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ATTENTION DEFICIT DISORDER, O DEFICIENZA DI SENSIBILITA' CULTURALE?

Il problema del disturbo dell’attenzione nei bambini in America e’ stato lungamente dibattuto. Proteste si sono sollevate da parte di famiglie di pazienti che considerano la medicalizzazione di questa entita’ come una vera e propria forma di intrusione farmacologica in problemi che dovrebbero essere affrontati e risolti con amore, affetto e guida da parte di insegnanti e di operatori sanitari nel campo psicologico e psichiatrico.

Comunque ,l’attenzione fino ad ora e’ stata focalizzata sulla popolazione in generale , senza badare alle differenze culturali , etniche e razziali, che sono ovviamente molto imporatanti perche’costituiscono una patina addizionale attraverso cui il trattamento farmacologico viene percepito da gruppi etnici e minoritari.

Eli Kintisch,un corrispondente della rivista psichiatrica Americana"Clinical Psychiatry News"(March 2003), esamina alcuni aspetti culturali del soggetto , citando il risultato di un "survey" sponsorizzato dalla compagnia " Mcneil Consumer & Specialty Pharmaceutical".

Da esso si possono isolare statistiche specifiche che gettano una qualche luce sulla necesita’ di un approccio piu culturalmente sensibile a questa entita’nosologica.

Piu’ del 30% delle famiglie Afro-Americane, e il 19% di quelle Ispaniche , infatti, percepiscono il trattamento farmacologico della sindrome come una conseguenza del background etnico e razziale , e quindi non necessariamente di necessita’ mediche. A questo punto l’autore del pezzo continua mettendo risalto sulla necessita’ di informare piu’ adeguatamente I gruppi di minoranza sul soggetto. Ed e’ qui che percepisco la fallacita’ della sua logica poiche’ questa soluzione non scaturisce necessariamente dai dati.

Un approccio piu’ opportuno dal punto di vista scientifico avrebbe incluso una idagine sul perche’di questa percezione , validando cosi’ delle vedute che sono basate su esperienze sociali che non possono essere facilmente ignorate.

La letteratura psichiatrica piu’ sensibile ai problemi culturali e sociali ha frequentemente fatto menzione di una tendenza farmacologica piu’ aggressiva nei riguardi dei problemi psichiatrici delle minoranze ,sottolineando che questa tendenza e’ legata ad una perecezione elitaria della terapia psicologica , che considera l’individuo minoritario come psicologicamente e culturalmente deprivato.

Sfortunatamente, le statistiche citate nell’articolo non vengono accopagnate da nati narrative, che ho il grosso sospetto, avrebbero validato queste riflessioni.

Le testimonianze che ho raccolto da diversi Nativi Americani, i cui bambini sono stati diagtnosticati con l’ADHD, rivelano una alta insoddisfazione del processo diagnostico e terapeutico; in particolare una giovane mamma Indiana mi disse" Mio figlio aveva problemi a scuola.....La maestra era insensibile e non lo trattava bene...;mi dissero che una opinione psichiatrica sarebbe stata di aiuto....; lo psichiatra bianco che lo esamino’per richiesta della scuola fece la diagnosi in cinque minuti non esitando a prescrivere la ritalina".

Ho citato questa testimonianza perche’ emblematica delle molte che ho ricevuto.

Purtroppo, e’ difficile sensibilizzare gli operatori sanitari Americani a questo tipo di logica, soprattutto perche’ il sistema di ricerca e l’esercizio clinico nel campo del ADHD e’ fortemente condizionato dalle multinazionali farmaceutiche .

Mi auguro che queste impressioni abbiano una qualche risonanza con i colleghi Italiani, poiche’ queste stesse dinamiche potrebbero verificarsi, se non lo sono gia’, nel trattamento delle minoranze etniche nel nostro Bel Paese.

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MARCELLO MAVIGLIA

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