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Detossificazione rapida (DR17):
l'esperienza del Ser.T. di Monselice per pazienti in metadone.

Alessandro Rovea

  • INTRODUZIONE
  • MATERIALI E METODI
  • RISULTATI
  • DISCUSSIONE E CONCLUSIONE
  • BIBLIOGRAFIA

    Introduzione

    La disintossicazione, pur non essendo l'obiettivo ultimo della cura della tossicodipendenza, si ritrova come obiettivo intermedio nel percorso terapeutico di molti tossicodipendenti, raggiunto con vario grado di difficoltà.

    Le metodiche attualmente disponibili, a medio e breve termine, con l'uso di farmaci agonisti o esclusivamente sintomatici, ambulatoriali o in regime di ricovero, si dimostrano solo parzialmente soddisfacenti per il consistente tasso di abbandono (Mattick RP et al 1996).

    Tra gli ostacoli più rilevanti a concludere il trattamento appaiono l'intensità del craving e l'incapacità a tollerare il disagio della sindrome astinenziale.

    Le notevoli aspettative create nell'opinione pubblica dalla spettacolare pubblicizzazione in Italia di metodi ultrarapidi di disintossicazione da oppiacei hanno destato numerosi interrogativi a più livelli. Negli operatori dei Ser.T. hanno stimolato l'esigenza di un maggiore approfondimento scientifico e lo studio dell'impatto clinico ed organizzativo di metodiche simili nel Servizio Pubblico.

    Da Gennaio 1996 l'ULSS 17 del Veneto ha attivato una Unità per la disintossicazione rapida (DR17) di pazienti con dipendenza da oppioidi costituita da operatori del Ser.T. e del Servizio di Anestesia e Rianimazione dell'ospedale di Monselice. In una precedente comunicazione (Rovea A., 1996) abbiamo riferito dati preliminari relativi ai primi dieci pazienti trattati con il metodo DR17.

    In questa relazione riferiamo dei soggetti in mantenimento metadonico sottoposti a DR17 e del follow-up a sei mesi e un anno. Una review della letteratura alla luce dei contributi più recenti è argomento di un altro lavoro (A Rovea 1999, in press).

    Materiali e metodi

    Abbiamo costruito il protocollo DR17 alla luce di quanto all'epoca già descritto in letteratura (Loimer N 1988, 1989, 1993; Brewer C 1989; Legarda J 1994;) . Dal punto di vista anestesiologico è stato ritenuto più sicuro eseguire l'intervento in anestesia generale invece che con la sola sedazione profonda.

    PROCEDURA:

    La selezione dei pazienti si basa sui seguenti criteri :

    - diagnosi di Dipendenza cronica da Eroina

    - fallimenti ripetuti con altri metodi di disintossicazione

    - aggancio con il Ser.T.

    Ciascun paziente esegue ambulatorialmente gli esami diagnostici e le indagini bioumorali del caso e sottoscrive il suo consenso informato.

    I candidati sono sottoposti a valutazione tossicologia-psichiatrica e vengono scoraggiati coloro che attribuiscono al metodo funzioni magico-risolutorie. Per coloro con precedenti necessità psichiatriche o in attualità di cure psicofarmacologiche si valuta l'opportunità di riprendere o modificarne i dosaggi. I pazienti in trattamento metadonico non vengono "obbligati" a ridurre il dosaggio del farmaco sotto livelli predefiniti; invero nessuno di coloro che hanno chiesto questo trattamento assumeva più di 70 mg./die.

    La degenza trascorre totalmente nel reparto di terapia intensiva, 24 ore in anestesia generale e altre 20 in osservazione post trattamento.

    La sindrome astinenziale viene indotta, dopo aver posto il paziente in anestesia generale [si utilizzano i faa. Propofol e Atracurium, in ventilazione meccanica controllata previa intubazione oro-tracheale e posizionamento di cannulazione venosa periferica mediante venipuntura delle vene antecubitali (in assenza di approcci venosi periferici, mediate cannulazione venosa centrale della vena giugulare con catetere monolume di poliuretano)] e una volta iniziata infusione di Clonidina (0,6 mg. /24 ore), tramite somministrazione di Naltrexone (dose di 50 mg per SNG al tempo 0 ripetuta dopo 10, 20, 30 e 40 ore),.

    Viene associata l'ordinaria terapia di supporto (profilassi delle infezioni, controllo del bilancio idroelettrolitico, etc) e, al bisogno, Loperamide e Butilscopolamina.

    La sindrome astinenziale è valutata dagli operatori sanitari con la registrazione semiquantitativa dei segni obiettivi all'ingresso, prima di ciascuna somministrazione di Naltrexone e nei 20'-60' dopo di esse, nonchè alla dimissione e ambulatorialmente a 24 ore dalla dimissione. La misura dei disturbi astinenziali soggettivi si ottiene con la somministrazione della OWS (Bradley BP, 1987) prima e dopo il trattamento.

    La visita di controllo prevista 6-8 gg. dopo la dimissione esaurisce quanto previsto dal protocollo di disintossicazione rapida DR-17.

    Il metodo è offerto integrato ad interventi psico-socio riabilitativi personalizzati.

    SOGGETTI TRATTATI

    Sono stati sottoposti al trattamento 26 pazienti (25 uomini e 1 donna), età media 29 aa. (range 23-43), per il 96% celibi.

    L'85% aveva come titolo di studio la sola scuola dell'obbligo ed il 61% era inserito nel mondo del lavoro.

    All'epoca del reclutamento erano tutti in trattamento metadonico a lungo termine (range dosaggio all'ingresso in ospedale = 20-70 mg.die).

    Per 18 pazienti si era dimostrato il contemporaneo uso di eroina (dose media dichiarata = 275 mg./die), 7 pazienti avevano anche diagnosi di abuso di cocaina e 6 di psicofarmaci (BDZ).

    Il primo uso di eroina risaliva in media a 9,3 anni addietro (range 5-15).

    Comorbidità psichiatrica attuale o pregressa si trovava in 11 soggetti, per 8 in asse II e per gli altri 3 in Asse I (DSM-IV); terapie psicofarmacologiche erano in atto solo in 2 casi (se si eccettuano prescrizioni di ipnotici).

    Per tutti si è ottenuta inizialmente la collaborazione dei familiari, in tre casi vi erano pendenze con la giustizia.

    I trattamenti sono stati eseguiti a partire da Febbraio 1996.

    Risultati

    Il trattamento è stato completato dal 100% dei pazienti.

    Un modesto rialzo febbrile e un notevole ristagno gastrico durante il trattamento sono i segni più frequentemente riscontrati (rispettivamente il 69% ed il 62% dei pazienti).

    Scariche diarroiche si sono manifestate nel 36 % dei pazienti trattati.

    Tabella Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.

    Segni di iperattivazione simpatica durante l'anestesia (% dei pazienti)

    Sudorazione 36,0

    Lacrimazione 28,0

    Sbalzo pressorio > 20 mm Hg 27,0

    Piloerezione 23,0

    Frequenza cardiaca > 100' 23,0

    Midriasi 19,2

    I segni di iperattivazione simpatica comparsi durante l'anestesia generale sono descritti nella tabella 1 con la percentuale di pazienti che li hanno manifestati

    Nella tabella 2 sono elencati i sintomi residuali presenti nel periodo di osservazione

    Tabella

    Sintomi nel periodo di osservazione (% di pazienti)

    Al risveglio

    e dopo 6 ore

    (4a dose di NTX)

    Astenia

    96,2

    88,5

    Inquietudine e/o ansia

    61,5

    61,5

    Craving > 5 (scala 1-10)

    38,5

    42,3

    Spasmi Addominali

    34,6

    19,2

    Lombalgie, mialgie

    34,6

    30,8

    Brividi

    19,2

    26,9

    Diarrea

    11,5

    8,0

     

     

     

    Quali complicanze segnaliamo in due diversi pazienti una gastrite emorragica ed un allungamento del tratto S-T dell'ECG con comparsa di coppia di extrasistoli. Tali complicanze, trattate, si sono risolte senza alcuna sequela.

    Con l'assunzione dell'antagonista da sveglio (30a e 40a ora) nessun paziente ha lamentato recrudescenze della sintomatologia astinenziale.

    Una modesta terapia di supporto alla dimissione è stata necessaria per la maggioranza dei pazienti.

    I valori di astinenza misurati con la scala di autovalutazione OWS sono significativamente aumentati dopo il trattamento.

    La sintomatologia residua si risolveva in un range di 3-12 giorni consentendo una normale ripresa dell'attività lavorativa.

    Follow-up

    Con l'eccezione di due, tutti i pazienti hanno mantenuto regolari contatti con il Ser.T. di appartenenza indipendentemente dalla compliance al programma terapeutico concordato.

    Sei pazienti hanno interrotto la terapia naltrexonica nella prima settimana. Per coloro che hanno superato la prima settimana di naltrexone la durata media di permanenza in cura con naltrexone è stata di 14,2 settimane. Questo tempo medio diventa 20 settimane considerando il sottogruppo che supera il mese di assunzione.

    A distanza di sei mesi 11 (42%) pazienti si mantengono drug free. Per i primi 20 pazienti trattati possiamo anche comparare la ritenzione drug free ad un anno (35%), che tende a stabilizzarsi.

    Nei casi di ricaduta l'intervallo medio opiate free è stato di 7,2 settimane. Per metà di coloro che sono rientrati in programma metadonico si sono ottenuti miglioramenti della compliance al trattamento con rare positività urinarie agli oppiacei.

    Gli interventi di sostegno previsti dopo la disintossicazione comprendevano per almeno sei mesi NTX integrato a psicoterapia individuale o familire (46%), NTX con supporto socioriabilitativo (39%), e inserimento in Comunità Terapeutica (15%). Un confronto tra quanto prestabilito e quanto effettivamente erogato è mostrato nella tabella 3.

    Tabella Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.

    Programmi

    post DR17 Concordati Effettuati

    Naltrexone e sostegno 10 10

    Naltrexone e psicoterapia 12 4

    CT (ed eventualmente Ntx) 4 2

    Solo * generico sostegno / 8

    Solo * psicoterapia / 2

    * pazienti che hanno assunto NTX per meno di due settimane

     

    A sei mesi dal trattamento 16 pazienti avevano una attività lavorativa stabile e 2 erano inseriti in Comunità terapeutica.

    Sotto il profilo economico il costo del trattamento descritto è risultato paragonabile a quello di un ricovero tradizionale di 6-8 giorni in un reparto di Medicina.

    Discussione e conclusione

    La disintossicazione, come noto, non è l'ostacolo maggiore nel processo di superamento della tossicodipendenza; ciononostante, ci troviamo spesso di fronte a pazienti rigidamente focalizzati solo su questo aspetto problematico. Un indubbio successo rispetto alle altre metodiche disponibili è stato l'aver ottenuto la disintossicazione del 100% dei pazienti, particolarmente se si considera che il campione reclutato si caratterizzava per una marcata intolleranza ai protocolli tradizionali.

    Il buon controllo della sintomatologia astinenziale durante l'anestesia generale ci pare coerente con quanto affermato da tutti gli autori, anche i più prudenti (Brewer C ,1989, 1993;). Una coda sintomatologica astinenziale, seppur modesta, pare confermata anche su casistiche di trattamento molto più ampie (Brewer C 1996), in contrasto con quanto affermato nella pubblicizzazione del metodo CITA. La terapia metadonica protratta, da cui provenivano tutti i nostri pazienti, potrebbe avere amplificato questo fenomeno, così come il concomitante abuso di cocaina e/o psicofarmaci, proprio di quasi la metà dei pazienti .

    Come già puntualizzato da Loymer (1991), la sintomatologia astinenziale valutata sul rilievo dei segni obiettivi non ha avuto un decorso parallelo a quella basata sui sintomi riferiti dal paziente. Pur non avendo più osservato segni di iperattivazione simpatica e risultando ben controllati quelli parasimpatici, la scala di autovalutazione OWS a 24 ore dal protocollo mostrava punteggi significativamente più elevati.

    La presenza di una coda sintomatologica alla repentina sospensione dell'oppiaceo può costituire un fattore favorente la ricaduta e potenzialmente espone il paziente al rischio grave di overdose. Nel gruppo da noi trattato l'aggancio con il Ser.T. è sempre stato mantenuto e quanti sono ricaduti non si sono esposti a comportamenti significativamente più rischiosi. Ansia e inquietudine si associavano a craving in discreta percentuale; un sostegno psicologico che favorisse l'adattamento alla nuova condizione drug-free è stato preventivamente concordato con ogni paziente. Ciò nonostante sottolineiamo la discrepanza tra tipologia del sostegno concordato e quello utilizzato e ci interroghiamo sulle possibili strategie che permettano ridurre questo gap.

    In proposito è stata ribadita la necessità di individuare adeguati criteri di selezione (Pani PP 1996) per non facilitare fenomeni di "porta girevole" e Fea (1996), data la stretta implicazione con questa metodica, rivede il razionale e le modalità di utilizzo dei trattamenti naltrexonici. Peraltro numerose esperienze di terapia con naltrexone in Italia si caratterizzano per la mancanza di criteri di esclusione e nel contempo tassi di ritenzione tra i più alti nella letteratura mondiale (Ferrara SD 1990).

    La percentuale dei nostri pazienti drug-free a sei mesi si allinea ai tassi di ritenzione per pazienti in naltrexone riportati in lavori europei (Garcia-Alonzo F 1989, Guelfi GP 1989).

    Per pazienti sottoposti a disintossicazione rapida solo pochi lavori riportano follow-up a sei mesi e un anno. Brewer (1996) rileva il 76% a quattro mesi , Rabinowitz J et al. (1997) con intervista telefonica ne ritrova il 43% ad un anno.

    Nonostante qualche difficoltà, relativa a carenza di dati o a difformità nella metodica, ci è sembrato importante tentare un confronto con altre esperienze italiane di disintossicazione rapida

    L'esperienza del S.Raffaele (Leykin Y, 1996), pur riferendo un tasso di ritenzione del 69% su un campione 156 pazienti, non ci dice a quale distanza di tempo sia avvenuto il follow-up; solo il 13% dei pazienti, inoltre, era in trattamento metadonico e non vi sono informazioni sulla sintomatologia/complicazioni durante e dopo il protocollo.

    La relazione di Cimillo (1998) è relativa a 40 pazienti di cui solo 18 sono stati trattati con anestesia generale, mentre per gli altri si è trattato di una terapia ospedaliera distribuita su cinque giorni che induceva al NTX in quinta giornata e prevedeva sedazione gestibile nel tradizionale reparto medico. I dati dei diciotto pazienti non sono scorporati da quelli del secondo gruppo né per le caratteristiche del campione né per i dati di esito e follow-up.

    Il protocollo utilizzato da Pentiricci (1996) su 14 pazienti è meglio confrontabile. A differenza del DR17 era distribuito su quattro giorni di ricovero con tre sedute, di sei ore ciascuna, di wash-out farmacologico in anestesia generale. La somministrazione di Clonidina cominciava tre giorni prima del ricovero. L'antagonista utilizzato era il naloxone, mentre la terapia naltrexonica veniva iniziata l'ultimo giorno di degenza. La dimissione prevedeva la transizione ad un day hospital per qualche altro giorno. Il rilievo e la preoccupazione per una coda residuale pare sovrapporsi a quanto anche da noi rilevato. L'ottimo dato di follow-up è limitato alle prime due settimane.

    Sotto l'aspetto economico il protocollo DR17 ha sfatato la preoccupazione che disintossicazione rapida significhi spendere molto di più per gli stessi risultati. Circa i trattamenti ospedalieri dei tossicodipendenti dobbiamo osservare che in Italia esistono solo in rari casi unità di ricovero specializzate e che per lo più le terapie sono effettuate in reparti di medicina generale, neurologia, etc.. Dalle riflessioni sopra esposte, l'estensione alla pratica clinica ordinaria della detossificazione rapida renderebbe opportuno un contesto ospedaliero organizzato per fornire risposte tarate sulle specifiche condizioni tossicomaniche. In tale contesto potrebbero avere migliore esito anche le altre opzioni di trattamento della tossicodipendenza in regime di ricovero, garantendo una più coordinata collaborazione con i servizi territoriali.

    Il rischio complessivo legato alla pratica anestesiologica ha fatto, a ragione, discutere poiché viene applicato ad una patologia che pari rischio non pare comportare. E' anche vero che il gruppo di pazienti sottoposto a disintossicazione rapida appartiene ad una fascia di età giovane, che il rischio è minimo con le attuali tecniche anestesiologiche e va comparato a quello derivante dalla mancata sospensione dell'uso di oppiacei per via endovenosa. Non è peraltro l'unica condizione nella quale si utilizzi l'anestesia per patologie in cui non vi è rischio di morte, basti ricordare alcuni interventi di bonifica dentaria o certe metodiche di assistenza al parto.

    In conclusione crediamo che il protocollo DR17 abbia dato risultati interessanti e possa avere uno spazio tra le diverse metodiche di disintossicazione; lo pensiamo, per lo più, destinato a tossicodipendenti che, pur validamente agganciati al SerT e con un preciso programma di sostegno per la fase drug-free, rinviano questa transizione di stato per paura di soffrire troppo o abbandonano ripetutamente i protocolli tradizionali intrapresi.

    Conferme saranno necessarie attraverso studi prospettici non solo validi per numerosità del campione, ma in grado di risolvere sul piano del metodo e/o operativo alcuni nodi quali la selezione dei pazienti, la randomizzazione, la creazione di un gruppo di controllo ed i parametri comportamentali da associare alla condizione drug free quali indicatori di esito.


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