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ORGANIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA INTERNA nell'ambito del progetto di Riordino della medicina penitenziaria

di cui al D.L. 230/99

Gemma Brandi

Psichiatra psicoanalista

Consulente Psichiatra del Ministero della Giustizia

Coordinatore del Gruppo di Lavoro Giustizia e Psichiatria dell'Azienda Sanitaria di Firenze

[per conto dell'Azienda Sanitaria di Firenze]

PASSATO E PRESENTE DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA

NEL N.C.P. DI SOLLICCIANO

La presenza di una C.C.C. all'interno del N.C.P. di Sollicciano, ha consentito nel 1990, quando detta presenza da puramente formale divenne una realtà, di ottenere l'assegnazione di operatori per l'assistenza specialistica -medica e infermieristica- delle internate, nonché per la peculiare custodia di soggetti infermi di mente. All'onere della sorveglianza, per essere le stanze aperte nelle ore diurne e gli ambienti dislocati su due piani, si sommava, infatti, la necessità di tenere conto delle condizioni psichiche delle ospiti. Queste imponevano il reclutamento e la formazione di agenti motivate e possibilmente dotate di una predisposizione per le mansioni richieste.

Fu istituito all'epoca un servizio di Guardia Psichiatrica, composto da Medici Specialisti o Specializzandi in Psichiatria, attivo 18 ore su 24, coordinato da due Consulenti Psichiatri, i quali, proprio per fronteggiare i prevedibili compiti di organizzazione e di responsabilità diretta e indiretta, chiesero di essere retribuiti ad ore anziché a visita (il sistema a notula, a quanto risulta, era quello in vigore per tutti gli psichiatri operanti negli istituti di pena italiani, eccezion fatta per i Consulenti Psichiatri degli O.P.G. e dell'istituto di Pre-Osservazione (P.O.) della Casa Circondariale (C.C.) di Rebibbia). In C.C.C. operavano, inoltre, 1 infermiere sulle 24 ore, 2 agenti di Polizia Penitenziaria sulle 12 ore diurne e 1 sulle 12 ore notturne. Si era provveduto a selezionare il personale per il tramite di colloqui con i Consulenti Psichiatri e a formarlo sul campo.

La C.C.C., grazie a tale felice avvio, ha visto poi significativamente ridursi le esigenze di intervento psichiatrico interno. Il grosso del lavoro del Servizio Psichiatrico si sviluppò nel resto del carcere, consentendo la precoce individuazione dei problemi psicopatologici emergenti e sommersi.

L'organizzazione di tutta l'attività psichiatrica si fondava, allora, sulla presa in carico personalizzata. I Consulenti Psichiatri assicuravano la supervisione dei casi affidati alla Guardia Psichiatrica, seguivano direttamente dei pazienti, producevano relazioni medico-legali su richiesta dell'A.G. e dell'Autorità Dirigente (A.D.), si occupavano della gestione della C.C.C., presenziavano, se chiamati, al Gruppo di Osservazione e Trattamento (G.O.T.) per la concessione di benefici alla popolazione detenuta loro affidata, eseguivano le consulenze che i medici generici richiedevano. I Medici della Guardia Psichiatrica assicuravano l'emergenza, seguivano i casi affidati loro dal Consulente e con la collaborazione di questi producevano, allorché richieste, relazioni su tali casi.

Risulta che tutti gli psichiatri, in special modo i Consulenti, fino al 1992 all'incirca, abbiano mantenuto stretti rapporti con le istituzioni esterne e interne al carcere, sanitarie o giudiziarie, coinvolte nel trattamento della persona malata, con i familiari e con la Difesa. Questa straordinaria apertura, singolare per i luoghi di pena, avrebbe subito una progressiva e sensibile regressione dal 1993, per la necessità di adeguarsi alle norme intramurarie, che escluderebbero una distinzione sostanziale tra persona bisognosa di cure e soggetto da rieducare. La cosa avrebbe inciso sulle potenzialità terapeutiche del Servizio Psichiatrico, senza però vanificarle.

Viene riferito che, in quegli anni, sarebbe stata istituita una Sub-area Psicologico-Psicoterapeutico-Trattamentale, di cui facevano parte il Servizio Psichiatrico Interno, il Ser.T., il Servizio Nuovi Giunti, gli Psicologi del Trattamento, il Presidio Tossicodipendenti e Sieropositivi, gli Educatori, il Centro Servizio Sociale Adulti (C.S.S.A.), la Polizia Penitenziaria, la Direzione. L'iniziativa aveva lo scopo di creare un'auspicabile interdisciplinarità dell'intervento nel settore della salute mentale in carcere, uno scambio di notizie utili al benessere dei detenuti sofferenti e una ragionevole divisione dei compiti assistenziali e trattamentali tra i diversi organismi coinvolti, la molteplicità e la separazione dei quali darebbero luogo nei penitenziari a sovrammissioni antieconomiche delle iniziative e all'ignoranza di bisogni poco visibili. Si è trattato del tentativo di fornire, al lavoro intra moenia, una organizzazione ‘dipartimentale'. L'esperienza non ebbe tuttavia che la durata di pochi mesi.

Nel giugno 1994, ai Consulenti Psichiatri sarebbero state applicate le stesse limitazioni di orario previste per gli Specialisti a visita, con riduzione del loro tempo di permanenza in istituto. Venne temporaneamente inserito un terzo Consulente, per svolgere, come la convenzione prevedeva, le funzioni rimaste giocoforza scoperte, senza alcun aggravio di spesa rispetto al periodo precedente. Questo stesso professionista fu in seguito rimosso.

Nel giugno 1996, il D.A.P. decise di retribuire nuovamente a visita i Consulenti Psichiatri di Sollicciano e di applicare contestualmente, l'aumento per i Consulenti Psichiatri a rapporto orario previsto dal nuovo Nomenclatore Tariffario per l'espletamento dell'attività di Consulenza Medico-specialistica dell'epoca, ai Medici del Servizio di Guardia Psichiatrica. Sarebbe così iniziata, per l'organizzazione del Servizio Psichiatrico Interno, tendenzialmente e proficuamente ‘territoriale' nel corso dei primi anni, una decadenza progressiva, culminata nell'attuale situazione in cui i professionisti impegnati sentono di girare a vuoto nell'espletamento della loro attività. In un primo momento si riuscì in ogni modo a salvare il cardine su cui ruotava il Servizio: l'affidamento personalizzato dei casi. Vennero meno però le funzioni dei Consulenti Psichiatri, in specie l'attività di coordinamento all'interno del Servizio e tra il Servizio e gli altri organi interessati, e l'intervento si isterilì.

Nell'aprile del 1997, su decisione del D.A.P., l'orario di Guardia Psichiatrica passò da 18 a 6 ore giornaliere e la presenza infermieristica in C.C.C., che pare fosse stata frattanto progressivamente dirottata su altri servizi, si ridusse da 24 a 8 ore giornaliere. Contestualmente venne stabilito che i compiti della Guardia Psichiatrica si limitassero alla effettuazione delle urgenze e all'assistenza in C.C.C.; cosa che determinò l'abbandono immediato, da parte dei medici di tale Servizio, dei casi loro affidati. I Consulenti Psichiatri si trovarono, come è ovvio, a dovere arginare l'emergenza creatasi. Andò così definitivamente perduta la possibilità di un lavoro di équipe fondato sulla presa in carico personalizzata.

Tra il 1997 e il 1998, i Consulenti Psichiatri di Sollicciano sarebbero stati convocati dal D.A.P. per quantificare le esigenze assistenziali in C.C.C.. Fu deciso in quelle riunioni di assegnare un discreto numero di Infermieri di ruolo alla C.C.C., ma queste figure sanitarie non sarebbero mai arrivate in tale sezione, dove il personale infermieristico distribuirebbe unicamente la terapia e interverrebbe in caso di crisi.

Nel 1998 la richiesta di consulenze psichiatriche si è ridotta del 26% e nel 1999 del 34% per problemi, a quanto risulta, di contenimento della spesa. Lo stesso motivo condizionerebbe, a tutt'oggi, l'approvvigionamento di psicofarmaci. In tale settore si registrerebbero frequenti mancanze delle specialità previste, con la necessità di operare continue sostituzioni, non sempre facilmente effettuabili.

Non sarebbero mai esistiti appositi spazi per la gestione della crisi del malato di mente, dove procedere all'occorrenza a quei Trattamenti Sanitari Volontari che attualmente gravano, attraverso il meccanismo dell'osservazione psichiatrica, sugli OO.PP.GG., ovvero, tramite il ricorso al ricovero in luogo esterno di cura, sui S.P.D.C., quando non accade che vengano gestiti in maniera problematica nelle sezioni ordinarie o ancora, nel caso di persone sofferenti di sesso maschile, presso l'Infermeria Centrale delle Sezioni Maschili, dove è però comprensibile che questi soggetti siano mal tollerati e dove, al di là dell'esistenza di un livello di sorveglianza, anche sanitaria, più elevato, non sarebbero attuabili le forme e i livelli di attenzione psichiatrica che la crisi reclama. A orientare l'assegnazione dell'individuo con turbe psichiche all'Infermeria Centrale non sarebbero, peraltro, soltanto gli psichiatri e i medici, ma anche il Servizio Nuovi Giunti, formato da psicologi che, pur non essendo considerati in carcere operatori dell'Area Sanitaria, hanno il compito di valutare il rischio autolesivo del detenuto all'ingresso. Per inciso, va sottolineato come in carcere, ai malati di mente, siano offerte minori prospettive (lavoro, partecipazione alle attività trattamentali, eccetera) che al detenuto sano. Per le detenute, poi, non risulta esserci un'area di maggiore sorveglianza. Sarebbe accaduto che donne sofferenti siano state ospitate in C.C.C., ma solo in seguito all'applicazione di una misura di sicurezza ovvero alla disposizione di una osservazione psichiatrica da parte dell'A.G.. Il necessario ricorso alla Magistratura per ottenere simili assegnazioni, imponendo il rispetto di tempi tecnici non sanitari, renderebbe la risposta anacronistica rispetto all'urgenza critica e quindi potenzialmente sfavorevole.

Per quanto riguarda la possibilità di effettuare T.S.O. in carcere, risulta esservi una chiara interpretazione del D.A.P., che preclude il ricorso a tale provvedimento in ambiente intramurario, vuoi pure in C.C.C.. Sarebbe comunque sconsigliabile, a nostro avviso, procedere a T.S.O. senza le adeguate garanzie assistenziali, non tutte attuabili in carcere.

Pare assodato che non esistano al momento, all'interno del N.C.P. di Sollicciano, per persone affette da turbe psichiche, forme di assistenza sociale, attività riabilitative, specifici progetti di inserimento al lavoro, né la possibilità di assistenza infermieristica e quindi di sorveglianza sanitaria -fatta eccezione per la somministrazione di terapie farmacologiche e di occasionali interventi in situazioni di crisi.

L'assenza di dati epidemiologici ha imposto la ricerca di indicatori indiretti della domanda psichiatrica e delle risposte fornite, che la Direzione del carcere ha messo a nostra disposizione il 15 Settembre 1999. Riportiamo la lettura di questi dati.

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