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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

INTRODUZIONE

VIGANO': farò un'introduzione volutamente breve, spero di contenerla in un quarto d'ora, venti minuti, dei problemi e delle domande emersi durante la discussione dei casi, attorno alla parola transfert e controtransfert. Ho qui tutte le trascrizioni fatte dei casi sia dell'anno scorso che di quest'anno e sono andato a rivedere un po' i dibattiti che si producevano.

Partirò da una considerazione: sono andato a riguardarmi il Gabbard per vedere su qs tema del transfert-controtransfert come lo impostava, come veniva messo, perché in fondo il trattato è di Psichiatria psicodinamica e direi che il termine Psicodinamica si accentra fondamentalmente sul binomio transfert-controtransfert, in esso risiede la tipicità che rende dinamica una prospettiva clinica. Quello che cercherò di illustrarvi, il problema che individuo come centrale, è quello di togliere il concetto di dinamica da un certo... impasse, dall'incollamento immaginario sull'idea che transfert-controtransfert vogliano dire attenzione alla psicologia della relazione soggettiva. In realtà qs è vero, sì, ma vale la pena di darne gli algoritmi di calcolo, occorre sottrarre qs relazione ad una pratica che la rende generica. Non si tratta di una relazione qualunque, essa implica una precisa concezione dell'amore e dei suoi rapporti con il sapere.

Il Gabbard nell'introduzione del suo manuale dedica due paragrafetti, uno al transfert, uno al controtransfert, molto veloci, una pagina ciascuno, dove riprende fondamentalmente concetti e definizioni classiche della psicoanalisi freudiana: il transfert come ripetizione di una relazione d'oggetto della vita infantile nell'attualità della relazione terapeutica, un "errore di persona". Quindi un fenomeno legato al concetto, alla struttura della ripetizione. C'è una definizione ripresa da Brenner molto semplice: "ogni relazione oggettuale - dice - è una nuova aggiunta ai primi definitivi attaccamenti dell'infanzia. Il transfert è ubiquitario, si sviluppa in ogni situazione psicoanalitica perché si sviluppa in ogni situazione in cui un'altra persona è importante nella propria vita."

In modo molto semplice si dice che il tr. è una struttura della soggettività umana; che la psicoanalisi non fa che prendere una struttura universale e metterla nel laboratorio psicoanalitico, mette la tecnica dell'incontro, quello che alcuni chiamano setting, in modo tale da sfruttare al massimo qs macchina del tr. che è, come tale, una macchina universale che caratterizza la struttura del soggetto in quanto funziona ad inconscio.

A proposito invece del controtransfert. il Gabbard dice: in fondo si tratta sempre di transfert: quello del pz è sostanzialmente identico ad un analogo transfert che si produce da parte della persona dell'operatore. Anche lui ha un suo passato, ha delle sue strutture infantili che tendono a ripetersi nelle relazioni; io aggiungerei: nell'ipotesi che il pz sia per qs operatore una persona importante! Quanto più è importante il pz per il curante, tanto più ci sarà investimento transferale. Ecco, qui parla di fenomeni identici di transfert e controtransfert. e quindi li mette come fossero speculari. Però poi sviluppando il concetto di controtransfert qs specularità, qs identità viene subito smentita nel testo stesso del Gabbard, quando dice che l'operatore riflette silenziosamente sulla possibile origine di quei sentimenti nel contesto di relazioni del passato. Introduce quindi una differenza sostanziale tra transfert e controtransfert. nel senso che il tr. del pz è parlato ed agito, il controtransfert. dell'operatore, almeno nella situazione clinica, è silenzioso, è un lavoro che il curante deve svolgere senza la presenza del pz. Dunque non si tratta di una analisi a deux - il controtransfert. È da elaborarsi da parte dell'operatore silenziosamente, vuol dire a casa sua, non nel setting analitico. Qui c'è già una dissimmetria molto importante. Basta. Nella premessa non dice altro, i concetti sono qs.

È interessante vedere come, capitolo per capitolo della clinica, questi due concetti vengono ripresi. Ne ho fatto una lettura trasversale, sono andato a vedere il posto che viene dato di volta in volta a transfert e controtransfert nella Schizofrenia, nei disturbi Borderline, nei disturbi di personalità narcisistica ecc...

Ne ho fatta una specie di rapida statistica dove si vede ad es. che sul tema Schizofrenia la parola tr- controtransfert per tutto il capitolo non compare mai, mentre al contrario nei disturbi Isterici ci sono quasi 15 pagine sulle 25 del capitolo Isteria dedicate al problema del transfert erotico, cioè alla tendenza tipicamente isterica di investire eroticamente la figura del terapeuta, presentando così una difficoltà nel trattamento.

Un'altra forma clinica in cui viene presentato come problematico il transfert è quella del disturbo di personalità Borderline: anche lì transfert molto difficile da trattare, tendenzialmente negativo, che si negativizza facilmente, oppositivo e via di seguito. Qs sono i due capitoli dove il transfert prende quasi la metà della trattazione della forma clinica stessa. Ci sono altre due esemplari forme cliniche nelle quali il posto preminente della trattazione viene preso invece dal controtransfert., sono: una, la Paranoia, che pone dei grossi problemi di controtransfert. - e qui viene citato Winnicott ed il suo concetto di "odio oggettivo" - cioè dice: è inutile, scusate il termine, menarcela tanto, i paranoici noi li odiamo, ci suscitano inevitabilmente un odio - dice - oggettivo: è proprio dell'oggetto "paziente paranoico" suscitare qs sentimento. Se uno non lo avverte è perché c'è una forma di denegazione inconscia di qs odio. Quindi il problema controtransferale è fondato sull'elaborazione di qs odio. Anche a proposito del disturbo di personalità narcisistico si pongono diverse questioni, di cui una è centrata sul problema del controtransfert.. Quindi la scelta terminologica tr- controtransfert. varia nella spontaneità della trattazione, viene diversamente svolta, a seconda della situazione clinica e qs si è ripetuto anche nei nostri casi. In certi casi è stato più problematico il lato transferale e la sua trattabilità, in certi altri si è rivelata problematica la posizione soggettiva dell'operatore. Quindi c'è una oscillazione di qs termini nella trattazione clinica, che sembrerebbe dipendere dall'attribuzione soggettiva del transfert in quanto resistenza al trattamento.

Questa mia lettura da indice analitico del testo di Gabbard riserva un'altra sorprea. Nei capitoli iniziali - dove si parla in generale dei vari tipi di trattamento, individuale, di gruppo e mediante ricovero ospedaliero - transfert e controtransfert. compaiono principalmente a proposito del ricovero ospedaliero, mentre non se ne fa cenno rispetto al trattamento individuale. In quest'ultimo caso se ne fa un accenno e viene dato per scontato, se ne parla poco a proposito del trattamento di gruppo, mentre il trattamento ospedaliero è incentrato su di un lungo capitolo titolato: " un modello di transfert - controtransfert.".

Quindi si parte da una considerazione che era già stata fatta da Freud (che qui - senza citarlo - riprende pari pari) e cioè che l'istituzione ospedaliera, il luogo di ricovero è un luogo di forte corrente transferale. Freud parlava di un tr. sui muri stessi del manicomio. Qs lo si è visto sperimentalmente adesso che si sono dovuti dimettere tutti i ricoverati residui degli ex manicomi... la difficoltà strutturale, soggettiva, propria dello psicotico cronico a staccarsi da quei muri, quei luoghi dove, se non altro, aveva vissuto 10, 15, 20, 30 anni. Non solo per il contesto di abitudini che si erano formate, ma per l'identità soggettiva che qs muri erano venuti strutturando. Quindi qs famosa istituzionalizzazione non ha solo una connotazione negativa di cronicizzazione...ecc., ma anche una struttura identificativa di un soggetto, che si scompensa, che va nella violenza, va nell'aggravamento dei sintomi, una volta tolto da quell'istituzione.

Mi sembra interessante qs osservazione perché mi dà... l'avvio per l'osservazione, la proposta che vorrei fare circa un algoritmo, cioè uno schemino di calcolo possibile del transfert, più strutturale e meno agganciato alla nostra tradizione psicologistica di pensare il tr. come il pz che si innamora dell'analista. Questa è infatti la vignetta di tutti i giornali maschili e femminili.... prima o poi ci si innamora dell'analista, e di qui tutti gli interrogativi.. se si può fare l'amore sì o no... tutte qs storie...

quindi l'immaginario collettivo è catturato da quello che qui (Gabbard) chiama il problema del transfert erotico dell'Isterico. Ma in realtà qs è un caso particolare: la struttura del tr. è una struttura della soggettività.

Il Gabbard ne dà due connotazioni, riprendendole dalla tradizione analitica: una struttura del soggetto come tale, almeno partendo dalla considerazione analitica del soggetto; e secondo, il transfert come tale riguarda l'Altro, anche l'altro istituzionale e non si riferisce quindi eminentemente ad un'altra persona, ma si riferisce piuttosto ad un interlocutore simbolico, e quindi anche istituzionale del soggetto.

Quindi io vi ripropongo lo schemino con cui pensare il tr. In quanto struttura di base della soggettività umana, in quanto struttura relazionale, meglio struttura divisa del soggetto: è l'unica scoperta della psicoanalisi, quella che siamo abituati a chiamare col nome di Inconscio. Cosa ha scoperto Freud? L'Inconscio. In realtà è stata un'invenzione, non c'era niente da scoprire. La struttura che ora vado a scrivere alla lavagna è una formula più generalizzata, più strutturale di pensare l'Inconscio.

S ------------------à A

S/ ß ---------------- A

Il soggetto umano è un sg che si costituisce a partire da una relazione a feed-back con l'altro, in particolare con l'Altro del mondo simbolico, del linguaggio. E' la proposta che ha fatto Lacan: rileggere Freud a partire dalla linguistica e che si concentra nel famoso aforisma "l'Inconscio è strutturato come un linguaggio".

Quindi questo A grande è l'insieme di tutti i significanti, quindi l'elemento simbolico che organizza la vita del sg . Questo A non è solo il codice, ma al contempo è il luogo che racchiude i significanti della storia particolare, biologica, delle soddisfazioni del soggetto. La verità del soggetto viene così custodita e alienata in un luogo "profondo" e al contempo esterno, con il risultato di dividere il soggetto tra ciò che percepisce di sé e ciò che lo determina nel profondo del proprio corpo, nella memoria inconscia delle sue cellule. Quindi il sg si struttura a partire da una relazione con l'Inconscio, da cui gli ritorna il senso della propria esistenza. Potete, tanto per avere un esempio chiaro in testa di qs struttura complessa della soggettività umana, considerare il fenomeno fondamentale della parola: nella direzione dal soggetto all'Atro c'è la voce, l'elemento corporeo, somatico, l'emissione di vibrazioni sonore, quelle che sto producendo adesso e che vengono amplificate dal microfono, dall'altoparlante. Mentre dall'Altro, di ritorno, viene il senso: il senso dell'emissione sonora che io compio attraverso la laringe, le mie corde vocali, il senso mi ritorna dall'Altro. Il senso non c'è prima dell'atto di parola, di ogni atto umano, esso è l'esito di un'operazione complessa e dinamica. L'Altro come struttura, come luogo, è incarnato da tanti altri, dagli altri, da voi che state ascoltando. L'emissione delle mie parole, dei miei suoni mi accorgo che ha senso a partire dagli altri che siete voi, dalla faccia che fate, dall'attenzione che prestate, dal feedback che mi restituite. Tant'è vero che a volte questa struttura complessa può desincronizzarsi, scindersi negli elementi che la costituiscono. Allora capita che chi parla è così preso dal senso di quel che vuol dire, che ad un certo punto non si sente più la sua voce, sul concetto più importante c'è un calo di voce, la concentrazione sull'asse del senso lo distoglie dalla fisicità dell'emissione del suono.

O, viceversa, se uno è così attento all'emissione del suono, mettete il cantante lirico, può perdere o far perdere di vista completamente il senso di ciò che sta dicendo... sono note musicali quelle che Pavarotti emette... e spesso il senso della frase che sta pronunciando si perde. Quindi sono due assi che solo psicologicamente siamo abituati a pensare come coincidenti, e quindi a ritenere che la parola sia strumento di comunicazione. In realtà la parola è strumento di comunicazione solo a certe condizioni; è un montaggio complesso, la parola come strumento di comunicazione è un montaggio di due assi, uno in andata, uno in ritorno dall'Altro. Essi possono a volte distinguersi, possono non essere ben sincronizzati: è la nostra patologia, a partire da qs schema, la patologia mentale riceve una forte illuminazione. Perché in fondo i disturbi mentali sono tutti disturbi della sincronizzazione degli assi di qs modello comunicativo: pensate solo all'Autismo, cioè quando un sog. si rifiuta di mettersi in relazione con l'Altro, quindi non emette suono per non averne la responsabilità, per il terrore della risposta di senso che il suo suono comporterebbe da parte dell'Altro, si ritira dal mondo dell'Altro... o pensate alla Nevrosi dove l'emissione di segni o di fatti corporei produce sensi o un senso totalmente soggettivo a partire dalla codificazione che riceve nell'Altro: quindi qui nella via di ritorno (S/) potete mettere il sintomo nevrotico. Il sintomo nevrotico, ad es. la tosse nervosa di Dora è un ritorno al sg di un senso totalmente codificato nel luogo dell'Altro con una valenza di soddisfazione sessuale sostitutiva. L'afonia è un modo di essere del corpo di Dora che solo l'analista, che si pone a decodificare nel posto dell'Altro, può decifrare e restituire al soggetto come senso. A nessuno sarebbe venuto in mente che l'afonia di Dora ripetesse una soddisfazione legata al coito dei genitori e alla sua identificazione con il padre, se il transfert non stesse alla base dell'ingresso della pulsione umana nel campo del simbolico, se tutto ciò non si fosse ripetuto all'interno della relazione terapeutica. Dove si ripetono le due posizioni: qui il pz e qui il terapeuta... il terapeuta si pone dalla parte del codice, dalla parte dell'Altro ed il pz dalla parte del sog..

Quindi la situazione terapeutica è una applicazione particolare, di laboratorio - la psicoanalisi freudiana - di una struttura universale della comunicazione umana.

Se si tiene conto di qs, allora possiamo pensare tutto il campo delle psicosi come un disturbo a livello dell'Altro, dell'inconscio. Lacan lo chiama "preclusione del Nome-del-Padre", cioè della funzione paterna, della funzione dell'autorità, dell'autorevolezza a livello del codice, di chi autorizza il messaggio a ritornare come senso.

Cioè la psicosi, procedendo a grandi passi per arrivare poi al transfert, è una sospensione della validità a livello dell'Altro della funzione paterna. Non funziona il meccanismo autorevole, il messaggio emesso dal sog. non ritorna come senso: qs via è preclusa al soggetto e i messaggi si producono dalla parte dell'Altro; è l'Altro che contiene il senso del soggetto e il sog. è nell'impossibilità di potersene appropriare e ne subisce la voce, la sente come proveniente dall'esterno.

Quindi è un Altro fondamentalmente persecutorio quello dello psicotico, che sa tutto, che legge nel pensiero, che non restituisce, se non come messaggi indecifrabili, come voci, come allucinazioni ecc. Una struttura comunicazionale di qs genere è il tr. Psicotico, un tr. tendenzialmente persecutorio, che lega il soggetto ad un Altro che ruba il pensiero, che ruba la soggettività, di cui il sog. cerca di riappropriarsi in varie direzioni. Ad es. rendendo il tr. erotomaniaco "non è vero che l'Alro mi perseguita, io sono un caso unico al mondo, qs mia diversità totale è per una finalità superiore e l'Altro ha il segreto della mia missione nel mondo; l'Altro mi ama perchè ho un grande destino". È un modo per il soggetto psicotico di positivizzare qs transfert, altrimenti intollerabile e rendergli la vita almeno possibile. Il delirio, dice Freud, è una forma di guarigione, un modo di adattarsi ad una struttura non funzionante dell'inconscio. E' un disfunzionamento che potremmo definire Inconscio esteriorizzato a fior di pelle, per il sog. psicotico l'Inconscio non è un Altro dentro di lui, che ad esempio di notte compare in tutte le fantasmagorie del sogno, ma è un Altro che è fuori nella realtà esterna. Qs struttura di base, introdotta dalla psicoanalisi, informa la Psichiatria Psicodinamica, ci dà l'idea di come si distribuiscono le parti a livello del tr. e di come mai nella clinica i problemi transferali si pongano diversamente a seconda delle forme cliniche. E anche del perché si pongano a volte prevalentemente dalla parte del pz, e a volte più dalla parte di chi gli fa da Altro.

In particolare, e qs è l'ultima osservazione che vorrei fare, dobbiamo tenere conto che la struttura del tr. è una struttura tale per cui c'è un Uno ed un Molteplice. E' ciò che sta alla base del fenomeno di massa, dell'identificazione al leader, ma anche del transfert istituzionale. Qui possono nascere le confusioni, tra l'Uno e l'Altro. Se ad esempio un terapeuta si mette in relazione con la schizofrenia, con il tratto schizofrenico e non con il pz reale, allora si produce il controtransfert., vale a dire un tr. che fa massa, cortocircuita il tr. del soggetto. Freud esprimeva questo come l'aspetto di resistenza che il tr. comporta, Lacan integrava l'osservazione affermando che la resistenza non è che dell'analista, cioè dell'Altro. Possiamo dire che si produce resistenza quando il molteplice si prende per l'Uno, l'Altro per il soggetto. Per questa via allora il concetto di controtransfert viene riassorbito fondamentalmente in quello di tr., ma solo se gli si dà il senso di qs algoritmo strutturale.

In qs algoritmo ci sta dentro sia quello che viene chiamato tr., sia quello che viene chiamato controtransfert... perché è una struttura complessiva. Direi che all'interno di qs struttura l'origine unitaria del tr. è il soggetto: ad ogni soggetto il suo transfert. Il sog. rende unico il tr., mentre c'è una molteplicità dalla parte dell'Altro... perché nella parte dell'Altro ci può stare certamente l'analista, ma ci possono stare, come abbiamo visto, anche i muri del manicomio. Ci può stare tutta una serie di operatori, ci può stare la famiglia e tutto quanto. Leggere così il tr. è quello che ci permette di pensare l'esportazione della cultura psicoanalitica e psicodinamica dal setting privato dell'analista al setting pubblico della cura psichiatrica. In particolare qs aggiornamento teorico in senso strutturalista ci permette di metterci al passo con quello che è un rovesciamento di modello, che va ben al di là della psicoanalisi... non so quanto lo si possa attribuire alla psicoanalisi e quanto sia dell'evoluzione della società stessa ... e cioè il rovesciamento del modello prevalente del rapporto medico - pz, Si era cercato di applicarlo anche alla psichiatria, come rapporto duale e lo si è chiamato "psicoterapia". Ebbene oggi non è più possibile pensare la salute mentale fondandola su questa diade, sempre più si tratta di un rapporto del soggetto con la rete delle cure, con l'insieme dell'organizzazione sociale delle cure: assistenziali, mediche, psichiatriche, riabilitative, rieducazionali ecc...La situazione in cui ci troviamo ad operare, anche a livello della medicina, a livello di salute mentale, spesso anche a livello di sintomi ex - nevrotici, chiamiamoli così, anoressie, bulimie, tossicodipendenze... a lavorare in una situazione di rete. Ed è sempre più difficile pensare l'intervento a livello di rete come tale da ricalcare il modulo "relazione medico-pz". Alcuni lo fanno ancora anche nell'istituzione, si creano la loro stanzetta, magari col loro lettinuccio, si portano il pz lì e ricreano il momento privato di medico-pz. Tranne poi succedere che, se lo fa lo psicologo, poi lo fa lo psichiatra nella stanza di fianco, si producono delle moltiplicazioni di lettini, di interpretazioni, di relazioni investite secondo qs modello, che sono francamente schizofrenogene, che fanno inutilmente concorrenza a quella con la madre.

Quindi il problema è che l'operatore deve - lui per primo - mettersi nella posizione corretta, dalla parte dell'Altro e accettare la compagnia in cui si viene a trovare. Quindi è tener conto che il transfert è stato originato dal pz, dal sog....quindi non per niente nella tradizione si diceva rapporto medico-pz. Perché era l'Altro a dare le regole al sog. per la relazione stessa. In primis era il medico che diceva: sati zitto, mettiti lì sul lettino, io ti guardo, ti ascolto, ti palpo, ti percuoto, ti faccio gli esami, ti dico che cosa hai. Quindi medico- pz., controtransfert.

Se si inverte il senso, in senso analitico, il rapporto pz- medico, bisogna tener conto che nella parte medico c'è per il soggetto qs luogo del codice, rispetto a cui l'operatore, il medico, il terapeuta deve fare un'operazione preliminare ad ogni interpretazione ed, io direi, ad ogni diagnosi possibile.

Proprio perché è plurimo, l'Altro non può, dal posto in cui si trova, codificare d'amblé le cose che vengono dal soggetto: che siano voci, che siano parole, che siano atti, acting-out, passaggi all'atto ecc. Non può, a costo di scorrettezza clinica (come dice Miller "non c'è clinica senza etica"): si sottoporrebbe quasi inevitabilmente ad errori diagnostici e tanto più terapeutici. Non si deve prescindere dalla costruzione del caso: se non si rettifica prima la propria posizione, se gli operatori non fanno il lavoro senza il pz, il lavoro "solitario" come si esprime Freud o "silenzioso" come dice il Gabbard, non si potrà restituire del senso. Un operatore, nel posto dell'Altro, che restituisse del senso immediatamente, che ritenesse automatica la codifica dei segni, degli atti, dei gesti, dei dolori, delle lamentele del pz, farebbe un errore di clinica psicodinamica. Farebbe una lettura di stampo oggettivante che, nel caso della salute mentale, sarebbe del tutto fuori luogo, venendo a riprodurre e a rinforzare la struttura transferale della malattia. Quindi, prima di interpretare, di dare senso, deve diagnosticare la propria posizione di operatore, deve capire dove il pz lo sta mettendo. E' in questo senso che vi propongo di intendere la problematica del controtransfert.

In molti casi, ad esempio in quello presentato dalla d.ssa Pozzi, si verifica qs tipica molteplicità del tr.: uno sullo psichiatra che dà i farmaci e l'altro sulla psicoterapista psicologa, in quel caso. Ad un certo punto della dinamica nella produzione di segni, parole, discorsi del pz si è prodotta una certa aggressività verso l'Altro transferale. Che cosa è successo? Che il pz stesso, per non aggredire la persona inevitabilmente buona della psicoterapista, ha utilizzato lo psichiatra per esprimere tutta la sua aggressività. In assenza di una costruzione d'equipe di questo transfert, lo psichiatra ha letto qs aggressività in un modo diverso da quello con cui avrebbe potuto leggerla lo psicoterapista.... ha aumentato i farmaci, ha organizzato il ricovero, no, il ricovero no... ha fatto delle operazioni di senso legate all'aggressività generica. La psicoterapista in quell'occasione non ha potuto restituire al pz: "ma guardi che lei è proprio con me che è arrabbiato. Ha il problema di contenere qs rabbia che è sua..." sua del pz, restituirgliela come sintomo; è stato un segno splittato in una interpretazione psichiatrica medicale e quindi trattato in maniera psicotica. Ma qui a trattare in maniera psicotica l'aggressività della pz è stata l'equipe curante, un errore terapeutico: non è psicosi del sog. che in quel caso era proprio nevrotico e non psicotico. Quindi il problema del controtransfert. io lo leggerei così: dalla parte dell'operatore c'è il problema di fare quell'operazione silenziosa, di cui parla Gabbard, l'operazione che raccoglie qs segni distaccandoli dal realismo personale, la rabbia, quindi, la tendenziale risposta del pz all'odio oggettivo del paranoico, il sentirsi oggetto di un transfert erotico da parte dell'isterico, ecc. Tutte qs cose l'operatore le risente soggettivamente, magari se le sogna di notte... cioè c'è un suo coinvolgimento inconscio... ed il problema è di che cosa se ne fa di qs controtransfert, di come lo utilizza. E qs è la domanda che Freni ci ha spesso fatto: ma come si utilizza il tr. nell'istituzione? Qs è il dato di fatto: è talmente complessa la situazione, multipla, con più personaggi, come si può sperare che ci sia una elaborazione di qs produzioni inconsce, di qs segni letti dai vari operatori, che possa avere un minimo di ritorno utile al soggetto, quindi avere un valore terapeutico?

Perché se tutti qs vissuti degli operatori non ritornano in una maniera ordinata dal soggetto, sono dispersi e non hanno...perdono la loro efficacia terapeutica. Quindi il sog. viene messo nella macchina del tr., che è una macchina fondamentalmente dispersiva, non soggettivante, quindi poi non c'è da meravigliarsi se il soggetto non migliora o si cronicizza, o si articola nei suoi modi di vita difensivi rispetto alle terapie. Ad es. gli psicotici che non ne vogliono sapere di farmaci o di ricoveri perché sentono un ritorno talmente incongruo rispetto al loro bisogno di vita che si trovano a doversi proteggere dalla terapia o sentire la terapia come nemica. Ma non perché - come si usa dire - non c'è coscienza di malattia. Per lo meno dire "non c'è coscienza di malattia", è un brutto modo di dire una cosa diversa, la cui struttura implica il terapista, che non si è collocato adeguatamente nel tr. del sog.

Chiaro: se un tr. del sog. è di tipo persecutorio, il terapista deve sapere che il ricovero verrà vissuto persecutoriamente . Però, come trasformare un SPDC da luogo della persecuzione del sog. in un luogo utile? Qs è tutta l'arte dell'equipe terapeutica, per cui ... capita che con l'andare del tempo anche l'SPDC sia sentito dallo psicotico, nel momento di crisi, come un'ancora di salvezza, un luogo di protezione, dove vuole andare, sono sempre di più quelli che vogliono andarci, vogliono essere ricoverati. Poi lì magari giustamente rifiutano i farmaci... dipende da cosa trovano lì.. se l'SPDC viene organizzato come luogo della crisi, della ricontrattazione e ridistribuzione dei transfert, anche negativi, del pz, allora ha una sua utilità. Se la risposta del SPDC è monotona, cocciuta, punitiva, iperfarmacologica e di detenzione fino a quando il pz non si calma, allora è un'occasione persa fondamentalmente. Fino al prossimo passaggio all'atto il sog. non ha guadagnato niente dalla crisi precedente, dall'atto precedente. Su qs punto termino; qs lettura mi porta a proporre di vedere il problema del controtransfert. come il problema di come trasformare la rete che c'è da parte dell'Altro, la rete sociale generica, l'Internet anonimo, in una equipe strutturata, capace di restituire senso al pz. Qs è la trasformazione, l'operazione preliminare di ogni terapia dinamica. Che cioè ci sia una autorevolezza da parte dell'Altro, capace di coordinare gli interventi dell'equipe, anzi, diciamo, di rendere equipe, quindi comunità virtuale per quel sog., una serie di interventi: dove il senso è il sog. che lo determina, è la sua capacità di recupero e di risposta. Quindi l'equipe è una comunità virtuale: sog. per sog. Ci può essere una equipe: quella che chiamiamo progetto terapeutico, coordinamento di interventi.

Solo raramente la comunità è utile che coincida o comunque può coincidere con la residenzialità, con un luogo comunitario. Nei nostri servizi, nel 90 per cento dei casi, si crea una comunità centrata su ogni sog.. C'è un operatore capace di fare qs operazione molto sofisticata, molto high tech.... non facile....l'equipe psichiatrica credo sia uno dei casi... quando lavora bene, di un'operazione tra le più sofisticate che si possano pensare sulla faccia della terra. Creare un'azienda che produce spazzole è molto più semplice che creare un'equipe psichiatrica. Creare un'equipe di management o di marketing è più facile perché comunque l'Altro ha dei suoi ordini codificati. Qui ci troviamo spesso di fronte ad un altro folle, un altro impazzito, c'è la famiglia, c'è l'eredità genetica, c'è da posizionare il farmaco... come si è detto. Tra parentesi in qs lettura si capisce bene l'importanza del farmaco che il prof. Freni ha spesso sottolineata, perché l'utilizzo del farmaco è uno degli strumenti più potenti per organizzare il ritorno di senso, per organizzare l'equipe virtuale che cura quel pz, Infatti il farmaco è un punto di potere, un punto di autorevolezza sociale, un punto paterno, perché la chimica è la scienza contemporanea prevalente: il farmaco rappresenta la scientificità, il potere, non solo dell'industria, ma della tecnica. Oggi è più importante la chimica della fisica o della matematica: è la scienza principe della società contemporanea. Pensate che potere smisurato ha la chimica. Quasi tutte le ultime innovazioni, compresi i computers, sono legati alla ricerca chimica. Quindi il farmaco è un po' il rappresentante di qs potere sociale fortissimo. .... Certo è un oggetto inerte il farmaco, non è niente... il problema è farne il sembiante di una gruppalità capace di codificare qualcosa che ritorna al Sog.. quindi il farmaco è, dal punto di vista della psichiatria psicodinamica, importantissimo, proprio come coagulo delle risposte transferali.

Quindi il problema del controtransfert. io lo vedrei così fondamentalmente: è il problema di passare dalla rete all'equipe. Cioè la gestione corretta del controtransfert. vuol dire organizzare un'equipe centrata sul tr. anziché una equipe autocentrata sui propri ruoli e sulle proprie difese di ruolo, come purtroppo succede nella maggioranza dei casi. L'equipe è tendenzialmente una struttura di autodifesa dalle angosce, perché rispondere ad un pz psicotico fa correre dei rischi, è impegnativo... ci fa pensare anche a casa, sognare di notte....

Tendenzialmente quindi l'equpe è una struttura che mette un filtro tra il pz e l'Altro del tr. e che protegge gli operatori dall'eccessiva angoscia. Invertire qs funzione difensiva, farla diventare una funzione di lettura dei segni del pz, di costruzione del caso, è un grosso problema, prima dicevo hig tech, ora direi problema etico, quindi culturale e politico.

Quindi l'equipe nella gestione del tr. è ciò che può rendere pensabile il caso come caso... perché tutto qs ritorno transferale ha una funzione terapeutica di per sé, ma al tempo stesso richiede tutto un preliminare ad un eventuale lavoro interpretativo: è semplicemente mettere lì il rapporto del Sog. con l'Altro, mettere lì correttamente il suo tr. in modo tale che possa essere leggibile. Dopo di che viene la domanda eventuale di analisi, di procedere oltre... se viene. Però direi che è una clinica preliminare quella che ho descritto, preliminare ad una clinica strettamente analitica. Qs preliminare è la psichiatria psicodinamica, la psichiatria come tale, insomma.

Ho occupato forse un po' più dei 20 minuti.


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