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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

DISCUSSIONE SUL CASO

Freni: ho l'impressione che in questo caso assistiamo ad uno psicoanalista che lavora da educatore, non a un caso di un educatore. E poi mi dispiace che Luigi Colombo abbia modificato il caso, rispetto alla versione che aveva presentato nella serata di preparazione, perché là si vedevano meglio dei problemi di integrazione dei saperi nella rete; purttroppo questo caso mostra come l'integrazione sia ancora molto lontana.

Carlo Viganò: questo caso mostra in atto un passo del lavoro clinico, cioè la lettura del caso. Leggere il caso significa sapere interrogare il materiale clinico e questo lo deve poter fare anche l'educatore. Inoltre, qui possiamo vedere come educatore e psicoanalista non siano due ruoli simmetrici e alternativi. La funzione analitica si rivela trasversale al ruolo e puo' essere definita come il punto di coagulo di un gruppo di lavoro clinico, cio' che trasforma un nodo della rete in un momento di collaborazione tra persone, dove viene lasciata la logica del sapere-potere per trovarsi attorno alla costruzione-creazione del soggetto. Si può affermare che basta il desiderio di uno solo perché il soggetto possa depositare il suo sapere. Inoltre, voglio sottolineare come questo caso mostra bene che nella psicosi non c'è Narcisismo, semmai il soggetto e' perplesso di fronte all'immagine che non e' mai "propria", ma una sorta di autoerotismo nel luogo dell'Altro. Quindi non si tratta di "piegare" il narcisismo del soggetto che si crede un UFO, ma di trattare questo autoerotismo dell'Altro, di mitigarne la portata persecutoria per il soggetto.

Colombo: propongo di pensare ad una integrazione a livello del desiderio degli operatori, piuttosto che dei loro saperi; questa integrazione non è certo misurabile o oggettivabile, va presa come una funzione che permette di leggere positivamente anche momenti di confronto, entro la rete, di tipo problematico o apertamente conflittuale e soprattutto perché di togliere una gerarchia tra gli elementi della rete e sottolineare con forza il loro essere uno per uno ingacciati con il soggetto psicotico. Dunque non l'idea di un sistema ingacciato, ma dei singoli con il loro desiderio (secondo il sapere che intendono produrre). Certo, è vero che per me certe risposte "terapeutiche" non sono consone al soggetto psicotico; ad es., convincerlo con gruppi cognitivi che è schizofrenico, insegnandogli cos'è la schizofrenia. Ma bisogna "leggere" anche questo, non in modo diverso dal prete che ha risposto a Silvana: non sei indemoniata perché altrimenti non entreresti in chiesa. Qui leggo cosa fa il prete. Inoltre bisogna considerare che in fondo, anche un gruppo cognitivo-comportamentale può diventare una forma di trattamento del godimento, nella misura in cui in sostanza cerca di dare un nome oppure proprio perché non riuscendo a dare mette il soggetto in grado di parlare di qualcosa che lo riguarda solo in parte. Il fatto è che bisogna essere pronti a "leggere" i vari dispositivi. A mio parere anche un gruppo di questo tipo può sostenere un transfert del soggetto, e questo è stato il caso di Silvana. Poi bisogna essere pronti ad imparare: due teste pensano meglio di una. L'intervento del CRT mi ha fatto capire cose di Silvana che prima non avrei capito e una certa modalità di intervento, a mia sorpresa, si è rivelata utile. Mi riferisco al trattamento della tendenza all'alcool.

Domanda: secondo me in questo caso c'è un po' di tutto: un po' l'educatore, un po' lo psicoanalista, un po' uno psichiatra, un po' lo psicologo. Inoltre, non capisco che differenza c'è tra il CRT e l'internamento manicomiale, prima della legge Basaglia; in entrambi i casi il paziente è chiuso.

Colombo: E' vero, c'è un po' di tutto. Nel senso che ricercando la posizione del soggetto psicoticio incontriamo per forza le manifestazioni del suo malessere; penso però che sia assolutamene necessario non escludere nulla. Se la psichiatria classica è utile, va bene; se fosse utile un passo di Shkespeare andrebbe bene. Bisogna rendersi conto che non si deve pensare di categorizzare il soggetto, ma di arricchire il proprio sapere culturale fino al punto da includerlo e qui non c'è limite, perché si tratta di una operazione di civiltà (come diceva Francesco Stoppa alla Conversazione di Pesaro). Se fosse necessario ripensare a Dante lo faremmo. E' che con il soggetto psicotico, spesso ci si limita molto e ciò è strano tanto più che si tratta di un soggetto in cui microcosmo e macrocosmo si uniscono. Inoltre, la differenza tra il prima e il dopo la legge Basaglia è materia di riflessione degli psichiatri; non posso sapere io perché ci riflettano poco. L'essere chiuso, il rinchiudere è peraltro uno strumento fondamentale della pratica psichiatrica. La psichiatria è fondamentalmente, da quando esiste, una pratica istituzionale; è forse più questo che un sapere, cosa che possiamo ricavare anche da Foucault. Come tale la misura coatta, il ricovero anche non coatto, ma che impone limitazione sono pratiche in cui lo psichiatra deve fare giocare un desiderio senza dubbi, certo vagliato dall'osservazione clinica.

Freni: rinnovo la mia impressione che qui si tratta di una psicoanalista che fa l'educatore; questa posizione segretariale è un po' passiva, di osservazione.

Silvia Cavalli: vorrei che Luigi Colombo dicesse un po' di più su questo, perché nella posizione segretariale si può anche sostenere il soggetto psicotico contro il suo Altro, purché si sappia che malato è l'Altro del soggetto, e che ogni strategia deve partire da qui, da un trattamento dell'Altro, come lo ha chiamato Alfredo Zenoni.

Colombo: il punto è questo: da cosa curare il soggetto psicotico: dal suo narcisismo o curare il suo Altro. Questo aut aut è assolutamente discriminante e divide due pratiche. Ma il punto è che il soggetto psicotico non è così servo di chi vuole piegare il suo narcisismo; resiste, anche se nella sofferenza. E può anche riuscire a trattare, come fa Silvana, chi vuole piegare il suo narcisismo e insegnargli le abilità, come un momento da cui trarre un po' di piacere, di godimento trattato, come ha fatto Silvana con il gruppo cognitivista.

Giovanna di Giovanni: a proposito della rete, vorrei chiedere se c'è stata una preparazione per l'inserimento nel CRT.

Colombo: c'è stata nel senso che abbiamo fatto una serie di incontri in cui Silvana ha discusso di questa possibilità con lo staff del CRT, il quale inizialmente era un po' perplesso sul suo inserimento.


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