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L’anoressia nervosa e i Disturbi del Comportamento Alimentare

M.Dellepiane

 

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) hanno raggiunto la propria autonomia quale entità nosografia solo in tempi relativamente recenti. In passato, infatti, sono stati considerati ora come manifestazione di patologie endocrine, ora ascrivendole a disturbi psichiatrici quali l’isteria, le nevrosi, i disturbi dell’umore.

In effetti i primi riferimenti storici risalgono al Medioevo, con la descrizione del digiuno e della mortificazione del corpo delle "sante anoressiche".

Più avanti, nel 1600, il medico genovese Simone Porta fa diagnosi di Anoressia (sebbene la prima diagnosi si faccia solitamente risalire all’inglese Norton, che parla di "consunzione nervosa").

Lasegue è però il primo ad ascrivere l’Anoressia, fino ad ora considerata dai medici una patologia unicamente organica, ai disturbi mentali: egli parla di anoressia isterica.

Verrà in seguito descritta come anoressia nervosa, sebbene, per tutto il secolo successivo, venga considerata una malattia a patogenesi endocrina, ed assimilata per questo al Morbo di Simmonds.

Janet è forse il primo a presentare un caso clinico di una anoressica, in cui questa malattia è descritta come espressione del rifiuto di raggiungere la maturità sessuale, e per questo inserita nel gruppo delle psicoastenie.

Anche Freud, naturalmente, parlerà di anoressia, ma come espressione di un quadro melanconico, in cui è mancato lo sviluppo della sessualità.

 

E’ solo con il DSM-III, nel 1980, che vengono inquadrati come categoria diagnostica, poi ampliata e ridefinita, nel DSM-IV-TR, di cui riportiamo qui i criteri diagnostici per ogni Disturbo del Comportamento Alimentare (Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, DCA Non Altrimenti Specificati).

Criteri Diagnostici per l’Anoressia Nervosa

  1. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto).
  2. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
  3. Alterazioni del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attua condizione di sottopeso.
  4. Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per esempio estrogeni.)

Specificare il sottotipo:

Con Restrizioni: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione.

 

Criteri Diagnostici per la Bulimia Nervosa

  1. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:

  1. mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili
  2. sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

  1. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
  2. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
  3. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
  4. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

Specificare il sottotipo:

Con Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Bulimia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Senza Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha utilizzato regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati

Questa categoria include quei disturbi dell’alimentazione che non soddisfano i criteri di nessuno specifico Disturbo dell’Alimentazione.

Tra questi, il Disturbo da Alimentazione Incontrollata viene ormai comunemente considerato come entità nosografia a se stante, di cui sono stati proposti i seguenti criteri diagnostici da inserire nella prossima edizione del DSM:

    1. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi:

    1. mangiare, in un periodo definito di tempo (per es. un periodo di 2 ore), un quantitativo di cibi chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili
    2. sensazione di perdita del controllo nel mangiare durante l’episodio (per es., la sensazione di non riuscire a fermarsi, oppure a controllare che cosa e quanto si sta mangiando).

    1. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:

    1. mangiare molto più rapidamente del normale
    2. mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
    3. mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
    4. mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando

IL DSM IV-TR riporta tassi di prevalenza pari allo 0,5-1% per AN e al 1-3% per BN, con un rapporto femmine maschi per entrambe di 10:1. Il BED ha una prevalenza nella popolazione generale stimata intorno al 3% che cresce nella popolazione dei pazienti obesi fino a circa il 30%; il rapporto femmine/maschi è 3:2.

La classificazione piuttosto recente dei DCA può essere giustificata dal progressivo interesse per questi disturbi attorno agli anni ’70, periodo in cui si è rilevato un significativo aumento dell’incidenza.

Il fatto, inoltre, che questi disturbi siano prevalentemente presenti nel sesso femminile, li correla a cambiamenti socioculturali che il modello familiare ed, in particolare, il modello femminile hanno subito negli ultimi 30-40 anni, caratterizzati da una crescente pressione sociale sulla donna, che ha stimolato, da parte della donna, la necessità di rispondere a sempre crescenti ideali dell’Io (La Palazzoli parlerà di "narcisismo femminile" legato all’AN).

Caratteristica premorbosa comune a tutte le donne che sviluppano un DCA è la bassa autostima che sembra essere correlata, più che negli uomini, all’incapacità di instaurare soddisfacenti relazioni interpersonali che, come prima rilevato, dipendono nella società occidentale in modo precipuo dall’avvenenza.

Verrà qui trattata, specificamente, l’Anoressia Nervosa, che pare, per le caratteristiche cliniche ed il decorso, nonché per gli aspetti riguardanti la terapia, particolarmente interessante, in quanto coinvolge diverse figure professionali, sia mediche che paramediche, specie in ambito di ricovero.

 

ANORESSIA NERVOSA

Sul piano eziologico, anche in base a quanto detto fino ad ora, è possibile individuare un’eziologia multifattoriale per l’AN, con fattori individuali, familiari, ed ambientali.

Tra gli aspetti biologici, sono stati identificati un aumentato turnover della noradrenalina, una riduzione degli spazi subaracnoidei, per esempio, ma è ancora incerto se tali alterazioni siano precedenti o conseguenti la malattia. Un’altra ipotesi riguarda alterazioni ipofisarie che comportino un abnorme turnover ormonale, ma, sostanzialmente, ad oggi, non vi è evidenza di una predisposizione biologica per l’AN.

Tra i fattori familiari ed ambientali, come già ricordato, sono da inserire i modelli estetici attuali che promuovono la magrezza anche come raggiungimento di un ruolo sociale.

Inoltre, un ruolo importante viene attribuito all’ambiente familiare dell’anoressiche, ed in particolare alla relazione con la madre. Sono state spesso descritte figure di madri intrusive, tendenti al controllo, anche sul corpo della figlia. Emerge qui l’aspetto perverso della relazione, con una madre preoccupata per il corpo, ma, al contempo incapace di "maneggiare" il corpo del bimbo; una madre, insomma, che si oppone alla figura materna descritta da Winnicott, capace di stabilire un relazione "sufficientemente buona", empatica, atta a capire i bisogni del bimbo (che sono, inizialmente, bisogni espressi solo con il corpo).

 

Hilde Bruch, cercando di circoscrivere i segni veramente patognomonici dell’anoressia, ne distingue tre fondamentali:

  1. il disturbo dell’immagine corporea di proporzioni deliranti (da cui dipendono l’assenza di preoccupazione per stadi anche gravissimi di emaciazione e l’ostinazione con cui molti soggetti difendono il proprio aspetto come giusto e normale); la vera anoressica si identifica con la propria apparenza scheletrica e nega ostinatamente l’esistenza di problemi riguardo la sua figura;
  2. il disturbo dell’accuratezza della percezione e cognizione degli stimoli provenienti dal corpo (da cui dipendono, per esempio, la negazione di fame in presenza di crampi gastrici, l’iperattività nonostante l’evidente esaurimento di energia, l’eccessiva persistenza di posture anche disagevoli, etc.);
  3. il senso paralizzante di impotenza (cui si collega il terrore di perdere il controllo sui propri istinti orali ed essere travolti dall’impulso iperfagico).

Tra le caratteristiche cliniche dell’AN possiamo individuare una progressione in 3 fasi:

  1. Esordio: caratterizzato da insoddisfazione piuttosto vaga del proprio peso. La maggior parte delle pazienti iniziano con una restrizione alimentare a causa di soprappeso, o, comunque, di un corpo vissuto come "disarmonico". La restrizione alimentare, in queste pazienti, rappresenta l’esperienza di poter controllare il proprio corpo, fornendo quindi una possibilità di miglioramento dei livelli di autostima. Quindi si innesca un meccanismo "patoplastico", in cui il controllo del cibo diventa funzionale all’esigenza di accrescere l’autostima della paziente. Talvolta la restrizione alimentare iniziale è caratterizzata da una riferita intolleranza o idiosincrasia per alcuni alimenti, in particolare proteine (proteine che, sia su un piano di realtà che simbolico, rappresentano il principio nutritivo necessario per la crescita: crescita fisica, sessuale e psichica che le pazienti vogliono interrompere).
  2. Fase di stato: ora ogni attività della paziente sembra essere finalizzata al controllo del peso e delle misure. In questa fase abbiamo: una dieta estremamente restrittiva (priva di grassi e proteine; la drammatica riduzione di queste ultime causa l’interruzione del ciclo mestruale); iperattività; uso ed abuso di anoressizzanti, diuretici e lassativi. L’uso di lassativi, peraltro, è anche espressione del funzionamento della persona, e la gravità è anche legata, in senso psicodinamico, all’assetto personologico della paziente. Basti pensare, ad esempio, alla negazione della fame ed al vomito: i sintomi sono, in qualche misura, proporzionali anche al livello di distruttività che caratterizza i tratti caratteriali della paziente. In questa fase, infatti, possiamo avere comparsa di abbuffate e vomito autoindotto. La richiesta di cure, in questa fase, avviene quando, dopo episodi di abbuffate e vomito, le pazienti temono di perdere il controllo. In questa fase, sia il pensiero che le attività delle anoressiche, sono "cristallizzati" nella ricerca di dispendio energetico.
  3.  

  4. Se si giunge ad un ulteriore aggravamento, si può arrivare all’espressione di una ideazione delirante, e di sintomi psicotici. E’ altresì possibile che tale sintomatologia sia favorita da alterazioni metaboliche: ciò avviene quando il peso è drammaticamente basso e gli esami ematochimici sono molto alterati.

[Ricordiamo che, nella valutazione dello stato di una anoressica, su un piano puramente fisico, un indicatore dello stato corporeo sempre utilizzato ed estremamente semplice, è il BMI o Body Mass Index, che si ricava dividendo il peso per il quadrato dell’altezza. Il BMI è considerato nella norma quando è compreso, per l’uomo, tra 20 e 25, e, per la donna, tra 19 e 24. Al di sotto di 19 abbiamo una condizione di sottopeso, e, al di sotto di 15, abbiamo un quadro anoressico grave, tanto da giustificarne l’ospedalizzazione]

Da un punto di vista psicodinamico, è possibile, a grandi linee, individuare un comune assetto psichico comune nelle pazienti anoressiche, caratterizzato da:

    • scissione e prevalenza di meccanismi primitivi (identificazione proiettiva, deficit dei meccanismi introiettivi, negazione e idealizzazione);
    • immaturità dell’immagine corporea (al test della silhouette si evidenzia una sovrastima prevalente di parti e, a volte, di tutto il corpo);
    • relazioni oggettuali di tipo narcisistico (con elementi di tipo perverso) e tendenza all’acting;
    • dipendenza multipla (più primitiva) e/o ambivalente.

Per ciò che concerne il trattamento dell’Anoressia Nervosa, è ormai chiaro l’orientamento verso un trattamento integrato, poiché, pur trattandosi di un disturbo psichiatrico, per la concomitante compromissione sul piano organico, certamente coinvolge anche altre specialità mediche, quali la figura dell’endocrinologo e del nutrizionista, che non si sovrappongono ma condividono il lavoro comune con lo psichiatra.

Tutte le pazienti affette da DCA, ed in particolare da AN, sono generalmente fortemente resistenti al trattamento, tendendo a manipolare la relazione terapeutica. E’ quindi importante tenere presenti gli elementi di maggior forza, ovvero le reali esigenze terapeutiche legate alla persona ed alla situazione.

Ad esempio, in una personalità gravemente ossessiva, fornire precocemente una dieta da seguire, può essere collusivo con questi aspetti patologici di personalità. Altre volte, invece, la paziente può non essere pronta a seguire uno schema di alimentazione. In generale, dunque, è necessario essere in grado di attendere l’instaurarsi di una alleanza terapeutica.

La valutazione internistica, sia in ambito di ricovero, che di Day Hospital che ambulatoriale, deve tenere conto di diversi aspetti, a partire dalle alterazioni metaboliche, che possono comportare disionie (causate anche dal vomito e dall’uso di lassativi o diuretici) ed alterazioni ECG (ad esempio allungamento Qt). E’ presente ipotrofia muscolare, scomparsa del grasso corporeo, evidente soprattutto a livello delle guance. La cute è assottigliata, i capelli più radi (a causa della sideropenia), mani e piedi possono essere bluastri, ed è presente ipotermia. Possono essere presenti edemi discrasici, o, più frequentemente, edema edema palpebrale.

Gli esami ematochimici metteranno in evidenza, oltre a sideropenia ed ipoglicemia, avremo verosimilmente riduzione dell’azotemia, transaminasi al limite della norma, aumento dell’amilasi, alterazione dell’elettroforesi, nonché alterazione dei dosaggi ormonali (dovuti, ad esmpio, ad ipotrofia ovarica).

La presa in carico anche internistica è importante anche per fornire una visione integrata alla paziente stessa, volta ad evidenziare che, oltre alla mente, c’è un corpo sofferente da curare.

L’intervento psicofarmacologico o psicoterapico, con queste pazienti, può avvenire solo in seconda istanza, poiché è necessario attendere il crearsi di una alleanza terapeutica spesso difficile da raggiungere, che passa anche attraverso la tolleranza del senso di morte che l’anoressica trasferisce, col suo corpo drammaticamente malato, nel terapeuta. In effetti i comportamenti alimentari tipici dell’anoressia possono, in qualche modo, essere definiti come un "suicidio a piccole dosi", sebbene il fine non sia quello di morire, ma di dominare la propria vita ed acquistare un senso di identità.

Non è inconsueto trovarsi intrappolati in un "immobilismo" dei movimenti della relazione, cui il terapeuta può e deve far fronte solo attraverso la tolleranza e la consapevolezza che tutto ciò ha a che fare con un sistema difensivo rigido attraverso il quale la relazione deve transitare.

Nel corso della relazione psicoterapica si può assistere al graduale spostamento dalla paura di ingrassare al trasformarsi e al crescere. Questo momento importante implica soprattutto un cambiamento di prospettiva per il passaggio della relazione dalla concretezza del sintomo al piano in cui sono possibili correlazioni più prossime alla sfera psichica e ai vissuti.

I DCA si collocano dunque, per le caratteristiche che li definiscono, nell’area in cui ciò che è sensazione-emozione, resta confinato, vuoi per effetto della rimozione o della scissione, o per arresto dello sviluppo, nello spazio somatico.

La loro espressione, pertanto, viene prevalentemente affidata all’agire e all’organizzarsi in comportamenti, in attesa di trasformazioni che, attraverso il processo della relazione, diano loro forma e rappresentabilità psichica prima, e, successivamente, attraverso l’acquisizione di senso, direzione e consapevolezza, per trasformarsi in affetti propri della dimensione mentale e relazionale dell’individuo separato e adulto.

Così l’anoressia si trova su di un crinale o nodo di grande interesse clinico e scientifico, in quanto essa, insieme ad altri DCA ed in maniera più evidente che in altre patologie psichiatriche, si pone in quell’area di confine tra processi somatici e psichici che definiscono modalità relazionali primarie. E’ l’area dei fenomeni protomentali di cui parla Bion, in cui il fisico, lo psicologico ed il mentale sono indifferenziati.


Bibliografia

American Psychiatric Association — DSM-IV-TR, Masson, Milano, 2001

Bellini O., Scarnecchia M. — Il lavoro della cura con la paziente anoressica, FrancoAngeli, Milano, 2002

Bruch H. — Patologia del comportamento alimentare, Feltrinelli, Milano, 2000

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