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GRUPPI FAMILIARI AD ORIENTAMENTO SISTEMICO

L'intervento di gruppo è rivolto specificamente ai membri conviventi con soggetti affetti da schizofrenia o da disturbi dello spettro, diagnosticati da almeno due anni.
I familiari sono per la maggior parte genitori, ma se presenti vengono inseriti anche sorelle e fratelli, perché<> possono manifestare punti di vista diversi, facilitando l'elaborazione di alcuni temi. Il numero totale di partecipanti è di circa 12 persone.
La conduzione prevede la presenza di due o più operatori che, con frequenza settimanale seguono i partecipanti per un periodo di almeno sei mesi: gli incontri hanno una durata media di 90 minuti.
L'intervento si sviluppa all'interno di una dimensione psicoterapeutica proponendosi in una prima fase il miglioramento del patrimonio conoscitivo, mediante una chiara informazione sui temi legati alla malattia, al fine di ottenere una migliore comprensione del comportamento del paziente e ridurre aspettative eccessive e irrealistiche.

L'obiettivo primario è quello di decolpevolizzare il soggetto che presenta sintomi rifiutati dai familiari e che scatenano reazioni avverse e distruttive nei confronti della persona .
Si cerca di far comprendere gradualmente che l'individuo non è solo parti malate ma, nonostante la sofferenza e la malattia, presenta risorse, parti sane, potenzialità evolutive, che vanno prima di tutto riconosciute, poi comprese e rispettate.
Occorre superare la dicotomia folle/sano, normalizzando certe vicissitudini che fanno parte di un continuum di esperienza umana comune ad ogni individuo.
Gli argomenti affrontati comprendono gli aspetti clinici della schizofrenia e i metodi di cura: farmacoterapia, psicoterapia, terapia riabilitativa, familiare, aspetti legali. La discussione verte sia su aspetti "difficili da gestire" che su casi specifici offerti dall'esperienza di uno o più partecipanti.
I conduttori indicano prospettive di lettura "altre" della realtà oppure, in questa fase, offrono indicazioni concrete per limitare la tendenza dei familiari a mantenere comportamenti e atteggiamenti fortemente disfunzionali. Le informazioni non vengono fornite sotto forma di "lezione", ma attraverso il coinvolgimento di familiari in una co-costruzione di nuove esperienze condivise.

I diversi temi, vengono affrontati attraverso esperienze personali o domande specifiche di singoli familiari, collegando in questo modo l'informazione alle realtà vissute dai membri del gruppo.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso lo scambio reciproco delle esperienze e il progressivo spostamento dell'attenzione dalla malattia alle reazioni e relazioni familiari.
Si contestualizza il sintomo e si cerca di svelare nel lavoro di gruppo prospettive di significato nuove e mai pensate prima: il confronto con persone che vivono quotidianamente gli stessi problemi, le stesse ansie e che spesso hanno dentro le stesse domande, diminuisce nel familiare il senso di isolamento predisponendolo a nuove aperture, emotive e relazionali.

"Non mi sento più solo e abbandonato a me stesso", dice il padre di un paziente e questa nuova sicurezza gli ha permesso di modificare lentamente il proprio rapporto con il figlio, prima permeato dalla paura di una nuova ricaduta.
Nella seconda fase si mira al potenziamento delle capacità empatiche dei partecipanti approfondendo anche i vissuti e le difficoltà psicologiche e relazionali sottese ai sintomi.

  • Si mettono in discussione le premesse di base, gli assunti familiari "incrollabili" che non permettono di percepire i bisogni della persona, oscurati dal concetto di malattia stigmatizzante e cronica.
  • Si promuove il riconoscimento dell'altro con le proprie emozioni, reazioni, modo di vedere e di pensare.
Alcune tematiche riguardano ad esempio:
  • l'attribuzione dei sintomi (soprattutto quelli negativi) al carattere della persona;
  • la "pigrizia", la "cattiveria", l'intenzionalità dell'isolamento sociale e della scarsa o assente iniziativa lavorativa;
  • le aspettative irrealistiche , lo sviluppo di comportamenti che possono incidere sulla vulnerabilità psicologica del soggetto agendo come fattori stressanti;
  • le difficoltà nel comunicare contenuti di disapprovazione se non in forma apertamente ostile e coinvolgente tutta la persona;
  • le difficoltà nel potenziare le risorse del soggetto comunicando contenuti positivi senza cedere a comportamenti iperprotettivi e inadeguati;
  • l'attenzione a preservarsi e a mantenere uno spazio personale proprio e altrui.

Questi sono solo alcuni dei temi affrontati la cui elaborazione richiede tempi variabili in base alle esigenze del gruppo e alle capacità di elaborazione dello stesso.


Le principali modalità terapeutiche ad orientamento sistemico da noi attuate sono:
Reframing, Prescrizioni, Connotazione Positiva, Metacomunicazione e Uso di Metafore.

La riformulazione degli atteggiamenti emozionali dovrebbe portare oltre alla modificazione delle componenti emotive disfunzionali, al potenziamento della comprensione empatica delle difficoltà del malato; ad una maggiore capacità di accettare i comportamenti disturbanti basata sul cambiamento delle percezioni dei parenti nei riguardi della persona malata e del suo globale modo di essere.
Allora la crisi non viene più letta come una aggressione del malato al familiare, da cui derivava l'attivazione di meccanismi punitivi e espulsivi, ma genera risposte di accettazione con tonalità affettive.
Gradualmente si sposta il focus dell'intervento dal paziente al familiare, ai suoi vissuti e ai suoi bisogni. Spesso infatti la malattia diventa l'unico argomento della vita familiare, si rinuncia ad interessi, momenti personali, alla propria vita individuale.
Si cerca nel gruppo di potenziare anche le risorse individuali dei partecipanti, aiutandoli a comprendere quali atteggiamenti (di iperprotezione o di critica) spesso siano espressione di personali difficoltà emotive piuttosto che risposte al modo di essere della persona malata.
I vantaggi di questo tipo di intervento sono molteplici:

  • il rapporto costi-benefici permette la terapia con un numero elevato di famiglie.
  • I familiari entrano in contatto con persone che condividono la loro stessa esperienza e di conseguenza diminuisce il loro senso di isolamento e di impotenza.
  • I familiari portano esperienze legate a diverse fasi della malattia: ciò contribuisce a creare la speranza che la crisi possa essere superata portando miglioramenti.
  • Partendo dalle esperienze personali si delineano tante possibili soluzioni, che i singoli hanno già sperimentato nella loro famiglia e che quindi non hanno il carattere di "sapere infuso", ma di esperienza di vita.

Bibliografia

Commenti e richieste possono essere inviati al Unità di Consulenza e Terapia Familiare
I Clinica Psichiatrica Università degli Studi di Milano (E-mail: c.bressi@imiucca.csi.unimi.it)

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