività professionale in strutture pubbliche o convenzionate (con un rapporto di lavoro a tempo pieno o basta essere stati dei consulenti?) e un rappresentante delle associazioni dei famigliari. Non è chiaro chi designi i membri "laici" della commissione e sulla base di quali criteri. Manca, non a caso, l'indicazione di un rappresentante delle associazioni degli utenti/clienti/pazienti/consumatori. Ma soprattutto colpisce il fatto che il parere della commissione sia inappellabile. Lo smantellamento delle garanzie con l'eliminazione del ruolo del Sindaco come autorità sanitaria rende assai problematica, anzi inquietante, la tutela dei diritti. La questione è di grande delicatezza perché stiamo parlando di situazioni di privazione della libertà personale, per motivi di salute mentale che possono durare tutta la vita di una persona.

- Tale assetto delle relazioni di potere fra le parti in gioco è frutto di una concezione che punta a garantire, non salute ma "sicurezza" in nome della presunzione di pericolosità. Tutto questo fa davvero arretrare l'esercizio della cittadinanza e le pratiche dei servizi all'epoca manicomiale, se non a quella pre-manicomiale.

‰ Circa il diritto al lavoro si ribadisce la scelta secca del collocamento obbligatorio. Ciò, a mio avviso comporta il dare per persa, impercorribile la strada dell'inserimento lavorativo e abbandonare i percorsi difficili, ma straordinariamente ricchi, degli inserimenti personalizzati e guidati, uno dei nuovi e più promettenti ambiti di attività per i DSM.

‰ Si dice (articolo 8, comma 6) che i pazienti e i loro famigliari "devono essere incentivati a costituire liberamente associazioni", ma non è indicato il soggetto che deve facilitare e promuovere tali percorsi (forse i Prefetti?).

‰ Quanto a chi decide le politiche di salute mentale, il comma 7 dell'articolo 8 afferma che "Le associazioni (delle famiglie) devono essere consultate, in via preliminare, dalle strutture del CSM, in tutte le decisioni relative alla politica della salute mentale svolta sul territorio". Il testo fa supporre che secondo l'on. Burani sia non il DSM, ma la sua parte di servizio territoriale a fare le scelte di "politica della salute mentale". La questione è interessante in sé ( si pensi all'esperienza italiana e alla complessità e varietà dei soggetti che ne sono protagonisti, si pensi alle elaborazioni dell'OMS), ma pone interrogativi inquietanti se si considera l'idea di "politica di salute mentale" che gli estensori coltivano e manifestano. E' previsto poi che il parere, le opinioni del DSM e degli utenti siano tenuti in considerazione (dalle Regioni?) prima delle convenzioni con le cliniche neuropsichiatriche di cui all'articolo 43 della legge 833/78 e le "strutture sociosanitarie presenti nel proprio territorio".

‰ Circa il tema della convivenza in famiglia, se si sancisce il principio, addirittura formale, che i familiari non siano tenuti a convivere con una persona sofferente, è ovvio, come nota Eugenio Borgna3 che in un mondo come questo, con la famiglia certo in crisi, chi mai si tiene per qualche milione di sussidio un paziente in casa?. Egli denuncia " un rovesciamento radicale delle prospettive culturali

ed ideali che facevano della psichiatria una disciplina certo farmacologica, ma anche psicologica e sociale, tale da rendere tutti coinvolti in uno stesso destino da condividere insieme. E' ovvio che questa spinta ideale, che in realtà corrisponde anche alla reale dimensione psicologica di ogni forma di sofferenza psichica, è difficile a volte da cogliere se i pazienti vengono considerati come persone che appartengono ad un altro mondo, alieni".

‰ L'articolo 2 prevede che i DSM si occupino della prevenzione delle malattie mentali e dell'informazione del "corpo insegnante" e l'articolo 14 assegna al Ministero della Salute il compito di stabilire le modalità di realizzare programmi di intervento nelle scuole. E' detto anche che il DSM si occupa della "psichiatria adulti", e si specifica che fino al compimento del 18° anno di età siano le UONPI a occuparsi delle attività di prevenzione e cura dei disturbi mentali. Chiedo perché non si affidi alle UONPI tale attività, cosa ne sappia il DSM adulti della salute mentale infantile e in età evolutiva e cosa ne sappia il Ministero della Salute di pedagogia.

‰ Il testo supera con grande disinvoltura rilevanti problemi di commistione fra cura e custodia e afferma l'obbligo del DSM di farsi carico dei due aspetti in una visione dell'assistenza di tipo chiaramente manicomiale. Per "fare a meno dell'OPG" e prevenire, pare di capire, reati pazienti in carico al DSM "riottosi e di difficile comando", si propone di attivare strutture che sono dei "mini-OPG".

3 v. ibidem

Nelle SRA di massima sicurezza, gli operatori dell'assistenza psichiatrica si assumerebbero la responsabilità sia della cura che della custodia. Nulla invece è detto della necessità che i DSM aprano robuste attività di salute mentale nelle carceri. La scelta che il DSM gestisca solo la residenze coatte vuol dire abbandonare il resto, non fare prevenzione e fornire alibi a tutti i soggetti che hanno grandi responsabilità nella promozione della salute mentale e del diritto alla salute mentale.

‰ L'articolo 9 affronta il tema del rapporto fra pubblico e privato. Alla gestione

pubblica sono riservate i soli interventi di urgenza e di emergenza nonché quelle

di ispezione sulle strutture.

Il testo unificato in esame contiene, come abbiamo visto, anche alcune novità. Le più rilevanti sono costituite dall'introduzione del divieto di usare le aree ex-OP per funzioni residenziali psichiatriche e dalla decisione di recepire le numerose critiche al testo precedente che ignorava le modifiche intervenute al Titolo V della Costituzione e il conseguente riconoscimento alle Regioni della piena, esclusiva autonomia di governo in materia sanitaria (esclusi i LEA). L'accoglimento della logica "federalista" porta l'on. Burani all'abbandono completo di qualsiasi riferimento alla programmazione nazionale (piano sanitario, progetto obiettivo) e al riconoscimento che le Regioni possono fare tutto quello che vogliono in materia di assistenza psichiatrica 4 . Viene mantenuto unicamente il vincolo della separazione della psichiatria territoriale da quella ospedaliera. Per il resto, si dice solo genericamente che "ciascuna struttura del DSM deve essere dotata di equipes multidisciplinari" che abbiano a capo un medico psichiatra (art. 2, comma 4). Non sono più indicati gli standard nazionali circa i rapporti popolazione/ operatori e popolazione/posti letto. Dato il complesso della proposta, tale modifica appare addirittura peggiorativa perché autorizza 21 modelli di servizio di salute mentale e la fine della questione salute mentale come questione di rilevanza nazionale.

Considerazioni generali

Nelle attività di assistenza psichiatrica il divario fra il potere dei curanti e quello dei pazienti è sempre stato molto grande, soprattutto nella tradizione manicomiale in cui lo psichiatra godeva del massimo di discrezionalità, fino all'arbitrio, nello stabilire tempi, luoghi, modi del trattamento. Il nuovo testo unificato elaborato dall'on. Burani approfondisce il fossato fra società, famiglia e operatori da una parte, e paziente dall'altra, in nome di culture psichiatriche che assumono la presunzione della pericolosità come tratto caratteristico, "naturalmente" associato al disturbo mentale. Da tale assunto

4 non può certo definirsi particolarmente impegnativa per le Regioni la dizione di cui al comma 2 dell'articolo 9: "Le Regioni (…) controllano, tramite propri ispettori, la conformità delle struttura dei DSM, sia pubbliche che private, alle disposizioni della presente legge, nonché ai principi di un corretto e umano trattamento delle persone affette da disturbi mentali".

consegue che le famiglie, così come le comunità locali devono essere tutelate, protette, liberate dalla minaccia rappresentata dal malato. La persona malata di mente, individuata il più precocemente possibile, meglio se dalla più tenera età, è inserita in un circuito di controllo, prevalentemente a gestione privatistica, senza serie garanzie di rispetto della propria dignità, governato da operatori, che possono non essere medici psichiatri, dove sia possibile procedere ai trattamenti anche in assenza del consenso anche per tempi lunghi della sua vita. L'unica libertà riconosciuta al cittadino ridotto all'unica dimensione di "paziente", è quella di poter scegliere in quale luogo e da quali operatori farsi controllare per il tempo della sua vita. Una tale impostazione determina procedure di internamento e un assetto di servizi pervasi dal pregiudizio, stigmatizzanti, cupi, pessimistici rispetto alle possibilità di trattamento, recupero, compenso del disturbo mentale. Il t.s.o. perde il carattere di strumento eccezionale di risposta ad un'urgenza sanitaria e diventa strumento di "pulizia/polizia" sociale di una psichiatria che contiene e interna tutti quelli che disturbano. Il regime del t.s.o., anche nelle SRA, è quello carcerario. L'on. Burani ripropone esplicitamente modelli, culture professionali e circuiti tipicamente manicomiali perché escludenti, ossessionati dalla finalità del controllo e del contenimento, separati secondo lo "stadio" della malattia. Come abbiamo visto, ci si propone di "fare a meno dell'OPG", ma solo per far diventare l'intero circuito dell'assistenza psichiatrica un diffuso OPG governato da operatori (che possono non essere psichiatri) cui è attribuita la responsabilità piena, anche legale, del comportamento e delle scelte di un cittadino ridotto a malato.

La proposta Burani privilegia il potere delle famiglie e degli psichiatri contro quello dei pazienti, ma poi fa uscire la gestione dell'assistenza dal circuito dei servizi di sanità pubblica e della psichiatria professionale per assegnarla alla discrezionalità e all'arbitrio di imprese che lavorano a basso costo, senza dover rispondere del proprio operato: significativa è la norma che prevede controlli da parte delle Regioni, senza questa volta nemmeno specificare una cadenza biennale. Le conseguenze prevedibili sono che si moltiplicherebbero le situazioni di degrado delle condizioni della vita quotidiana dei pazienti ricoverati nelle residenze protette. Il termine "salute mentale" è estraneo all'ispirazione dell'on. Burani, che invece vuole una psichiatria solo come attività di controllo e contenimento della follia, sganciata dalle comunità e dai territori di riferimento del paziente. Partendo da intenzioni di difesa sociale, con tragica coazione a ripetere, ripropone scenari e situazioni già viste che hanno portato a veri e propri disastri nella qualità di vita e dei trattamenti dei pazienti, nonché isolamento ed emarginazione delle loro famiglie. Burani nega qualsiasi valore alle culture ed alle pratiche sulla quali è stata costruita e si è consolidata l'esperienza della riforma psichiatrica italiana. Anzi, volta radicalmente pagina rispetto alla legge 180, ai progetti obiettivo, a documenti quali il parere del Comitato Nazionale per la bioetica del novembre 2000, la Carta degli Intenti di Milano o i pareri espressi dalla Società Italiana di Psichiatria e da importanti e rappresentative associazioni di famigliari quali UNASAM e DIAPSIGRA sulle proposte di legge in discussione alla XII Commissione. Ma ignora anche le nuove e ricche declinazioni che i temi della formazione professionale e del lavoro dei cittadini disabili hanno assunto negli ultimi venti anni con importanti riscontri anche dal punto di vista legislativo come nella legge 69/99 di riforma del collocamento, la Classificazione Internazionale delle Disabilità e dell’Handicap del 1999, né porta traccia dei lavori della Conferenza nazionale per la salute mentale e della Giornata mondiale per la salute mentale del 7 aprile 2001. Parlo di esperienze, elaborazioni, piattaforme, programmi che mettono al centro il tema della salute mentale, dei diritti di cittadinanza, la lotta allo stigma, la valorizzazione della partnership di utenti e famiglie e dell'empowerment come obiettivo del lavoro in psichiatria. Evidentemente un altro linguaggio, un'altra scienza, un'altra civiltà.

Ai problemi dei pazienti e delle famiglie che vedono ancora negate opportunità di promozione della propria salute mentale si può rispondere in altri, ben diversi modi. Questi altri modi sono stati resi possibili e praticabili proprio grazie alle esperienze aperte da legislazioni, come la legge 180, che pongono al centro il rispetto della persona. Recentemente Alain Topor, psichiatra di Stoccolma ha svolto al Congresso Nazionale delle associ azioni delle famiglie UNASAM la relazione introduttiva5, sottolineando il ruolo dei fattori extraclinici e l'importanza della speranza nella guarigione dal disturbo mentale grave. Propongo i passaggi salienti del suo intervento: "Per anni la psichiatria ha mandato messaggi di disperazione sulle possibilità di guarire dalle malattie mentali gravi. Alcune diagnosi sono sempre state associate ad una condizione di malattia

"vita natural durante" e con un deficit permanente, ovvero con una ineluttabile condizione di cronicità. Questo modo di vedere ha come assunzione di base che i disturbi mentali gravi non siano qualcosa che una persona ha, bensì qualcosa che una persona è, come se ogni parte della persona fosse nelle mani della malattia, come se l'intera identità della persona fosse stata occupata da un'entità estranea e fuori di ogni possibilità di controllo. Eppure esiste una considerevole mole di ricerche che mettono in discussione questo punto di vista e secondo le quali:

. molti guariscono da disturbi mentali anche gravi; . sono pochi i casi in cui si può dire che una persona che mostra segni di disturbo mentale grave è del tutto compromessa dal punto di vista mentale. Vi sono sempre delle parti della personalità che rimangono intatte e che si sviluppano in modo sano, indipendentemente dalla malattia; . molte persone sviluppano modi personali di adattarsi ai sintomi e sono in grado di vivere vite che trovano in se stesse il proprio fondamento e piene di senso; . molte persone, con supporto, interventi riabilitativi e terapie adeguati, riescono a progredire anche al di là di ciò che ci si sarebbe mai aspettati da una persona con una malattia cronica.

Nella ricerca contemporanea e tra gli stessi pazienti, la guarigione non è vista come un prodotto finale, ma come un processo dentro al quale viene riasserita una relazione indipendente tra se stessi e la propria vita.

5 A. Topor:" Le persone con patologie psichiatriche possono guarire. Che cos'è che le aiuta?" Roma Congresso nazionale UNASAM 27 novembre 2003

Alcuni pazienti hanno una "guarigione" sociale: possono continuare ad avere sintomi di ciò che viene definito un disturbo mentale, sentire ancora le voci o avere delle allucinazioni, senza però esserne disturbati nella stessa misura o nello stesso modo di prima. Hanno semplicemente trovato un modo per convivere con le voci. Possono comunque rimanere in contatto con i servizi di salute mentale per averne forme di supporto e psicofarmaci in dosi ridotte rispetto al passato, e ricevere assistenza dai servizi sociali. Tutto questo non impedisce loro di vivere una vita soddisfacente, di avere degli amici, di studiare e magari di avere un lavoro. Alcuni pazienti guariscono completamente: non hanno più sintomi e non ricevono alcun trattamento, vivono una vita normale e non hanno più necessità di chiedere aiuto ai servizi psichiatrici o sociali per gestire problemi mentali ed emotivi. La guarigione è una possibilità reale, anche dopo anni di una grave malattia psichiatrica. E' significativo che non ci sia un unico modo, un unico tipo di intervento che vada bene per tutti. AI contrario, il fattore cruciale è proprio che ognuno ha trovato il suo proprio modo. Hanno trovato la forza di volontà, la determinazione e il supporto necessari per trovare un modo che funzionasse e che fosse il più adatto a loro. E' molto importante riuscire a dare la risposta giusta sin dall'inizio. Una risposta giusta fin dai primi momenti della malattia può interromperla ad uno stadio precoce o migliorarne il decorso. Con risposta giusta si intende che il personale clinico sia sensibile al modo del paziente di intendere il proprio problema, che l'aiuto venga fornito il più possibile dove abita il paziente, che il tempo trascorso in contesti di cura istituzionalizzati sia il più breve possibile e che siano prescritti farmaci nelle giuste dosi. la rete sociale dell'individuo - la famiglia, altri parenti, gli amici

- giocano anch'essi un ruolo importante, sia per conto proprio che in modo concertato con i servizi psichiatrici e sociali. Ma guariscono anche le persone con lunghe storie di disturbi mentali. La ricerca ha mostrato che dopo un certo numero di anni le esperienze più dolorose tendono a stabilizzarsi. l'individuo sviluppa nel suo ambito di vita dei modi di convivere coi sintomi che gli consentono di vivere la vita migliore possibile per lui. L'individuo diventa indipendente dalla malattia. Si avvia così il processo di guarigione. Ma nessuno è completamente e solamente disturbato. Nessuno è malato tutto il tempo della sua esistenza. Molti pazienti guariscono o migliorano fino ad un livello significativo. Rendendocene conto possiamo porre le basi per aiutare il processo di guarigione, e quindi per dare ragioni per continuare ad avere speranza 6. La speranza è qualcosa di fondamentale per le persone con problemi mentali, così come è importante che le persone intorno al paziente sappiano infondere speranza, che vi siano persone che si rifiutano di rinunciare anche quando la disperazione sopraffà tutto. In ogni caso, ognuno deve trovare la strada giusta per sé, e il proprio modo di capire. E' responsabilità dei servizi psichiatrici, delle amministrazioni locali e dei servizi sociali lavorare insieme per sviluppare un'ampia varietà di attività, servizi e opportunità; una varietà di attività, di interventi e di forme di supporto tra le quali la singola persona possa scegliere ciò che per lei funziona meglio in quel momento.

In un suo recente intervento su come la Psichiatria di Comunità italiana debba affrontare e risolvere i problemi dell'assistenza psichiatrica e del diritto alla salute mentale di chi soffre di disturbi mentali gravi, Luigi Ferranin i7 , psichiatra, Direttore del DSM di Genova, denuncia le "pratiche di eccessivo ricorso alla residenzialità a tempo protratto quanto non lifetime, la dimenticanza e l'oblio che scendono su nuovi pazienti

"inseriti" da anni in strutture residenziali, lo scarso utilizzo della semiresidenzialità come

6 al riguardo vedi il recente bellissimo volume di Peppe Dell'Acqua "Fuori come va? Famiglie e persone con schizofrenia- manuale per un uso ottimistico delle cure e dei servizi" Roma (2003)7 Luigi Ferranini: "Il Dipartimento di salute Mentale è un servizio di Psichiatria di Comunità?" Psichiatria di Comunità (2003)

prevenzione ai trattamenti residenziali, l'insufficiente restituzione di poteri e diritti a pazienti e familiari, l'eccessiva sanitarizzazione degli strumenti e della cultura dei servizi, il ruolo marginale spesso attribuito alle professionalità non mediche, il tardivo sviluppo di programmi di effettivo collegamento con i medici di medicina generale e con gli altri servizi territoriali, la presa in carico di lunga durata che provoca dipendenza, lo scarso impegno nella lotta allo stigma (anche di quello prodotto da servizi separati e isolati ancorché forti), la riluttanza a sottoporsi a procedure di valutazione continuativa, lo snobismo con cui vengono spesso trattate le esigenze di procedurizzazione, trasparenza e contenimento dei costi". Ferranini riassume così i principi su cui si fondano le pratiche della psichiatria di comunità: -continuità terapeutica e assistenziale -prevenzione della disabilità -deistituzionalizzazione -servizi decentrati orientati sui bisogni con programmi di intervento differenziati e specifici -partecipazione degli utenti alle decisioni sul trattamento e alle scelte che li riguardano -diminuzione nel tempo del grado di dipendenza dell'utente dal sistema assistenzialie -sviluppo del processo di empowerment -soddisfazione e qualità della vita degli utenti e dei caregiver -contenimento dei costi Egli conclude affermando che "su questi aspetti e su queste contraddizioni (…) si misura oggi e nel prossimo futuro la capacità del sistema pubblico di assistenza psichiatrica di rispondere alle nuove esigenze senza perdere di vista (in senso tecnico, ma anche fisico) i pazienti gravi; di lavorare per gli utenti, ma anche con e per le famiglie e i caregiver; di promuovere nuovi diritti, ma anche di tutelare e difendere quelli fondamentali; di prendere in carico, ma anche di trattare e curare; di garantire assistenza Un servizio psichiatrico sufficientemente buono e i suoi operatori si caratterizzano per la capacità di aprire sempre nuovi spazi di ricerca e di senso".

Conclusioni

La psichiatria è tutt'altro che onnipotente e quando ha ritenuto di esserlo ha combinato enormi disastri nelle vite delle persone e delle comunità. Le esperienze nel mondo hanno dimostrato che, per funzionare bene, la psichiatria deve poter contare, oltre che sulle strutture proprie, su una rete di opportunità (formazione, lavoro, cultura, casa ecc.) la cui gestione deve rimanere autonoma, non può essere affidata agli psichiatri, pena la riproposizione di una psichiatria asilare, miserabile, ignorante e coercitiva. Per queste ragioni bisogna ripartire in Italia dal Progetto obiettivo nazionale (che affronta le questioni OPG, salute mentale in carcere e salute mentale in età evolutiva e adolescenti) con vincolo di risorse da parte delle Regioni e sanzioni sulle aziende inadempienti, dalla valorizzazione dei circuiti dei welfare locali (v. legge 328/00). Il testo presentato non consente un confronto serio e civile perché non parte da una valutazione responsabile della situazione come essa è e, di conseguenza, non può dare un contributo alla soluzione dei problemi dell'assistenza psichiatrica in Italia e perché è una proposta che fa arretrare la psichiatria italiana di più di un secolo, e per taluni aspetti a prima di Pinel. Sappiamo, perchè è stato ampliamente dimostrato in tutto il mondo, che l'internamento produce l’invalidazione del paziente. Nelle situazioni gravi, i programmi riabilitativi a lungo termine (con adeguato trattamento farmacologico, opportunità di residenze protette, disponibilità di terapie di gruppo, avvio alla formazione professionale, attivazione di gruppi di self-help e di reti sociali nelle aree di residenza) danno un esito significativamente migliore rispetto all'internamento, specie per ciò che concerne i livelli di disabilità sociale. La diagnosi medica, da sola, non può predire quali saranno le limitazioni alla partecipazione nei diversi ambiti di vita; invece, la partecipazione delle persone disabili è condizionata dalle legislazioni, dalla qualità delle politiche e delle pratiche sociali, dalle mentalità e dagli stereotipi di giudizio della popolazione. L’azione riabilitativa consiste quindi nel rendere le persone capaci di esercitare appieno i propri diritti, se ancora non lo sono, o se hanno perduto questa capacità, e a rendere possibile l’esercizio di un diritto arbitrariamente negato, o non ancora sostenuto dalla realtà delle cose; produrre la capacità di accesso al valore attraverso la formazione e l’informazione, le occasioni create, le pratiche collettive: autonomia personale, istruzione, formazione professionale, capacità sociale, capacità di esprimere consapevolmente le proprie opinioni sono gli obiettivi da perseguire. Le persone con gravi problemi di salute mentale, assai frequentemente e facilmente, anche in ragione dei pregiudizi che li colpiscono, tendono a rinchiudersi in una situazione di non-attività definita come ozio passivo. Ma lo stigma assegnato alle persone disabilitate arreca svantaggio alle stesse e priva la società di utili contributi. Per questo le persone disabilitate dovrebbero essere accettate come persone nella pienezza dei loro diritti, capaci di dare un utile contributo nel lavoro e nella società. La psichiatria italiana non è allo sbando, i dati, la maturità delle riflessioni, la ricchezza delle esperienze lo dimostrano. Il testo Burani impone una risposta severa e intransigente e richiede al mondo cresciuto attorno alla riforma psichiatrica italiana una riflessione ad alta voce sulle seguenti questioni: -La salute mentale non è un bene da imporre -Se una persona con disturbi mentali è violenta, la violenza non è dovuta alla

malattia mentale, ma vi giocano altre variabili -i vantaggi delle politiche di inclusione sono di gran lunga superiori a quelle di esclusione

Mantova, 26 gennaio 2004

La rubrica realizzata in collaborazione con
Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA

http://www.psichiatriabrescia.it

COLLABORAZIONI

Poche sezioni della rivista più del NOTIZIARIO possono trarre vantaggio dalla collaborazione attiva dei lettori di POL.it.  Vi invitiamo caldamente a farci pervenire notizie ed informazioni che riteneste utile diffondereo farconoscere agli altri lettori. Carlo Gozio che cura questa rubrica sarà lieto di inserire le notizie che gli farete pervenire via email.

     
  Scrivi a Carlo Gozio

Carlo Gozio, psichiatra e psicoterapeuta, lavora a Brescia ed è responsabile del Centro Residenziale Terapeutico e del Centro Diurno degli Spedali Civili di Brescia.
Cura per conto dell'Associazione Laura Saiani Consolati il sito www.psichiatriabrescia.it. e le News Territorio di Pol.it

spazio bianco
RED CRAB DESIGN

Priory lodge LTD
spazio bianco

Priory lodge LTD

NOTIZIARIO TERRITORIO"