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PSICOPATOLOGIA E ISTITUZIONE PENITENZIARIA: ANALISI STRUTTURALE DEI RAPPORTI STORICI

Francesco Sanò

Psicologo

Le premesse di questo lavoro sono costituite dalla definizione di "condizioni strutturali" (Deleuze, 1975; 1997), applicate al rapporto tra carcere e psicopatologia, verificate attraverso una serie di documenti che ne illustrino lo sviluppo storico. In tal senso si è scelto di prendere in considerazione due periodi distinti: il primo riguardante il mondo ellenistico a partire dal V secolo a.C., rispetto a cui la pubblicistica specializzata concorda nel rilevare la pressoché totale assenza di qualsivoglia genere di penalità detentiva (Neppi Modena, 1973; Melossi e Pavarini, 1977), il secondo relativo invece all'affermazione del sistema carcerario moderno nel passaggio tra XVIII e XIX secolo (Foucault, 1976; Rusche e Kircheimer, 1978). Si è rilevato come a tali periodi corrispondano in effetti due differenti versioni, collegate rispettivamente ad una concezione religiosa oppure laica dell'apparato giudiziario, della medesima istanza correttiva (Gallo e Ruggiero, 1983; Daga, 1989), intrinseca alla stessa "forma di contenuto" della prigione, che in quanto tale necessariamente presuppone una "forma d'espressione" di carattere patologico, come corrispettivo oggetto corrigendo. La più recente formulazione storica di questo "diagramma", che fa coincidere le categorie di trasgressione della normativa e della normalità, consiste nell'enunciazione della finalità rieducativa della pena codificata nell'attuale ordinamento legislativo (art. 27 Cost.; l. n. 354/75; l. n. 663/86), che coinvolge direttamente la figura dello psicologo, chiamato ad intervenirvi in qualità di esperto penitenziario. Nell'ultima parte del lavoro si sono dunque esaminate le questioni concernenti la definizione professionale di tale figura, sia nei termini più generali della problematicità di un'autonomia disciplinare della psicologia penitenziaria rispetto al diritto (Gulotta, 1987; De Leo, 1995; Patrizi, 1996) sia in quelli più specifici, strettamente consequenziali, dell'organizzazione di una metodologia d'intervento (Merzagora, 1987; Pantosti e Pellegrini, 1989; Serra, 1994).

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