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Le problematiche giuridiche connesse all’utilizzo

delle nuove tecnologie in sanità

di Giovanni Pascuzzi e Umberto Izzo

 

Uno spunto iniziale: la medicina come informazione

L’informazione è al cuore della cura. Anzi: l’informazione è la cura. Il paziente che non comunica il suo malessere, che non condivide con il medico curante i dati anamnestici, che non esplicita le caratteristiche della sua richiesta di salute e non instaura un dialogo informativo con il suo medico è da sempre considerato un paziente difficile da curare.

La diagnostica strumentale oggi tende a supplire (ma sappiamo trattarsi di una supplenza pericolosa, se intesa in termini assoluti) ai problemi sottesi al deficit informativo nella relazione medico-paziente, per sostituire (ma meglio sarebbe dire: per affiancare) l’informazione mediata dalla soggettività del malato con un’informazione diretta ed oggettiva, letta dall’occhio quantitativo dello strumento o della prova diagnostica. Questi due tipi di informazioni sono destinati a combinarsi in un quadro analitico, sistematizzato ed interpretato dal sapere posseduto da chi elabora la diagnosi ed impartisce (ma anche qui oggi sarebbe meglio dire: propone) la cura.

La medicina è dunque, in primo luogo, informazione dal paziente, sia essa intesa in senso soggettivo od oggettivo. Ogni diagnosi presuppone ed implica un flusso di dati che il medico deve saper raccogliere, organizzare ed interpretare.

Ma la medicina è anche (e soprattutto) informazione sul paziente: diventa tale quando il medico cerca la diagnosi e la terapia confrontandosi con le mille sfaccettature del sapere medico, quando egli — posto di fronte all’inevitabile incapacità di gestire da solo le dimensioni sovrumane di questa conoscenza — condivide con i suoi colleghi i dati raccolti per ricevere responsi specialistici atti ad integrare il quadro diagnostico ch’egli va componendo avendo sott’occhio la soggettività del malato.

L’informazione così condivisa (la storia clinica, la sintomatologia, il trattamento terapeutico del paziente ed i suoi esiti) può essere archiviata e resa accessibile ad altri medici, divenendo così esperienza per la comunità scientifica e, in generale, per quanti potranno in futuro rievocarla, per riscontrare eventuali analogie con nuovi casi clinici. Divenuta caso, l’informazione sul paziente si oggettivizza, viene aggregata e validata secondo canoni epidemiologici e scientifici, per diventare nuova conoscenza da impiegare a fini diagnostici e terapeutici.

E’ così che la medicina moderna (propiziata — l’annotazione storica è carica di significati ai nostri fini -- nel XIX secolo da un nuovo statuto epistemologico fondato su due innovazioni che rivoluzionarono la circolazione della conoscenza: l’organizzazione dei primi grandi congressi medici internazionali a Londra, Berlino e Parigi e l’introduzione delle tecniche di stampa industriali, con la circolazione seriale dei primi grandi trattati didattici) si evolve e si rinnova: attraverso un processo di circolazione dell’informazione medica, che, in un flusso bidirezionale, parte dal paziente per tornare al paziente.

Se dunque l’erogazione della cura presuppone una fase di raccolta delle informazioni sul paziente, seguita da una fase di elaborazione inferenziale che ne consente l’interpretazione alla luce di criteri validati e sistematizzati dalla scienza medica, si può subito dopo osservare che gran parte delle attività necessarie a mantenere e ristabilire la salute si esplicano attraverso l’erogazione di informazioni al paziente. Il flusso informativo in questo caso è rovesciato. Si pensi alla medicina preventiva, sul cui ruolo prioritario oggi ogni moderno sistema sanitario si dichiara disposto ad investire, nell’antica consapevolezza — drammaticamente attualizzata dalle preoccupazioni economiche e distributive che animano la medicina contemporanea — che prevenire (non solo è meglio, ma) costa molto meno che curare. Prevenire, ripetono le più accorsate direttive internazionali e nazionali di health policy, significa diffondere informazioni inerenti la cura e la conservazione della salute, eleggendo ogni assistito a medico di se stesso. Prevenire significa dunque, in ultima battuta, garantire la migliore accessibilità, fruibilità, tempestività e completezza di queste informazioni. Informazioni al paziente per il paziente.

Ma anche quando la prevenzione è ormai fuori gioco e l’individuo cerca e riceve la cura, l’informazione non cessa d’essere parte integrante della terapia: è questo il profondo significato etico-sociale sotteso al consenso informato ed al suo riconoscimento quale principio giuridico coessenziale al trattamento del malato ed al rispetto della sua individualità.

L’informazione sull’attività medica — il giurista si preoccuperà di aggiungere — ha poi un ruolo chiave nel garantire l’attuazione dei diritti del paziente. Un ruolo che si evidenzia, in primo luogo, quando la valutazione sulla prestazione sanitaria da costui ricevuta transita in un’aula di giustizia. E’ questo il momento in cui l’informazione medica assume (o almeno: dovrebbe assumere) forme documentali idonee a soddisfare le esigenze di certezza ed autenticità richieste dal diritto. Nell’assolvere una funzione estranea a quella per la quale era stata raccolta, l’informazione medica assume rilievo quale dato incorporato in un documento ed assoggettato a regole precise, che deve rispondere a requisiti formali atti ad attestarne l’integrità e la completezza, anche quando ciò confligga con le esigenze di speditezza connesse al compito terapeutico che la stessa informazione, in primis, serve ad assolvere. In questa sorta di eterogenesi dei fini, ove l’informazione raccolta per curare è, ad un tempo, dato per giudicare, affiorano i termini di un conflitto epistemologico latente fra gli operatori della medicina e del diritto. Un conflitto che, ad un livello meno sofisticato ma più evidente, si rivela nel disagio avvertito dagli operatori sanitari quando lamentano la burocratizzazione o la cartolarizzazione della loro prassi quotidiana. In un mondo (ancora) prigioniero del valore documentale dell’informazione cartacea, il delicato compito di coniugare le esigenze legate all’utilizzo professionale dell’informazione medica con la necessità di documentarne i contenuti secondo requisiti di forma (estranei alla mentalità professionale del medico, ma) funzionali alla valutazione che di quella stessa informazione potrà compiere il giurista, ha impegnato in misura crescente gli operatori sanitari, distogliendo preziose risorse professionali dal compito di curare, con notevoli costi indiretti per il sistema sanitario.

Ma la trasformazione dell’informazione medica in dato sanitario affida agli operatori della sanità un secondo compito, anch’esso funzionale alla garanzia dei diritti del paziente e per molti versi ancor più delicato di quello appena visto.

Il rispetto della privacy, oggi sacramentato con non poche difficoltà operative dalla legge 675/96, muta profondamente la tradizionale impostazione professionale — fondata sul valore etico (prim’ancora che giuridico) del segreto professionale -- attraverso cui la classe medica era solita dar rilievo all’esigenza di garantire la riservatezza dei propri pazienti. Il nuovo valore giuridico fotografato dall’aggettivo prescelto per qualificare i dati personali "idonei a rivelare lo stato di salute" dei cittadini (ormai noti anche ai non addetti ai lavori come "dati sensibili"), con il complesso apparato di adempimenti e cautele predisposte dalla legge a sua tutela, minaccia di entrare in conflitto con le esigenze legate alla funzione scientifica e professionale dell’informazione medica, per poi evocare in tutta la loro portata i rischi ed i problemi oggi generati dalla conservazione e dalla circolazione di queste informazioni in formato digitale. L’aggregazione e la standardizzazione delle informazioni sanitarie personali concessa dalla tecnologia digitale conferisce alle informazioni così raccolte un valore (non solo scientifico, ma anche) economico del tutto inedito, dando luogo alla necessità di dare effettiva attuazione nella prassi quotidiana ad una disciplina giuridica che consenta lo sfruttamento di queste informazioni a fini scientifici e terapeutici, sanzionandone ogni altro impiego non autorizzato.

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Le considerazioni che precedono agevolano il compito di approcciare il tema evocato in queste pagine. Se infatti si conviene che la medicina -- intesa in un’accezione tale da riunire in sé tutte le interazioni sociali, ancor prima che scientifiche, atte a consentire all’individuo di mantenere o riacquisire quello stato (quasi utopico) di benessere sotteso alla definizione di salute adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1978 — si identifica in larga misura con il trasferimento, l’erogazione, la circolazione (in una parola: con la gestione) di informazioni e/o dati, può riuscire meno improbo il compito di lumeggiare i problemi giuridici innescati dalla entrata della medicina nell’era dell’informazione digitale.

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I problemi giuridici della cybermedicina

Innanzitutto un chiarimento terminologico: perché parlare di cybermedicina?

Il termine giunge a noi dagli Stati Uniti, ove una letteratura giuridica che tradizionalmente non si fa attendere, quando l’affermarsi di un nuovo fenomeno sociale genera la necessità di stabilire regole in grado di interpretare le direttrici evolutive intraprese dal mondo reale, sì da consentire al ‘nuovo’ di esplicarsi senza essere frenato dall’incertezza legata all’assenza di (o all’inadeguatezza di preesistenti) punti di riferimento giuridici, ha già provveduto a delineare un rapporto di genus a specie fra il significato del termine cybermedicina e quello del termine telemedicina.

Mentre quest’ultima può essere qui convenzionalmente definita (con l’ampia formula tempestivamente adottata dal legislatore californiano nel 1996) "la pratica di erogare assistenza sanitaria, effettuare diagnosi, consulti e terapie, trasferire dati sanitari ed effettuare didattica in campo medico impiegando video ed audio interattivi e strumenti in grado di veicolare dati a distanza", la nozione di cybermedicina si presta a riassumere sotto un unico cappello terminologico tutti i fenomeni resi possibili dalla digitalizzazione delle informazioni sanitarie. Ed è questo il motivo che poc’anzi ha indotto a riflettere a tutto campo sullo stretto rapporto che lega la medicina all’informazione.

L’uso del termine cybermedicina ampia dunque lo spettro dei problemi su cui il giurista è chiamato a riflettere. Ma soffermiamoci per il momento sulla sua specie, ovvero sulla telemedicina.

Quanto ricade nella definizione di telemedicina coniata dal legislatore californiano (ma un rapido giro d’orizzonte nella letteratura giuridica sull’argomento al nostro O.d.G. consentirebbe di ampliare ad oltranza il campionario delle proposte definitorie menzionabili, nel tentativo soddisfare l’ansia di compattezza definitoria che da sempre assilla il giurista) evoca d’istinto la necessità di chiarire come strutturare l’apporto telematico-consulenziale di altri professionisti alla prestazione del servizio contrattualmente reso dal medico o dalla struttura che ha in cura il paziente, nella prospettiva della eventuale responsabilità professionale per la prestazione finale così erogata.

Le indubbie virtù documentative connaturate all’impiego delle tecnologie telematiche nel trasferimento delle informazioni sembrano suggerire, sotto questo profilo, la possibilità giuridica di configurare in modo finalmente chiaro la ripartizione delle responsabilità fra i professionisti che collettivamente partecipano alla elaborazione di una diagnosi e/o alla formulazione di una terapia, per lasciarsi alle spalle i molti dubbi che il corrente impiego della teoria dell’affidamento nell’accertamento della responsabilità professionale nella medicina d’équipe lascia insoluti.

Sotto altro profilo, l’accesso agevolato alla consulenza specialistica realizzabile nella prassi attraverso la telematica promette di rendere più severa la valutazione giuridica sull’operato del medico curante che abbia agito senza preventivamente cercare gli apporti consulenziali atti a sciogliere al meglio i nodi decisionali legati alla sua azione diagnostica o terapeutica.

La telemedicina rivoluzionerà il consenso informato? Di là dalla necessità di avviare un’analisi giuridica che tenga conto dei rischi già paventati da quanti vedono nell’affermazione della telemedicina l’ennesimo pericoloso fattore di spersonalizzazione del rapporto medico-paziente ed a prescindere dalla istintiva necessità di chiedersi se il paziente dovrà esprimere il suo consenso all’eventualità di ricevere una prestazione che sfrutti l’apporto conoscitivo di altri medici per via telematica, occorre domandarsi se ed in che misura la telematica può essere chiamata a migliorare i processi cognitivi attraverso i quali oggi il paziente riceve l’informazione esplicativa oggetto del consenso informato. Il punto rileva per chi abbia contezza di come l’elaborazione giurisprudenziale negli ultimi lustri abbia proceduto ad elevare i requisiti quantitativi e qualitativi dell’informazione atta a soddisfare il dovere di informazione nella relazione medico-paziente. Negli Stati Uniti sono da tempo in commercio sistemi di divulgazione su Cd ROM, che il medico può consegnare al paziente per agevolare l’apprendimento dei contenuti delle informazioni che devono accompagnare il paziente verso la scelta di sottoporsi ad data procedura chirurgica o diagnostica. Questi sistemi, corredati da informazioni in formato multimediale, guidano il paziente in sessione interattiva attraverso percorsi di divulgazione che gli consentono di testare, attraverso una griglia di test a scelta multipla, l’effettivo grado di comprensione dell’informazione ricevuta, documentando l’esito del processo cognitivo seguito dal paziente. L’impiego di questi programmi in rete — attualmente in fase sperimentale -- consente di superare i problemi legati alla obsolescenza delle informazioni riversate nel supporto a lettura ottica.

Sempre con riferimento al consenso informato, la telematica lascia intravedere la possibilità di offrire risposte convincenti ad uno degli aspetti di questo istituto giuridico forse meno studiati a livello teorico, ma più rilevanti dal punto di vista pratico. Il riferimento è alla prova giudiziale del consenso. Dubbio sotto il profilo giuridico (giurisprudenza e dottrina s’interrogano se competa al medico provare d’aver fornito l’informazione, ovvero spetti al paziente dimostrare di non averla ricevuta) il problema della ripartizione dell’onere probatorio del consenso informato ha determinato l’insorgere di una prassi ove spesso moduli prestampati sono frettolosamente sottoposti alla firma del paziente, per essere doviziosamente allegati alla cartella clinica. La telematica oggi consente di non considerare inattuabile (o peggio: peregrina) l’ormai non più recente proposta di effettuare la registrazione audio video dell’incontro fra medico e paziente, per soddisfare al meglio l’esigenza — oggi affidata ad un leggibile tratto di penna -- di documentare esaustivamente quanto avviene in questo momento cruciale del rapporto fra medico e paziente.

Nel mondo di una realtà clinica sempre più globale i problemi posti dalla utilizzazione di sistemi esperti automatizzati di supporto alle decisioni diagnostiche e terapeutiche, di banche dati on line dotate di sistemi di information retrivial, capaci di veicolare in tempo reale e ai quattro angoli del globo le più disparate e recenti acquisizioni della scienza medica, sollecitano una riflessione sul significato che queste innovazioni avranno sulla valutazione in sede giudiziale degli standard di condotta medica, senza trascurare il profilo aggiuntivo legato al valore da attribuire in quella sede alla consultabilità in tempo reale di guidelines cliniche costantemente aggiornate, messe a punto e divulgate in rete dai più prestigiosi centri del sapere medico mondiale.

I problemi innescati dalla digitalizzazione dell’informazione sanitaria, con riferimento alla creazione di standards documentali elettronici che possano validamente assolvere alle esigenze certificative tradizionalmente soddisfatte dai documenti sanitari presi in considerazione dalla legge, come la cartella clinica ed il referto -- garantendo un livello di sicurezza che deve tener conto dei rischi di divulgazione sottesi alla natura digitale dell’informazione, ed alla necessità che questi standard rispettino l’esigenza di controllo della circolazione dei dati riconosciuta ai loro titolari dalla legge 675/96 -- sono oggi al centro di un’intensa azione legislativa (si pensi allo statuto giuridico del documento informatico, la ‘rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti", formulato dalla legge 59/97 ed alla disciplina delle carte sanitarie elettroniche che va faticosamente definendosi, v. da ultimo l’art. 6 del Dlgs. 30.7.99, n.282), che ha però fin qui omesso di definire i parametri di standardizzazione necessari a far sì che la documentazione digitale sanitaria sia uniformemente condivisibile su tutto il territorio nazionale, con notevoli problemi nascenti dal mancato coordinamento delle regioni e delle provincie autonome incaricate di implementare sul piano tecnico-gestionale le innovazioni riconosciute dalla legislazione nazionale.

Il catalogo delle problematiche giuridiche nascenti dall’impiego della telemedicina non potrebbe dirsi completo senza menzionare le responsabilità nascenti dalla erogazione dei servizi telematici che rendono possibile la medicina a distanza. In un sistema sanitario ove la telemedicina sarà applicazione corrente, l’improvviso black-out od il cattivo funzionamento o, ancora, il deficit di sicurezza dei sistemi di elaborazione e trasmissione dei dati rischia di generare danni ingentissimi, che espongono la struttura incaricata di assicurare le prestazioni telemediche ad un notevolissimo rischio risarcitorio. Tale rischio dovrà essere gestito con strumenti assicurativi da considerare attentamente nei modelli contrattuali attraverso i quali l’ente od il soggetto erogatore di cure si assicurerà i servizi del provider dei servizi telematici. Il medesimo problema può essere rivisitato in chiave di responsabilità per la fornitura di software od hardware difettoso, allorché un programma od un’apparecchiatura non funzionanti potranno mettere a repentaglio la vita dei pazienti, con i già segnalati oneri risarcitori del soggetto incaricato di erogare la cura.

Il concetto di cybermedicina abbracciato da questa trattazione impedisce di considerare compiuto il nostro giro d’orizzonte. Fra gli aspetti (non sussumibili nella nozione di telemedicina) che invece trovano considerazione in una riflessione di più ampia portata sulle problematiche giuridiche nascenti dall’interazione fra telematica e salute vi sono tutte le interazioni rese possibili dal trasferimento di dati in forma digitale, aventi ad oggetto la distribuzione di informazioni di natura medica e/o farmacologica e riguardanti (in senso lato) la salute della persona, anche quando il trasferimento di informazioni non abbia luogo nell’ambito di un rapporto terapeutico individualizzato fra medico e paziente (pur se svolto a distanza). Il tema, tutto da esplorare, è quello che negli USA si è cominciato ad approfondire sotto la rubrica degli information torts, e che alle nostre latitudini potrebbe cercare una sistemazione nell’idea della responsabilità civile per la diffusione di informazioni difettose.

Il Web ha enormemente facilitato la circolazione e lo scambio di dati, abbattendo drasticamente i costi di reperimento delle informazioni. In quest’ottica, qualsiasi utente della rete diventa un potenziale consumatore di informazioni riguardanti il recupero, il mantenimento ed il miglioramento della propria salute. Questa constatazione consente di individuare altre aree problematiche che sollecitano la riflessione prospettica del giurista:

-- i problemi giuridici relativi al marketing telematico effettuato da enti o cliniche (pubblici o privati) erogatori di cure o da singoli operatori sanitari (specie con riferimento ai profili di responsabilità nascenti nell’ambito di un contratto di cure propiziato da un contatto medico-paziente nato sul WEB), con la necessità di approfondire il tema (immediatamente contiguo) dei limiti e della regolamentazione della facoltà di pubblicizzare in rete l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie;

-- in una prospettiva parzialmente diversa, i medesimi problemi si pongono con riferimento al marketing telematico effettuato dalle case farmaceutiche (si pensi alla possibilità di ottenere profili del consumatore interessato alla cura di determinate patologie con l’impiego dei cookies); a tacer della possibilità, resa concreta dal WEB, di acquistare specialità farmaceutiche all’estero, bypassando i limiti e (più in generale) il sistema di regole che assiste la prescrizione farmaceutica in Italia;

-- i problemi giuridici nascenti dalla divulgazione di informazioni riguardanti la salute su internet, con particolare riferimento ai siti che si prefiggono di attrarre navigatori dispensando consigli medici od instaurando forum per la condivisione di informazioni riguardanti la salute, con la valutazione dell’opportunità di lasciare che in questo settore la rete esprima le sue virtù autoregolative, già peraltro manifestatesi a livello internazionale con la redazione di codici di autoregolamentazione (le recenti iniziative assunte dalla American Medical Association in questo campo sono l’autorevole riprova dell’attualità del problema).

L’illustrazione dei problemi tratteggiati in queste pagine può dunque concludersi approdando a due constatazioni piuttosto intuitive, che rimarcano l’importanza di analizzare i risvolti giuridici della cybermedicina in chiave comparatistica (il dato è peraltro ormai acquisito al giurista aduso a confrontarsi con le problematiche innescate dall’avvento del WEB).

Il primo di essi attiene alla principale caratteristica della cybermedicina, che per sua natura è delocalizzata e transnazionale. La tecnologia dell’era digitale schiude scenari inediti all’esercizio della professione medica, con la possibilità di strutturare in forma continuativa collaborazioni a distanza fra enti erogatori di servizi sanitari localizzati in Italia e prestigiosi centri di eccellenza clinica situati oltre confine.

Non solo, ma — ed è questo il secondo motivo che sollecita una visione comparatistica del problema analizzato — la cybermedicina è ormai stabilmente entrata nel campo di azione delle istituzioni comunitarie, che da tempo hanno inserito il tema fra le priorità della ricerca finanziata a livello europeo, in vista di un processo di uniformizzazione condotto su più livelli: istituzionale (partnerships fra enti sanitari e di ricerca dei paesi membri e creazione di unità di coordinamento gestite a livello istituzionale direttamente dalla Commissione), economico (finanziamenti, vedi l’inserimento della telemedicina fra gli obiettivi chiave del quinto programma quadro), sociale e giuridico (l’azione normativa dell’Unione nel settore non ha ancora avuto modo di dispiegarsi, ma è annunciata dalla specifica attenzione prestata ai risvolti socio-giuridici della telemedicina negli studi preparativi fin qui finanziati dalle istituzioni europee).

In chiusura una riflessione. La saggezza sottesa all’antico adagio "prevenire è meglio che curare" ha da tempo varcato le soglie disciplinari della medicina. L’avvocato sa che prevenire una lite è meglio che discuterla in giudizio, almeno quanto il giurista è consapevole dei rischi che la latitanza di regole sufficentemente meditate determina quando un nuovo fenomeno sociale si esplica in assenza di direttive. Quanto dire che v’è necessità di regole che prima di divenire tali abbiano metabolizzato il senso dell’innovazione da regolamentare. Nell’era digitale il diritto sta prendendo atto che le sue categorie tradizionali (ed il modo di pensare dei suoi operatori), formatisi in un mondo prigioniero della fisicità e della tangibilità, non si prestano ad ingenui adattamenti analogici quando si tratta di disciplinare le interazioni umane concesse dal bit.

Da ciò l’auspicio che non si tardi ad avviare un’attenta riflessione giuridica su un fenomeno che, come del resto lo stato di avanzamento del progetto "ADAPT II — Teleformazione e teleconsulto in sanità: verso un management integrato del paziente oncologico" sta a dimostrare, è destinato ad entrare in una dimensione operativa quotidiana, per mettere i suoi frutti applicativi stabilmente al servizio della salute della collettività.

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Questi i principali temi che attendono l’analisi del giurista:

  • la tutela della riservatezza dei pazienti sottoposti a (tele)trattamento;
  • la sicurezza e la segretezza nella trasmissione (anche transnazionale) dei dati sanitari in forma digitale;
  • la rilevanza giuridica (anche sotto il profilo probatorio) della documentazione (es.: referti) prodotta dal (tele)medico in forma elettronica;
  • il consenso informato del paziente al trattamento telemedico;
  • la responsabilità (civile, penale, amministrativa) del medico e in generale degli operatori sanitari coinvolti nella erogazione di prestazioni sanitarie a distanza;
  • la responsabilità dei costruttori delle macchine, dei realizzatori del software e dei fornitori dei servizi di rete;
  • i profili di responsabilità e di regolamentazione in ordine ai siti Web che diffondono notizie di interesse medico-farmaceutico.
NOTE

Cfr. § 2290.5 del Business and Professions Code dello stato della California, aggiunto dal Telemedicine Development Act del 1996: ""telemedicine" means the practice of health care delivery, diagnosis, consultation, treatment, transfer of medical data, and education using interactive audio, video, or data communications". La norma tuttavia prosegue specificando che "neither a telephone conversation nor an electronic mail message between a health care practitioner and patient constitutes "telemedicine" for purposes of this section", e chiarisce: "for purposes of this section, "interactive" means an audio, video, or data communication involving a real time (synchronous) or near real time (asynchronous) two-way transfer of medical data and information".

Si consulti il sito http://www.in-forms.com/comp.htm .

Così si presenta il sito del Decision Systems Group della Harvard University dedicato all’argomento (http://dsg.harvard.edu/public/dsg/research.html ): "The primary mission of the Decision Systems Group is to create software environments that enable problem-based, integrative access to information, in order to facilitate decision making, for health care providers, health care managers, and the public. While our activities encompass also applied, production, and technology transfer initiatives, our origin and foundation is in research. Over the years, there have been several common themes in our work, which define our long-term vision for highly integrated, user-centric, task-oriented computing systems for health care. (…) In the context of a variety of our past and ongoing projects, we have investigated the problem of providing appropriate decision support and information management facilities for physicians. Our goals in this area include: (a) development of an acceptable user interface for information access and direct capture of reports, (b) application of a semantic net model for findings and diagnoses, (c) long-term management of captured data in the context of a heterogeneous, evolving domain, (d) support for database mediation, (e) utilization of sufficiently structured data in providing intelligent clinical workstation facilities, and (f) appropriate image management facilities".

Si pensi a Pub Med ( http://www.ncbi.nlm.nih.gov/PubMed/), il servizio offerto gratuitamente in rete dalla National Library of Medicine USA, che offre al download globale più di 11 milioni di articoli (con relativi abstract) su ogni campo dello scibile medico. Questa la presentazione del progetto offerta dal sito (http://www.ncbi.nlm.nih.gov:80/entrez/query/static/overview.html): "PubMed is a project developed by the National Center for Biotechnology Information (NCBI) at the National Library of Medicine (NLM), located at the National Institutes of Health (NIH). It has been developed in conjunction with publishers of biomedical literature as a search tool for accessing literature citations and linking to full-text journals at Web sites of participating publishers. Publishers participating in the PubMed project supply NLM with formatted citations prior to or at the time of publication, and NLM adds them to the PubMed search system. If the publisher has a WWW site that offers full text of its journals, PubMed provides links to that site. In addition, PubMed provides a WWW Citation Matcher service, which allows publishers (or other outside users) to match up their own citations to PubMed entries, using bibliographic information such as journal, volume, issue, page number, and year. This permits publishers easily to link from references in their published articles directly to entries in PubMed". Un’idea della ricchezza di contenuti di questa enorme banca dati bibliografica può essere tratta dalle righe che seguono: "MEDLINE (MEDlars onLINE) is the National Library of Medicine's (NLM) premier bibliographic database covering the fields of medicine, nursing, dentistry, veterinary medicine, the health care system, and the preclinical sciences. The MEDLINE file contains bibliographic citations and author abstracts from approximately 3,900 current biomedical journals published in the United States and 70 foreign countries. The file contains approximately 10 million records dating back to 1966. Coverage is worldwide, but most records are from English-language sources or have English abstracts".

Il testo che segue è tratto da uno speciale dedicato da Mediamente (un programma RAI, cfr. http://www.mediamente.rai.it ) al tema della sanità in rete: <<Aristotele diceva che la medicina non consiste tanto nella capacità di guarire una malattia ma di accompagnare il malato lungo il processo di guarigione, processo che è lui stesso a guidare. Questa affermazione oggi sembra più vera che un tempo; se prima ci si rivolgeva ai medici come a dispensatori di salute e di rimedi, attualmente il paziente non si accontenta più di essere un attore passivo del processo di cura. La tendenza a servirsi di Internet nella ricerca di una terapia riflette pienamente questa nuova attitudine. Gli esperti definiscono i protagonisti di questa rivoluzione silenziosa 'healthmed retrievers', cacciatori digitali di informazione medica. Essi sono spinti a cercare informazioni sanitarie in Rete per rispondere ad una sensazione di solitudine che provano di fronte al medico e alla malattia, qualsiasi ne sia la causa o l'origine. Si tratta di una nuova figura di paziente, più esigente e con una richiesta di affrontare la propria salute in modo più consapevole rispetto al passato. Sicuramente un punto di passaggio chiave di questa rivoluzione culturale è stato la ratifica da parte dell'organizzazione mondiale della sanità del concetto di "salute". Era il 1978 e l'OMS decretava: "Salute è uno stato di benessere complessivo, fisico, psichico e sociale e non la semplice assenza di malattia o infermità". Tale definizione ha costretto il mondo della medicina a rivedere radicalmente il ruolo del paziente. Questo "nuovo soggetto" non è più solo "paziente" ma "cittadino-utente" della sanità e della salute. I consumatori di salute on line sono, quindi, i rappresentanti di un nuovo modo di concepire il rapporto con la salute, esigenza che è ormai condivisa da molti. "Internet ci permette di fare scelte migliori per la nostra vita", dichiarano gli "healthmed retrievers", che della Rete apprezzano molto il rapporto paritario che si instaura tra chi cerca l'informazione e chi la fornisce. L'informazione sanitaria su Internet è dunque un prezioso aiuto, che utilizzato in modo corretto, verificando attentamente le fonti da cui attingere le informazioni, risponde efficacemente all'esigenza di "saperne di più" sulla propria salute, sia per superare la solitudine di fronte alla malattia sia per diventare soggetti attivi nell'interazione con le strutture sanitarie e nelle scelte terapeutiche. Un nuovo strumento nelle mani di un moderno tipo di "consumatori di salute" che la Rete aiuta ad essere protagonisti. Anche nel campo delle scienze mediche, insomma, Internet è uno strumento di democrazia che in questo caso contribuisce ad abbattere i limiti di una medicina chiusa in se stessa e lontana dalle differenze individuali e dalla soggettività dei pazienti. Attraverso strumenti come la Rete sta cambiando il nostro modo di vivere la salute e la malattia>>.Così, invece, il responsabile di un istituto di ricerca statunitense che si occupa di sanità on-line: <<Tra i contenuti più ricercati in Rete dagli utenti l'argomento salute è ai primissimi posti al pari dello sport e dell'intrattenimento e prima della musica. La Juppiter Communications è un istituto di ricerca molto famoso negli Stati Uniti che da tempo studia l'evoluzione di Internet. Abbiamo intervistato David Restrepo, uno degli analisti della società che si occupa specificatamente del fenomeno della medicina on line. Può descriverci in termini numerici questo trend? La scorsa primavera abbiamo fatto un sondaggio sui frequentatori on line e abbiamo potuto constatare che in America, in dodici mesi, 49 milioni di persone si sono rivolte ad Internet per cercare informazioni legate alla salute . Si tratta dei 2/3 dei visitatori del World Wide Web. Come spiega questo fenomeno? È un po' come quello che è accaduto per la finanza dove c'è stato un grande boom. Anche per la medicina le persone si rivolgono ad Internet per cercare informazioni , spiegazioni e documenti. La salute fa parte della nostra vita quotidiana ed è un aspetto fondamentale. La medicina on-line cambierà il rapporto medico-paziente? No, questo mai. La medicina on line serve da supplemento. Il sistema sanitario in America obbliga il medico a vedere sempre più pazienti. Questo limita il tempo delle visite. Negli Stati Uniti in media una visita dura sette minuti. Non rimane il tempo per l'approfondimento.Il paziente è quasi obbligato a diventare un cyber paziente per saperne di più. Le persone inoltre vogliono andare dal medico più preparate in modo da fare delle domande precise cosi' da arrivare subito al nocciolo della questione. Qual è l'identikit della persona che va on line alla ricerca di informazioni sulla salute? La fascia dei cacciatori digitali di informazione medica è molto vasta e va dai sedici anni fino a oltre i sessanta. Sono comunque le donne le più accese frequentatrici dei siti di medicina. La donna è quella che in una famiglia spesso prende le decisioni mediche. È anche colei che segue la salute dei figli, si occupa di quella dei genitori anziani e sta dietro a quella del proprio partner. Quali sono le informazioni mediche più ricercate? Quelle sulle malattie come il cancro l’Aids e su come convivere con le sindromi croniche. Poi ci sono quelle sulle medicine e le cure. Questo tipo di informazioni interessano soprattutto gli anziani, mentre i giovani cercano notizie sull'alimentazione e sulle attività fisiche da fare per migliorare le condizioni di salute del proprio corpo. Un cyber paziente è anche un cyber ipocondriaco? Assolutamente no! Molti fanno questa domanda ma non è questa la ragione che spinge le persone a volerne sapere di più sulla medicina>>.

Su cui si ricorda la recente presa di posizione della FNOMCEO con una circolare interpretativa della legge 362/99 nella quale si è data via libera alla pubblicità di medici e cliniche. La legge non citava espressamente Internet tra i media. La Federazione Nazionale degli Ordini Provinciali dei Medici ha interpretato in maniera estensiva la legge, inserendo anche la rete delle reti tra i media ammessi sul piano deontologico, cfr. http://www.repubblica.it/cittadino.lex/sanita/sanita991111_c_medici/sanita991111_c_medici.html .

Ne costituisce riprova il caso Viagra, allorché la non disponibilità immediata del farmaco in Italia indirizzò una parte della forte domanda proveniente dai consumatori italiani verso siti di farmacie transfrontaliere, per l’acquisto on-line e per corrispondenza delle agognate pillole blu (fra i tanti, si visiti il sito http://www.virtualdrugstore.com ). Senz’approfondire in questa sede i problemi posti dal distant shopping di prodotti farmaceutici, si può rilevare come oggi proliferino i siti italiani dedicati a dispensare consigli ai consumatori di farmaci:

http://www.farmacie.it (che si presenta come "il primo grande sito dedicato al pubblico delle farmacie");

http://www.farmaci.com (Farmaci, Salute e Benessere);

http://www.sameint.it/automed/index.html ("la prima guida all’automedicazione italiana").

La presentazione del sito statunitense http://www.optumcare.com illustra lo scenario appena evocato:

"The Internet is becoming an important resource for individuals seeking health information. In fact, it is estimated that almost half of all Internet users access some sort of health or medical information on the Web. This popularity is primarily driven by the Internet's convenience and anonymity. Individuals can search for the information they need from the convenience of a personal computer, without the need for face-to-face contact. At the same time, the wealth of health and medical information on the Internet can be overwhelming for users, and can put into question its credibility, accuracy and timeliness. Optum Health Forums offers a single online source for all an individual's health and well-being information needs. Optum Health Forums is our online health and well-being resource. This unique Internet application is a logical extension of Optum's information, education and support services that provides another way for participants to become more educated about the topics of interest to them. Key Features: Online discussions with nurses and counselors through Live Events; Questions and answers about popular health and well-being topics; Up-to-date news, information and national events related to a participant's personal health and well-being interests; Interactive tools such as health quizzes; Searchable database of health and well-being information; Health Forums e-mail newsletters; Summary of benefits information; E-mail access to member services; Provider directory with mapping feature. Health Forums offers users a dynamic and unique environment that is customized based on the topics of interest to them. It serves as a credible, up-to-date and convenient resource that can help participants become better informed health care consumers and, above all, live healthier lives".

Sul WEB, dunque, l’accesso al sapere medico può essere strutturato in modo da rendere possibile al profano l’individuazione di dati diagnostici e terapeutici relativi al proprio stato patologico con margini di specificità e dettagliatezza impensabili ai tempi delle tradizionali guide mediche cartacee (si pensi alle varie pubblicazioni dal titolo "come guarire da"). E’ facile immaginare come un navigatore possa essere sapientemente guidato nell’universo teorico del sapere medico attraverso forme di interazione basate su formulari finestra che permettano al cybervisitatore di personalizzare sempre più il percorso informativo sulla propria patologia (si consulti già oggi il sito statunitense http://www.telemedical.com ). In questa prospettiva il crinale fra una diagnosi e/o una terapia personalizzata resa da un operatore sanitario ed un’informazione diagnostica o terapeutica resa in forma impersonale (senza cioè che il sito fornitore dell’informazione chieda al visitatore di identificarsi nel corso della sessione interattiva, poiché in quel caso si potrebbe ipotizzare la formazione di un contratto di cure telematico), ma specificata attraverso una serie di queries interattive rivolte all’anonimo visitatore, tende ad assottigliarsi. In quest’ottica ci si può interrogare dal valore di dichiarazioni di esenzione dalla responsabilità formulate sulla falsariga dei disclaimer statunitensi già oggi rinvenibili in rete, come quello che correda i servizi offerti dal sito http://www.docguide.com . Da qui la necessità di avviare una riflessione, condotta a ridosso della sempre più opaca frontiera fra le categorie municipali del contratto e della responsabilità civile, su un fenomeno che oltreoceano si è invece già provveduto a collocare nella problematica degli information torts, con l’annesso dibattito nascente dalla necessità di raccordare l’esigenza di tutela dello sprovveduto consumatore d’informazioni con il principio sancito dal First Amendment.

Cfr. M.A.Winkler et al., Guidelines for Medical and Health Information Sites on the Internet, JAMA, March 22/29, 2000 — Vol 283, No. 12, 1600-06.

Prim’ancora di riuscire a catturare con l’immaginazione i nuovi scenari appena abbozzati, il giurista intuisce che queste forme di collaborazione transnazionale saranno gli assi su cui prenderà forma la globalizzazione del mercato dell’expertise professionale in campo sanitario. Tali forme di collaborazione non dovranno necessariamente essere mediate da accordi sviluppati su basi istituzionali. Né sorgeranno necessariamente tra enti erogatori di cure, ben potendosi immaginare accordi fra singoli professionisti operanti in paesi diversi. Non è pertanto azzardato ipotizzare che la cybermedicina solleciterà i giuristi a studiare quale veste giuridica dare a tali forme telematiche di collaborazione professionale, chiedendosi per tempo quali problemi (di diritto internazionale privato, ma anche di diritto del commercio internazionale) incontrerà la prestazione di servizi professionali sanitari a pazienti italiani — o più verosimilmente — a medici di pazienti italiani da parte di operatori sanitari extracomunitari. Si veda l’obiettivo del progetto "ACOSTA: health care telematics consensus formation and standardisation promotion", finanziato dalla UE (http://dbs.cordis.lu/cordis-cgi/srchidadb?ACTION=D&SESSION=88972000-5-24&DOC=10&TBL=EN_PROJ&RCN=EP_RCN:22183&CALLER=EN_CORDIS): "ACOSTA is aimed to bring together the various partners involved in stimulating the health telematics market, namely health care managers and professionals, telecom operators and industrial companies from the sector including small and medium enterprises (SME). It made the following recommendations: the 4th Framework Programme should concentrate very specifically on the development aspects of projects; the expansion of the health telematics infrastructure should be encouraged by promoting and linking 'centres of excellence' thus stimulating demand for, and supply of, advanced services; the programme should encourage activities of SMEs aimed at developing generic applications in partnership with user groups; support should be given to diffusion and technology transfer activities focusing on the export of projects to the health care sector of another region or country; a series of concerted actions and accompanying measures should be used to create cultures of collaboration, demonstrating and diffusing project activities and promoting technology assessment; different types of action should be included, each with a specific objective, and with rigorous evaluation procedures built in at every level".

Una ricerca su CORDIS, il data base della UE sui progetti di ricerca finanziati dall’Europa, il 24 maggio 2000 elencava all’interrogante 32 progetti in corso nel settore della telemedicina (http://dbs.cordis.lu/cordis-cgi/srchidadb?ACTION=R&DOC=155&SESSION=68562000-5-24#PROJ ) fra cui, sotto il profilo dell’intento di gettare le basi per l’azione normativa della UE nella materia, spicca il FEST, Framework for European Services in Telemedicine (cfr.http://dbs.cordis.lu/cordis-cgi/srchidadb?ACTION=D&SESSION=68562000-5-24&DOC=159&TBL=EN_PROJ&RCN=EP_RCN:17095&CALLER=EN_UNIFIEDSRCH).

E non si tratta di un monito astratto. Nella seduta del 12 aprile del Senato della Repubblica è stato assegnato alla 12ª Commissione permanente (Igiene e sanità) il progetto di legge di iniziativa del senatore Monteleone ed altri. — "Norme riguardanti la regolamentazione e la sperimentazione della telemedicina", cfr.http://www.repubblica.it/cittadino.lex/commissioni_s/aula/000412_aula/01.html

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