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spazio biancoIndividualitàe generalizzazione
nella psicologia della personalità:
una base teorica per la valutazione
e la ricerca in personologia

Robert R. Holt
Professor of Psychology Emeritus, New York University

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La logica del punto di vista romantico nella personologia

Consideriamo ora ognuna delle proposizioni principali che caratterizzanoil punto di vista romantico e facciamo loro sistematicamente le obiezionilogiche del caso. In breve, le scienze naturali vengono accusate di nonlasciare spazio a un approccio significativo alla personalità; questoargomento è plausibile solo se la scienza si avvicina alla caricaturanomotetica.

1) Lo scopo della personologia deve essere la comprensione, mentrequello della scienza nomotetica è la predizione e il controllo[Nota 7]

[Nota 7] Questa sezione sullacomprensione è stata riscritta nel 1966 allo scopo di prendere inconsiderazione alcune delle idee di Polanyi (1958), al quale sono debitoreper aver chiarito queste sottili questioni; quando originariamente fu scrittoquesto lavoro, io non le avevo adeguatamente afferrate. Quello che sarebbediventato un fraintendimento della scienza "dura", che denigral'intuizione, l'empatia, e la comprensione, è endemico in psicologia;molti di noi si sono formati con una forma di automatica sottomissionealla idea di obiettività, tanto da perdere di vista la sua propriasfera di rilevanza. Quindi ho ben poca speranza che questa breve sezioneriesca a convincere molti di coloro che si sono formati nella tradizionedel comportamentismo e del positivismo logico; li invito caldamente a leggerePolanyi (1958), che scrive dalla prospettiva di un profondo conoscitoredi molte delle "scienze dure". Kaplan (1964, specialmente cap.IX) è un'altra buona fonte sui limiti delle predizioni come criterioultimo nella scienza. Vale la pena di citare il suo riassunto: "Lespiegazioni forniscono comprensione, ma noi possiamo predire senza esserecapaci di capire, e possiamo capire, senza necessariamente essere capacidi predire. Rimane vero che se possiamo predire con successo sulla basedi certe spiegazioni abbiamo buona ragione, e forse la migliore delle ragioni,di accettare la spiegazione" (p. 350). Vedi anche Holt, 1978, vol.2, cap. 10.

Questa è una dicotomia particolarmente sottile e nociva, cheè stata accettata da troppe persone, persino all'interno della psicologia.In realtà, tutte le scienze altamente sviluppate mirano alla predizionee la controllo attraverso la comprensione; lo scopo è compositoe indivisibile. Gli scienziati in gran parte, se paragonati ai tecnologi,sono essi stessi più motivati dal bisogno di spiegare le cose, disviluppare buone teorie e modelli funzionanti che rendano comprensibilela natura, e meno preoccupati con il tornaconto pratico, i benefici applicatidella predizione e del controllo che la comprensione rende possibili. Maè solo negli anni recenti che la natura duale della impresa scientificaè stata resa chiara dai filosofi della scienza, il fatto che hafasi di costruzione di ipotesi e fasi di test delle ipotesi; inoltre, imetodologi si sono concentrati quasi esclusivamente sullo spiegare unalogica ricostruita di prova e hanno trascurato di descrivere proprio laparte del lavoro scientifico che è la più entusiasmante egratificante dal punto di vista personale. Quindi, era abbastanza faciledipingere le "scienze dure" come non interessate alla comprensionee solamente guidate dallo scopo di verificare o refutare predizioni cheerano rigorosamente dedotte dalla teoria.

Questo fraintendimento di quello che in realtà accade in scienzequali la chimica e la fisica fu entusiasticamente assimilato da molti psicologi;di fatto, è centrale nel comportamentismo. Non si dovrebbe sottovalutareil richiamo emotivo di un tale ideale di scienza completamente rigorosa,obiettiva, tipo macchina, specialmente per un campo così intrinsecamentedifficile e pieno di ambiguità come la psicologia. E' molto simileall'ideale ossessivo-compulsivo di un pensiero e di una azione completamenterazionali; il comportamentista e l'ossessivo, allo stesso modo, speravanodi sfuggire dal temuto groviglio della soggettività emotiva bandendoladel tutto. Le emozioni di fatto possono essere fonte di errore. Ma Freudvide chiaramente fin dal 1900 che il pensiero efficace e adattivo deveridurre la gamma dell'affettività non a zero ma a un minimo necessarioper le funzioni segnale coinvolte nel giudizio (vedi Damasio, 1996, peruna verifica conclusiva di questo insight riguardo alla recente ricercasul cervello). Quando le emozioni sono completamente eliminate, il nevroticonon ha più idea di quale corso di azione possibile sia promettentee quale no. Le sue difese lo proteggono da sospetti e intuizioni, lo lascianosenza una sensazione di quali dati ci si deve fidare e di quali sono probabilmentedegli artefatti, che non gli permettono di distinguere un problema importanteda uno insignificante. Chiaramente, questa "libertà dalla soggettività"è paralizzante per uno scienziato.

Un numero più piccolo di psicologi, concentrati soprattutto trai clinici, resistettero alla successiva moda del comportamentismo e delpositivismo logico ad abbracciarono la nozione di disciplina idiografica.Essi furono felici di avere auspici filosofici sotto i quali rifiutareil metodo e il controllo scientifico, così che essi potessero essereliberi di indulgere in speculazioni e intuizione non disciplinata. Perdistinguere il loro ideale dalla comprensione degli scienziati naturali,chiamiamolo Verstehen. Lo scopo del vero scienziato è unaspiegazione - un afferrare cognitivo della struttura interna e dei processisignificativi di un fenomeno, un modello intelligibile a cui si èarrivati attraverso disciplinati processi analitici e sintetici. Ma nelVerstehen l'enfasi non fu nel figurarsi come qualcosa realmentefunzionasse, bensì nel raggiungere un sentimento empatico di essoil più direttamente possibile, una sensazione di conoscerlo daldi dentro con metodi non intellettuali. Come lo descrissero i suoi esponenti,il Verstehen non era tanto l'insight di Kekule sulla struttura dellemolecole organiche nella sua famosa fantasia degli atomi di carbonio chesi danno la mano in un anello, quanto il sentimento di comprendere unapersona più profondamente dopo aver visto un suo ritratto dipintoda un artista. Quest'ultimo tipo di comprensione non esplicativa, quindi,è un effetto soggettivo propriamente agognato dagli artisti, nondagli scienziati. Un ritratto vivo, irresistibile, sia dipinto, scolpitonella pietra, o descritto con parole, raggiunge il suo effetto comunicativotramite una prudente selezione e abile distorsione, non tramite una completafedeltà alla realtà. Di fatto, un realismo scrupoloso checerca di copiare esattamente la natura è la morte di una impresaartistica, sebbene sia necessario a una scienza.

Se la personologia dovesse occuparsi di ritratti tramite parole checercano di evocare nel lettore il brivido del riconoscimento, il gratificante(anche se forse illusorio) sentimento di comprendere individui unici, nondiventerebbe una scienza idiografica ma un'arte. Naturalmente, vi èuna simile arte della personalità: la biografia letteraria. Possiamogoderne e trarne vantaggio, mentre riconosciamo che la ricerca di "verità"da parte di un artista differisce da quella di uno scienziato nello sforzarsidi ricercare non una stretta verosimiglianza ma una illuminazione allusiva.Il criterio di questo tipo di comprensione è l'effetto su un certotipo di uditorio; il criterio definitivo della comprensione scientificapuò essere verificato dalla predizione, o - a seconda della scienzaparticolare - un elegante e completo resoconto di fatti già disponibili,come la teoria darwiniana dell'evoluzione.

In tutte queste faccende, è difficile prendere una strada intermedia,e il pensiero dicotomico generato dal contrasto tra ideografico e nomoteticolo rende ancor di più. Per il non comportamentista, la agognataricerca della comprensione, l'interesse nei grandi (cioè confusie non controllabili) problemi, il rispetto per i dati introspettivi e ifenomeni soggettivi, l'uso dell'empatia come metodo - tutte queste coserendono la personologia non distinguibile da speculazioni da poltrona eda misticismo autodelirante. Per l'ideografico, la determinazione ad usareil più possibile il metodo scientifico (compresa la statistica eil disegno sperimentale), per controllare fonti di varianza non volute,per testare rigorosamente ipotesi invece di proclamarle semplicemente -tutto questo rende la personologia non distinguibile dalla supposta sterilitàdella psicofisica e dalla irrilevanza dell'apprendimento nei topi. Eppurel'eredità delle più antiche e più sviluppate scienzestesse è esattamente la via di mezzo.

La differenza tra lo scienziato e l'artista in fondo non è cosìgrande come vorrebbe farci credere il pensiero dicotomico. Gardner Murphymostra (comunicazione personale) che vi sono molti casi, "a partireda Leonardo da Vinci fino a Joseph Audubon e John Muir, di artisti-scienziatiin cui concettualmente non è troppo facile compiere una netta distinzionedi ruoli". Anche alcuni personologi (notoriamente Freud, Murphy, Allport,e Murray) hanno avuto molto dell'artista in loro così pure comedello scienziato, e sono stati maestri di scrittura in prosa; poca meraviglia,quindi, se a volte il lato artistico della loro identità èvenuto fuori più di ogni altra cosa. Se Allport fosse stato menosensibile esteticamente, non avrebbe fallito nel distinguere tra scopiartistici e scientifici. Spesso, anche, poveri scienziati sono nello stessotempo poveri scrittori, e un brutto studio di un caso clinico puòessere povero o perché i suoi fatti sono sbagliati e le sue interpretazionipoco penetranti, o perché è poco organizzato e manca di queltocco letterario capace di mettere il soffio della vita persino nel resocontoroutinario di un caso clinico. Più arte un artista possiede (fintantoche lui non se la lascia scappare), più efficace potrà esserecome scienziato, perché deve usare il suo senso estetico nel costruireteoria come pure nel comunicare i suoi reperti agli altri.

2) I metodi propri della personologia sono l'intuizione e l'empatia,cose queste che non hanno alcun posto nelle scienze naturali

Come è stato detto prima, l'intuizione e l'empatia furono impiegatedai romantici come strumenti per raggiungere una comprensione diretta edefinitiva, e vennero considerate come metodi essenzialmente scientifici.Il personologo contemporaneo non si oppone al loro impiego nelle applicazionipratiche della psicologia clinica e della psicoanalisi né nega chepossano condurre a delle scoperte o alla formulazione di ipotesi. In realtàgli scienziati sono tanto più sicuri della loro posizione metodologicaquanto più rispetto essi hanno per l'intuizione (e, in psicologia,per i metodi strettamente connessi dell'empatia e della recipatia [Nota8]). Perciò l'affermazione secondo cui tali operazioninon trovano posto nella scienza naturale è falsa; esse vengono impiegateda tutti gli scienziati nella fase più entusiasmante e creativadel lavoro scientifico: nel momento cioè in cui essi decidono l'argomentoda studiare, le variabili da controllare, le strategie empiriche da impiegaree allorché essi fanno scoperte nell'ambito strutturale dei datiempirici. Per quanto riguarda la loro sufficienza basta ricordare al lettoreche la metodologia della verifica, la fase del lavoro scientifico in cuisi controllano le ipotesi, implica delle regole ben sviluppate e dei procedimentistabiliti consensualmente, e che l'intuizione e l'empatia non hanno nullaa che fare in tutto questo.

[Nota 8] La recipatia èil metodo di "diventare il più possibile aperto e sensibile"non solo verso "i movimenti e le parole del soggetto" ma i proprisentimenti di "come l'atteggiamento del soggetto ha effetto su dilui [l'osservatore]... Se lui sente che è spinto a fare qualcosa,lui immagina Dominanza; se si sente ansioso o irritato lui inferisce Aggressività,e così via" (Murray, 1938, p. 248).

3) La personologia è una disciplina soggettiva in opposizionealle branche oggettive della psicologia, e si occupa dei valori e dei significatiche non possono venir sottoposti a quantificazione

Altrove (Holt, 1961) mi sono occupato della questione secondo la qualenon esiste alcuna differenza metodologica fra le discipline che trattanoi significati verbali e i valori e quelle che si occupano dei fatti oggettivi.In breve si tratta del fatto, assai noto, che l'oggettività èsoltanto intersoggettività e che i significati (ivi compresi i valori)possono essere percepiti e analizzati essenzialmente nello stesso modoin cui vengono considerati i dati della scienza naturale che, a loro volta,debbono essere discriminati e catalogati. Inoltre, un'analisi logica delleoperazioni eseguite in discipline come la letteratura - relativa, quest'ultima,alla comprensione delle opere individuali e poco (o niente) preoccupatadi eseguire delle generalizzazioni - mostra che molti studiosi che operanoin ambito non scientifico fanno uso, in gran parte, degli stessi metodidi analisi dei testi impiegati da coloro che analizzano i contenuti quantitativi,nel campo della psicologia sociale, impiegando il loro criterio esclusivodi generalizzazione. La loro opera ha dimostrato che i significati possonoessere quantificati e, in altri termini, essere trattati nello stesso modooggettivo con cui vengono interpretati i fatti naturali. Altre obiezionialla quantificazione scaturiscono dall'antipatia per le variabili astrattedell'analisi e verranno considerate nel paragrafo successivo.

4) I concetti della personologia devono essere individualizzati,non generalizzati come i concetti della scienza naturale

L'opinione secondo la quale l'interesse della personologia per gli individuiintesi nella loro unicità (si veda più avanti) contrastifondamentalmente con l'interesse esclusivo della scienza per il generale,implica logicamente che le due discipline debbono avere due differentitipi di concetti. Come principale esponente della posizione romantica inpsicologia, Allport fa appello all'uso dei tratti individuali che sonospecifici della persona studiata, e non dei tratti comuni che, come vienesupposto, sarebbero presenti in qualche misura in tutte le persone. Maper descrivere un tratto individuale, bisogna seguire una delle due vieseguenti: o creare un'unica parola (un neologismo) per ciascun tratto unico,o usare una configurazione unica di parole già esistenti. Il primocriterio è ovviamente impossibile dal punto di vista della comunicazione,lasciando da parte la scienza; la personologia diventerebbe una Babele.D'altra parte, la seconda soluzione si rivela una forma dissimulata dinomotesi: infatti che cosa è una configurazione unica di parolegià esistenti se non un "tentativo fallace di cogliere qualcosadi ineffabilmente individuale per mezzo di una rete complessa di concettigenerali?". Lo stesso Allport ha esplicitamente escluso questa possibilità:

... ciascun psicologo tende a pensare agli individui comea delle combinazioni di astrazioni qualunque che egli predilige per eseguirela sua analisi psicologica. Questo procedimento, per quanto diffuso, èdel tutto inopportuno per lo studio della psicologia della personalità.Prima di tutto queste unità astratte non sono nettamente personali(Allport, 1937a, p. 239 ) [Nota 9].

[Nota 9] Allport (1937a)scrisse queste parole nel contesto di una critica al sistema di bisognielaborato da Murray; anche altrove (Allport, 1937b), egli elogia come "straordinariamentepersonali" alcuni concetti (o dimensioni) elaborati da W. Stern (1938)come superficie-profonditá, salienza-contesto, lontananza-vicinanza,retrospettività-aspettativa!

Perciò una disciplina idiografica deve essere muta o incomprensibilein quanto le parole intelligibili - perfino alcune di quelle favorite daAllport, di genere letterario, come falstaffiano, che egli considera"personale" - tendono ad astrarre e a generalizzare in quantodefiniscono un criterio generale di rassomiglianza per lo meno tra dueindividui unici, cioè tra Falstaff e il caso descritto. Ogni tratto,quindi, diventa comune e perde la sua individualità.

Uno dei maggiori metodologi nel campo della scienza sociale, Max Weber,ha elaborato una analisi specifica dei concetti scientifici e del lorosviluppo in reazione al movimento romantico che si stava svolgendo nelsuo paese verso la fine del secolo (vedi Parsons, 1937). Egli vide acutamenteche gli esponenti della Geistesswissenschaft cercavano di fare l'impossibile,cioè cogliere la complessa ricchezza della realtà. SecondoWeber esistono tre fasi ben definite nello studio scientifico di ogni oggetto.Per cominciare, bisogna scegliere dalla natura l'individuo storico (o lasua classe) che si desidera prendere in considerazione; per esempio ilmassacro di Boston, la personalità di Einstein, la cattedrale diChartres. Anche se limitato, ciascuno di questi elementi è infinitamentericco per quanto riguarda i suoi aspetti e le sue configurazioni potenzialmentespecificabili. Si potrebbe studiare uno di questi argomenti o anche unesile "fiore cresciuto in un muro sgretolato" fino al giornodel giudizio, senza, con questo, esaurire ogni possibilità di conoscenzasu questo oggetto. Senza compiere nessun'altra astrazione oltre a quelladi concentrarsi su un oggetto particolare, uno non può che limitarsia contemplarlo e questo è il punto a cui deve logicamente arrestarsiil metodo idiografico. Il metodo intuitivo o Verstehen èessenzialmente un atto muto di identificazione con l'oggetto, o un altrotipo di tentativo di "penetrarlo" senza analizzare la sua Gestalt.

La seconda fase, quella di tipo ideale, rappresenta un tentativo rudimentaledi rintracciare delle somiglianze fra gli individui storici pur mantenendosiil più aderenti possibile alla loro concreta particolarità.I tipi ideali sono molto usati in psicologia, specialmente nelle diagnosi,poiché ogni sindrome - come ad esempio quella schizofrenica - ècostituita da un complesso di elementi chiaramente separati ma liberamentecovarianti, mai rintracciabili in una forma standard da libro di testo.Il fascino dei tipi ideali dipende dal fatto che essi danno l'effimeraillusione di avvicinarsi all'individuo pur consentendo un certo grado digeneralità. Ma tale vantaggio è illusorio e rappresenta ilfalso vantaggio di un compromesso che non arriva a soddisfare nél'una né l'altra posizione. La realtà concreta (fedeltàall'individuo unico) è ingannevole e i vantaggi di concettiautenticamente generali non vengono mai conseguiti. Un tipo ideale nonsi adegua mai perfettamente ad un singolo caso particolare e questa mancanzadi rispondenza varia in qualità e in grado da un caso all'altro.Infatti un tipo ideale

è un costrutto concettuale che non è nérealtà storica né realtà 'vera'. Esso è ancorameno adattato a servire da schema sotto cui riassumere una situazione oun'azione reale come istanza. Esso ha semplicemente il significatodi un concetto limitativo puramente ideale rispetto al quale una situazioneo una azione reale vengono confrontate o esaminate per spiegare alcunedelle sue componenti significative (Weber, 1949, p. 93).

L'ultima fase della elaborazione scientifica è costituita, perciò,dalla scomposizione dei tipi ideali nelle loro dimensioni e nei loro elementicostitutivi, che Weber definì variabili analitiche astratte [Nota10]. Paradossalmente si può dire che solo un concettoveramente astratto può rappresentare adeguatamente un individuoparticolare. Io non posso dire esattamente in che misura un particolaresoggetto possa essere falstaffiano, schizofrenico o grosso, ma posso inogni caso designare un valore particolare di una variabile analitica astratta,l'altezza, che gli si adatta perfettamente. L'esempio sarebbe meno convincentese fosse tratto dalla psicologia, perché non possediamo delle dimensionidefinite unitarie come quelle della fisica e non abbiamo delle operazionisemplici e indiscutibili per misurarle come avviene con l'uso di un metro;comunque il principio è sempre lo stesso.

[Nota 10] Nella sua enfasianalitica e nel suo trascurare le proprietà totali dei sistemi -che sembrano essere quasi tutti i tratti di personalità - Webermostrò di radicarsi nel pensiero del XIX secolo.

La rispondenza è esatta, naturalmente, solo perché unprincipio analitico astratto non si presta a fare più di una cosa.Se cerco di misurare l'estensione degli interessi di una persona, non possoavere la pretesa di aver "afferrato l'essenza della sua personalità".E per il fatto di non aver neppure tentato di farlo non posso essere accusatodi aver fallito il mio compito. Tuttavia ho scelto una variabile che puòessere misurata e perciò le sue relazioni con gli altri aspettidella personalità possono essere potenzialmente scoperte ed esattamentedefinite. Allport polemizza curiosamente contro l'uso delle variabili generalisostenendo che esse "non fanno altro che approssimarsi a quellenette distinzioni che un'accurata ricerca dimostra essere caratteristichedi ogni personalità distinta" (Allport, 1946; il corsivo èsuo). Il metodo di studio ad hoc da lui professato può sembraremeno approssimativo poiché molte delle variabili generali impiegatein personologia sono dei tipi ideali privi di ogni autentica generalitàastratta. Comunque la soluzione sta in una direzione diametralmente oppostaa quella verso la quale si muove Allport, e non risiede nella tendenzaa sfuggire l'approssimazione. Gli schemi scientifici in cui viene compresala realtà non possono mai essere perfettamente adeguati; il tentativodi giungere a questa identità fra concetto e oggetto referente vatutta a danno della flessibilità e dell'efficacia dei concetti astrattimirando a una ricerca chimerica per afferrare direttamente i noumeni [Nota11].

[Nota 11] Dopo alcuni decenni,mi sento meno incline a rifiutare concetti tipologici o a considerarlisolo stazioni intermedie per raggiungere gli scopi analitici di un insiemedi astrazioni. Seguendo Weiss (1969), ora direi che alcuni tipi sono tentatividi delineare modalità ricorrenti di organizzazione dei sistemi,che non sono interamente riducibili alle loro componenti. Come minimo,i problemi sembrano molto più complicati oggi di quando scrissiquesto articolo, e da allora ho scoperto che i concetti tipologici sonoampiamente usati nelle altre scienze, quelle "dure" (Holt, 1998).

Fra parentesi, la moda dell'esistenzialismo e del buddismo Zen in psicologiapuò essere parzialmente attribuita alla loro promessa di fornireun sistema capace di imprigionare la ricchezza totale della realtà.Parte dei fascino esercitato dal satori o da qualsiasi altraestasi mistica fondata sulla ricerca di un contatto diretto col mondo,ottenuto senza la mediazione di concetti, può provenire dalla necessariadistanza imposta dalla esigenza scientifica dell'astrazione. Ma nonostanteil loro linguaggio confuso, che le rende superficialmente molto dissimilidal movimento romantico della fine dell'Ottocento che abbiamo giàtrattato, entrambe queste attraenti dottrine peccano dei medesimi difetti.L'esperienza mistica, come quella estetica, non offre altro, allo scienziatoin quanto tale, che un interessante fenomeno destinato a fornire un argomentodi studio scientifico.

5) L'unico tipo di analisi ammissibile in personologia è ditipo strutturale, non astratto, mentre la scienza naturale non si occupadelle strutture

E' pur vero che la psicologia scientifica in voga nel periodo dellamassima fortuna diltheyana non si preoccupò minimamente delle analisistrutturali di tipo romantico. La psicologia si occupava di numerose funzioniche venivano considerate implicitamente o esplicitamente come del tuttoindipendenti l'una dall'altra. Essa non aveva metodi paralleli a quellidell'esegesi biblica o della critica letteraria che sviscerano l'organizzazioneinterna delle idee in un testo specifico, e gli entusiasti fautori delriduzionismo, rivolti all'analisi delle cose, non si preoccupavano di rimettereinsieme i pezzi dopo aver operato la scomposizione, né avevano benchiaro essi stessi il fatto che analisi non significa necessariamente smembramento.Questa tendenza rese possibile pensare che l'analisi potesse essere distruttivae che le relazioni strutturali fra le singole parti della personalitàpotessero essere studiate solo negli individui concreti ed unici in modoche la struttura [Nota 12] sembròessere un argomento di studio esclusivo delle discipline idiografiche.

[Nota 12] Ironicamente inpsicologia i fautori dello strutturalismo furono coloro che portarono l'analisiatomistica e riduzionistica al loro estremo più assurdo: gli introspezionistidi tipo titcheneriano. Gli psicologi della Gestalt, sebbene spaventatidal comportamentismo e dallo strutturalismo atomici di specie affine, concentraronoi loro sforzi sui tipi percettivi, lasciando in sospeso la maggior partedei problemi strutturali che riguardano la personologia, e in particolarele invarianze costanti del comportamento molare. Per una recente e penetrantecritica dello strutturalismo, vedi Thelen & Smith (1994).

Vi sono in tutto questo due punti da sottolineare: la sfiducia nell'analisie l'accentuazione del motivo strutturale. Per quanto riguarda il primopunto, esso è già stato preso in parziale considerazionenel paragrafo precedente; esso si basava su una errata comprensione dellanatura dei concetti astratti [Nota 13].

[Nota 13] Ma si basava anchesul giusto riconoscimento che l'analisi, anche se coadiuvata da uno sforzosintetico di rimettere insieme i pezzi, non è abbastanza; l'analisinon fa male, ma non riesce a dire tutto quello di cui abbiamo bisogno.I sistemi devono essere descritti al loro proprio livello, non solo suquello dei propri elementi costitutivi. Questo punto è stato sviluppatomolto bene da Weiss (1969). Per un'altra chiara esposizione della risoluzionedella falsa antitesi tra approcci olistici e analitici da parte della teoriagenerale dei sistemi, vedi Koestler (1967).

Quanto al secondo punto, i concetti strutturali e le analisi strutturalisono un luogo comune molto diffuso nella scienza contemporanea. Disciplinestrutturali come la stereochimica e il disegno dei circuiti erano (nelmigliore dei casi) in una fase infantile - nel periodo in cui vennero diffusii manifesti idiografici. Oggigiorno le scienze naturali usano concettiastratti, strutturali e disposizionali con un po' di confusione. Presumibilmentele stesse considerazioni sono vere anche per la personologia contemporanea.

Un merito della tradizione romantica nel campo della personologia èrappresentato dal fatto che essa ha continuamente posto in evidenza ilproblema della struttura. Nel periodo in cui Allport prendeva posizionea proposito di tali questioni (verso la fine degli anni '20 e l'iniziodegli anni '30), i concetti predominanti fra i personologi americani eranodi tipo "ultrasommatorio" (tendente cioè a fare la sommatotale delle abitudini, dei tratti, ecc., di una persona), e il problemadella struttura restava trascurato. I primi personologi accademici checoncentrarono i loro sforzi a redigere gli inventari della personalità,a studiare le variabili singole o a compiere analisi fattoriali, tendevanounanimemente a trascurare del tutto la strutturazione di questi elementio ad assumere risposte semplici e di tipo universale (per esempio la strutturafattoriale ortogonale).

Tuttavia, nello stesso periodo, Freud (1923) stava elaborando il puntodi vista strutturale nel campo della psicoanalisi e attualmente la psicologiapsicoanalitica si interessa sempre di più a questo problema ed hasviluppato un gran numero di variabili al fine di studiarlo adeguatamente(vedi Rapaport & Gill, 1959; Holt, 1960; vedi inoltre il lavoro diGeorge S. Klein e dei suoi collaboratori sui controlli cognitivi e le variabilistrutturali: Gardner et al., 1959). Rifacendosi a questa tradizionee a quella della psicopatologia, in termini generali, la psicodiagnosisi occupa delle variabili strutturali e della loro costellazione in unnumero limitato di tipi ideali (per esempio il tipo ossessivo-compulsivodella struttura dell'Io) che nella migliore pratica vengono usati non comeformulari ma come punti di riferimento sulla base dei quali il clinicoelabora delle analisi individualizzate della struttura della personalità.

6) Non possono estendere leggi generali della personalitàa causa dell'incidenza del caso e del libero arbitrio nelle vicende umane

Quasi nessun personologo contemporaneo tratta apertamente questo argomento.Esso ha avuto una parte notevole nello sviluppo delle teorie romantiche,come si è visto, e continua ad esistere presso gli psicologi cattolici.Viene tuttavia ammesso che l'attività scientifica richiede implicitamentel'assunzione di un determinismo assolutamente rigoroso [Nota14]. Ad analizzarla da vicino, la casualità diventa ignoranza;quando si riesce a scoprire una serie di effetti sistematici laddove primaesisteva l'"errore", il caso (almeno in buona parte) finisceper scomparire. Teoricamente, tanto l'esatta traiettoria di un fulmineche gli eventi di una esistenza umana potrebbero essere previsti rigorosamentese avessimo in mano tutti i dati necessari.

[Nota 14] Fino a circa il1970 io non avevo compreso che il libero arbitrio e il determinismo nonsono antitetici: di fatto, la libertà personale sarebbe impossibilein un mondo non deterministico. Vedi la Nota 5, più sopra, e ancheWeiss (1969) per una refutazione della posizione che io avevo preso nellaprima versione di questo lavoro. La sua concezione gerarchica del determinismoè un contributo importante alla concezione della teoria dei sistemisu un antico problema filosofico.

7) Non sono possibili leggi generali in personologia poichéla materia di cui essa tratta sono gli individui intesi nella loro unicità,ed essi non trovano posto nella scienza naturale

Non è difficile confutare quest'ultimo punto di differenza, consideratocome critico, fra la Naturvissenschaft e la Geistesswissenschaft.

La scienza meccanicistica del periodo di Windelband, ancorata a vecchieconcezioni, aveva un detto curioso che ha rappresentato una delle fontidi maggior confusione in questo campo: scientia non est individuorum,la scienza non tratta i casi individuali. Questo vecchio slogan risaleai giorni in cui Aristotele rappresentava il modello definitivo nel camposcientifico, e il punto di vista da esso espresso è ormai sorpassatonelle scienze fisiche. Secondo questo tipo di filosofia, il caso individualenon è suscettibile di essere ridotto a leggi poiché questeultime venivano ritenute delle regolarità empiriche. Si tratta dellateoria (idealismo platonico o essenzialismo, secondo la definizionedi Popper) che considera una media il solo fatto positivo e tuttele deviazioni da essa degli errori.

Freud e Lewin ci hanno insegnato che il determinismo psichico èestremamente comprensivo (si vedano le osservazioni precedenti), e cheil caso individuale è completamente riducibile in termini di leggi.E' difficile raggiungere delle leggi attraverso lo studio di un caso singolo,per quanto completo. Possiamo supporre (o, se vogliamo, intuire) le leggigenerali per mezzo di un singolo caso nella fase del lavoro scientificoche conduce alla formulazione di ipotesi, ma possiamo verificare tali leggisolo rifacendoci alle ricerche sperimentali o statistiche, o a tutte edue insieme.

Perciò il vecchio adagio è vero soltanto in un senso:che, cioè, non possiamo rilevare un completo processo scientificoattraverso lo studio di un solo individuo [Nota15]. E' pur vero che in alcune discipline che si occupano dell'uomo,dall'anatomia alla psicologia della percezione, si è normalmenteprospettata l'ipotesi che i fenomeni studiati siano così universalida poter servire allo studio di ogni singola persona, e contemporaneamentecosì autonomi, nel complesso degli aspetti idiosincraticamente variabilidei vari individui, da far sì che i risultati di indagini intensivepossano avere un alto grado di applicabilità generale. Tuttaviaqueste tesi spesso si rivelano nettamente insostenibili. Per esempio, quandoBoring ripeteva lo studio di Head (in un caso, su di se stesso) del ritornodella sensazione dopo il taglio sperimentale di un nervo sensorio del braccio,egli non sperimentò la guarigione sequenziale protopatico-epicriticache era stata accettata in termini privi di ogni fondamento critico comefermamente attestata nella letteratura sull'argomento. Per quanto intensivamenteprolungato, oggettivo e ben controllato possa essere lo studio di un casosingolo, non si può mai essere sicuri della misura in cui le regolaritàsuscettibili di regolamentazione, in esso riscontrate, possono essere estesealle altre persone o in che modo i risultati finiranno per rivelarsi contingentia riscontro con delle caratteristiche fortuitamente attuali del soggetto,fino a che l'investigazione viene ripetuta su un campione adeguato di individui.Per quanto eccellente mezzo per arrivare a delle scoperte, lo studio diun individuo singolo non può essere impiegato al fine di stabiliredelle leggi; i capi di accusa (cioè le leggi relative agli individuisingolarmente presi), sono incostituzionali sia nella scienza che nellagiurisprudenza. Si noti, tuttavia, che la legge dell'una o dell'altra specie,quando viene promulgata, è ritenuta capace di adeguarsi rigorosamentea ciascun individuo singolo.

[Nota 15] E anche nel sensodi Weiss (1969) secondo cui molti aspetti degli individui sono indeterminabili,quindi potremmo ben vederli come "cambiamento", anche se l'individuoquindi gioca la sua parte nel produrre una regolarità comprensibilee prevedibile (o che segue una legge) ad un più alto livello dianalisi.

La scienza è definita mediante i suoi metodi, non mediante l'oggettoda essa preso in considerazione; sostenere la tesi opposta, come ha fattoSkaggs (1945) in polemica con Allport, significa continuare la confusionee non risolverla, e Allport (1í6) risultò facilmente vincitorein questa controversia. Possono attuarsi, ed esistono di fatto, degli studiscientifici su ogni specie di individui. Dei particolari uragani vengonoindividualizzati al punto di essere definiti con nomi di persone e vengonostudiati con ogni mezzo scientifico disponibile sotto la guida del meteorologo.Gran parte della scienza astronomica è dedicata allo studio di numerosiindividui unici: il sole, la luna, i pianeti ed anche le stelle e le nebuloseprese individualmente. Non può esistere un altro Saturno con ilsuo strano complesso di anelli, in tutta la creazione [Nota16], eppure esso viene studiato con i metodi più esatti,quantitativi e, se vogliamo, nomotetici, e nessuno ha mai per questo suggeritoche l'astronomia non debba essere una scienza o che vi debbano essere duescienze astronomiche diverse, una rivolta allo studio dei corpi celestiindividuali e l'altra a rintracciare leggi di tipo generale. Altri esempisono facilmente rintracciabili nel campo della geologia, della fisica,e della biologia. Una volta che ci si sia resi conto che gli individuisono agevolmente compresi nell'ambito dello studio scientifico ortodossoe che la scienza non tende ad artistiche illusioni di comprensione universale,la questione viene facilmente messa fra gli pseudoproblemi. La psicologiacome scienza rimane metodologicamente la stessa, sia che il suo particolarecentro di attenzione sia rappresentato dai casi individuali oppure dalleleggi generali.

[Nota 16] Quando giàavevo scritto queste parole, ho avuto il piacere di riscontrare che Cournotha impiegato lo stesso esempio, e perfino lo stesso tipo di immagine, persostenere la sua teoria che "non è più necessario accettarealla lettera l'aforisma degli antichi secondo il quale l'individuo e ilparticolare non hanno luogo nella scienza" (Cournot, 1851, p. 443).

Accertato quindi che le personalità individuali possono e debbonoessere studiate attraverso il metodo scientifico proprio della personologia,attraverso l'uso di concetti generali, qual è il ruolo delle leggigenerali in una scienza di questo tipo? Dove ci condurrà lo studioscientifico delle singole personalità, se ciascuna di esse èunica e se l'unicità è il cuore stesso della questione?

Le personalità sono uniche sotto molti aspetti, ma, come rilevanoKluckhohn & Murray (1953), ogni uomo è insieme simile a tuttigli altri uomini in alcuni aspetti e simile a un certo numero limitatodi altri uomini per altre guise ancora, e ciò rende possibile uncriterio di generalizzazione. Se ogni struttura della personalitàcostituisse nel suo ambito quel grado di legge che Allport le assegna,sarebbe impossibile ottenere qualunque utile informazione in questo campo;non ci sarebbe alcun "transfer" da uno studio all'altro.Come sanno tutti coloro che si sono accinti a questo lavoro, si trattadi una questione di grande importanza.

E' un errore far convergere la personologia solo su quegli aspetti diuna persona che sono unici, come Weber vide chiaramente mezzo secolo fa:

Il tentativo di comprendere "Bismarck" - eglidice portando un esempio - trascurando di prendere in considerazione tuttociò che egli ha in comune con gli altri uomini e considerando solociò che gli è "particolare", costituirebbe un esercizioistruttivo e divertente per i principianti. Bisognerebbe, in tal caso,...conservare, per esempio, come uno dei "fiori più belli"(s'intende un tale genere di analisi basata sull'unicità) l'improntadel suo pollice, quale indicazione estremamente specifica della sua "individualità"(Weber, 1949).

In tal senso alcuni degli elementi più critici capaci di portarealla previsione del suo comportamento dovrebbero essere messi da partepoiché egli li condivise con altre persone. In realtà, nellapsicodiagnosi contemporanea, è considerato di maggiore utilitàtrattare come variabile quantitativa il grado secondo il quale le rispostedi una persona rassomigliano a quelle del gruppo prese nel suo insieme.

L'unico tipo di legge che Allport arrivò a considerare adattoalla personologia era quello (affine al suo principio dell'autonomia funzionale)che descrive il modo in cui si produce l'unicità. Tuttavia la personologianon è stata molto limitata nella sua ricerca di relazioni generalifra le sue variabili da questa ristretta concezione; le riviste sono pienedi indagini in cui gli aspetti della personalità sono studiati geneticamente(cioè in riferimento alla variabile astratta dell'età) ovengono reciprocamente correlati. Nel momento in cui si finisce di trattarel'unicità con timore e la si considera con l'occasionale familiaritàdovuta ad ogni altro autentico fatto della vita, cessa di esistere ognidifficoltà per la personologia.

Quello di comporre studi intensivi su casi particolari (sulla genesie la struttura delle personalità individuali) non si rivela un metododi molta utilità, tranne che per la produzione di ipotesi. Questaè un'eccezione della massima importanza, ma il fatto fondamentaleè che la personologia non usa come procedimento principale quellodi aggiungere una biografia scientifica esauriente ad un'altra, mirandoa compiere delle generalizzazioni solo più tardi. Il tabùdei gestaltisti, contro lo studio di ogni variabile al di fuori del suocontesto nella vita individuale, è un'esagerazione. Evidentementequesto fenomeno di interazione fra le variabili esiste, ma non èd'importanza così generale da rendere impossibile lo studio di duevariabili contemporaneamente. Come ha mostrato Falk (1956), questa condizionedi non sommatività interattiva viene riscontrata in molti altrioggetti di studio al di fuori della personalità e non crea difficoltàmaggiori di metodo o di procedura [Nota 17].

[Nota 17] Nello stesso tempo,dobbiamo accettare che la possibile dimensione delle relazioni scopribiliin questo modo è molto limitata, e sarà maggiormente limitatapiù il nostro livello di analisi è appropriato al tipo disistema studiato. Al momento in cui scrissi questo paragrafo, non riuscivoa capire che le informazioni che possiamo ottenere da un sistema non siesauriscono studiando i suoi elementi e le loro interazioni.

In sintesi, in questo paragrafo ci siamo preoccupati di esporre le maggioriproposizioni della teoria romantica nel campo della personologia, ed abbiamovisto che le "differenze basilari" fra questo campo e quellodella scienza naturale sono del tutto illusorie. Non esiste alcun fondamentoper una metodologia separata, e le obiezioni rivolte alla tendenza ad applicarela metodologia generale della scienza allo studio delle personalitàsi rivela fondata su errate interpretazioni o su un concetto ristrettodella scienza naturale, tali da rappresentare un anacronismo.

Da ciò non deriva assolutamente, come dice Eysenck (1954), che,per questo motivo, la scienza della personalità debba essere consideratanomotetica. La concezione nomotetica della scienza deve essere respintacome una caricatura di ciò che viene fatto da ogni scienziato contemporaneo.L'unico modo di giustificare l'applicazione del termine nomotetico allascienza naturale dei nostri giorni, è quello di cambiare la definizionedel termine fino a fargli perdere il suo significato originale e a farlodiventare una inutile ridondanza. L'introduzione di questi cambiamentidi definizione (non autorizzati) non può che condurre a creare confusione;il termine nomotetico è ormai una cosa morta, come quello idiografico,e nessuno dei due aggiunge qualcosa alla filosofia della scienza contemporanea[Nota 18].

[Nota 18] Specificamente,la concezione nomotetica della scienza è sostanzialmente la tradizioneottocentesca del riduzionismo meccanicistico (Holt, 1971a), o quello cheWhitehead (1925, p. 18) ha chiamato materialismo scientifico (vedi ancheYankelovich & Barrett, 1970; Ackoff, 1974, cap. 1). Dato che gli approccinomotetico e idiografico sono antitetici, il conflitto non può essererisolto con un compromesso, né con quello della moderata via dimezzo né con la varietà del tipo "a volte uno, a voltel'altro". Quello di cui abbiamo bisogno è una vera sintesi,un viraggio decentrante nel punto di vista o nella teoria verso un nuovolivello di osservazione e concettualizzazione. La prospettiva della teoriadei sistemi fornisce proprio questa sintesi nei termini della quale possiamovedere la verità e gli errori in entrambe le posizioni precedenti(Bertalanffy, 1968; Laszlo, 1972).

Molti psicologi hanno seguito Allport nel prendere l'apparentementesensata "posizione intermedia" costituita dalla tendenza a risponderealle obiezioni rivolte a queste dichiarazioni estremistiche di tipo idiograficocon l'affermazione di elaborare una personologia che sia contemporaneamentenomotetica e idiografica (per esempio McClelland, 1951, e MacKinnon, 1951).Perciò, allorché arriva a comprendere che la disciplina idiograficada lui vagheggiata è insostenibile, Allport finisce in effetti coldire: "Io non sono un estremista; i tratti comuni hanno la loro utilitàanche se rappresentano solo delle approssimazioni, e la personologia puòvalersi di contributi sia nomotetici che idiografici". In pratica,il risultato di questo atteggiamento è che quando l'attenzione vieneconcentrata sui casi individuali, la ricerca è considerata idiografica,mentre negli altri casi è definita nomotetica.

La mia obbiezione a questo tipo di "soluzione", costituitada un compromesso apparentemente ragionevole fra due posizioni antitetiche,è che essa viene raggiunta solo attraverso una corruzione delledefinizioni originali e che non riesce ad ottenere nulla se si eccettuala conservazione di due parole pedanti nel nostro linguaggio. Se si accettanoveramente gli argomenti a favore di una Geistesswissenschaft idiograficabisogna evitare, logicamente, di mutuare metodi di tipo nomotetico. Essi,in ogni modo, non esistono più, tranne che nei libri di storia;il metodo scientifico, così come viene inteso e praticato oggi nellascienza naturale e nella personologia, non è una combinazione oun miscuglio di procedimento nomotetici e idiografici, ma qualcosa di meglioe più complesso di entrambi presi insieme [Nota19]. Le dicotomie originali erano state malamente formulatesulla base di concezioni fallaci. La terminologia associata puòessere tranquillamente dimenticata con esse.

[Nota 19] Ahimè, erotroppo ottimista quando scrissi queste parole, sottovalutando la misurain cui il riduzionismo meccanicistico prospera nella psicologia contemporanea.Il fatto è che Eysenck, Skinner, e gli altri propositori di quelloche Koestler (1967) efficacemente chiama "psicologia della terra piatta"continuano a dominare la nostra disciplina, con molti dei loro zelantiseguaci che occupano ruoli di primo piano nella personologia e nella psicologiaclinica.

Esiste un metodo idiografico?

L'ultima presa di posizione dei sostenitori della dicotomia romanticaafferma che ci sono due distinti metodi in personologia, uno tendentealla generalizzazione (nomotetico), l'altro tendente alla individualizzazione(idiografico). Questo è il punto di partenza di Stephenson (1953)e di altri che si sono lasciati incantare dalla mistica della "tecnicaQ" (Q-technique). Dilatando la sua ingegnosa tecnica classificatoriain una cosiddetta metodologia totale, Stephenson ha sostenuto che il suosistema di classificazione, basato su una scala ipsativa invece che normativa,crea un metodo idiografico per la personologia. Quando si sceglie sullabase del criterio Q un gruppo di items per un soggetto, si compieuna serie di valutazioni che vengono fatte rientrare in una distribuzionenormale e scalate secondo l'applicabilità di ciascun item alla personaparticolare in questione (si tratta cioè di un procedimento scalareipsativo in opposizione alle consuete classificazioni normative dove lostandard è rappresentato dalla distribuzione in una popolazionedi persone comparabili). Questo sistema è intelligente e spessoutile, in quanto permette all'osservatore di dare delle classificazioniquantitative a un gran numero di variabili per ogni persona singola, senzafar ricorso a nessuna popolazione standard; la popolazione è intrapersonale(vedi Block, 1961).

Si tratta di una tecnica adatta ai casi individuali; deve dirsi perquesto idiografica, diversa per qualche aspetto fondamentale dai metodiscientifici convenzionali di classificazione della personalità?Difficilmente si potrebbe sostenere una cosa simile. In realtà lescelte sulla base del criterio Q sono usate tipicamente in vasti studinell'ambito dei quali il caso individuale costituisce un'entitàstatistica anonima. Inoltre si tratta di una specie di letto di Procusteche impone un criterio standard di valutazione per ogni personalità:ognuna di esse deve avere la stessa media, la stessa deviazione standarde la stessa distribuzione quasi normale. Ciò, poi, che èancor più lontano dallo spirito della crociata allportiana in difesadei tratti individuali, è il fatto che gli "items"sono tratti comuni, assegnati a ciascuno senza alcuna concessione al fattoche possano risultare inadeguati a rappresentare certi casi particolari.In sintesi, quindi, la scelta fondata sul criterio Q è del tuttoinaccettabile nel significato tradizionale del termine idiografico e l'usodi tale termine per significare la sua applicazione agli individui nonè altro che una posa enfatica.

Rifacendosi ad Allport (1942), altri (per esempio Dymond, 1953, e Hoffman,1960) hanno risuscitato gli inutili vecchi termini nel tentativo di esaltareo di controbattere la tesi secondo la quale le previsioni cliniche devonoessere superiori alle previsioni statistiche, per il fatto che il clinicoimpiega metodi idiografici capaci, solo essi, di effettuare previsioniintorno ai casi individuali. Anche qui si tratta di una pseudoteoria malformulata (Holt, 1958). Accertare se un clinico o una formula riesce meglionell'eseguire una particolare specie di previsione o meno, è unaquestione empirica e di scarso interesse generale. I clinici e gli statisticihanno le loro sfere particolari di attività che hanno ben pochielementi in comune, e la differenza fra le loro attività non hanulla a che fare con le questioni di tipo metodologico. Il metodo del giudizioclinico ha molti aspetti in comune con le fasi dell'attività ditutte le scienze in cui si formano ipotesi e si elaborano teorie (Holt,1961).

Infine ci rendiamo conto che non c'è nessun bisogno di un tipospeciale di scienza da applicare alle personalità individuali eche il tentativo di costituire una scienza di questo genere è destinatoa cadere in contraddizioni e assurdità radicali. Oggi i terminiintrodotti da Windelband continuano ad apparire in opere psicologiche,ma in definitiva, come elementi di un linguaggio ambizioso, come polisillabiespressi ore rotundo per spaventare i non iniziati, senza averemai il carattere di concetti essenziali capaci di condurre alla elaborazionedi qualche elemento scientificamente vitale. Lasciamoli quindi fuori deinostri vocabolari e facciamoli morire in pace [Nota20].

[Nota 20] Una caratteristicainsignificante, ma pur sempre molesta, della parola "idiografico"fornisce un altro argomento in favore della sua dimenticanza: si trattadella forte tendenza da parte dei tipografi ad assimilarla al termine piùfamiliare ma completamente diverso ideografico (relativo agli ideogrammio scritture figurate). Per esempio l'articolo di Skaggs (1945) presentasolo la versione scorretta [dopo la prima pubblicazione di questoarticolo, un amico mi fece notare che ironicamente questo è (quasi)vero anche per Holt & Luborsky (1958)!].


Riassunto. La concezionedell'esistenza di due specie di discipline, una scienza nomotetica perlo studio di princìpi generali e per il rinvenimento di leggi astratte,e una scienza idiografica per lo studio dell'individualità, nacquecome protesta contro una ristretta concezione della scienza nel corso deldiciannovesimo secolo. Ma il movimento romantico, a cui questa teoria apparteneva,era fondato su premesse fallaci, come la concezione che la scienza èdefinita dal suo argomento piuttosto che dal metodo da essa impiegato,e i princìpi radicali da esso sostenuti non vennero mai di fattoapplicati alla lettera da nessuno dei suoi fautori. Il punto di vista idiograficoè di tipo artistico e persegue un fine non scientifico; quello nomotetico,d'altra parte, è una caricatura di scienza che ha ben poca somiglianzacon quanto si è venuto affermando oggi. Poiché non vienenessuna utilità dalla conservazione di questi termini ambigui edifficili, sarebbe meglio se essi scomparissero dai nostri vocabolari scientifici.


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