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Il 1980 è una data importante per la storia della follia in Italia. Il 1 di Ottobre i manicomi non potevano più ricevere alcun malato di mente, destinato alle nuove strutture, che in molti casi erano tanto nuove che nessuno sapeva come fossero e in molti casi semplicemente non c'erano.

In quel giorno io arrivai alle otto del mattino nell'Ospedale civile di Soave e mi mostrarono un edificio, vuoto, senza né un sedia, né un letto e nemmeno un tavolo dove sedermi. Là dentro dovevo comunque accogliere un eventuale cittadino, del territorio che mi era affidato, fosse un acuto o un paziente con necessità di controllo e di assistenza di sostegno.

Mi feci accompagnare in un deposito dell'ospedale e recuperai ogni suppellettile che mi permettesse di far fronte a un dovere non solo deontologico, ma persino fissato per legge: la 180 che in quel giorno diventava operativa su tutto il territorio nazionale.

Un inizio drammatico, ma oggi un'avventura che è valso la pena di percorrere, poiché in quello stesso luogo ho attivato una psichiatria che non solo non ha nostalgia del manicomio, ma è una psichiatria altra, con una dignità e un contenuto medico scientifico di straordinaria evoluzione .

Ma non voglio parlare del nuovo assetto strutturale e dinamico della cura dei malati psichici, bensì dei Quaderni Italiani di Psichiatria che proprio in quegli anni sono nati.

Era un periodo di grande fermento culturale in psichiatria. Un tempo in cui si esprimevano posizioni estreme, i cosiddetti riduzionismi: quello sociale, per cui la malattia era un riflesso di una società folle e quello biologico per il quale la società non c'entrava, poiché la colpa era del gene e del cervello.

Una fase in cui la psichiatria appariva folle, divisa e sembrava incapace di occuparsi di chi soffriva magari di una schizofrenia o di un'angoscia distruttiva.

Un disordine certo utile, se diventa stimolo a un nuova strutturazione mentale e organizzativa.

Qiu si aggancia l'idea dei Quaderni Italiani di Psichiatria: una rivista che subito ha dichiarato di non voler accogliere i lavori originali degli psichiatri e operatori della psichiatria, quanto essere una palestra per ricevere delle monografie, delle revisioni di ogni problema che avesse a che fare con il pensiero sulla follia e sull'intervento curativo e assistenziale, alla luce di un cambiamento sconvolgente.

C'era la necessità di affrontare i grandi problemi della psichiatrie e metterli a punto, rivederli alla luce anche dei recenti cambiamenti.

Non si dovevano avere pregiudizi o censure a favore di alcune tendenze invece che altre. Volevamo tenere aperti tutti i filoni, ma sistemarli e puntualizzarli.

Feci parte il professor Giovanni Battista Cassano di questa mia iniziativa e trovai, in lui, un forte entusiasmo che unito al mio, diede inizio all'avventura. La Masson Italia Editore fece il resto, realizzò la rivista.

Non è una gloria fare nascere una rivista psichiatrica, lo diventa semmai tenerla in vita.

Oggi ha quasi vent'anni: è in ottima salute. E' uscita sempre puntualmente. Ha rappresentato un punto di riferimento, tanto da essere ormai tra le poche riviste psichiatriche con una storia.

Non abbiamo sentito il bisogno di un Comitato scientifico di Redazione, non perché i due direttori, io e Cassano, fossero in preda a uno spunto di onnipotenza, ma proprio per il fatto che la Rivista voleva essere monografica e dunque non si occupava della ricerca avanzata, per la quale, già allora, i riferimenti erano quelli di una letteratura internazionale.

Dopo vent'anni entriamo anche in Internet, un segno di anzianità (vent'anni) ma anche di un'adolescenza innovativa e creativa.

A partire dal 1997 a condividere la direzione della Rivista c'è il professor Eugenio Borgna, un uomo che io stimo da sempre. La sua accettazione a condividere con me la voglia di continuare a fare un servizio utile alla psichiatria di oggi è di grande conforto e ha permesso di non avere rimpianto per la staffetta che si era operata con il professor Cassano.

Essere su un prestigioso sito della psichiatria è importante per farci conoscere ancora meglio e avere contributi ancora più abbondanti.

Il sito informatico è essenziale per la psichiatria del tempo presente: una psichiatria che ha bisogno di tutti, non solo perché tutti sono potenziali operatori per i singoli casi, ma soprattutto per il fatto che la psichiatria senza cultura,che vuol dire partecipazioni di tutti, non è più accettabile.

La follia non è solo passata dal manicomio alla strada, ma dal disinteresse a una attenzione che la fa parte della vita di tutti e del modo stesso di pensare. Ecco il perché di "Psichiatria e cultura" , una delle parti fisse della nostra Rivista ed ecco perché della voglia di on line.

Vittorino Andreoli
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