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IMMIGRAZIONE E ABUSO DI SOSTANZE, TRA INTEGRAZIONE

ED ESCLUSIONE SOCIALE. IL RUOLO DEI SERVIZI.

PIATTAFORMA DI BAGNOLO

 

Nel corso del Convegno Nazionale "Immigrazione e abuso di sostanze, tra integrazione ed esclusione sociale. Il ruolo dei Servizi", organizzato dal Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL di Reggio Emilia e dal Comune di Bagnolo, in collaborazione con CNCA-Gruppo Abele, CRI-Villa Maraini, Magistratura Democratica, ERIT, ERIT Italia e T3E, realizzato presso il Teatro di Bagnolo in Piano (RE) il 19-20 ottobre 2000 sono emersi alcuni punti fondamentali:

Il fenomeno immigrazione rientra a pieno titolo nel quadro dei principali "problemi" con cui la nostra società si confronta. Varie città accolgono da tempo immigrati extraeuropei molto diversi per provenienza e cultura. L’Italia è al quarto posto tra i Paesi dell’Unione Europea per movimento immigratorio: gli stranieri regolarmente soggiornanti si aggirano sul milione e mezzo, cifra che non comprende gli "irregolari" (approssimativamente il 25% di quelli aventi il permesso di soggiorno). Il fenomeno è destinato a crescere progressivamente nei prossimi anni, come in varie realtà europee.

La popolazione autoctona italiana sta subendo un progressivo invecchiamento, i tassi di natalità sono molto bassi, in alcune zone del Nord vi è una forte ricerca di manodopera non professionalizzata. L'immigrato s'inserisce quindi attualmente, in contesti sociali che si stanno modificando sotto pressanti spinte demografiche e socioeconomiche. L’accoglienza di nuove popolazioni può pertanto essere considerato come un’opportunità positiva di rivitalizzazione per l’intero Paese e una forma moderna e civile di cooperazione fra paesi ricchi e poveri.

I complessi percorsi della convivenza passano attraverso il riconoscimento di questo momento storico e critico "di transizione" che provoca l’incontro, ma anche lo scontro, tra diverse etnie.

Per affrontare il problema della multiculturalità in tutta la sua complessità e urgenza, è necessario sviluppare una chiara ed incisiva politica dell’immigrazione.

Gli immigrati sono persone "in movimento" tra due mondi, sospesi e divisi tra abitudini di vita e culturali a loro proprie e un ambiente, almeno in parte, sconosciuto. Le condizioni di povertà estrema, guerre, espatri forzati, sovraffollamenti, disoccupazione, criminalità, che sono spesso passaggi significativi del percorso migratorio, danno origine a una vulnerabilità individuale, sia mentale sia fisica, che ha probabilità di ripercuotersi anche sulle generazioni successive. Va tuttavia ricordato come coloro che riescono a emigrare sono perlopiù persone sane, giovani, intraprendenti e con sufficienti aspirazioni personali per adattarsi a situazioni strutturali e logistiche difficili, che rappresentano spesso per le loro famiglie una garanzia di sopravvivenza e speranza per il futuro. Purtroppo il "patrimonio salute" in dotazione all’immigrato viene messo a dura prova a causa dei fattori di rischio e delle condizioni incontrate nel Paese ospitante: mancanza di lavoro, sottoccupazione in lavori rischiosi e non tutelati, degrado abitativo, assenza del supporto familiare, malattie da disagio e da povertà. Il fallimento del "progetto migratorio" può portare a condividere i territori ed i problemi della tossicodipendenza dell’emarginazione e della criminalità. La deprivazione, l’isolamento e l’esclusione creano situazioni di scarsa coesione sociale le quali, associate allo stress e alla violenza che fanno da radici alla dipendenza da alcol e da droghe, intensificano i fattori che hanno portato a farne uso.

Molteplici evidenze (carcere, dormitori, lavoro di strada e ospedali…) testimoniano come gli stranieri costituiscano ormai una parte significativa della popolazione tossicodipendente considerata "sommersa". Attualmente i Servizi pubblici e del Privato sociale sono ancora poco riconosciuti ed utilizzati dalle popolazioni straniere, la cui domanda dovrebbe però incrementare nei prossimi anni. Nelle popolazioni straniere il fenomeno dell’abuso di sostanze acquisisce un carattere peculiare, legato al "gap" tra la loro identità etnica e la realtà delle dipendenze comune nella nostra nazione.

D’altro canto gli strumenti che gli operatori hanno a disposizione sono connotati dalla loro cultura di appartenenza, che fornisce modelli diagnostici, teorie interpretative e tecniche terapeutiche che perlopiù risultano inadeguati all’utenza proveniente da diversi contesti socioculturali.

 

Attualmente i Servizi si stanno attivando per accogliere quei soggetti stranieri che difficilmente accedono alle strutture ambulatoriali e terapeutiche, sia con l’organizzazione di progetti peculiari sanitari e riabilitativi, sia con l’attivazione di politiche di bassa soglia e di procedure che facilitino la presa in carico.

Temi di pregnanza sociale così rilevanti evidenziano tuttavia come i problemi di salute siano solo parzialmente influenzati dai servizi, poiché in larga parte dipendono dagli stili di vita, dall’educazione e dalla formazione della collettività.

Tutto ciò rientra all’interno di una "nuova" logica, nella quale l’immigrazione non è subita ma bensì vissuta attivamente attraverso la ricerca di tutte le opportunità in grado di farne una risorsa per la collettività.

 

Diviene quindi fondamentale:

  1. Il riconoscimento, l’attuazione e la tutela dei diritti in conformità alla legge n° 40, al Regolamento attuativo e alle circolari Ministeriali come la n°5 del 24/03/2000 del Ministero della Sanità, che ribadisce il diritto agli interventi di cura, riabilitazione e prevenzione delle persone tossicodipendenti straniere senza permesso di soggiorno, alla pari degli altri cittadini tossicodipendenti, anche se detenuti o internati.
  2. L’emendazione di una chiara politica penitenziaria per i detenuti stranieri, tale da dare un senso specifico alle penalità, pur nel riconoscimento dei diritti concessi.
  3. Il coinvolgimento delle comunità etniche integrate con la creazione di nuovi punti rete di disponibilità, soprattutto a favore di donne e minori, in modo da offrire riferimenti relazionali e culturali rispetto alla propria appartenenza etnica.
  4. Creare specifici progetti per i minori stranieri con problemi di tossicodipendenza e valorizzare la famiglia dell’immigrato come fattore protettivo per l’individuo, facilitando il ricongiungimento del nucleo familiare e sostenendone l’integrazione nel nuovo ambiente.
  5. Investire sul consenso delle popolazioni presenti sul territorio dove viene messo in atto un intervento a favore dei tossicodipendenti stranieri, attivando strategie di comunicazione congrue ad evitare rifiuti e reattività esasperate da parte delle popolazioni locali. Un’attenzione specifica va riservata ai messaggi ed ai segnali veicolati dai media, che dovrebbero agevolare l’integrazione e la cooperazione.
  6. Attrezzare la comunità, i Servizi pubblici, del privato sociale e del volontariato, le carceri e gli O.P.G. con mediatori culturali e tecnici rientrati da esperienze nei P.V.S. . La formazione e l’educazione permanente dovrebbero promuovere e garantire la visibilità degli stranieri, al fine di superare i problemi legati alle differenze linguistiche e culturali e creare specifiche modalità operative, capaci di utilizzare le risorse presenti nelle varie culture di appartenenza.
  7. L’organizzazione dell’accoglienza e degli ambienti sanitari, al fine di predisporre strumenti culturali e cure appropriate ed efficaci che favoriscano l’emergere di un atteggiamento di fiducia e di collaborazione verso lo Stato e la società. Vanno predisposte "linee pratiche" per la facilitazione dell’accesso.
  8. Una metodologia di presa in carico delle persone tossicodipendenti straniere, sia sotto il profilo preventivo che curativo e riabilitativo, che affronti in maniera complessiva l’eterogeneità dei fattori implicati. Vi è quindi la necessità di adottare un modello multidisciplinare, creare programmi multimodulari, che facilitino la continuità terapeutica, l’inserimento lavorativo e sociale ma contemporaneamente educhino anche la collettività all’accettazione della diversità.

In accordo con le raccomandazioni dell’OMS, riteniamo che la metodologia maggiormente appropriata per portare avanti un piano per la salute sia quella di utilizzare una modalità di lavoro in rete, dove si sviluppi, col coordinamento delle espressioni elettive delle comunità, la sinergia ed il concerto di azioni tra sanità, giustizia e agenzie sociali territoriali (Comuni, Servizi sociali, Associazioni di volontariato, Associazioni etniche).

A questo proposito rivolgiamo un appello alla responsabilità del Governo, del Parlamento e delle Regioni, affinché aiutino l’opera di sensibilizzazione e stimolino la creazione di modelli di lavoro multidisciplinari affinché affrontino globalmente il fenomeno della tossicodipendenza negli Immigrati.

 

Diventa basilare operare in maniera coordinata per lo sviluppo di:

  • Gruppi di lavoro inter-istituzionali, territorio per territorio, che impegnino Comuni, ASL, Province, Prefetture, forze dell’ordine, privato sociale, volontariato ed associazioni etniche, al fine di realizzare un quadro operativo coordinato di interventi, così come previsto dalle disposizioni di leggi.

  • Borse di studio rivolte ad operatori/volontari stranieri e mediatori culturali che lavorino nell'area delle dipendenze patologiche e nei disturbi del comportamento, da organizzare attraverso la Cooperazione Decentrata promossa dalle Regioni in modo da affiancare gli operatori dei servizi, e i programmi di cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, con interventi specifici di prevenzione, trattamento e reintegrazione nei paesi di origine.

  • Stage per operatori e volontari sulla prevenzione/assistenza dei comportamenti a rischio nelle popolazioni immigrate, che coinvolgano in maniera attiva le risorse territoriali. Servirebbe poi una Conferenza annuale di confronto per utenti ed operatori.
  • Strutture di accoglienza sostitutive al domicilio per i tossicodipendenti stranieri, che permettano sia l’applicabilità delle misure alternative al carcere che l’inizio di uno specifico percorso terapeutico.
  • Forte investimento educativo, non solo scolastico, a favore delle seconde generazioni di immigrati, che includa interventi di promozione dello scambio culturale tra genitori stranieri e società italiana.
  • Pubblicazioni e manuali d’uso nelle diverse lingue straniere in grado di spiegare i vari provvedimenti legislativi e le norme che coinvolgono le popolazioni immigrate, per far sì che gli stranieri possano essere sia consapevoli dei loro doveri che garanti dei loro diritti, anche nel corso delle fasi processuali e durante la detenzione.
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