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Il Disturbo da Uso di Sostanze:

rilievi clinici ed epidemiologici in due Ser.T. di Genova

 

Andrea Presta

 

Introduzione

Il fenomeno dell’abuso di sostanze rappresenta un problema di grande rilevanza sia sotto il profilo medico che politico-sociale e richiede un approccio multidisciplinare. Oltre alla tossicodipendenza, con tutti i correlati comportamentali ad essa connessi, i pazienti sono, infatti, spesso portatori di una vasta gamma di patologie concomitanti che necessitano, per il loro trattamento, di competenze mediche plurispecialistiche, nonché psicologiche e sociologiche.

Negli ultimi anni si è assistito a una progressiva estensione dell’uso di sostanze in ampie fasce della popolazione, nonché a una continua evoluzione degli stili di abuso.

Su queste premesse, appare sempre più importante la raccolta di dati clinici ed epidemiologici utili alla conoscenza allargata e alla quantificazione del problema al fine di consentire la programmazione di strategie di intervento sanitarie adeguate.

 

Il disturbo da uso di sostanze: la diagnostica del DSM IV-TR

L’uso di sostanze è un fenomeno ubiquitario e di difficile quantificazione dal punto di vista epidemiologico.

In letteratura sono state accuratamente descritte tre diverse modalità di consumo che, pur presentando tra loro differenze sostanziali, possono talvolta rappresentare tappe successive di un unico percorso tossicofilico. Un uso di tipo episodico (ricreativo o "funzionale") è molto diffuso nella popolazione, soprattutto nel caso di alcune sostanze (ad esempio alcool e cannabici). L’uso problematico (abuso) e quello compulsivo (dipendente), descritti più avanti, rappresentano invece modalità di consumo di carattere francamente patologico.

Nel DSM IV-TR (American Psychiatric Association, 2001) con il termine Disturbi correlati a sostanze sono definiti tutti i "disturbi secondari all’assunzione di una sostanza di abuso (incluso l’alcool), agli effetti collaterali di un farmaco e all’esposizione a tossine".

I Disturbi Correlati a Sostanze sono suddivisi in due gruppi:

  1. Disturbi da Uso di Sostanze:

    1. Abuso di Sostanze
    2. Dipendenza da Sostanze

  1. Disturbi Indotti da Sostanze:

    1. Intossicazione da Sostanze
    2. Astinenza da Sostanze
    3. Disturbi Mentali Indotti da Sostanze (Delirium, Demenza Persistente, Disturbo Amnestico Persistente, Disturbo Psicotico, Disturbo dell’Umore, Disturbo d’Ansia, Disfunzione Sessuale, Disturbo del Sonno e Disturbo Percettivo Persistente da Allucinogeni-Flashbacks)

Il DSM-IV-TR descrive le seguenti 11 classi di sostanze d’abuso:

    1. Alcool
    2. Amfetamine (e sostanze con struttura simile)
    3. Caffeina
    4. Cannabis
    5. Cocaina
    6. Allucinogeni
    7. Inalanti
    8. Nicotina
    9. Oppiacei
    10. Fenciclidina (PCP) e sostanze simili
    11. Sedativi, ipnotici o ansiolitici

Riportiamo di seguito, parzialmente sintetizzati, i criteri diagnostici generali del DSM IV-TR per i Disturbi da Uso di Sostanze.

 

Criteri diagnostici per l’Abuso di Sostanze

Modalità patologica d’uso di una sostanza, che porta a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da una o più delle condizioni seguenti, ricorrenti entro un periodo di 12 mesi:

    1. uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità di adempiere ai principali compiti connessi con il ruolo lavorativo, scolastico o domestico;
    2. ricorrente uso della sostanza in situazioni fisicamente rischiose (ad esempio alla guida di un’automobile);
    3. ricorrenti problemi legali correlati alle sostanze;
    4. uso continuativo della sostanza nonostante persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza;

I sintomi non hanno mai soddisfatto i criteri per Dipendenza da Sostanze della medesima classe.

 

Criteri diagnostici per la Dipendenza da Sostanze

Modalità patologica d’uso della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre o più delle condizioni seguenti, che ricorrono in un qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi:

  1. tolleranza, così definita:

    1. il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato;
    2. un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità della sostanza;

  1. astinenza, come manifestata da ciascuno dei seguenti:

    1. comparsa della caratteristica sindrome astinenziale sostanza-specifica;
    2. la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza;

  1. la sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto;
  2. desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza;
  3. una grande quantità di tempo viene spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza, ad assumerla, o a riprendersi dai suoi effetti;
  4. interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso della sostanza;
  5. uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza.

 

 

L’indagine clinico-epidemiologica

Materiale e Metodo

In uno studio1 condotto in due Ser.T di Genova (Sampierdarena e Voltri) sono state esaminate alcune caratteristiche socio-demografiche e cliniche relative a un campione di 97 pazienti.

I dati oggetto di studio sono stati raccolti mediante la somministrazione guidata di un questionario approntato con la collaborazione dell’Istituto di Statistica2, nonché attraverso valutazioni psichiatriche volte alla formulazione di una diagnosi multiassiale secondo i criteri del DSM IV-TR.

È stato così possibile raccogliere informazioni relative alle seguenti aree:

  1. Caratteristiche socio-anagrafiche del campione
  2. Ricostruzione dell’iter di tossicodipendenza
  3. Definizione della storia clinica e del percorso di cura
  4. Valutazione della diagnosi di abuso/dipendenza e dell’eventuale psicopatologia associata

L’applicazione del questionario-intervista è avvenuta nel periodo di un anno (gennaio-dicembre 2007); alla ricerca hanno partecipato cinque operatori (tre psichiatri e due assistenti sociali) operanti in aree diverse dei due Ser.T.

I pazienti sono stati selezionati in relazione alla frequenza degli appuntamenti al servizio (due o più visite mensili).

 

I risultati dell’indagine

Nel periodo gennaio — dicembre 2007, il questionario intervista è stato somministrato a 97 pazienti sul totale di circa 800 seguiti dalla zona 3 del Ser.T. (Voltri e Sampierdarena).

 

  1. Dati socio-demografici generali
  2. Nel nostro campione abbiamo riscontrato un’età media di 38 anni. Il range entro cui sono distribuite le età dei pazienti è molto ampio (da 19 a 60 anni). La casistica è composta da 76 soggetti di sesso maschile e 21 soggetti di sesso femminile.

    Questi dati, in accordo con quelli riportati in letteratura, dimostrano la netta prevalenza del sesso maschile nell’utenza dei Servizi per le Tossicodipendenze.

    Nel campione abbiamo riscontrato una bassa scolarità: l’11,3% dei soggetti ha conseguito solamente il titolo di licenza elementare; il 58,8% dei soggetti possiede la licenza media inferiore.

    Relativamente allo stato civile, la maggioranza del campione è costituita da celibi/nubili (60% circa).

    Per quanto riguarda la condizione abitativa, abbiamo riscontrato che 7 soggetti non avevano fissa dimora; altrettanti erano ospiti di una struttura comunitaria. Il 43,3% del campione viveva in un appartamento in affitto e il 34,0% in una casa di proprietà.

    Relativamente alla condizione familiare, il 30% circa dei pazienti viveva nel nucleo familiare di origine, il 33% viveva nel proprio nucleo di procreazione e il 29% viveva solo.

    Inoltre il 44% circa dei soggetti ha figli ma questi, nel 36,6% dei casi, non abitano con loro.

    Nel campione abbiamo riscontrato un tasso di disoccupazione pari al 40%. Un ulteriore 40% dei soggetti era occupato stabilmente, mentre Il 12% dei soggetti aveva solamente un occupazione saltuaria.

    L’invalidità civile è riconosciuta al 31% dei soggetti del campione. Si tratta, nella grande maggioranza dei casi, di un’invalidità parziale dovuta a cause fisiche.

    La percentuale di soggetti con problemi penali per reati connessi alla tossicodipendenza è pari al 57%.

     

  3. Il tossicodipendente e la droga: dal primo incontro al percorso di cura

1. Motivi personali di inizio dell’uso della sostanza principale

L’incontro con la droga è molto frequentemente riferito al bisogno/curiosità di sperimentare: ciò richiama il concetto del novelty-seeking come caratteristica temperamentale associabile all’uso di sostanze (Cloninger). Altre motivazioni frequentemente addotte da parte dei pazienti sono la sollecitazione degli amici e i problemi familiari. È da notare inoltre, come solo il 14,4% dei pazienti abbia riferito problemi psicologici tra i motivi personali di inizio dell’uso: è però possibile che dimenticanza o minimizzazione abbiano inficiato il ricordo delle prime esperienze .

2. Motivi personali per continuare l’uso della sostanza principale

I problemi psicologici assumono nella percezione dei pazienti una valenza decisamente superiore in questo ambito, rispetto alle motivazioni di inizio dell’uso.

Quasi il 60% dei motivi personali riconosciuti alla base del bisogno di continuare a ricorrere all’uso di sostanze sono ascrivibili alla percezione di uno stato di sofferenza, in accordo con l’ipotesi eziopatogenetica dell’uso di sostanze come "autoterapia".

Non basta l’incontro con la droga per creare una situazione di tossicodipendenza. Il perpetuarsi del comportamento tossicomanico poggia su un insieme di caratteristiche proprie del soggetto, della sostanza d’abuso, nonché ambientali, ben descritte in letteratura come triade "sostanza, persona, ambiente" (Zinberg, 1985).

3. Tempi di latenza

Si definisce tempo di latenza (TL) il periodo di tempo che intercorre tra il primo uso di una determinata sostanza e il primo ingresso in trattamento presso una struttura di cura. La valutazione di questo parametro assume un’importanza notevole nello studio epidemiologico delle tossicodipendenze: si pensi, ad esempio, alla possibilità di progettare interventi sanitari mirati alla riduzione dei TL nell’ambito di programmi di prevenzione secondaria.

Appare quindi utile valutare non solo i TL medi riscontrati nel campione, ma anche cercare l’eventuale presenza di un’associazione tra questi e altre variabili rilevate.

Nel campione totale abbiamo riscontrato un TL medio di 6,6 anni (mediana pari a 5 anni).

Analizzando separatamente il sottocampione di pazienti dipendenti da oppiacei e quello di pazienti dipendenti da alcool abbiamo calcolato i TL esposti in Tabella 1.

Tabella 1. Tempi di latenza differenziati in base alla diagnosi di dipendenza

Dipendenza

TL medio (anni)

Mediana (anni)

Oppiacei

5,7

3

Alcool

4,8

3,5

 

Le considerazioni più precise possono essere desunte dal valore medio dei TL relativi ai pazienti dipendenti da oppiacei, che rappresentano la grande maggioranza della nostra casistica (63 pazienti): i risultati indicano che questi soggetti entrano in trattamento per la prima volta mediamente 5,7 anni dopo il primo utilizzo e che metà del campione considerato è entrato in trattamento per la prima volta 3 anni dopo la prima assunzione.

I suddetti valori, che trovano conferma in studi condotti su casistiche più ampie, sintetizzano un quadro piuttosto preoccupante: si tratta evidentemente di tempi molto lunghi, che dimostrano come in quest’area possa essere necessario un lavoro di prevenzione secondaria utile a far accedere il prima possibile il tossicodipendente alle cure.

Su queste premesse, nel tentativo di comprendere le ragioni personali che impediscono al tossicodipendente di giungere alle cure entro un periodo di tempo accettabile, abbiamo voluto suddividere il campione totale di 97 soggetti (e dunque indipendentemente dal tipo di sostanza d’abuso principale) in due popolazioni, una con tempo di latenza congruo (inferiore ad un anno), l’altra con tempo di latenza abnorme (maggiore o uguale ad un anno), per andare a cercare, all’interno di quest’ultima, i motivi di tale ritardo. Nell’ambito del campione le due suddette popolazioni sono così ripartite: solo 5 pazienti presentavano un TL minore di un anno, mentre i restanti 92 (94,8%) presentavano un TL maggiore o uguale ad un anno. I risultati di questa ricerca sono esposti nel paragrafo successivo.

Inoltre abbiamo ritenuto importante valutare l’eventuale relazione tra il parametro TL e la presenza di un disturbo psichiatrico (Asse I) e/o di un disturbo di personalità (Asse II).

A tal proposito abbiamo così suddiviso il campione:

  1. Pazienti con doppia diagnosi*
  2. Pazienti senza doppia diagnosi

I risultati ottenuti sono mostrati in Tabella 2.

Tabella 2. Tempi di latenza in caso di presenza o meno di doppia diagnosi

Diagnosi

TL medio

Con doppia diagnosi

7,3

Senza doppia diagnosi

5,5

 

* Nella definizione di doppia diagnosi sono compresi i casi in cui è presente una diagnosi psichiatrica (in Asse I, in Asse II, o in entrambi gli Assi) in concomitanza con la diagnosi di disturbo da uso di sostanze.

Infine, suddividendo la popolazione in base alla condizione familiare, abbiamo rilevato che i pazienti che vivono da soli hanno un TL medio (8,0 anni) sensibilmente superiore a quello dei soggetti che vivono in un proprio nucleo di procreazione o nella famiglia di origine (5,6 anni). Questo dato potrebbe far riflettere sulla potenzialità della risorsa "famiglia" nel facilitare l’accesso al percorso di cura.

 

4. Motivi personali di ritardo nella richiesta di aiuto

Nell’ambito della popolazione che presentava un tempo di latenza abnorme (maggiore o uguale ad un anno), abbiamo indagato sulle possibili motivazioni del ritardo nella richiesta d’aiuto. Le motivazioni più scelte sono la convinzione di farcela da solo e la mancata percezione del problema, a conferma della presenza, nei soggetti del nostro campione, di quei meccanismi di negazione tipici del paziente tossicodipendente.

Alcuni pazienti riferiscono invece timori nel chiedere aiuto.

Può sorprendere che il 7% circa dei pazienti affermi di non avere avuto conoscenza di strutture a cui rivolgersi: ciò può suggerire l’opportunità di migliorare ulteriormente i canali di informazione circa i Servizi per le Dipendenze.

5. Motivi per chiedere aiuto

Per indagare tale aspetto, abbiamo chiesto di operare una scelta (con possibilità di fornire più di una risposta), tra le categorie riportate in Tabella 3, insieme alle relative percentuali, riferite al campione totale.

Tabella 3. Motivi per chiedere aiuto

Motivi per chiedere aiuto

Percentuale (%)

Malessere fisico e sindrome di astinenza

Non risoluzione dei propri problemi

Degrado sociale

Rischio di condotte delinquenziali

 

49,5

41,2

30,9

24,7

 

Dalla tabella appare evidente come le motivazioni a smettere riguardino prevalentemente timori per la comparsa di sintomi astinenziali; d’altra parte sembra emergere una certa consapevolezza del fatto che la droga non risolve i problemi.

6. Prima struttura presso cui si è richiesto aiuto

Nel nostro campione, il Ser.T rappresenta la struttura presso cui ci si rivolge con maggior frequenza per la prima volta, con una percentuale di circa il 74%.

7. Strutture di cura successive

Anche nel prosieguo del percorso di cura il Ser.T è la struttura di prevalente utilizzazione, affiancato però, in alcuni casi, dalle strutture comunitarie.

8. Terapie praticate

Tabella 4. Terapie praticate

Terapie praticate

Percentuale (%)

Sostitutive

Psicofarmacologiche

Psicoterapiche

Altro

56,7

52,6

33,0

12,4

Le cure rispecchiano i protocolli terapeutici in genere previsti. La presenza, nel 33% dei casi, di un approccio anche psicoterapico, testimonia un’attenzione alla dimensione relazionale, non solo farmacologica.

9. Ricoveri in ambiente psichiatrico

Il 34% dei pazienti del nostro campione ha avuto uno o più ricoveri in ambiente psichiatrico. Di questi il 71% ha una diagnosi psichiatrica in Asse I o II, mentre il restante 29% potrebbe essere stato ricoverato per un disturbo indotto dalla sostanza.

10. Periodi in comunità

Più del 50% dei pazienti, nel proprio percorso terapeutico, ha usufruito di periodi di inserimento in strutture comunitarie.

11. Figura terapeutica ritenuta più utile

Le due figure terapeutiche più riconosciute sono psichiatra (29%) e psicologo (25%): si delinea così il prevalente bisogno di risposte sia farmacologiche che relazionali del paziente tossicodipendente.

Colpisce inoltre la rilevante quota di pazienti che fornisce più di una risposta o che, viceversa, non risponde affatto. Questo dato potrebbe indicare la consapevolezza, da parte del paziente, di una pluralità di bisogni, all’interno dei quali è difficile stabilire una gerarchia.

12. Struttura di cura ritenuta più utile

È il Ser.T a delinearsi come struttura più utile (66%), forse anche per la sua presenza e stabilità nel tempo, nonché per l’offerta terapeutica che è in grado di erogare.

Gli operatori di questi servizi conoscono bene la spiccata tendenza di tali pazienti ad affidarsi al Ser.T per problemi d’ogni sorta, anche non strettamente connessi alla dipendenza.

Quasi il 18% dei pazienti ritiene invece che sia la comunità la struttura più utile.

13. Terapia ritenuta più utile

Le terapie riconosciute più efficaci dai pazienti sono le terapie sostitutive (40%); considerando che di fatto esse non conducono in molti casi a una vera guarigione, ma finiscono per mantenersi nel tempo, si ha l’impressione che nel campione prevalga il desiderio di una dipendenza controllata, meno devastante, socialmente più accettabile e con minori conseguenze.

 

  1. La diagnosi attuale secondo il DSM IV-TR

In questa sezione prendiamo in considerazione i risultati dell’analisi delle diagnosi formulate nel campione secondo il sistema diagnostico multiassiale del DSM IV-TR, che consente di valutare diversi parametri nell’ambito di 5 assi principali.

L’Asse I comprende i disturbi clinici e altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica.

L’Asse II comprende i disturbi di personalità e il ritardo mentale.

Nell’Asse III vengono indicate le condizioni mediche generali, nell’Asse IV eventuali problematiche psicosociali e ambientali.

Infine, nell’Asse V, è riportata una valutazione globale del funzionamento (VGF) psicologico, sociale e lavorativo, espressa da un valore numerico compreso tra 0 e 100 e misurata mediante la Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento, suddivisa in dieci diversi ambiti. Questo tipo di informazione è utile, ad esempio, per un monitoraggio a lungo termine, nonché per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti effettuati.

Riportiamo di seguito le diagnosi formulate nel campione di 97 soggetti da noi presi in esame.

1. Asse I

Tabella 5. Numero di diagnosi di abuso/dipendenza da sostanze

Asse I (abuso/dipendenza)

Frequenza

Percentuale (%)

Abuso

9

9,3

Dipendenza

77

79.4

Abuso + Dipendenza

11

11,3

Totale

97

100

 

Tabella 6. Casi con sola dipendenza da sostanze

Dipendenza

Frequenza

Percentuale (%)

Oppiacei

55

75,3

Cocaina

3

4,1

Alcool

15

20,5

Totale

73

100

Nota. Sono stati esclusi da questo sottocampione, 4 soggetti: due con dipendenza da oppiacei e alcool, due con dipendenza da oppiacei e cocaina

 

La maggioranza dei soggetti del nostro campione presenta una diagnosi di dipendenza. Di questi il 75,3% circa ha una dipendenza da oppiacei, il 20,5% da alcool.

Sul totale di 97 pazienti, 33 (34,0%) presentano una diagnosi di disturbo psichiatrico in Asse I, ripartite come mostrato in Tabella 7.

Tabella 7. Diagnosi di disturbo psichiatrico in Asse I

Disturbi psichiatrici (Asse I)

Frequenza

Percentuale (%)

Disturbi dell’umore

26

78,8

Disturbi psicotici

6

18,2

Disturbi d’ansia

1

3,0

Totale

33

100

Si delinea una netta prevalenza, in accordo con la letteratura, dei disturbi affettivi. Tra i nostri pazienti con disturbo dell’umore il 65,4% rientrano nello spettro bipolare, con quadri di differente gravità, mentre la restante percentuale (34,6%) appartiene allo spettro unipolare.

2. Asse II

Nel campione una diagnosi di disturbo di personalità (DP) è presente in 34 soggetti su 97 (35,1%). È inoltre presente un solo caso di ritardo mentale.

All’interno della notevole percentuale di pazienti con DP, le diagnosi sono ripartite come mostrato in Tabella 8.

Tabella 8. Diagnosi in Asse II (Disturbi di Personalità)

Disturbo di Personalità

Frequenza

Percentuale (%)

Borderline

9

26,5

Dipendente

9

26,5

Antisociale

4

11,8

Evitante

4

11,8

Narcisistico

3

8,8

Ossessivo-Compulsivo

2

5,9

NAS

2

5,9

Istrionico

1

2,9

Totale

34

100

 

Come si vede, nel nostro campione prevalgono le diagnosi dei DP Borderline e Dipendente, seguiti da Antisociale ed Evitante.

In letteratura è ben documentato come tra i disturbi di personalità quelli più frequentemente associati alla tossicodipendenza siano il Disturbo Antisociale di personalità ed il Disturbo Borderline di Personalità, entrambi appartenenti al cluster B (Dramatic cluster, DSM IV-TR), caratterizzato da marcate alterazioni affettive e carente controllo degli impulsi.

3. Asse III

Per quanto riguarda le condizioni mediche generali, abbiamo riscontrato nel campione una serie di malattie concomitanti, tra le quali spiccano le infezioni da HCV e/o HIV che riguardano, complessivamente, il 12,4% del campione.

4. Asse IV

L’Asse IV contempla l’eventuale presenza di fattori stressanti di tipo psicosociale o ambientale, che possono contribuire al disturbo psichico, come ad esempio lutti o separazioni, problemi famigliari, economici o lavorativi, etc.

Ci limitiamo qui a segnalare che nel nostro campione, la presenza di uno o più "stressori" di tal genere è presente nel 24% circa dei casi.

 

Conclusioni

  1. Nel campione analizzato, costituito da 97 soggetti di età media di circa 38 anni, prevalentemente maschi (78%) si riscontra un basso grado di istruzione (oltre l’11% dei soggetti non hanno ultimato la scuola dell’obbligo).
  2. Il campione è costituito per il 60% circa da celibi/nubili. Solo il 33% dei pazienti vive in un proprio nucleo di procreazione, mentre il 30% circa dei pazienti vive nel nucleo famigliare di origine. Questi ultimi dati, considerando anche il parametro età, sono indicativi della precarietà delle relazioni affettive dei nostri pazienti.

  3. La condizione abitativa, con più del 14% dei pazienti senza fissa dimora o residente in strutture comunitarie, indica la precarietà sociale presente nel campione. Il dato è confermato da quello relativo all’attività lavorativa: di fatto circa il 40% del campione non è occupato, mentre in oltre il 12% dei casi sono svolte solamente attività lavorative saltuarie.
  4. Le conseguenze devastanti sul piano fisico e sociale della tossicodipendenza sono comprovate dalla presenza, nel 33% dei casi, di invalidità civile, riconosciuta, nella maggioranza dei pazienti, per cause fisiche, nonché dalla grande frequenza di problemi penali per reati connessi alla tossicodipendenza riscontrata nel nostro campione (57% circa).
  5. Il tempo di latenza medio (tempo intercorso tra primo uso della sostanza e primo accesso alle cure) riscontrato per i pazienti dipendenti da oppiacei è di quasi 6 anni, e coincide con quello evidenziato da ricerche epidemiologiche condotte su casistiche più ampie. Si tratta di un tempo lunghissimo, ed in quest’area è possibile ipotizzare interventi di prevenzione secondaria.
  6. Al di là di dati quali l’efficacia della pubblicizzazione dei Ser.T, nonché le disposizioni giuridico-legislative vigenti in materia di droga segnalati in letteratura, la nostra analisi ha messo in luce l’esistenza di un rapporto tra questo parametro e caratteristiche più prettamente personologiche e psicopatologiche del soggetto. Abbiamo infatti evidenziato una rilevante differenza (quasi 2 anni) tra i TL medi di pazienti con doppia diagnosi e quelli senza doppia diagnosi.

  7. Il Ser.T si delinea prioritario nelle cure rispetto alle altre strutture, comunità terapeutiche comprese, proprio per la sua presenza costante e per la sua stabilità.
  8. Tra le cure, le terapie sostitutive risultano essere (nel 40% circa dei casi) le più gradite, come se il paziente tossicodipendente ritenesse poco probabile adire ad un completo percorso di guarigione.

  9. Le diagnosi in Asse I relative al disturbo da uso di sostanze (abuso/dipendenza) rispecchiano le caratteristiche tipiche dell’utenza del Ser.T con una netta prevalenza dei casi di dipendenza da oppiacei (56,7%). Una dipendenza da alcool è presente nel 15,5% del campione; una dipendenza da cocaina nel 3,1%. La restante quota (24,7%) di pazienti presenta quadri più complessi di abuso e/o dipendenza da più sostanze, variabilmente associate. La sostanza che più frequentemente compare nelle diagnosi di abuso è la cocaina, consumata isolatamente o, più spesso, nell’ambito di un poliabuso.
  10. Relativamente alla comorbilità, nel 34,0% dei casi sono presenti, in Asse I, concomitanti patologie psichiatriche. Si tratta nel 78,8% di disturbi dell’umore e, tra questi, il 65,4% appartiene allo spettro bipolare. Questi dati concordano con quelli riportati in letteratura che hanno evidenziato la prevalenza dei disturbi della sfera affettiva tra le comorbilità in Asse I e individuato nel disturbo bipolare un fattore di rischio specifico per l’esposizione alle sostanze di abuso, oltre che ad altri possibili comportamenti a rischio.

Nell’ambito della comorbilità con i disturbi di personalità (Asse II), nel nostro campione una diagnosi di DP era presente nel 35,1% dei casi, con un’elevata frequenza di Disturbo Borderline: in letteratura è ben documentato come tra i disturbi di personalità quelli più frequentemente associati alla tossicodipendenza siano il Disturbo Antisociale e il Disturbo Borderline, entrambi appartenenti al cluster B e accomunati dal carente controllo degli impulsi, caratteristica che sembrerebbe essere alla base della tendenza alla risoluzione dei problemi attraverso il ricorso alle sostanze d’abuso.

Infine i dati riscontrati in Asse III, relativi alle malattie fisiche concomitanti, rilevano una notevole presenza di patologia infettiva (riscontrata nel 12,4% del campione e determinata da HIV e HCV), anch’essa possibile espressione di una tendenza a comportamenti a rischio.

1 Il lavoro è stato svolto in collaborazione con la Dott.ssa Anna Lunetta, Dirigente Medico del Ser.T di Sampierdarena, che ci ha proposto l’indagine. Si ringraziano tutti gli operatori che hanno partecipato alla somministrazione dei questionari.

2 Si ringraziano il Prof. P. B. Lantieri e le Dott.sse S. Menoni e S. Zanardi per il prezioso aiuto prestatoci

BIBLIOGRAFIA

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