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Introduzione del Seminario

C. Viganò:

Spendo ancora qualche parola, perché molti di voi non c'erano al CRT un mese fa quando abbiamo fatto il primo incontro di questo seminario interno all'insegnamento di psichiatria integrata, per dire che cosa questo seminario nel seminario ha come ipotesi e vuole verificare. La presentazione dei casi che viene fatta in questa scansione mensile a carico mio e di alcuni altri, ha come titolo: “Clinica psicodinamica nel lavoro istituzionale”. I parametri sono due. Si vuole interrogare la psicodinamica, noi dicevamo l'altra volta che toglieremmo volentieri anche questo appellativo “psico”; parliamo di dinamica tout court, anche perché si diceva questo riferimento allo spazio della soggettività, attribuirlo alla psiche oggi forse non è più tanto utile. La psiche sapete è una eredità ancora platonica, molto antica, che si presta spesso a dei fraintendimenti rispetto ad un uso di un linguaggio più moderno; quindi parliamo pure di spazio della soggettività che vorremmo introdurre come elemento di dinamizzazione della cura, quindi della polarità farmaci e diagnosi o diagnosi e farmaci, diagnosi e terapia ecco.
In questo quadro piuttosto statico di diagnosi a cui corrisponde una terapia eminentemente farmacologica, introdurre come terzo vettore di cui tenere conto la messa a punto di quell'elemento della soggettività , cioè della particolarità di ogni caso, caso per caso, che noi sosteniamo è utile per rendere più efficace il binomio diagnosi-terapia. Se si mette a punto dove si colloca la specificità di quel soggetto, nome e cognome, pur inquadrato diagnosticamente, ma la sua storia specifica, la sua posizione nella domanda, allora se ne può fare realmente un utente delle cure. Il rischio al di fuori di una prospettiva dinamica è quello di applicare le nostre cure, le nostre diagnosi e terapia, non dove il soggetto si colloca nella sua specificità, ma dove per esempio lo colloca solo il discorso famigliare o addirittura il discorso istituzionale, lasciando un po' il soggetto in una passività che non lo rende utente delle cure.
Questa quindi è la prima polarità, la dinamica come dimensione della clinica, non come ideologia che si sovrapponga a ideologie; per questo toglierei lo “psico” che porta a dei fraintendimenti come se si trattasse di un'ideologia opposta a quella biologica o biologista. Questo è un po' residuo di polemiche sorpassate, non è il caso di pensare a ideologizzare il biologico rispetto allo psicologico ecc...non è più il tempo secondo me di fare queste polemiche ideologiche, si tratta semplicemente da un punto di vista più strutturale , più realistico di introdurre la dimensione della soggettività. Questo è il primo asse, lo spazio della soggettività e quindi anche il recupero di soggettività dell'operatore: per potere collocare soggettivamente l'utente anche l'operatore deve trovare il suo spazio di individuazione.
La volta scorsa si è visto come lo scambio con il tribunale come interlocutore forte portasse un certo disagio soggettivo allo psichiatra che si occupava del caso che si trovava a dovere rispondere prima al tribunale che non al paziente stesso.
Quindi costruzione dello spazio della soggettività vuol dire anche di fronte all'istituzione di cura o all'istituzione, quindi di potere rispondere anche al giudice: il soggetto sta qui, tu devi entrare in una collaborazione con me psichiatra rispetto a un soggetto, se no il discorso diventa tra lo psichiatra e il tribunale in quel caso.
Il secondo asse quindi è: nel lavoro istituzionale; questa forse è una caratteristica che può risultare particolarmente interessante per gli specializzandi . Credo sia interessante ascoltare dei casi portati da operatori che operano nelle istituzioni psichiatriche quindi CPS, CRT, centri di ricovero SPDC ecc... anche SIMEE, Consultori, Sert.
Quello di oggi è un caso di tossicodipendenza che sarà presentato dal dott. Cozzi, quindi avere uno spaccato anche del caso clinico nella realtà istituzionale attuale, invece che nel laboratorio specifico un po' come dire separato per certi aspetti dell'università, ma nel luogo di gestione sociale della clinica. L'interrogativo sarà: come questo spazio transferale questo spazio di soggettivazione viene recuperato nel concerto delle operazioni istituzionali che si diceva la volta scorsa sono sempre più complesse, cioè la presa in carico di un caso oggi vede completamente spaccarsi la coppia tradizionale curante-curato. Non sono due polarità in gioco, ma ce ne sono molteplici polarità in gioco.
L'altra volta abbiamo visto appunto il tribunale che era il committente della cura stessa, ma pio c'è la famiglia, ci sono le comunità, il privato, insomma ci sono molte soggettività che ruotano attorno a una situazione clinica e la cura spesso si deve porre il problema di un concerto, di una contrattazione delle operazioni che si fanno sul caso, quindi di un lavoro di costruzione dello spazio clinico che diversamente se non viene costruito rischia anche di non esserci, quindi di essere il terapista, come dire, una pedina in un gioco di forze e di influenze che tendono anche spesso a neutralizzare l'intervento stesso del terapeuta. Ecco, questo problema di concertazione, di contrattazione sociale è il secondo asse che noi vorremmo prendere in considerazione nell'esporre questo caso.
Quindi riassumiamo i due assi sono: la dinamica, cioè lo spazio del soggetto, secondo la concertazione istituzionale .

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