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QUEL …. VENERDI’ ALLA SOPSI

Un commento al Progetto di Legge a firma Procaccini Burani, Naro

a cura di Giuseppe Messina

Premessa

Quando mi sono posto il problema “Burani e dintorni….” leggendo la proposta di legge sull’assistenza psichiatrica di cui è relatrice l’On. Burani-Procaccini in discussione alla XII commissione della Camera, mi è sembrato opportuno utilizzare “l’occasione SOPSI” per invitare l’On. Burani ad un confronto tipo “speaker's corner” inglese, fuori dagli schieramenti e dalle appartenenze.

I tempi ristretti e le obiettive difficoltà logistiche ed organizzative, non hanno costituito un grosso ostacolo grazie alla collaborazione di alcuni amici deputati che ringrazio di cuore (in ossequio alla “par condicio” ho coinvolto l’on. Caminiti di F.I. e l’on. Meduri della Margherita), nonché alla disponibilità dell’On Burani che, nonostante obiettivi impedimenti familiari, ha accettato di partecipare all’incontro assieme alla segretaria della Commissione Parlamentare On. Moroni del Nuovo PSI e soprattutto alla cortesia dell’organizzazione del congresso (ringrazio di cuore il Prof. Pancheri e Roberto Brugnoli) che, a palinsesto già abbondantemente ricco ed articolato, hanno trovato uno spazio adeguato alla realizzazione dell’evento.

Io, tra il “fare” (magari andando al di là delle competenze e degli schemi) ed il “non fare” (subendo passivamente una proposta che reputavo e reputo ingiusta ed economicamente insostenibile), ho scelto, da assoluto “carneade”, la prima soluzione, correndo il rischio (calcolato) di essere oggetto di critiche da parte soprattutto degli organismi più rappresentativi (società scientifiche in primis) ed anche di coloro (ed erano veramente tanti, molti di più di quanto mi sarei aspettato!) che, non conoscendomi, e partecipando alla riunione, avrebbero potuto indicarmi come uno che stava da “quella parte” e si prestava alla propaganda politica.

L’assenza dei vertici della SIP e della SOPSI, invece, non mi ha meravigliato: non era quello il luogo del confronto “istituzionale” e gli interventi (tutti espressi a titolo personale, al di fuori dei rappresentanti delle associazioni dei familiari) hanno perfettamente corrisposto a quello che era lo scopo di una discussione libera ed incondizionata.

Adesso che, in ben altri consessi, il dibattito sulla “Burani” sta diventando (per parlare in politichese) più “articolato”, si verificano anche a destra richieste di bloccare l’iter parlamentare di quel PDL, che trova più opposizioni che consensi, anche all’interno della stessa maggioranza.

I punti di maggiore “critica” sono piuttosto chiari, anche se tra gli “oppositori” si riscontrano due distinte posizioni: c’è chi, infatti, vorrebbe il mantenimento dello “statu quo” e chi ritiene necessari dei correttivi all’attuale normativa.

Gli aspetti normativi

Vi sono due aspetti normativi da tenere in considerazione: di fatto si sta parlando di modificare alcuni articoli (34 e 35 soprattutto) della legge 23 dicembre 1978 n. 833 e di realizzare un nuovo Progetto-Obiettivo per la tutela della salute mentale (l’ultimo è datato novembre ’99) e ciò per i redattori della proposta si dovrebbe ottenere tramite l’approvazione di una “legge speciale” per la psichiatria, che, invece (per gli oppositori) costituirebbe un ritorno ad un passato, superato dalla storia, quando l’Istituzione manicomiale, fuori dal contesto sanitario, necessitava di una normativa a sé stante.

L’altro aspetto, forse sfuggito ai più, riguarda le norme del Codice Penale abrogate dalla legge 180 e che, qualora il PDL dovesse andare in porto, dovrebbero essere in parte riesumate: si tratta di una questione non da poco, che si porta dietro importanti ripercussioni di carattere etico, procedurale ed operativo, anche solo per l’enfatizzazione del concetto di “custodia” che inevitabilmente dovrebbe essere recuperato.

Io credo, peraltro, che il lodevole sforzo di contenere la normativa sulla psichiatria all'interno della riforma sanitaria, sia in parte fallito, perché, da un lato, gli articoli dell'833 che hanno recepito la legge 180 sono di fatto applicati solo per la Psichiatria e, dall'altro, perchè non si è voluto mai dare ai Progetti-Obiettivo (nazionali e regionali) quella valenza politica e quel sostegno economico necessari perchè potessero incidere in maniera significativa sull'organizzazione dei servizi e l'assistenza alle persone.
Non è un caso che ancora oggi si parla di "legge 180" in maniera esplicitamente "selettiva" e non di norme per la psichiatria contenute nell'833!

Quello che si sta verificando oggi, a mio parere, è un fenomeno abbastanza preoccupante e cioè che la forza di un'idea, non regga l'urto della quotidianità. Ecco che non mi meraviglia che uno o più politici (con una posizione che attraversa trasversalmente ambedue gli schieramenti) abbiano messo mano alla "patata bollente", sperando nei consensi della massa, più che nel sostegno dei tecnici e delle società scientifiche.
Voglio dire che allo stato delle cose, se si suscitasse oggi un referendum sulla riapertura dei manicomi, non sarei affatto certo su una schiacciante vittoria dei "NO"!

E quindi, a questo punto, due sono le posizioni possibili: fermarsi e discutere su una revisione della normativa (con la "umile" consapevolezza che di errori ne sono stati commessi e che una riforma sia necessaria), oppure negare l'evidenza del quotidiano, della situazione politica e del mutamento delle conoscenze scientifiche, arroccandosi all'idea e difendendo l'esistente solo per partito preso.
Da qualche anno (e ci sarà pure un motivo!) si paventa il rischio di vedere approvata una legge sbagliata, anche per la chiusura al dialogo "politico" con la politica. Una chiusura che non è certamente capace di reggere le pressioni della massa e di quei “poteri forti” che, di fronte a tale rigore, sanno di poter occupare gli spazi, lasciati colpevolmente liberi da coloro che ritengono di riaffermare il valore dell'"idea", senza volersi confrontare con la quotidianità dei fatti.

Ecco perché io non sono per il “NO, punto e basta”, ma ritengo che ogni opposizione vada spiegata, documentata e debba contenere una controproposta, pur sapendo che ognuno ha una visione diversa del problema, legata soprattutto a situazioni operative e organizzative che si riferiscono al proprio contesto di lavoro.

Dalla prima linea….

Cosa, dove e come riformare? Io credo che le quotidiane sollecitazioni dei colleghi psichiatri tramite e.mail, articoli sulle riviste specializzate ed interventi ai congressi, debbano avere uno spazio adeguato, perché sono la voce della “prima linea”, di chi ha vissuto realmente il rivoluzionario momento del post-manicomio in condizioni difficili e molto diverse su tutto il territorio nazionale.

Il percorso operativo sancito dalla legge 180, aveva avuto, però, una importante premessa che molti sembrano aver dimenticato e cioè, ben dieci anni prima, la legge 431: la vera rivoluzione è cominciata allora e la grande genialità di Franco Basaglia è stata quella di aver realizzato un movimento di pensiero che si reggeva su questa importante base normativa.

Abbiamo, poi, attraversato un momento di transizione tra il vecchio (manicomio), ormai superato dai tempi e dalla storia ed un “nuovo”, che avrebbe dovuto realizzare un processo di territorializzazione della psichiatria che poneva le sue basi su costrutti teorici, che hanno dovuto confrontarsi continuamente con la quotidianità; abbiano fatto esperienza, teoria dalla pratica, abbiamo abbozzato interventi (forse di lifting, quasi mai chirurgici). Adesso credo che i tempi siano maturi per una concreta presa di coscienza su quanto sia possibile migliorare, partendo propri da quel quotidiano che tutti evidentemente viviamo in modo più o meno problematico.

 

Il TSO “questo sconosciuto”

Il mio parere sulla questione è piuttosto articolato, anche perchè, a quanto mi risulta, le modalità con cui vengono effettuati i TSO in Italia, sono molto diverse e, qualche volta, addirittura al limite della legge.
Io credo che debbano essere considerati superati i tempi del post-manicomio in cui (obiettive) remore di carattere etico e tutelare avevano indotto i promotori della legge 180 a inserire modalità operative per il TSO così articolate e complesse.

Mi pare che una rivalutazione del concetto di Accertamento Sanitario Obbligatorio risolverebbe molte cose e senza eccessive rivoluzioni, sarebbe possibile ritoccare l’attuale normativa (artt. 34 e 35 della 833) nei seguenti punti:

1) Soggetto in condizioni psichiche tali da ipotizzare la necessità di un TSO: ASO con proposta di un qualunque medico e disposizione dello psichiatra territoriale il quale, se lo ritiene, richiede l'intervento della forza pubblica in supporto attivo al personale sanitario;

2) Accompagnamento coatto al più vicino P.S. e valutazione del paziente: tre ipotesi

a) il paziente necessita di TSO (vedi dopo)

b) il paziente accetta il ricovero volontario (ricovero volontario in SPDC)

c) il paziente non necessita di ricovero in degenza (riaccompagnamento a casa a cura del SSN)

3) TSO: proposta di TSO da parte del medico psichiatra ospedaliero e ordinanza del sindaco, con abolizione della durata del ricovero e valutazione da parte dell'équipe del più opportuno programma di cura in post-acuzie

Una tale modifica, comporterebbe:

1)    una riorganizzazione complessiva che porti alla definizione di unità modulari diversificate nell'SPDC (accettazione, degenza breve, degenza prolungata, day-hospital, etc..)

2)    una riorganizzazione della residenzialità e della semiresidenzialità territoriale con la chiara definizione di strutture H12 o H24 a maggiore valenza sanitaria, rispetto a quelle a minore valenza sanitaria;

3)    l'obbligo alle aziende territoriali di dotare gli SPDC di spazi e personale adeguati.

 

Ricoveri prolungati

L’SPDC è il “luogo” della degenza ospedaliera e, alla stregua di qualunque altra branca della medicina, occorre prevedere la possibilità che un ricovero possa durare a lungo (compatibilmente con i criteri di efficacia, efficienza ed economicità che devono guidare ogni intervento sanitario).

Io credo che il numero dei pazienti che necessitino di tale programma di cura non sia affatto elevato e
che non bisogni polarizzare tutta la nostra attenzione a quello che, numericamente (anche se non operativamente), è un problema piuttosto relativo.

Piuttosto credo che un accenno vada posto sul problema della tipologia del paziente oggi ricoverato in SPDC, perchè, ma potrei sbagliarmi, spesso la segnalata carenza di posti letto ed il conseguente
peregrinare dei pazienti in vigenza di un TSO alla ricerca di un posto letto, sono spesso conseguenza di un intasamento degli SPDC con ricoveri quantomeno impropri.

La psichiatria del “territorio” ha oggi una plausibilità, solo se, accanto a strutture riabilitative (inserimento lavorativo ad es.) a maggiore valenza sociale, si dovessero creare (in alcune realtà sono già presenti) strutture territoriali a maggiore valenza sanitaria, capaci di accogliere il paziente in post-acuzie e di ridurre contestualmente il numero di ricoveri “volontari” in SPDC, evitando l’annoso problema della “porta girevole” (costoso ed antiterapeutico): le vere comunità “terapeutiche”, che prevedano (queste sì) protocolli e modelli operativi definiti e standardizzati, tempi di degenza adeguati, ma limitati e progetti concordati di proseguimento del programma di cura presso strutture a minore valenza sanitaria, piccoli alloggi protetti (in mancanza di condizioni familiari favorevoli) o a domicilio.

Quanto al resto…..

Quanto al resto, non abbiamo bisogno di una legge “speciale” che ci dica come dobbiamo lavorare, se sia necessario porre maggiore attenzione ad alcune patologie, piuttosto che ad altre, se e come dobbiamo integrarci con aree di margine (tossicodipendenza, geriatria e NPI), come realizzare una psichiatria di consultazione che possa reggere il passo con i tempi e le conoscenze; non abbiamo bisogno di “affidare” ad altri strutture e servizi (nel rispetto delle competenze a della dignità professionale di ognuno), ma sappiamo bene quanto il privato, l’Università, il volontariato, possano e debbano fare per integrarsi con il servizio pubblico, arricchendolo ed ampliandone le prospettive in termini di operatività, formazione e reciproca crescita professionale.

 

           

La rubrica realizzata in collaborazione con
Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA

http://www.psichiatriabrescia.it


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Carlo Gozio, psichiatra e psicoterapeuta, lavora a Brescia ed è responsabile del Centro Residenziale Terapeutico e del Centro Diurno degli Spedali Civili di Brescia.
Cura per conto dell'Associazione Laura Saiani Consolati il sito www.psichiatriabrescia.it. e le News Territorio di Pol.it

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