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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

DISCUSSIONE SUL CASO

Viganò: trovo importante la premessa che Oggioni ha aggiunta al caso, è uníaggiunta diagnostica, se avete colto, perché il corpo che parla di contenuti rimossi è la definizione freudiana di isteria; quindi è uníipotesi interessante da tenere presente rispetto alle altre che opportunamente Oggioni ha ben definito nella loro pertinenza che ora vi ricordo. Disturbo post traumatico da stress: stress, trauma recente, che dato che ho citato Freud non è il trauma della nevrosi díangoscia di Freud; è il trauma attuale a cui Freud attribuisce altri sintomi, quelli della neurastenia. Oppure disturbo istrionico di personalità che è stato detto è una fase molto più primitiva rispetto allíisteria. Quindi sul versante diagnostico cíè tutta una serie di interrogativi e li ho solo elencati; lasciamo al dibattito vostro di articolare le cose.

Volevo dire uníaltra cosa. Una è una precisazione, dato che ne abbiamo discusso in un gruppetto, come facciamo sempre precedentemente; io ricordo che líoccasione dello scatenamento del sintomo attuale, quella che poi la portò al ricovero quel famoso episodio della mezzanotte di capodanno, era una reazione, effettivamente immediata. Oggi lei ha detto "riceve un bacio e gli auguri", ma ricordo che cíerano delle parole e che ci erano parse significative.

Oggioni: "tanti auguri amore"

Viganò: "tanti auguri amore" e finita la frase si scatena la crisi psicomotoria. Anche questo lo vorrei sottolineare perché è una reazione alla parola dellíaltro - qui faccio la mia puntatina lacaniana poi passo la parola al Prof: Freni -quando uno dice allíaltro "tu sei il mio amore" è una domanda, "tanti auguri amore", in realtà, vuol dire: "tu sei la mia donna". Eí uníaffermazione, quindi non ha la forma della domanda grammaticalmente espressa, non è "mi vuoi bene?, sei la mia donna?", è uníaffermazione che mette líaltra nella posizione di essere riconosciuta come la donna di quellíuomo. Lì scoppia la crisi; è una circostanza singolare. Io volevo porre al dibattito e interrogare anche líesposizione sulla conduzione della cura; questa scelta che allíinizio era osservazione, quindi preliminare ad una cura, e, rispetto poi al suo svolgimento, posso lasciare questo ad un successvo intervento. In ogni caso mi interroga questa serie di sedute come sono state esposte, perchè mi sembrano più orientate allíinterpretazione quasi ad una presa in carico curativa, che non a trovare, conoscere le personali, profonde motivazioni che sono i presupposti necessari per intraprendere questo tipo di cura psicologica. Chiedo, quindi, che tipo di rettifica si sia prodotta nel soggetto LT circa queste "motivazioni profonde". Questo è il mio interrogativo che faccio sia alla dott.sa Oggioni che al pubblico. Non vi pare che un innocente augurio si sia rivelato quella domanda che LT non può sopportare, alla quale non ha i mezzi per rispondere?

Freni: Allora, beh, credo che, a parte adesso queste nuove nomenclature, in realtà istrionico viene distinto da isterico ma entrambi fanno parte della categoria dellíisteria, secondo le precedenti descrizioni. Gli autori del DSM hanno voluto differenziarle e, secondo me hanno fatto bene, come fa bene il Gabbard a differenziare; io credo sia uno dei capitoli più belli del Gabbard, questo qui dove differenzia líisterico dallíistrionico, proprio per questa maggiore centratura sul corpo e sulla cosiddetta sessualzzazzione precoce, a differenza dellíisterico, invece molto più sofisticato, incentrato sulla seduzione, sul linguaggio e sullíuso del corpo a scopo di seduzione. Invece qui il corpo è pensato come corpo che agisce con una sessualità molto primitiva, molto poco capita. Da questo punto di vista la precisazione cambia: "auguri amore" oppure "tu sei il mio amore, tu sei la mia donna" mi fa pensare che, al di là del trauma recente, ci deve essere stata una costellazione edipica più o meno primitiva, insomma, o uníusanza familiare - questo sarebbe interessante da scoprire perché è il punto su cui interrogarsi - perché mi colpisce, come dice Benedetti, la corrispondenza fisiognomica tra i sintomi attuali e la biografia del soggetto. Cosa vuol dire? Avete notato i sintomi attuali e quelli dei tre quattro anni, che è líètà in cui Freud collocherebbe già la dinamica edipica, insomma. Allora mi chiedo se, per caso, non ci fosse stato lì qualche cosa che ha a che fare appunto con il rapporto con il padre ecc. Come sia andata configurando questa relazione e che, comunque, col terzo possiamo metterci díaccordo come dire queste cose, ma sostanzialmente se non si è andata configurando come un che di eccitatorio che appunto nello spasmo trova già la prima, in questo spasmo simile epilettico, non fa già pensare a una sessualizzazione precocissima, che poi nellíadulto.. Ecco questo è un punto che secondo me è molto importante e che darebbe senso a tutta la costruzione che tu hai proposto, devo dire molto bene molto bella. Poi se è vera tutta questa faccenda, quindi forse anche il bacio a mezzanotte, paradossalmente, pur essendo una cosa tenera, potrebbe riportare a baci simili a mezzanotte dei tre quattro anni. Forse la situazione legale, lecita scatena questa sintomatologia, che a livello più superficiale è messa in correlazione con un trauma illecito, violento, col reato. Un ultimissimo punto, che mi sta a cuore, è chiedersi: il fatto che fa il suicidio, il tentativo di suicidio con i farmaci prescritti di nuovo ci riporta al tema che diventa sempre più importante, sempre più per me fondamentale e sono contento che anche per Carlo Viganò stà diventando importante. Cíè questa faccenda che si pone a due livelli, come sempre integrazione vuol dire questo: un livello che ci costringe ad interrogarci se è corretto, in un caso del genere, prescrivere antidepressivi, quindi già come uníindicazione da pura psichiatria clinico-descrittiva su base psicobiologica, diciamo così; un altro punto è che cosa è intervenuto - quello che accennava allíinizio - , nellíatto del prescrivere quei farmaci, il modo di presentarli, di motivarli ecc., che in qualche modo ha potuto essere intesa in modo conflittuale, quindi come uníaggressione da mettere in atto e lei ha fatto questa messa in scena di un auto aggressione attraverso líoggetto dato dallíaltro. Mi piacerebbe su questo punto sentire gli altri - poi vi dico perché io dubito che líantidepressivo possa essere adatto in questi casi - perché purtroppo nella psichiatria clinico-descrittiva, soprattutto quella a forte sottolineatura medico biologica, si tende a fare un errore gravissimo: a far rientrare nella depressione cose che, magari fenomenicamente sembrano depressione, hanno qualche cosa di depressivo perché cíè tristezza, cíè sentimento di impotenza, díincapacità, ma sostenute, non da un fondo tutto depressivo, cioè non è una costruzione tutta depressiva dalla superficie alla profondità - cosa che poi è eccezionale se vogliamo andare nel profondo del profondo troviamo poi una sorta di schisi originale del soggetto che chiamarla depressione è veramente ridicolo - ma è sostenuta da qualcosíaltro che in questo momento non voglio dire, la dirò dopo.

Intervento dal pubblico: Ma cíè un punto che così mi interroga ed è questo della violenza sessuale nel senso che lei subisce questa violenza e poi dice va a vivere con uno di questi violentatori e questa violenza si perpetua; ecco a questo punto mi resta un interrogativo. Mi chiedevo se ha detto altre cose rispetto a questa questione o come è possibile leggere un evento di questo genere nel senso che accade questa violenza. Questa persona subisce una violenza talmente grave da produrre questo sintomo descritto, dopo di ché vive con uno di questi violentatori: La prima volta líesplosione più eclatante è legata a questo evento della violenza, allora mi chiedo il seguito è che lei va a vivere con uno di questi violentatori che perpetua la violenza? Mi resta un enigma aperto su questo;

Freni: provi a formulare uníidea, una risposta.

Intervento dal pubblico: non mi sento di andare molto oltre nel senso non se cíè - pensiero selvaggio- mi chiedo se cíè un aspetto di masochismo in questo tipo di impostazione di sviluppo della questione.

Viganò: Anche senza discutere adesso del masochismo, in ogni caso cíè qualche cosa che viene dalla parte del soggetto, diciamo, una sua collaborazione. Qui stiamo attenti che il tema della violenza sessuale, con cioí che comporta di "condiscendenza" da parte della donna, lo vediamo qui a livello psicopatologico, non consideriamo ora il livello giuridico. Questo non rende meno colpevole líazione dei tre violentatori. Qui però non siamo in tribunale stiamo facendo un dibattito clinico che riguarda il soggetto LT tanto per chiarire i termini e non mettere assieme due discorsi che sono necessariamente differenti.

Maurizio Rossi: Ci sono degli elementi che ritornano in questa narrazione clinica. Quello che diceva il collega, che riguarda la scelta di convivere con il proprio violentatore, mi sembra che sia una sorta di godimento del sintomo; non è tanto una posizione masochistica, ma sembra quasi che lei si ponga nella situazione di chi vuole stare nel sintomo; il sintomo dellíessere annullate in qualche modo; cíè qualche cosa che ha a che fare con un ritorno continuo: lei prende gli stessi farmaci che erano stati prescritti per curare la depressione, mi chiedo a chi lei rivolga questa richiesta di riconoscimento, cioè lei sta dicendo a qualcuno questo farmaco non funziona con me. A chi richiede questo lei? Chi è che prescrive questi farmaci? E poi presenta irregolarità mestruali, precedenti episodi di violenza, quindi tutta questa storia di ripetitività della sua storia. Uníaltra cosa ancora che mi sembrava di aver segnato: questa sorta di identificazione immaginaria che la paziente compie nei suoi confronti quando arriva ai capelli biondi, lei come la vede? Perché mi pare che questa ha a che fare più con una sorte di struttura psicotica che non nevrotica e questo è in qualche modo sostenuto dallíultima parte: lei dice "ogni cosa che accade anche negativa è il disegno misterioso del Divino", nellíordine psicotico vi è questa sostituzione delirante líordine del mondo, è una cosa che ritorna continuamente negli psicotici, vi è una sorta di sostituzione. Lei sta cercando un altro ordine che dia senso alla sua vita fino a quel momento, quindi mi chiedo se lei si sia interrogata anche su una struttura eventualmente psicotica della paziente.

Oggioni: Stavo cercando di collegare questi due interventi nel senso da un lato come mai si porta nel proprio monolocale uno dei violentatori e ci convive e subisce da lui questo rapporto che si ripete e dallíaltro questo aspetto di ricerca come líha letta lei di annullamento quasi nella violenza o che cosa va cercando; si potrebbe anche dire, ma io penso che prima di arrivare a una definizione così psicodinamica come quella del masochismo, ho pensato che questa violenza sessuale, che la paziente è andata cercando, di cui è andata cercando la ripetizione, la riproposizione, sembra, secondo me, una sorta di percezione di una corporeità, in qualche modo, cioè un sentirsi, un sentire, un approccio arcaico ovviamente psicotico al senso della corporeità della pelle, del corpo. Io lího letta così questa cosa e alla paziente non lího mai riproposta in questi termini, non glielího restituita, come si dice, perché è presto parlare con questa paziente di questo discorso. Il fatto che poi la paziente tenda ad assomigliare a me, cioè a cercare delle tracce, ecco, secondo me, è la stessa cosa, cioè è una ricerca di una fisicità, di un corpo, che lei vede in me e che cerca di raggiungere. Io sento molto il corpo rimosso di questa paziente fra noi, è li, quando siamo in due, perché io sento,come anche poi ho detto nelle poche frasi finali che ho scritto un poí gelosamente per me, che questo corpo si sta facendo vedere e io lo vedo probabilmente al di là non so del seno della paziente che è sempre piano tra noi, del volto, della vista, del busto, io ho la sensazione di vedere dellíaltro, di percepire, di sentire dellíaltro e così siamo partiti dalla testa: la paziente si è tagliata i capelli come i miei e se li è tinti di biondo.

Viganò: Volevo dialettizzare queste cose sul corpo però possiamo anche sentire subito lei.

Canegalli: A proposito del corpo che la paziente presenta, quello che che mi colpiva nellíintervento del Prof. Freni, era che la descrizione del tremore mi è apparsa immediatamente come una lettura, diciamo da parte di questa donna, della scena primaria. In pratica i sintomi descritti: questo tremore a grandi scosse e diffuso, le contratture dolorose, questo affanno, líiperventilazione ecc., poi si ripetono in questa sessualità vissuta in modo così particolare, cioè una sessualità in cui questo terzo, questo padre, ma chiamiamolo pure terzo, insomma, non compare. Cíè questa identificazione a questa madre che lei, secondo me, cerca di ripresentare nellíarco della sua vita. Anche in questa violenza sessuale, il suo partner non compare come partner, ma semplicemente come uno strumento per mettere in scena una sessualità che poi è interrotta da un periodo di amenorrea di sei mesi e questo stessa cosa era avvenuta quando era stata sempre aggredita a 18 anni. Quindi il corpo che esprime una sessualità che ci dice qualcosa del suo modo di porsi rispetto ai suoi inizi, rispetto alla mancanza di qualcuno che abbia fatto da terzo e tutto questo con riferimento anche al discorso del disturbo isterico di personalità o disturbo istrionico. Come dire che qui compare il disturbo istrionico, più arcaico, più diretto dove la sessualità è meno elaborata, meno seduttiva, cioè molto più pronunciata - il seno in primo piano, il volersi identificare in modo superficiale il portamento ed i capelli uguali - cioè in qualche modo non cíè questa possibilità di elaborazione, quindi appunto, disturbo istrionico. Sullíaspetto psicotico non mi pronuncerei ancora.

Viganò: Io vorrei rilanciare e invitare a proseguire questo dibattito sulla presenza del corpo in questo caso, perché è centrale, perché adesso Oggioni diceva: "per parlare di certe cose è troppo presto" e quindi riprendo anche la mia questione sullíosservazione preliminare per poter poi iniziare eventualmente una terapia. Cíè addirittura un troppo presto, quindi i preliminari devono allungarsi, da un certo punto di vista, e se questo tipo di colloqui vengono intesi in questo modo. Allora allungarsi fino a quando? Cioè qual è il termine, líobiettivo che ci si può proporre perché questo soggetto chieda in proprio, di sua iniziativa, si faccia una domanda di cura? Cioè riconosca un sintomo nevrotico, a questo punto, da curare. Cíè da una parte questo prolungarsi, questo direi parlare del corpo, dellíimpossibilità da parte del soggetto di articolare una domanda allíAltro: una domanda díamore, quindi è chiaro che colorarsi i capelli dello stesso colore dellíAltro idealizzato che è líanalista, non è come dire, formulare con le parole, una domanda: "vorrei venire più spesso da lei" oppure "quanto aspetto" oppure fare un sogno che riguarda la seduta. Quindi cíè questa impossibilità, come dire, che ha fatto parlare anche di psicosi - ma anchíio rimanderei il tema da un punto di vista diagnostico strutturale. Cíè questo problema, che è un problema del preliminare di una presa in cura, per cui una domanda non si struttura. È sempre il corpo che parla, quello che Oggioni chiama il corpo rimosso, cioè il corpo che parla al posto delle parole, dove tutto è lasciato allíinterpretazione dellíAltro, che però non gliele può restituire perché non cíè la domanda. Come si può fare delle interpretazioni a qualcuno che non chiede interpretazioni? E allora su questo punto ci possono servire le costruzioni; io non mi slancerei tanto a costruire più di tanto, però effettivamente il tremore si ripete a tre anni o due anni e mezzo di età, spasmi da ipotermia, notiamo bene, cioè da mancanza di calore, poi a diciassette anni nellíallontanamento dal focolare domestico, poi le volte successive. Quindi cíè effettivamente una ripetizione, quando cíè ripetizione la nostra formazione analitica ci fa subito pensare ad una iscrizione simbolica, perché cíè una memoria che si ripete, per quanto iscritta nel corpo, nella memoria somatica, però la memoria è sempre simbolica, è una traccia mnestica che si riproduce e che si riproduce psichicamente. Allora come tradurre - perché questa traccia mnestica, che non è quindi genetica o filogenetica, è acquisita nella storia del soggetto - come mai non si traduce in fantasie, in sogni, in parole, ma si ripete un poí con questa fissità somatica, fino al punto che líamore viene vissuto anche quello come scambio di sofferenze, per cui lei può cambiare livello del suo sintomo quando il marito diventa uno scheletro; cioè addirittura è a livello del corpo anche lo scambio affettivo. Quindi lo scambio a livello dello star male nel corpo, tanto è incorporata la parola e poco fantasmatizzata; io mi chiedo e chiedo proprio a lei: non è tutto questo, invece di parlare di psicosi, qualcosa che, è stato accennato, interroga, di questo inconscio, la mediazione simbolica quale possa essere? Si è parlato molto del terzo, cioè di questi scambi affettivi in cui non è possibile al soggetto una mediazione attraverso la parola, cioè attraverso la testimonianza dellíAltro, la seduzione è stato detto più volte: seduzione, parola, sono tutti termini che richiamano la triangolazione. Si parla se cíè un codice nella posizione terza, che dà senso a quello che si dice. Si seduce se cíè uno specchio che permette di cogliere lo sguardo dellíaltro che si vorrebbe sedurre. Quindi cíè sempre il terzo, lo sguardo fa da terzo nella seduzione. Ecco questa difficoltà a terzializzare le relazioni, ad avere un testimone, fosse pure il codice linguistico e líunica parola citata è "facciamo poco líamore, due volte ogni due settimane" singolare che venga prima la parola due che non dire "è una volta alla settimana" se conoscete un poí la matematica. Quindi come mai viene fuori il significante due, invece che una volta alla settimana? Non è per niente. Cíè questa, come dire, questo due che contraddirebbe il poco da stemperare nelle due settimane. Sono dei numeri, è una quantificazione, non vengono fuori altre parole e tutte in questo gioco diretto. Allora mi chiedo è così líimpossibilità anche addirittura a livello del farmaco di avere una terzializzazione? Dice che vorrebbe fare a meno di quello poche gocce di valium. In sintesi tutte queste modalità indicano il problema si ponga a livello appunto di questo terzo, quindi anche il problema di distinzione tra isteria e istrionico, proprio a livello di questa modalità della sessualità dove non è intervenuto il terzo; ma allora a questo punto direi terzo, quello fallico, quello che nella terminologia psicanalitica si chiama castrazione logica fallica; cioè potere giocare la relazione affettiva e sessuale attraverso un elemento simbolico che è questo della seduzione, dellíessere, dellíavere il fallo. Nello scambio con líaltro sesso, non cíè un medium che permette di farsi desiderare, di mancare allíaltro, di sentire la mancanza dellíaltro e allora il mio interrogativo, e qui finisco, si ricollega a quello da cui son partito sul tempo della cura e uníeventuale passaggio ad un altro tipo di cura. Dobbiamo aspettare cosa? Che il terzo arrivi? Allora è giusto che arrivi dal cielo, come è già arrivato. Dio, comíè la frase finale, "ogni cosa che accade anche negativa è il disegno misterioso del Divino" Finalmente cíè il terzo, non è il fallo, è Dio, però è intervenuto un mediatore che dà senso a questi avvenimenti altrimenti subiti nel proprio corpo. Allora, se non si aspetta Dio, che cosa la cura può fare per, diciamo così, mettere al muro il soggetto perché risponda al terzo?

Di Giovanni: Ripartirei da quanto detto sulle notizie raccolte dalla cartella, se non sbaglio, in cui cíera: "nellíinfanzia non vi erano stati problemi particolari" le tappe evolutive somato-psichiche nella norma ad eccezione di un mancato allattamento al seno". Ecco queste notizie così scarne mi fanno pensare che non ci fosse altro in cartella e mi riallaccio a questa mancanza di passaggio alla parola vissuta nel corpo e come fare a passare alla parola, lasciando un attimo la diagnosi di struttura, ma ipotizzando effettivamente questo disturbo istrionico e la maggior primitività rispetto allíisterico. Ecco la mia domanda è un poí quella - la mia risposta anche ci sarebbe, dato che mi occupo di bambini e di genitori - cioè se nel raccogliere líanamnesi non ci possa essere un primo tentativo di far si che il soggetto parli un poí di sé di quello che fantasmaticamente le è stato trasmesso dai genitori e quindi un minimo di tentativo di quel passaggio che secondo me è difficilissimo fare dopo. Ossia il terapeuta non può mettersi a chiedere suo padre, sua madre, lei, cosa è successo nellíallattamento, ha avuto la gastroenterite, è stato avvelenata o quel che è; quindi sono díaccordo che è difficilissimo dopo, ma si perde uníoccasione grossa, mi sembra, non facendolo li e forse dato che si parla di specializzazione mi sembra una cosa importante e poi la raccolta dellíanamnesi, secondo me, è il primo tentativo del soggetto - io sto pensando ad una madre che ho visto stamani - di prendere veramente una parola sul corpo, sul corpo proprio del bambino. Questa madre parlava di sua figlia stamani e per la prima volta riusciva a dire che forse cíè un disturbo addirittura durante il parto, una mancanza di ossigeno. Per cinque anni non líha voluto mai ammettere. Quindi la figlia se un giorno potrà vivere è perché la madre è riuscita a dirlo parlando di lei. Qui líanamnesi era sulla paziente; aveva ventotto anni. Ma, voglio dire, se parla di sé parla dei fantasmi che i genitori le hanno trasmesso, líallattamento lei non se lo ricorderà, ma può dire mia madre, perché che cosa le hanno detto? perché non líha allattata al seno? non avevo latte, non avevo capezzoli, tu non ti attaccavi, non succhiavi, dormivi, facevi i capricci, avevi sempre gli spasmi, il mio latte era cattivo, non so, tutto ciò è il primo tentativo di dare parola al corpo. Se si perde quellíoccasione li mi sembra...

Barracco: Volevo riallacciarmi a questo punto della conduzione della cura e diciamo della struttura, ma non tanto in termini psichiatrico clinici per cambiare struttura, ma proprio per come è stato discusso anche nel nostro gruppo, cioè rispetto a questo fatto della mancanza di parola. Sono díaccordissimo con la Dott.ssa Di Giovanni sul discorso del tentare uníanamnesi. Effettivamente e molto giustamente la Dott.ssa Oggioni ha detto, lei ha fatto subito questa fantasia di sentirsi pietrificata, come per farsi baluardo fisico, diciamo, a questo tremore. Quindi in un certo senso lei se ne era accorta benissimo di questa situazione qui, che forse ha impedito in questa prima fase líapertura alla parola, ma anche rispetto al trauma dei marocchini, diciamo, in un certo senso anche li io ricordo che la paziente tornava allíattacco istericamente con questo finto trauma, chiedendo allíanalista: "io voglio parlare con mio fratello" una volta, di questa cosa, che lei diceva che non aveva mai detto in famiglia nessuno. Anche li la mia fantasia era stata, si poteva dire: giustamente la terapeuta ha evitato di dare importanza al trauma, al finto trauma, diciamo così, - dico finto perché io mi associo allíidea che il vero trauma è stato che nella situazione lecita lei, in questo senso lo dico un poí per tutti, lì diciamo giustamente ha evitato la posizione agalmatica cioè di dare importanza a questo trauma però avrebbe potuto dire: "ah suo fratello", "a proposito" non so, diciamo così, in qualche modo la paziente oltre che del trauma parlava del fratello, forse per la prima volta. E allora vorrei chiudere su questo, dicendo che la posizione lacaniana - in questo senso dico, beh ci metto la mia parte, che la formazione chiaramente influenza tanto - è una delle poche che tende ad eliminare, per esempio, programmaticamente la posizione border-line e si dice che, a volte, se il terapeuta prende una posizione border-line, paradossalmente se non si decide, cioè se lui stesso non decide una posizione, è la cura che può diventare border-line In questo senso mi sembra a me un pochino di vedere che, anche se cíè stata analisi, se cíè stato lavoro, però non cíè stata veramente una decisione. In questo senso io sono díaccordo con il collega che diceva che se questo trauma del marocchino può far pensare alla psicosi, detto così, perché non cíè uníarticolazione assoluta tra quella parte che ci mette il soggetto e invece la violenza subita ecc. E questa articolazione rimane un poí li e io faccio la mia ipotesi su questo che, non lo so, questo è proprio molto lacaniano non so, se io mi sento e forse dipende dalla formazione che uno ha, però questa questione dellíosservazione, cioè questo setting che sta dietro la terapeuta, questo contenitore, líosservazione, un pochino condiziona tutta questa cura. Cioè io vedo un poí una incertezza appunto border-line tra líosservazione tra la terapia e che questo poi ha favorito forse questa identificazione reciproca un poí, a livello dellíimmaginario del corpo ecco. Io trovo che ha fatto bene la terapeuta, ha colto il fatto che la paziente offriva questo trauma perchè era il suo modo. Forse qui non cíera; io dico, mi riferisco alla discussione che abbiamo fatto, discussione che dopo non è stata riportata nel testo. Però in questo caso io credo che avrei detto "ah suo fratello.." avrei cercato nel limite del possibile di aprire, di cogliere questa cosa del fratello, perché penso che questo fratello poteva essere il terzo, líinizio, ecco in questo senso.

Viganò: Se si è capito, qui non è stato detto oggi, ma ad un certo punto la paziente ha parlato, ha chiesto se era il caso di parlare con il fratello.

Sartorelli: Io volevo dire questo: uníipotesi riguardo al mettersi con uno dei violentatori è quella, oltre al masochismo beh o forse rientra nel masochismo, ma più precisamente è un tentativo di controllo. Questo atto disperato di controllo di un persecutore enormemente distruttivo e assolutamente incontenibile. Quello è un modo di contenerlo, un modo di contenerlo facendosi, trasformandosi come lui, diventando uno dei violentatori anche lei. E questo ovviamente ricorda la questione dellíimitazione, dei capelli biondi, del tagliarsi i capelli e colorarli esattamente come quelli dellíosservatrice e così come è quello del continuare a riprendere gli stessi farmaci, così come il fatto che, in tutta questa storia, che la paziente racconta di sé, come líhai descritta tu, è una sequela di ripetizioni. Sono sempre violenze, poi ne arriva uníaltra e poi uníaltra, poi possiamo leggere allo stesso modo quelle dellíinfanzia. Cioè allora è sempre così. Ora líipotesi che faccio io dunque è che ci sia questo vissuto dominante nella paziente dellíessere confrontata con una presenza al di fuori di lei che è distruttiva in un modo incontenibile, per cui appunto líunica possibilità è quella di diventare lei stessa attivamente distruttrice di sé. Questo mi porta alle considerazioni relativamente al terzo, non è vero che il terzo non cíè, si potrebbe dire, il terzo cíè e come, semplicemente la questione è che líapparizione del terzo comporta che uno dei due precedentemente presenti venga annullato. Cioè comporta il riprodursi del due della coppia allíinterno della quale non cíè differenziazione, quindi non è che non cíè, è che semplicemente il terzo implica il rendere morto e conservare morto, distrutto quello che sarebbe uno della triade.

Oggioni: Volevo fare una breve precisazione anche in risposta allíintervento della Dott.ssa Barracco e allíintervento del Dott. Sartorelli. Il discorso dellíamplificare la presenza del fratello. Io non ho mai voluto, per scelta tecnica, chiamare a me i parenti di questa paziente e da ultimo il marito, che lei sta cercando di portarmi qua. Perché? Perché .. si ho capito, però amplificarlo nel discorso e anche un portarlo qui, in qualche modo. La paziente cerca poi di concretizzare questa cosa, questa fantasia portandomi qua il marito in persona, facendomelo vedere, dice lei. Mi porta la fotografia, anche un acting in che io guardo rispondendo al suo acting in con altro mio, però sapevo che lo stavo facendo. Ma io credo che il terzo sia il setting tra me e questa paziente; è per questo che sto seguendo questíaltro registro interpretativo dove vorrei che questa paziente sperimentasse che può esistere un terzo tra noi non persecutore, che è appunto quello fornmato da me e da lei insieme, quello è il nostro terzo. Ecco perché tendo a tenere la stabilità del setting, ci tengo molto, fino a diventare rigida, probabilmente; ecco perché ci tengo ad interrompere con precisione dopo quarantacinque minuti nonostante la paziente mi porto proprio lì, border-line, il tema più importante di tutta la seduta ecc. Ecco, io credo che il border-line di cui tu paventavi líeventualità come tipo di atteggiamento terapeutico sia remoto, come pericolo, perché, in realtà, finche questa paziente non rinuncerà a buttare davanti a lei, a dare delle priorità ai suoi fantasmi e non assumersi in prima persona il senso della tragedia umana che la riguarda, non si potrà parlare di psicoterapia. Finché non vorrà contrattare la su vita psichica, anche a livello reale, investendo energia, tempo, soldi su un progetto psicoterapeutico vero, non si potrà parlare di un inizio vero di terapia psicologica che è un discorso estremamente serio ma anche estremamente preciso, non border-line, per líappunto, e questa paziente non dimentichiamo è venuta da me mandata da un collega dellíospedale, che è il Dott. Gala, ma non per una sua richiesta più di tanto specifica. Ancora oggi che si accontenta di non tremare più, mentre il problema è ovviamente altrove - infatti líassenza del tremore in questa paziente non ha portato in me nessuna sorta di gratificazione particolare, mi è abbastanza indifferente che non tremi più - ma in realtà adesso cíè il marito da curare, cioè cíè sempre qualcun altro di fittizio

Viganò: Io dico la mia su questo famoso terzo: tu dicevi il setting, il setting proposto proprio come regola, come legge assoluta, quarantacinque minuti, la fissità, la stabilità ecc. Io vedrei una possibilità che non è alternativa a questa evidentemente, quella di interrogare il terzo come líinconscio, questo famoso soggetto che parla nel corpo, che parla sulla porta, che sostanzialmente non vuole comparire a pieno titolo nella scena, nel setting stesso, ma questo è un terzo rispetto a cui io credo che ci siano elementi sufficienti perché la paziente possa, anche solo con piccole battute, con effetti di ritorno, essere costretta a prendere atto. Le ripetizioni, i due ogni due settimane, cíè una serie di piccoli lapsus, di piccoli witz, sono delle battute involontarie, quanto si vuole, in cui si presentifica líinconscio. Ecco, io non so, io credo che dare una restituzione non interpretativa, non di senso, ma proprio di witz, di battuta, di presa in conto umoristica - sapete che la battuta è la struttura fondamentale della terzialità per Freud, quando cíè un effetto di riso è perché cíè un terzo, compare il terzo - quindi se una cosa fa ridere nella seduta, lì finalmente líinconscio è venuto fuori. Ecco mi chiedo se non ci siano elementi sufficienti perché la paziente debba essere costretta ad ammettere che cíè un soggetto che parla in lei, nei suoi sintomi ecc. senza dover portar li quel poverino del marito reso scheletro dalla consunzione della vicenda e quindi poter poi presto passare alla proposta che dicevi adesso di una cura impegnativa, cioè presa díatto dellíinconscio è ciò che esiste è questo terzo che quindi incuriosisce, uno è interessato a coglierne di più, se avverte di aver di aver detto delle cose senza saperlo, di aver fatto ridere e di poterci ridere sopra, allora si incuriosisce e questo fa motivazione per poter affrontare una cura. Una cura di cui, questa volta, si prenda lei carico anche dal punto di visto economico, del tempo ecc. In questa prospettiva io vedrei il passaggio alla cura nel momento in cui si è sicuri che la paziente ha colto líaltra scena che noi stiamo un poí costruendo a tutti i suoi comportamenti somatici; se per noi è così visibile è impossibile che non si possa dargliene un ritorno. Quel poco che la incuriosisca.

Pubblico: Volevo chiedere a Chiara questo: mi riferisco alla fine dellíesposizione, alla questione del marito, perché hai accennato prima qualcosa ma non ho capito bene. Vorrei capire meglio che idea ti eri fatta di questa specie di versione; la paziente sta meglio, abbandona il sintomo, il marito deperisce, diventa uno scheletro

Oggioni: Ma questa cosa della fotografia è dellíultima seduta che io ho fatto prima díinterrompere uníaltra settimana. A me sembra una specie di così gioco di passaggio di mano, mi sembra che, in sostanza, la paziente abbia provato probabilmente a chiedere inconsciamente al marito di prendersi questa parte a cui non desiderava rinunciare e che lui abbia accettato. Quindi a me qui sembra un discorso tra due inconsci: quello della paziente che io conosco e quello del marito che è speculare e lì dove potevano incontrarsi patologicamente si sono incontrati, perché non cíè mai limite sembra allíespressione patologica nel senso dellíuso del corpo in questo senso qua. Cioè là dove manca la simbolizzazione la mentalizzazione il corpo non ha limiti è una strada senza fine sembra. Allora quando la paziente mi ha detto se lei lo vedesse ora vedrebbe uno scheletro che cammina, io le ho risposto "di che scheletro stiamo parlando?" e poi è venuto fuori il gioco dello scheletro nellíarmadio, nel senso che quello scheletro che lei voleva farmi vedere è probabilmente il suo scheletro nellíarmadio. Cioè è un passaggio quello che io ho fatto notare alla paziente, in realtà, è stato questo funzionamento di coppia; ora non ricordo líintervento, le parole precise che ho usato, però ho semplicemente sottolineato come stessero passandosi delle cose in questo matrimonio.

Pubblico: La questione del marito che diventa scheletro, lei lo vede come scheletro. Allora, dunque, parla con te e il marito muore, diventa uno scheletro. Líesordio patologico che ha dato luogo al ricovero è associato a quellíespressione del marito, il marito parla dice: "amore mio" e quella sta male. Cioè io capisco líopportunità dellíosservazione e non vedo la possibilità di una terapia, perché mi sembra che quando entra in gioco il terzo possiamo dire o comunque quando entra in gioco una parola, quando entra in gioco un parlare, lì muore qualcuno. Allora parla con te, muore il marito e così è morta lei quando il marito, invece di fare un gesto di possesso, dice: "amore mio", "e chi è sto amore?", "meglio morire..."

Freni: Allora ripartiamo dal mancato allattamento al seno: è un trauma soggettivamente per la paziente questo? È stata una privazione gravissima? È stata uníesperienza mancata in termini - per esempio per Meltzer líallattamento, líatto del succhiamento, la penetrazione del capezzolo nella bocca è il prototipo della sessualità e quindi probabilmente una sessualità calda, accogliente ecc. Probabilmente nel corpo si è inscritta uníesperienza negativa. Il fatto che convive con il persecutore; qui in letteratura adesso è molto di moda il trauma ecc. e tante cose, il trauma attivo, il trauma passivo, il trauma come deficit, il trauma come elemento attivo da parte di un terzo, il trauma magari vissuto soggettivamente quando obiettivamente risulterebbe .., non si finisce più, il trauma reale, il trauma immaginato, se aveva ragione Freud .che il trauma ci fosse versamente e poi, ma, forse no. Oggi ci sono un sacco di libri, dibattiti, convegni. Allora può darsi che la paziente, una delle tante teorie è che il soggetto che ha subito un trauma tende a tornare sulla scena del delitto, diciamo così, per padroneggiarla e per verificare la parte che il conscio e inconscio vi ha apportato. Quindi probabilmente questa donna ha un profondo sentimento di colpa terribile che in qualche modo, questo suo modo di usare il corpo, in qualche modo, ha a che fare con il fatto che poi altri la usano storicamente in questo maniera selvaggia, primitiva che le appartiene e quindi andarsi a mettere in casa uno dei tre probabilmente è stata una idea saggia nella sua follia. Insomma, tutto sommato, sembra una cosa brutta a dirsi, ma in qualche modo è andata bene. Il marito me lo figuro allíinterno di una situazione di identificazione proiettiva in cui lei succhia queste forze a lui, lui si lascia usare allíinterno di queste e nel corpo succede qualcosa anche a lui. Qui siamo di fronte veramente a situazioni molto primitive. Nel rapporto che cíè con te a mio avviso cíè una cosa che forse, mi pare líavessi detto tu, appartiene allíordine della seduzione, perché con te fa un tentativo di quello che nel gergo Meltzeriano è líidentificazione adesivo mimetica che testimonierebbe appunto líassenza di un pensiero simbolico, un pensiero tridimensionale. Si muove nella dimensione bidimensionale, due, due, due; e che però in qualche modo annuncia il fatto che sta apprendendo prendendo con sé qualcosa di tè. Il problema che è stato sollevato da molti è come trasformare questo in un qualcosa che prescinda dalla imitazione somatica o dalla scarnificazione somatica. Quindi va benissimo tutto quello che è stato detto sotto questo profilo, però effettivamente questo è un punto che riguarda il terapeuta. La questione che è stata detta sul pericolo che il terapeuta - questa storia psicoterapia sì, psicoterapia no - rischi lui di mettersi in una situazione border-line, effettivamente è vera perché nella dinamica - io sono molto affezionato ad un gruppo di autori canadesi che hanno scritto un bellissimo libro sul narcisismo si chiama "Narcisismo: trattare il narcisismo come immagine di sé e il sadomasochismo come struttura economica evoluta a tenerlo in piedi" come sono i soldati che difendono la cittadella. Allora in questa struttura bipolare della mente quando cíè un soggetto in una posizione borderlainizzata, cíè qualcun altro che borderlainizza. Allora siccome questa cosa accade nellíintrapsichico, poi nella relazione se cíè qualcuno che si presta accade così e questo è molto evidente nelle coppie coniugali, negli innamoramenti, nella psicoterapia. Cioè uno che ha bisogno in modo specifico dellíaltro - e líidentificazione proiettiva è un concetto molto pratico, molto operativo da questo punto di vista - bisogno nella fattispecie di alcune caratteristiche specifiche dellíaltro perché questo possa avvenire e líaltro ci deve stare. Forse una possibile apertura di questo discorso potrebbe essere proprio a questi livelli. Quali sono le caratteristiche e i bisogni della paziente e quali sono le caratteristiche, per esempio, dei tre violentatori? Perché hanno scelto quella e non un altra? Per esempio perché ha scelto quel marito e non un altro? Come mai il marito è così dimagrito? Che cosíha questo marito che lo fa dimagrire? Cíè tutta uníapertura di discorso anche a questo livello, ne sono stati fatti anche altri esempi, che amplierebbero la possibilità di cominciare a capire proprio stando anche sul discorso del corpo. Come mai suo marito è dimagrito e che cosíha? Una malattia, che malattia è ecc. Che rapporto cíè? Perché lei immagina che dimagrisca in virtù di quello che fa lei? E così via Oh, vedo che lei oggi si è dipinta i capelli come me? E così via.

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