logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina


spazio bianco

titolo ELZEVIRO

Bianco e Nero

 

 

N'ti dij kè kolon-na k'â sousou

(Non metto l'acqua nel mortaio per pestarla , cioè non sono nato ieri)

Proverbio bambara

Ho un amico, Maurizio Francesconi, discendente dalla famiglia di Floriano Francesconi ,che fondò il "Caffè Florian" di Piazza San Marco (http://www.doge.it/affari/sanmarco/proc1i.htm) ( a casa loro morì Antonio Canova), che fa il Vigile Urbano ed è celebre a Venezia per i suoi atti di coraggio, nonché per gli interventi di urgenza. Lo chiamano "Rambo".

Questo amico, ottima persona e fervente animalista, ha il vezzo di prendersela troppo con i venditori ambulanti neri, che sono un po' fastidiosi, ma oltre a intralciare il traffico pedonale, di per sé stessi, non fanno male a nessuno, limitandosi a vendere prodotti a false firme che vengono loro fornite da potentissime organizzazioni . L'ho portato a cena e gli ho spiegato che questa sua battaglia contro i neri in nome della legge - che difende alla fine alcuni altri interessi - pur essendo comprensibile e legittima, mi sconcerta un poco. A me fa piacere vedere in giro facce di altri colori, stanco un poco del bianco, bianco pallido e di quel bianco-verdino che che i veneziani chiamano "Ciera da scorese" con allusione alle meteoropatie dei portatori cronici di disturbi del colon, appannaggio di nevrastenici somatizzanti. Forse perché i neri mi ricordano quella statuina che vedevo dalla Canossiane, sulla cassetta delle offerte "Pro Missioni", che piegava la testa quando mettevi dentro un soldino.

Quando mi ritrovo, poi, i neri in Ospedale cominciano, invece, i miei problemi. Che, pare, siano solamente miei, dacché i Colleghi sembra si fermino alla constatazione che gli Africani siano…diversi e, quindi, incomprensibili.

Gli è che ogni malattia psichiatrica ha una modulazione socioculturale.e la modulazione culturale si inserisce nella strutturazione dell'individuo, attingendo sia al conscio che all'inconscio. Questi fattori culturali interagiscono in maniera fondamentale con l'espressione della malattia psichiatrica complicando diagnosi e trattamento.

.

Uno psichiatra, ahimé, è legato nel suo lavoro alla sua matrice culturale : io opero, con difficoltà, in una cittadina a 36 chilometri da Venezia, una vera e propria campagna inurbata.

Per rimanere adeguato mi sono comperato dizionari del dialetto di questa cittadina ed ho approfittato dell' iniziazione degli infermieri alla comprensione di questa diversa, pur veneta, civiltà della terra, che era per me incomprensibile, legato, come sono, alla civiltà del mare.

Per i neri, nonostante le mie letture e perfino l'acquisto di grammatiche Swahili (lingua Bantù), Peul (lingua occidental-atlantica) Bambara (lingua Mandé ), il problema di comunicazione e di interpretazione [nonostante la mediazione vuoi dell'inglese, che del francese o del tedesco (per i vecchi del Togo) ], è rimasto per me insoluto.

Curando popoli di culture diverse è eccezionalmente difficile stabilire cosa sia psicopatologico e cosa sia normale. Questo dovrebbe essere l'assunto essenziale vedendo uno straniero di paesi in via di sviluppo. Uso, pertanto, con precauzione il DSM-IV. Laddove vi siano "melting pots" (Stati Uniti od Australia) o una civiltà interetnica (come in Canada) il problema è quanto mai sentito. (http://ariel.ucs.unimelb.edu.au/~atmhn/www/poldev/extend/citation.html). Presto lo sarà anche da noi. Il nostro giornale confratelllo POL.Brazil (per questo ho cominciato a studiare il portoghese, avendo a disposizione l'aiuto di un letterato come SILVIO CASTRO) ha pubblicato un interessante "O Site do Mês : http://ariel.ucs.unimelb.EDU.AU/~atmhn/.

Con le etnie diverse uso un approccio relativistico e giudico se l'ideazione od il comportamento siano consoni o dissonanti rispetto a quelli del gruppo. Talaltra volta cerco, se ci riesco, di distinguere tra "nucleo" della malattia e modulazione culturale.

Mesi addietro mi lessi gli scritti di PIERO COPPO.

Nato nel 1940 e laureato in medicina a Roma, psichiatra e psicoterapeuta, COPPO si interessa dal 1977 di etnopsichiatria ed ha trascorso, a più riprese, diversi periodi in Africa, nel Mali, e in Centro America (Guatemala). Egli ha elaborato , sulle sue personali e critiche esperienze, dei brillanti scritti, di grande successo editoriale, come "Médecine traditionelle, psychiatrie et psychologie en Afrique" (Il Pensiero Scientifico, 1988), "Essai de psychopathologie dogon" (CRMT/PSMTM,1993), "Guaritori di follia" " (Bollati Boringhieri 1994) e, con L. Pisani , "Armi indiane, profezie e rivoluzioni nel Chiapas Messicano" (Colibrì, 1994).

La sua visione meta-culturale rielabora criticamente paradigmi noti ed universalmente accettati.

In maniera non diversa da quella della rivoluzione copernicana COPPO suggerisce che molte malattie psichiatriche (o presunte tali) siano, da un lato, un inquadramento della devianza, mentale e sociale, in un sistema di alienità, dall'altro, come questo inquadramento sia il risultato di una operazione culturale, iniziata due secoli fa.

Egli testò personalmente queste idee in lunghi soggiorni tra i Dogon, polazione del Mali , arrivando a smentire le idee di brillanti antropologi come MARCEL GRIAULE che aveva sostenuto , negli anni 30, di avere individuato una nuova, e profonda, cultura, ampiamente sistematizzata, presso queste popolazioni dell'altopiano di Bandiagara (Mali). COPPO notò, invece, che la sistematizzazione delle credenze Dogon era, in realtà, inesistente, in quanto l'intervento dell'etnologo aveva ordinato dettami e credenze sparsi e affioranti da una sorta di inconscio collettivo. Una operazione simile a quella, impropria, che fa talvolta lo psicanalista quando vuol dare ad ogni costo un senso, il suo senso, alle diverse frammentazioni dell' Io dello psicotico.

L'Insorgenza della malattia depressiva, ad esempio tale quale è osservabile ai giorni nostri, va di pari passo con la rivoluzione industriale e con il crescere della società borghese che segnano l'allentamento dei legami cellulari e di gruppo. La depressione, in antico e nei popoli primitivi, assumeva caratteristiche e connotati diversi dal quadro, prevalentemente psichico, che vediamo negli occidentali ai nostri giorni.

Del resto, chi abbia passato i quaranta anni ,può tranquillamente ricordare i numerosi casi di isteria di conversione oggi pressoché scomparsi, del tutto sovrapponibili a quelli descritti, cent'anni fa, da JEAN MARTIN CHARCOT (http://www.albany.net/~tjc/charcot.html) e ripresi da AXEL MUNTHE nel famoso bestseller "Il monte di San Michele" (http://www.caprinet.it/en/Capri/vsanmic.html). Un libro noioso che non sono mai riuscito a finire.

Il mondo della psichiatria ( e non solo della psichiatria) è intriso di falsificazioni o, meglio, di stampi culturali :il prenderne atto ci aiuta a far realmente progredire le nostre conoscenze. L'occasione dell'incontro con il nero non dovrebbe essere perduta.

La depressione ha sostituito l'isteria con il cambiamento del quadro produttivo nel passaggio dall'agricoltura all'industrializzazione : nei neri vediamo più facilmente l'isteria (nella vecchia definizione) che la vera e propria depressione.

La psichiatria non è dunque asettica, ma modula le sue interpretazioni e le sue scoperte sul profitto, che, a sua volta, le consente di investire i mezzi per sopravvivere essa stessa quale categoria dell'umano sapere.

La filosofia e l'economia, d'altronde, sono anch'esse reciprocamente vincolate al carro dello sviluppo sociale e, a loro volta, da questo determinate.

L'incontro così con il nero (o con altro esotico personaggio), che viene così facilmente banalizzato nella deleteria e routinaria pratica quotidiana, affogante i pazienti nei cocktails di aloperidolo e fenotiazine, a protezione del disinteresse degli psichiatri (e, soprattutto, della loro pigrizia mentale), è in realtà un salutare stimolo alla revisione delle categorie psichiatriche. Esiste, tra l'altro, anche un sito dedicato all'etnopsicofarmacologia : http://ariel.its.unimelb.edu.au/~lambertt/Welcome.html )e nel 1997 si è tenuto a Roma un interessante Convegno su questi argomenti. (http://www.publinet.it/pol/ital/roma3.htm).

A proposito di una malattia che colpisce poco, invece i neri d'Africa, l'anoressia mentale (e, infatti, molto spesso non la possono esplicitare in quanto del tutto privi del necessario per sopravvivere) nel numero di Aprile 1998 Anna Grazia presentò un libro che ripropongo : Giovanni M. Ruggiero, Nicolò Ferrari, Wolfgang Hannöver, Mario Mantero, Raffaele Papa:

"Il dibattito transculturale nel campo dei disturbi del comportamento alimentare" (http://www.publinet.it/pol/ital/ruggiero.htm).

Da noi molti Africani sofferenti di disturbi psichici sono homeless, rimbalzati da un'Associazione caritatevole all'altra (al modico prezzo di lire centomila il giorno, pagate dal contribuente, c'è dietro un business infinito ) : ma lo psicotico, nelle società africane, diviene ancora più facilmente che da noi un mendicante, un homeless. In altre società diviene, invece, uno stregone poiché i suoi deliri e le sue allucinazioni lo fanno ritenere un individuo dotato di poteri magici. Il che mi fa tristemente pensare a quanti psichiatri occidentali "illuminati" siano, in buona realtà se non proprio degli psicotici, almeno dei Disturbi di Personalità.

Altre volte, attraverso i medium e gli stati di trance, gli schizofrenici vengono reintegrati nelle loro comunità. Talora, come nelle isole Figi, vengono sepolti vivi (vedi ex-OO.PP.) od uccisi (Congo Belga).

Negli Africani, ad esempio, la schizofrenia si manifesta con ansia, depressione, alterazioni delle percezione del tempo e dello spazio, ipocondria, proiezione magico-mitica dei sintomi e, sopratutto, con uno stato crepuscolare (che conduce, talora, ad uno stato di eccitazione omicidiaria). Vedi (http://info.med.yale.edu/psych/people/g/griffitheeh.html).

La forma di schizofrenia più frequente degli Africani (e da noi rara) è quella catatonica, nelle sue due espressioni di totale immobilità e di eccitamento. Una spiegazione psicopatologica è quella che l'uomo primitivo non ha coscienza di sé stesso (l'Io pensante) e, pertanto, non ha capacità di elaborare il delirio nei termini in cui lo elabora un occidentale.

A causa delle difficoltà di linguaggio l'affermazione che il blocco del pensiero o la dissociazione non sia presente negli schizofrenici d'Africa va presa con molta precauzione.

La diagnosi differenziale diviene estremamente difficile perché la stessa sintomatologia può essere prodotta dalla paralisi progressiva, dalla tripanosomiasi, da una malattia organica intercorrente, dall'uso di sostanze

La schizofrenia paranoide, d'altro canto, è peculiare appannaggio delle culture più differenziate.

I Disordini Somatoformi hanno una vasta incidenza nelle popolazioni meno acculturate, vuoi perché inducono un evitamento del conflitto, vuoi perché producono un vantaggio secondario. Essi si manifestano soprattutto in gruppi di persone - come le donne Indiane o Africane - per le quali lo spazio sociale è ristretto.

Una caratteristica interessante dei comportamenti istrionici è quella di presentarsi in manifestazioni di massa ed epidemie collettive (ad esempio l'epidemia di riso che vi fu in Tanzania, a Buoba, nel 1962). In questo gioca un ruolo fondamentale la pressione di gruppo. Le nostre conoscenze sul Disturbo Istrionico e sul Disordine Somatoforme non ci consentono di spiegare ragionevolmente la contagiosità del fenomeno, che, una volta, era frequente anche in Europa (si pensi al tarantolismo studiato da DE MARTINO e JERVIS, ma, ancora prima, da quel famoso teologo scienziato padre ATHANASIUS KIRCHER, (http://www.bahnhof.se/~rendel/kirlinx.html ) (1602-1680) che si interessò anche di altre religioni.

Ho visto qualche caso di impotenza : l' impotenza, assai comune nei giovani Yoruba (http://www.primenet.com/~yoruba/welcome.html) viene attribuita alle streghe (proiezione della donna!!) e spesso gli uomini sognano che esse strappino loro i genitali. Il potere di procurare l'impotenza lo danno anche le donne mestruate. In effetti il contatto col sangue mestruale arreca sfortune. Qui in Italia ogni epidosodio di impotenza seguiva a relazioni sfortunate con donne più attempate del paziente ed assai aggressive, che lo utilizzavano quale oggetto di diletto.

Quando ci addentriamo nella psichiatria transculturale e non abbiamo esperienze esotiche (al di là di quei famosi viaggi di quelle celebri compagnie che hanno fatto diventare il mondo tutto eguale) non possiamo dimenticare la nostra storia e l'evoluzione del progresso, ma non possiamo neppure cadere in un assoluto materialismo, di massima quello biochimico, che idolatri, assolutizzandoli, la nostra scienza psichiatrica ed i processi produttivi che l'hanno creata. L'itinerario della psichiatria dovrebbe essere olistico, un itinerario che inglobi il passato (senza per questo farlo oggetto di culto) e guardi al futuro in forma critica ed accorta.

Si usa attualmente l'orribile parola "glocal", per dire "globale + locale" (http://ftp.unina.it:21005/glocal/index.htm). La psichiatria, anche quella non transculturale, dovrebbe avere un'attitudine glocalistica. Ma è una attitudine difficile che vuole psichiatri accorti e curiosi, pronti al "feed-back" e ad ammettere le loro manchevolezze [che non sono necessariamente loro colpe!], non quell'atteggiamento di sicumera tracotante che, in vario modo ed in varia entità viene da noi troppo spesso assunto.

RICORDIAMO AI LETTORI CHE I PRECEDENTI ELZEVIRI SONO RECUPERABILI NEGLI ARCHIVI DI POL.it
spazio bianco


spazio bianco

Priory lodge LTD