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Tra la responsabilità di curarsi e il diritto alla cura

Obbligo della cura: aspetti legislativi, modalità operative e pratiche di presa in carico.

La dimensione della Salute Mentale nelle carceri.

Gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e misure alternative.

VI - SEMINARIO, Roma, 20 Giugno 2007

Plenaria Finale

Report — quarto gruppo — a cura della dott.ssa Serena Giunta

 

Il gruppo, condotto dal dottor Marco D’Alema e costituito da 25 partecipanti, era eterogeneo per composizione, si è registrato un clima molto caldo sia per le diverse esperienze, per i diversi pensieri e per i diversi contributi.

Il gruppo ha cominciato dando dei numeri, nel senso che si è partiti immediatamente con stime, percentuali, numeri di pazienti, ma anche con leggi, decreti legge, proposte di legge ed è stata addirittura recuperata una legge del 1890.

A me sembrava che tutto questo rimandasse più a una domanda centrale all’interno del gruppo che attiene al chi è oggi il paziente che sta nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario e rispetto a questo anche da noi ci sono state posizioni più o meno convergenti, ma a partire dal fatto che ci si è chiesti:

Forse era opportuno separare TSO con OPG?

Ma ancora di più forse è opportuno separare OPG con carcere?

Forse sono argomenti differenti? forse ci dobbiamo occupare di questi aspetti separatamente?

Di certo sono, si è detto, modelli organizzativi differenti e bisogna puntare sull’integrazione, sulla convergenza piuttosto che una separazione di pensieri e di opinioni.

Di certo, un’altra cosa che si è detta, è che oggi OPG e carcere vengono considerati come mondi a parte soprattutto dalle altre istituzioni, quindi bisogna lavorare per integrare i diversi livelli.

È stato detto che sicuramente vi è una debolezza del sistema sanitario giudiziario, una debolezza dei soggetti come diceva il Professore Cendon, ma come facciamo a gestire e a considerare tutto questo e a riproporlo come punti di forza.

La risposta sicuramente non è quella che non abbiamo i soldi per andare avanti ma è probabilmente quella che dobbiamo progettare con quello che c’è. Ci si è chiesti per esempio, rispetto alla chiusura degli OPG, dove vanno a finire questi pazienti?

Si è detto: strutture speciali sì, strutture speciali no.

Di certo, una cosa è sicura. Bisogna premere per progetti speciali e per progetti individualizzati.

Un altro argomento che è stato ripreso è stato quello della pericolosità sociale.

Si è detto: è ancora oggi un attributo della malattia mentale o probabilmente attiene ad altro?

Io ve lo rilancio come stimolo.

Poi si è parlato del concetto di residenza, cioè questi pazienti quando escono dove stanno?

C’è una sospensione tra due mondi: non sono più residenti nel territorio dove erano, erano stati per molto tempo residenti nell’OPG, dove saranno residenti adesso?

Quindi probabilmente rispetto ai progetti personalizzati bisognerebbe lavorare sull’autonomia e sulla responsabilità di questi.

Io chiuderei con due concetti che mi sembrano importanti e di buon auspicio.

Si è detto che bisogna lavorare con una buona integrazione tra parti, leggi e cultura.

Poi una partecipante ha aggiunto qualcosa di molto significativo, ripresa e arricchita anche da altri che riassumerei così: c’è bisogno di maggiore cura che sicuramente dà maggiore sicurezza e più diritti al malato.

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