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"SONO LA PIU' BRAVA PERSONA DI HANNOVER"

DI MICHAEL FARIN

MICHAEL FARIN nasce nel 1953 a Rotenburg/Wumme,in Germania. Nel 1979 consegue il dottorato in Germanistica e Filosofia, ma nel corso degli anni Ottanta preferisce occuparsi soprattutto di radio (è autore di trasmissioni per il Bayerischer Rundfunk), di giornalismo (collabora con il quotidiano "Studdeutsche Zeitung") e di editoria, fondando anche, nel 1982, la casa editrice Belleville. Nel 1994, scrive radiodrammi per diverse emittenti tedesche e l'anno seguente inizia la sua collaborazione con Romuald Karmakar, con il quale scrive Der Totmacher e Das Frankfurter Kreuz. Nei primi mesi del 2000 ha messo in scena al Bayerisches Staatsschauspiel Mein Freund Hitler di Yukio Mishima.

Le condizioni sono favorevoli per gli assassini.

Essi dominano occultamente l'industria culturale e il mondo dei media, rappresentano un punto di cristallizzazione, nel quale si fondono, con grande presa sul pubblico, notizie sensazionali, shock e orrore. Nulla più del lato oscuro dell'esistenza umana — questo è il messaggio — reclama a viva voce la luce. Il male, ovunque in agguato, vuole divenire visibile, il demone che è in noi vuole che si prenda coscienza della sua presenza.

L'uomo dell'inferno (questo è il titolo di un libro sul seriai killer russo Andrej Chikatilo) non ci è mai stato così vicino. Crime e true erime, nell'epoca dell'infotainment, stanno ovunque avanzando. I precursori sono stati l'Inghilterra e, come spesso accade, gli Stati Uniti: sia che si tratti del simpatico cannibale Ilannibai Lecter di Il silenzio degli innocen ti, o di Brad Pitt in Kaljornia o dei Naturai Born Killers di Oliver Stone, non c'è mai scampo. Lo stesso editore scientifico Garland Publishing (New York/Londra) sta al gioco, pubblicando, nel 1988, laAnnotated Bibliography di Michael Newton, sul tema dei serial killer. E leggendo le numerose enciclopedie dedicate esclusivamente agli autori di omicidi quali, ad esempio, l'Encyclopedia of Murder di Colin Wilson e Patricia Pitman (1984), la World Encyclopedia of2Oth Century Murder di Jay Robert Nash (1992) o il New Murderers Who's Who (1989) scritto dal team J.H.H. Gaute e Robin Odelì, veniamo a sapere (quasi) tutto su di loro: il celebre soprannome (Jack lo Squartatore, il Vampiro di Dùsseldorf, Green River Killer, lo Strangolatore di Boston, ecc.) e, naturalmente, il modo in cui essi lo hanno acquisito, quindi il loro curriculum e i delitti da essi commessi. Possiamo seguire la loro ascesa a star dei media, a personaggi cult, a "eroi".

Ma gli eroi hanno il loro prezzo. Quando, per esempio, David Berkowitz, noto come "Son of Sam" (negli anni Settanta le sue aggressioni alle coppie di innamorati avevano impaurito la popolazione di New York) annunciò, nel 1979, la sua "biografia ufficiale", la rivista specializzata "Publisher's Weekly" accettò di pagare svariati milioni di dollari per i diritti d'autore. Si tentò di evitare che ciò accadesse attraverso la "legge Son of Sam", rapidamente emanata a causa dello scandalo che si andava delineando (per quanto essa fosse valida solo nello Stato di New York). Tale provvedimento, che vietava ai criminali condannati dalla legge di trarre qualunque vantaggio economico dallo sfruttamento da parte dei media dei crimini commessi, fu, però, in più modi eluso.

Fare affari sfruttando ciò che incute terrore: una persona che molto presto intui il funzionamento di questo meccanismo fu il commerciante Friedrich Heinrich Karl Haarmann, "Fritz" per gli amici, il "lupo mannaro di Ilannover" per l'opinione pubblica, scioccata, negli Anni Venti del XX secolo, dalle sue azioni. Come nessun altro criminale della sua epoca, egli era consapevole del proprio valore, della propria commerciabilità. E comunque, in certo qual modo, egli era fiero di se stesso: "Se fossi morto così, normalmente, sarei stato sepolto e nessuno mi avrebbe conosciuto, in questo modo, invece, tutti mi conoscono: in America, in Cina, in Giappone e in Turchia". Vuole essere giustiziato sul Klagesmarkt, fino a che fa ancora caldo, davanti alle cineprese in funzione, "così tutti possono vedere che sono morto — in America — là sarò anche al cinema — sono proprio famoso".

E prima che ciò accada vuole anche scrivere un romanzo "sì, lo faccio, poi lo vendiamo, guadagniamo molti soldi e diventiamo milionari". Con il ricavato deve essere eretto un monumento costruito sulle ossa delle vittime, "un grande monumento con il mio nome". Con la dicitura: "Queste sono le vittime del pluriomicida Fritz llaarmann — tra mille anni sarà ancora una cosa da vedere — tutti vengono e se la guardano! ".

All'inizio degli Anni Novanta il giornale "BILD" definì "Follia dell'anno" l'acquisto del monumento di Haarmann, realizzato nel 1966/67 dall'artista viennese Alfred Hrdlicka e oggi di proprietà dello Sprengei Museum di Hannover. Il giornale alimentò le emozioni scatenate dal monumento, scrivendo: "Il discusso monumento è lungo un metro e 87 centimetri, alto dai 40 ai 97 centimetri ed è in bronzo. Ha un fregio costituito da quattro parti. Prima parte: Haarmann sopra a un corpo tagliato a metà. Seconda parte: Haarmann, chinato sul basso ventre aperto di una vittima, ne mangia le viscere. Terza e quarta parte: Haarmann nudo, in piedi davanti a un tavolo, con una testa staccata da un corpo".

Una cosa scandalosa! Una cosa affascinante! Un uomo uccide a morsi, durante l'atto sessuale, più di venti amanti, pare traendone piacere. Restiamo ammaliati a fissare questo "lupo mannaro subanimale" (Theodor Lessing) e non sappiamo che fare. "Anche ciò che rappresenta il massimo della crudeltà racchiude in sé qualcosa di diverso dalla crudeltà stessa", scrive Alfred Hrdlicka. "Anche Haarmann non poteva, a livello cosciente, vivere sempre solo come un assassino".

In realtà, chi vede il film di Romuald Karmakar Der macher o legge i protocolli del caso Haarmann pubblicati Rowohlt, contenenti le domande del perito legale, il Prof. Ernst Schultze, e le risposte di Fritz Haarmann, che il medico avrebbe comunque dovuto dichiarare sano di mente, poiché il tribunale lo avrebbe comunque condannato a morte a causa dell'ira popolare, chi si interessa a tali documenti,dicevamo, incontra un essere umano, un bambino. Egoista, calcolatore, violento, amorevole, pauroso, superstizioso, credente.

foto di Heearmann

Fritz Haarmann viene alla luce il 25 ottobre 1879 ad Hannover, ultimo di sei figli nati da una madre di salute sempre cagionevole, che egli adorava. Per quanto riguarda il padre, il macchinista Friedrich Haarmann, Fritz racconta: "Non lo sopportavo. Sino da bambino ho dovuto lavorare. E, comunque, lui continuava a insultarmi quando arrivava. "Brutto cacasotto" diceva. Ma io non ne potevo niente se me la facevo addosso, io non lo facevo mica apposta".

A scuola è molto al di sotto della media e interrompe studi. Giunge, quindi, nella Brisgovia come soldato. Qui si riscontrano in lui segni di disturbo mentale, per cui viene rispedito a casa con la motivazione "pazzia epilettica"

Nel 1896 viene, per la prima volta, punito dalla legge, dopo aver adescato in una cantina due studenti minorenni e aver commesso atti osceni. Il tribunale gli riconosce una forma di demenza congenita e lo fa ricoverare presso la casi cura di Hildesheim. "Decapitatemi, ma non riportatemi mai più in manicomio". Riesce a fuggire, va in Svizzera e ritorna ad Hannover, quando non ha ancora vent'anni.

In città vaga da un posto all'altro ed è in costante conto con la famiglia. L'unica persona della quale, ogni tanto, si fida è la sorella Emma, sposata Burschel. Fallisce la relazione con una donna. Si arruola nuovamente nell'esercito; ma, essendo soggetto ad attacchi di vertigini e a mancamenti, viene congedato come inabile al servizio. Da questo momento percepisce una piccola pensione vitalizia.

Solo nel 1905 hanno inizio, in base a quanto affermato ho stesso Haarmann, i suoi rapporti omosessuali: "... improvvisamente mi si avvicina uno da dietro e incomincia a parlarmi — allora avevo circa 25 anni — mi dice "Mi accompagni per un pezzetto di strada" — avrà avuto già 40 anni —aveva una bella casa — sono dovuto salire con lui — prima non volevo, era già buio, poi, però, sono salito — ha fatto il caffè —mi ha abbracciato e baciato — io ho detto: ma gli uomini non baciano — allora lui ha detto che voleva un bell'amichetto, poi ci ho dormito parecchie volte — lo abbiamo fatto — lui a me e io avrei dovuto farlo a lui, ma non l'ho fatto — poi voleva prendermi dal didietro — allora l'ho fatta a letto — poi non sono più andato". "Dopo, però, ne ho conosciuti moltissimi di questi".

Tuttavia non sono tanto le sue relazioni omosessuali, i .ioi reati contro la pubblica morale, a porre Haarmann in conflitto con la giustizia, quanto le sue innumerevoli azioni di scasso e furto, l'insistente e fastidioso accattonaggio e le trufcon il risultato che le pene inflitte sono sempre più lunghe. Nell'aprile 1918, dopo cinque anni di reclusione, egli fa la sua scomparsa nel grande atrio della stazione centrale di Hannover. Questo diverrà il suo territorio.

L'inflazione galoppa, il mercato nero fiorisce; e ciò in articolar modo ad Hannover, poiché la posizione della città ie fa un grande mercato per traffici illeciti. Valigie, vestiti, ~arne macellata clandestinamente, non vi è nulla che non sia venduto al mercato nero. Per tale motivo, in quest'epoca i primi omicidi passano quasi inosservati.

L'attività di informatore della polizia rende ad Haarmann le cose più facili. In stazione, dove è noto come "Signor Criminale", ha libero accesso alle sale di attesa. Qui cattura ragazzi sfuggiti al controllo della pubblica assistenza, girovaghi, fuggiaschi e disoccupati, e garantisce loro vitto e alloggio. "Io sono la più brava persona di Hannover. Questo proprio no. Lo dice Lei. Anche i ragazzi l'hanno detto, Fritz, tu sei un brav'uomo". Chi non accetta la sua offerta, però, "viene pizzicato", perché da lui stesso denunciato alla polizia.

Theodor Lessing ha così descritto l'Haarmann di quegli anni: "È di media statura, ha le spalle larghe e una buona struttura fisica e ha una faccia di luna piena, certamente rozza e grossolana, ma al contempo pulita come se fosse stata tirata a lucido, chiara e aperta, dal colorito fresco, con occhietti piccoli, curiosi e dallo sguardo lieto. Il naso è largo alla radice e ha narici forti, sempre pronte a fiutare. La bocca èpiccola, impertinente e con labbra pronunciate. La lingua, che nei momenti di eccitazione balza in avanti umettando le labbra, è vistosamente carnosa; i denti sono bianchi, aguzzi e sani; il mento è energicamente sporgente. L'occhio, il cui colore trasmuta dal marrone al grigio, è freddo e senz'anima, ma astuto e scaltro e per lo più in movimento".

L'amore di Haarmann è Hans Grans. "Dovevo avere un uomo per il quale io fossi tutto. Spesso Hans mi derideva. Allora io ero fuori di me e gli indicavo la porta. Ma poi, ogni volta, lo seguivo subito e me lo andavo a riprendere. Andavo pazzo per lui". Grans, il più intelligente dei due, approfitta per bene della situazione. Egli, dal ferreo mutismo in contrasto con la loquacità di Haarmann, sa fin troppo bene come trattare quest'uomo più anziano di lui di vent'anni. Quando Haarmann s'infuriava, Grans era solito prenderlo per i fianchi per poi infilargli la lingua in bocca. Sebbene ciò rendesse Haarmann remissivo, Grans continuava a tenergli ferme le braccia, poiché Haarmann era solito, nei momenti di crescente eccitazione, attaccarsi al collo con la bocca e azzannare le arterie fino al sopraggiungere della morte.

Neue Strasse 8; questo è l'indirizzo di una delle abitazioni di Haarmann, teatro di tali battaglie. Qui i "culattoni" — come lui definisce i giovani marchettari — entrano ed escono. Per loro, formaggio, salsiccia e cioccolata sono sempre pronti. Anche le prostitute Elli e Dorchen, delle quali Grans è protettore, sono ospiti della piccola casa di Haarmann. Il fatto che costui eserciti un fiorente commercio di abiti e carne, in questo periodo non stupisce molto.

Alla domanda: "Allora, che cosa deve fare il partner?", Haarmann risponde: fare dei pompini, succhiare e baciare. "Bacia così volentieri". "Già da molto tempo il suo membro non diventa veramente duro". "Poi giochiamo così — facciamo dei pompini — per un paio d'ore, poi facciamo l'amore". Ed egli continua a sottolineare che considera i rapporti anali una "porcheria": "Non sono uno che incula".

Nel giugno 1923, Haarmann si trasferisce in una cameretta di sette metri quadrati nell'edificio Rote Reihe 4. La famiglia Engei lo aiuta nella preparazione della gelatina e nella vendita dei vestiti. Qui commette la maggior parte dei suoi omicidi, circa venti. Prima ha amoreggiato con le sue vittime, e poi deve averle strangolate nell'impeto della follia amorosa. Di più non riesce a dire. Probabilmente perché, veramente, di più non sa.

Anche l'eliminazione dei corpi solleva questioni non del tutto chiarite. Haarmann continua, per esempio, a respingere l'accusa di cannibalismo frequentemente avanzata. Alla domanda del tribunale: "Lei ha anche consumato carne: dove l'ha presa, dunque?", egli ghigna apertamente e, guardando il pubblico, indica, con il pollice al di sopra della spalla, il presidente, per poi dare, ridendo, la seguente risposta: "Anche lui lo pensa. No, no, era carne di coniglio e di cavallo. Lo so bene che Ahrberg, alla festa del tiro a segno, non ha più potuto vendere wiirstel perché tutti dicevano che erano i wùrstel di Haarmann".

"Cosa ha fatto della carne?". "Nella Leine — quando avevo finito tutto la buttavo nella Leine". "Quante volte". "Mah, andavo 6-7 volte circa, fino a che non avevo portato fuori tutto — non è poi molta roba un uomo — no — ecco, mi mettevo una borsa come questa sotto il braccio, lo infilavo lì — una borsa così — (indica la mia cartella) — solo le ossa grandi non ci stavano".

Haarmann descrive nei minimi dettagli il modo in cui ha fatto a pezzi i cadaveri. Egli spiega come ha aperto con un coltello la cavità addominale, per poi buttare le viscere in un secchio. In seguito ha tagliato il corpo con perizia da specialista, separando la carne dalle ossa. "Prima, però, ho sempre messo un fazzoletto sulla testa, così gli occhi non guardavano più in quel modo".

All'inizio Ernst Schultze stenta a crederci: "Ma non potevano più vedere, erano morti". "Ma si dice sempre che gli spiriti continuano a vivere". "Pensa che i ragazzi potessero ancora vedere?". "Se gli occhi sono coperti no". "Quando i ragazzi erano lì per terra morti, potevano ancora vedere?". "Credo di sì, gli occhi sì". "È mai possibile che una persona morta possa vedere?". "Quando si è morti, si deve poter vedere ancora tutto. — eccome — eccome". "Lei stesso non crede". "Invece si". "Ma non è mica stupido". "Sì, li ho coperti — sì — sì — era così — sempre così — ma una volta ho sentito — anche mia madre ha sempre detto che un morto seni tutto e vede tutto, anche mia sorella — lo domandi un po' a mia sorella".

La polizia aveva approfittato del carattere superstizioso di Haarmann per indurlo alla confessione. Il capo della poi zia responsabile del caso scrive nelle sue memorie: "Ai qua tro angoli della sua cella avevamo fissato, in alto su piccole assi, i quattro teschi ritrovati; sulle orbite dei teschi era stai incollata della carta rossa e dietro era stata collocata una candela che rimaneva accesa durante la notte. In un angolo de la cella, in un sacco, erano state poste le ossa umane che avevamo ripescato nella Leine, nelle immediate vicinanze del] penultima abitazione di Haarmann. Durante gli interrogatori richiamavamo sempre l'attenzione di Haarmann su questo fatto e dicevamo che le anime dei morti ritornano alle loro ossa e, quindi, non lo avrebbero più lasciato in pace, fino a cli egli non avesse confessato i delitti commessi".

Anche Schultze non si attiene alle regole. Egli abbandona continuamente il suo ruolo di perito: "Questa è veramente una spaventosa porcheria". Osservazione che Haarmann commenta con la frase: "Ora che racconto la verità Lei ric mincia a imprecare". Schultze non riusciva neanche a lasciare ad Haarmann l'illusione che, in cielo, avrebbe raggiunto la madre: "Ora sono contento di andare da mia madre, là troverò tranquillità e pace, lei ci penserà". "Non posso immaginai che Lei vada in cielo". "Sì — sì — ci vado (è irritato, contrariato, assume un atteggiamento di totale rifiuto). Non dovrebi essere sempre così odioso — io vado da mia madre — io ci vad ~punta i piedi a terra come un bambino maleducato)".

"E quando sono lassù — quelli che ho ucciso, ci sono ai che loro? (timoroso) Sii? Anche loro sono lassù. Ma le teste ho tutte spaccate — (riflette un poco) — loro non possono trovarle, no? — (compie il gesto del battere) — Io mi porto v. la mia testa — loro lassù non possono farmi niente, loro soin senza testa! — loro lassù non ci sono. Quando io sono là da m. madre, nessuno può farmi niente, perché lei sta attenta!".

Il 10 ottobre 1924, il professor Ernst Schultze, nella sua perizia, dichiara Fritz Haarmann sano di mente. Al termine del dibattimento, velocemente indetto e svoltosi dal 4 al 19 dicembre, Haarmann viene condannato a morte. Il 15 aprile 1925 la sentenza diviene esecutiva. La ghigliottina separa dal corpo la testa di Haarmann. A scopo di ricerca, quest'ultima viene conservata. Attualmente si trova a Gòttingen.

Tre sezioni del cervello sono conservate a Monaco. Fritz Hartung scrive nelle sue memorie Giurista sotto quattro Reich: "Il cervello è stato inviato, immediatamente dopo l'esecuzione, all"'Istituto Krapelin per la ricerca sul cervello" di Monaco di Baviera. Gli esami hanno, in parte, confermato il mio timore che alla base dei delitti imputati ad Haarmann vi fossero delle anomalie mentali; è risultato che il cervello, in più punti, aveva aderito al pericranio interno (dura mater) e ciò stava a indicare che Haarmann doveva aver sofferto di meningite. Non è, quindi, da escludersi la possibilità che sia stata giustiziata una persona incapace d'intendere e di volere o, comunque, non interamente responsabile. Questo caso ha contribuito a rafforzare i miei dubbi sulla pena di morte".

A proposito di eroi: Schorsch e Becker, nel loro libro Paura, desiderio, distruzione Sulla psicodinamica degli omicidi a sfondo sessuale, scrivono che "il grado di umanità di una società può essere dedotto dal modo in cui essa tratta i suoi falliti, dalla sua rinuncia a campi di proiezione di questo tipo e a capri espiatori, dalla sua capacità di prescindere dalla vendetta". I due autori non pretendono indulgenza, ma comprensione razionale, capacità di capire la realtà di fronte alla quale ci si trova. Probabilmente in questo modo, dall'osservazione del bene e del male che si manifestano nell'uomo, si potrà apprendere qualcosa. Sicuramente non tutto, ma, forse, almeno qualcosa, questo sì.

"Fritz, ma come si fa ad andare in cielo?". "Veniamo sepolti — poi riceviamo delle ali e voliamo in cielo. ha già visto? (si alza) Riceviamo ali grandi così".

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