logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina

Una vita da matti: scompare Franca Ongaro Basaglia

di Franco Rotelli

tratto da

Franca Ongaro Basaglia si è spenta a Venezia il 13 gennaio dopo una lunga malattia. Aveva 77 anni. Insieme al marito Franco condivise l’esperienza dell’apertura del manicomio di Gorizia nel 1961, che divenne punto di riferimento per tutta una corrente di pensiero psichiatrico, e fondò Psichiatria Democratica. Fu senatrice per la Sinistra indipendente nella nona legislatura. Nata a Venezia il 15 settembre 1928, collaborò ad una serie di pubblicazioni sulle esperienze psichiatriche in Italia e nel mondo, e curò, sempre con il marito, una serie di volumi su questi temi, tra cui «Morire di Classe» e «Crimini di pace». Franca Ongaro Basaglia scrisse anche una serie di interventi sulla questione femminile raccolti nel 1981 nel volume «Una voce». Collaborò all’enciclopedia Enaudi per la quale curò la voce «Donna», per il Cnr scrisse una storia del manicomio e della sua evoluzione per le scuole medie superiori dal titolo «Manicomio perchè» e curò la raccolta degli scritti di Franco Basaglia. Franco Rotelli, psichiatra a capo dell’Azienda sanitaria di Trieste, che condivise con i Basaglia e altri colleghi l’esperienza rivoluzionaria dell’apertura del manicomio, ne ricorda la figura.

«Pure ho visto anche cosa vuol dire e cosa produce per persone veramente sofferenti, essere parte di un progetto, di una speranza comune di vita, coinvolti in un’azione comune dove ti senti preso in un intreccio pratico, intellettuale, affettivo, in cui serietà ed allegria si mescolano e i problemi tuoi si sciolgono e fanno parte anche dei problemi di altri con cui li condividi. E allora anche salute e malattia possono mescolarsi con una qualità della vita che sia umana, con legami, rapporti, riconoscimento di sé e dell’altro, complicità nel progetto comune che potrebbe unirci anziché dividere ed isolare». Così scriveva Franca Ongaro Basaglia.

Ma quale fu il progetto comune? In qualche modo Franca ne dà estrema sintesi quando mette a fuoco ciò che considera «l’inaccettabile sacrificio» dentro il contesto del progresso della medicina, così indicandolo: a. «l’oggettivazione dell’uomo come premessa alla scientificità dell’intervento medico, quindi l’espropriazione delle esperienze corporee e della partecipazione soggettiva a queste esperienze; b. la tendenza a confermare come dato naturale, biologico, fenomeni legati a - e strettamente dipendenti da - condizioni ambientali, psicologiche e di relazione; c. la tendenza a rendere patologici fenomeni naturali, per poter ampliare il terreno dell’intervento».

Contro questo inaccettabile sacrificio dedicò un’intera vita di pensiero e di azione. Per 25 anni ha agito e scritto con Franco Basaglia e dalla morte di lui, avvenuta nel 1980, per altri 25 anni, negli scritti, nel suo ruolo di Senatore della Repubblica e girando l’Italia in lungo ed in largo, ha tenuto alto il senso di una pratica e di una teoria paradossalmente trasferite in qualche modo in una legge su cui ancora si discute. Paradossale destino quello di dover difendere una legge voluta per curare e stravolta dall’incuria e dall’abbandono da parte di politici, amministratori, tecnici.

Ancora pochi mesi fa, devastato il corpo, dopo una lezione agli infermieri di Aversa, chiedeva di poter lavorare lì, quando il suo corpo già non reggeva i gradini.

Teoria e pratica delle istituzioni, nelle istituzioni: da quella dell’essere donna a quella di essere la moglie di Basaglia, a quella di senatrice, a quella dei manicomi in cui incominciò ad operare nella Gorizia dei primi anni 60, all’istituzione della politica, al più generale campo delle istituzioni sanitarie. Teoria e pratica associate organicamente nella storia di una vita, di un’impresa, di un pensiero. Una lotta di liberazione che parte da una critica della scienza, dei suoi dogmatismi, delle sue istituzioni, della sua falsa neutralità, per arrivare ad una critica ed a un coinvolgimento dell’organizzazione sociale in cui scienza ed istituzioni sono uno dei sistemi di controllo. Critica e coinvolgimento nate dallo scontro con una realtà che non deve più esistere: il manicomio. E che, grazie in primis a Franca e Franco Basaglia, oggi in Italia non esiste più.

Difficile sottrarsi al fascino della commistione dell’eleganza e bellezza dei tratti fisici e dell’altissimo rigore etico, giocato ad ogni passo, in ogni sito, in qualsivoglia circostanza (e quante volte nei luoghi del massimo degrado).

Il testo Salute e Malattia, scritto con Giorgio Bignami, la voce densissima di cultura critica Follia e Delirio nell’Enciclopedia Einaudi e tanti scritti a due mani con Franco: la medesima tensione a scoprire gli abiti ideologici che celano procedure di esclusione, di sopraffazione, di negazione dell’altro. Quarant’anni fa i primi testi sull’esclusione. Allora sorprendenti, oggi campo di politiche ufficiali di governi. Protagonista di una legge che ha allargato i confini della democrazia nel nostro Paese, ma insieme di una pratica che ha saputo evocare nei campi più diversi l’idea più alta di libertà (libertà-da e libertà-per).
Negli ultimi anni incontrava soprattutto le associazioni dei familiari perché diventassero protagoniste di un cammino di emancipazione e non fossero strumentalizzate da chi, boicottando la legge, voleva e vorrebbe il ritorno al passato. L’interiorizzazione dell’aggressione da parte dei più deboli come il luogo principe dell’azione collettiva di emancipazione attraverso le infinite assemblee nei manicomi, e poi ovunque.

Oggi può sembrare che le forze politiche progressiste abbiano abbandonato i terreni vitali della scuola, della sanità, della giustizia, delle istituzioni sociali e statuali come luoghi dove inverare o svilire libertà e democrazia. Riconosciuti dal ’68, Franca e Franco Basaglia, mantenendo forte e prioritario il legame con la pratica-critica dentro le istituzioni, hanno saputo dar corpo e vita ad un movimento ideale e reale che, ben oltre il ’68, ha mantenuto continuità e presenza culturale positiva dentro le vicende ambivalenti del nostro Paese.
Ha scritto: «La diffusione del disagio, di questo bisogno di vita sempre insoddisfatto dalla natura delle risposte ottenute, fa il gioco della diffusione della terapia come palliativo sintomatico, sì che l’offerta sempre presente e sempre più diffusa sul mercato di farmaci per tutto, ci assorbe in una dimensione in cui tutto è malattia e tutto è cura. In questo senso l’artificiale netta separazione tra salute e malattia e la necessità, continuamente sbandierata, di una salute senza cadute e senza incertezze, serve a produrre malattia anche dove non c’è».

Le vicende della sanità italiana, dei processi di aziendalizzazione, di un’efficienza ridotta troppo spesso a scopo piuttosto che a mezzo, di una desertificazione nell’etica delle professioni, di una parossistica taylorizzazione dei servizi sanitari, rischiano di distruggere il patrimonio dei soggetti ed il capitale sociale che tuttora è presente nelle strutture sanitarie e nei servizi sociali.

La cultura dei diritti ha bisogno vitale di un’etica dei servizi. La capacità di rimuovere gli ostacoli concreti all’esercizio dei diritti dei soggetti più deboli è assolutamente prioritaria, rispetto alla cultura della promozione della salute che viva del fantasma prodotto dal mercato della salute eterna. La convivenza umana tra salute e malattia, tra forza e debolezza e la cura delle contraddizioni tra esse, furono il cuore del lavoro di Franca contro ogni ideologia, manicheismo, semplificazione scientista, manipolazione dei corpi, delle culture. E lì molte donne riuscirono a cogliere in Franca il meglio della cultura di genere amandone scritti e figura.

I suoi libri sono lì per essere letti: l’invito è ai giovani a rileggere La maggioranza deviante, Crimini di pace, Salute e Malattia, Una voce, per ritrovare una modernità delle contraddizioni di oggi previste nel loro esplodere molto prima e forse per imparare a reinscriversi nella «finalità comune» di ampliamento del tessuto delle libertà concrete.

Pochi mesi fa ha scritto: «si può dire che l’orrore dei manicomi non scompare solo per legge e soprattutto non “riemerge” solo nella vecchia forma istituzionale ma nella manicomialità che si reistituzionalizza anche nei nuovi servizi, nelle contenzioni che sono riaccettate come “naturali” perché risultano necessarie nell’assenza di progetti e di speranze comuni, e questo vale tanto per i sani che per i malati. Per questo occorrono una politica ed una cultura professionale che siano convinte della necessità scientifica e semplicemente etica e umana di voler un cambiamento che si è rivelato possibile. Ma occorrono anche partecipazione, vigilanza, governo reale della riforma e disponibilità a capire che si tratta di un cambiamento radicale che mette in discussione ciascuno di noi, la società intera ed i suoi valori non soltanto nell’ambito della psichiatria. In molti casi invece si assiste ad un cambio di etichetta, da “struttura psichiatrica” a “centro di riabilitazione” e le cose restano esattamente come prima, come se per la “riabilitazione” non valessero gli stessi principi di rispetto, di recupero, di reale abilitazione alla vita del degente». Sono questi tuttora terreni di azione per amministratori, tecnici e cittadini.

Concludendo, sono certo che Franca sarebbe d’accordo su una evocazione al concreto che qui voglio fare. Tra qualche settimana si inaugurerà a Capua un bellissimo Centro di Salute Mentale grazie all’impegno di Giovanna Del Giudice, una delle persone che le era più vicina. Da qui un doppio invito al Presidente della Campania, Bassolino: il primo a dedicare quel Centro al nome di Franca Basaglia; il secondo, che Franca avrebbe ben più a cuore, a preservare e rafforzare in quell’area un’esperienza di rinnovamento radicale e di avanzata attività che già rappresenta un punto di riferimento per tutto il sud e non solo, e che può essere spazzata via o seriamente sostenuta. È in quell’ASL che Franca ha svolto la sua ultima pubblica lezione magistrale e certo vorrebbe che non andasse perduta e quindi l’invito al Presidente Bassolino che, proteggendo e sostenendo in prima persona quell’esperienza, dia senso concreto alla memoria di una grande donna

La rubrica realizzata in collaborazione con
Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA

http://www.psichiatriabrescia.it


COLLABORAZIONI

Poche sezioni della rivista più del NOTIZIARIO possono trarre vantaggio dalla collaborazione attiva dei lettori di POL.it.  Vi invitiamo caldamente a farci pervenire notizie ed informazioni che riteneste utile diffondereo farconoscere agli altri lettori. Carlo Gozio che cura questa rubrica sarà lieto di inserire le notizie che gli farete pervenire via email.

     
  Scrivi a Carlo Gozio

Carlo Gozio, psichiatra e psicoterapeuta, lavora a Brescia ed è responsabile del Centro Residenziale Terapeutico e del Centro Diurno degli Spedali Civili di Brescia.
Cura per conto dell'Associazione Laura Saiani Consolati il sito www.psichiatriabrescia.it. e le News Territorio di Pol.it

spazio bianco
RED CRAB DESIGN

Priory lodge LTD
spazio bianco