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La malattia mentale tra scienza e politica.
Intervista a Giovanni Berlinguer.
a cura di Albertina Seta.

  • INTRODUZIONE
  • La 180 , il '68 e il Pci
  • Iter istituzionale e principii della legge. Il referendum radicale, la legge Mariotti .
  • La discussione sulla malattia mentale tra compromessi e occasioni mancate
  • La 180 e l'attività dei partiti di sinistra e del sindacato
  • Problemi vecchi e nuovi nell'applicazione della legge

  • La 180 e l'attività dei partiti di sinistra e del sindacato

    D: All'interno del suo partito chi si occupava di psichiatria, come veniva visto Basaglia e cosa si pensava della legge?
    R: Coordinatore di questo lavoro ero io, sono diventato molto amico di Basaglia. Ricordo con commozione che, quando morì, la moglie e i figli mi chiesero di parlare al funerale. E ho avuto una straordinaria stima per lui, mai guastata da discussioni acute.
    D: Non tutti gli psichiatri di Psichiatria democratica affluivano al Pci. Di quali altre forze politiche facevano parte?
    R: Molti erano socialisti. In quel periodo il Psi e gli psichiatri socialisti svolsero un ruolo positivo, con notevole intesa tra le loro posizioni e le nostre. E in genere i dirigenti di partito che si occupavano delle politiche sociali e delle politiche culturali ebbero incontri con Basaglia, anche se poi il rapporto fondamentalmente faceva perno su di me, per certi aspetti, e sui gruppi parlamentari per l'iter della legge.
    D: Può parlarmi del ruolo dei sindacati rispetto alla 180?
    R: Fu un ruolo positivo. Sia dei sindacati del settore, che del movimento sindacale in generale. A quell'epoca il sindacato aveva una molteplicità di collegamenti con il mondo culturale e sentì l'influenza di questo movimento innovativo.
    D: Nei primi anni dopo l'approvazione della legge il sindacato era particolarmente attivo, presente ai tutti i tavoli di trattativa con gli enti locali, ma ricordo anche una sua proposta di "operatore unico" piuttosto criticabile. Cosa ne pensa?
    R: Infatti, attivo con qualche distorsione, poiché l'idea dell'operatore unico portò a un livellamento della qualità professionale.
    D: Se l'identità dello psichiatra era già stata messa a dura prova dalla presunzione di non esistenza della malattia mentale, si può dire che la proposta dell'operatore unico completava l'opera, rendendo ancora più difficile la vita nei servizi?
    R: L'operatore unico portò a un livellamento professionale, poiché innanzitutto escludeva quelli che avevano una qualifica più elevata, e poi perché portò a una promozione sul campo di molti portantini e ausiliari a infermieri, di infermieri a capo infermieri, e così a uno slittamento verso l'alto della qualifica e non della qualificazione. Ma questo riguarda tutta la sanità e soprattutto il ruolo dei sindacati della pubblica amministrazione che non è stato di favorire le competenze, ma di uniformare e livellare verso il basso.


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