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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

PRESENTAZIONE DEL CASO

DONATINI: allora ho scelto di presentare qs caso, qs caso clinico perchè rappresenta una classica situazione che accompagna e sopravvive al lavoro di qualunque psichiatra che decida di esercitare la sua professione nel servizio pubblico.

La complessità è data sia dalla difficoltà a porre una diagnosi che vada oltre la descrizione del sintomo, sia dalla necessità di reclutare una rete di istituzioni sociali e sanitarie, la scuola, i servizi sociali del Comune, i carabinieri, i servizi di igiene, l'unità operativa di psichiatria e di farle lavorare in equipe con una prospettiva psicodinamica.

Maurizio è un ragazzo di 27 anni, vive con la madre e la sorella Lucia minore di due anni in una catapecchia in condizioni di estrema miseria e di degrado: rifiuti sparsi dappertutto, vetri rotti alle finestre, tale che i vicini di casa hanno chiesto l'intervento dei servizi d'igiene in più di un'occasione.

L'intero nucleo familiare è conosciuto ormai da tempo dai servizi sociali del Comune per la grave situazione di emarginazione, per l'alta problematicità che ogni membro manifesta e per la difficile convivenza tra i vari componenti. La famiglia che allora comprendeva anche il padre si è trasferita nell'attuale paese nell'hinterland milanese nell'86 da Milano. Dopo 7 mesi dal trasferimento il padre muore, qs'ultimo di 20 anni più anziano della moglie, muore all'età di 77 anni, quando M aveva 14 anni, aveva sposato la signora Natala, che è la madre di M, in seconde nozze ed aveva altri 4 figli avuti dal precedente matrimonio. viene ricordato come un uomo molto violento.

Anche la madre di M era in precedenza sposata ad un altro uomo da cui ha avuto 2 figli, che non hanno mantenuto con la madre alcun contatto. Altre 2 figlie nate fuori dai matrimoni sembrerebbero risiedere in America. Nel 1988 i servizi sociali del comune scoprono che la signora N non ha mai riconosciuto legalmente M e L, in quanto sono nati quando era ancora legata al precedente matrimonio. Risalgono a quel periodo le pratiche di riconoscimento. Entrambi i figli sono stati seguiti da insegnanti di sostegno durante il periodo della scuola dell'obbligo, hanno terminato le scuole medie inferiori, entrambi i ragazzi sono stati sottoposti a test d'intelligenza e sono risultati affetti da ritardo mentale di grado medio-lieve. M ha un QI di 51. Queste operazioni sono state fatte dai consultori milanesi, quando ancora non erano arrivati a qs CPS, in qs paese, per cui sono notizie così, di cui insomma non si sa nient'altro.

La signora N è una donna di bassa statura, capelli grigi, sempre spettinata, occhi azzurri, un viso precocemente invecchiato, ma vivace. Si presenta sempre afinalisticamente affaccendata perchè nella sua casa sembra non essere in grado di fare il benchè minimo ordine e lamentosa sui suoi disturbi somatici e sulla sua grama sorte. Sembra aver chiara solo qs distinzione tra gli operatori che le ruotano intorno: quelli del Comune a cui chiedere soldi o pagamento di debiti e quelli del CPS a cui chiedere ricoveri per M. Se qs due istituzioni le sembra che non rispondano alle sue richieste, diventa clamorosamente drammatica e teatrale. In più di un'occasione ha chiesto il ricovero di M presentandosi urlante in CPS o in PS con un sacchetto di sassi e mattoni, minacciando gli operatori di linciaggio se non fossero intervenuti immediatamente. Qs comportamento, che si spegneva autonomamente qualunque fosse la nostra risposta, e di risposte ne sono state date tante nel tempo, mi ha sempre spaventata

(Intervento che non si sente)

DONATINI: qs comportamento mi ha sempre spaventato per la sua irragionevolezza, ma non mi ha mai dato l'impressione di una modalità sinceramente disperata di richiesta d'aiuto. A conferma di ciò sta il fatto che non è mai stata in grado di costruire un rapporto di collaborazione, non ha mai aderito ad un programma o tenuto fede ad un appuntamento per più di una volta di seguito.

Finita l'urgenza non c'era più nessun problema. Ho tentato più volte di raccogliere da lei notizie sulla storia dei suoi figli, ma non sembra in grado di descriverli o di raccontare alcunchè di loro.

Sembra quasi che M e L siano sempre stati come li vediamo ora e che lei non li abbia cresciuti.

L ha 25 anni, è una graziosa ragazza il cui disagio psichico è stato misconosciuto, passava infatti le sue giornate a letto senza fare assolutamente nulla fino a qualche mese fa, quando la sottoscritta le ha proposto un ricovero in SPDC, in risposta ad una sua domanda di cura per vaghi e diffusi disturbi fisici. L accettò con entusiasmo e durante il ricovero continuava a chiedere esami e terapie per patologie che di giorno in giorno si moltiplicavano. Era evidente il suo tentativo di non rientrare a casa e di prolungare all'infinito la degenza. Dopo le dimissioni si è rimessa a letto. Ella dice chiaramente che per lei nulla si può fare se non viene allontanata definitivamente da quella casa ed in particolare da suo fratello, considerato responsabile di tutti i guai della sua famiglia. L'equipe curante ora sta cercandole una residenza alternativa a quella attuale. M venne ricoverato per la prima volta nel 1989, all'età di 17 anni dopo essere stato portato in PS dalla madre, leggo in cartella: "pz a tratti perplesso, ideazione vaga con contenuti di influenzamento, nega dispercezioni, ma presenta atteggiamenti d'ascolto che alterna a momenti in cui esprime il suo pensiero ad alta voce". L'ideazione di influenzamento non viene meglio specificata, sono riportati episodi d'ansia durante il ricovero ed una difficoltà a narrare gli avvenimenti nella corretta successione temporale. Fu curato con Aloperidolo 6 mg e Benzodiazepine e venne dimesso dopo una settimana con diagnosi di Disturbo schizotipico. Dall'anamnesi risulta che è dalla morte del padre, quindi due anni prima, che M aveva iniziato ad assumere comportamenti violenti verso la madre e la sorella. Già nel primo mese dopo la dimissione M manifestò una modalità di relazione con i Servizi vischiosa, richiedente, vorace e distruttiva che perdura tutt'oggi. Per es. all'inizio si presentava quasi tutti i giorni in Ps con la richiesta di ricovero, poi cominciò a presentare un comportamento tossicomanico nell'utilizzo dei farmaci che i medici cercarono di tamponare con una terapia depot. Successivamente su richiesta del pz, all'interno di un programma di riabilitazione socio- lavorativa si tentarono inserimenti lavorativi più o meno protetti che fallirono dopo i primi incontri, in quanto M smetteva di presentarsi. Fu poi inserito in Centro Diurno, due vv la settimana, nel tentativo di tendere il clima familiare così conflittuale. La madre infatti invocava spesso una Comunità per il figlio; ma il progetto fallì dopo circa un mese, in quanto il pz decise di non andarci più. Nel 90 la madre inoltrò la richiesta di pensione di invalidità per M, che venne accolta al 100% ed associata ad un assegno di accompagnamento. La possibilità di un'entrata economica indipendente dalla famiglia, da gestirsi in libertà aggravò le anomalie comportamentali, in quanto gli fu offerta l'opportunità di spendere smodatamente senza freni, nè limiti. Si tratta di più di un milione al mese l'invalidità più l'accompagnamento. Compra e rivende, facendosi spesso fregare, motorini, cellulari, abiti costosi e poi spende in haschisch ed alcool, sono evidenti i tentativi di emancipazione, imitando gli acquisti dei coetanei. Si legge dai diari clinici che M spesso ha già speso la sua pensione nella prima settimana dalla riscossione. Una volta costrinse la madre a vendere una parte della casa per 12 milioni che poi le estorse con la prepotenza e spese in futilità in poco tempo.

Complessivamente M è stato ricoverato un centinaio di vv ad oggi, a volte è stato necessario ricorrere al TSO. Le diagnosi di dimissioni più frequenti sono: Psicosi, Anomalie comportamentali in ritardo mentale, sindrome organica di personalità. Le richieste di ricovero accolte, quando gli atteggiamenti minacciosi o aggressivamente impulsivi verso la madre o la sorella rendono la situazione in casa incandescente, sono sempre motivate da litigi per questioni economiche.

FRENI: (non si sente). Quando si dice il comportamento tossicomanico nei confronti dei farmaci che porta i medici÷

DONATINI: ad utilizzare il depot

FRENI: ad utilizzare il depot, cosa si intende, che abusava del Serenase?

DONATINI: di tutto, sì, di tutto

FRENI: nel senso che tu gliene dai 6 e ne prende 12, 20 ecc?

DON.: sì, sì. Il motivo poi lo spiego.

FRENI: sì, sì, no, no, non è qs. In tutta qs vicenda di comportamenti ecc. lui è ancora sotto depot?

DON.:

FRENI: sempre? Costantemente?

DON.:

FRENI: ok

?: ( non si sente)

DON.: ÷e non lo so, cioè è scritto nelle cartelle, sto parlando, ho elencato alcune delle diagnosi che sono state poste. In realtà÷

FRENI: ... da DSM? E' diagnosi da DSM? Sindrome organica di personalità non mi pare

DON.: a me non sembra, no, no. Tra i disturbi di personalità non c'è.

(non si sente)

FRENI: probabilmente è Sindrome organica in disturbo di personalità

DON.: sì, qs è la diagnosi, comunque, la psicosi d'innesto÷

Allora le richieste di ricovero Le richieste di ricovero accolte, quando gli atteggiamenti minacciosi o aggressivamente impulsivi verso la madre o la sorella rendono la situazione in casa incandescente, sono sempre motivate da litigi per questioni economiche. M esaspera la madre con le sue continue richieste di denaro che non c'è, perchè fino a quando c'è denaro, la madre glielo dà senza fiatare e tutto fila liscio. E la picchia per qs. La sua visione della situazione è che tutti i suoi comportamenti sono determinati dalla malattia e quindi non sono sanzionabili, ma anzi dimostrano che necessita di altri farmaci più potenti per curarlo.

Dal canto suo la madre è assolutamente d'accordo con lui sostanzialmente su qualunque cosa, urla e chiede il ricovero sotto l'urgenza degli assalti fisici, ma per es. non l'ho mai vista arrabbiata con lui e non l'ho mai sentita criticare M per quello che dice o fa, ma piuttosto appare complice, ubbidiente, e lo tratta come un'autorità. Non sembra sussistere tra i due una conflittualità vera su dei contenuti discordanti, ma i litigi sembrano seguire la stessa logica delle scenate che la madre rivolge al CPS quando non si sente tutelata a sufficienza. M arriva in ambulatorio ogni tanto, in genere quando, dopo avermi chiamato per telefono per chiedermi un nuovo farmaco, un esame strumentale, un elettroschock, lo invito a presentarsi. È comunque seguito settimanalmente da un infermiere con una visita domiciliare. Accede al colloquio sempre con un atteggiamento richiestivo di qualunque cosa e pone stolidamente sempre la stessa domanda: "in che percentuale sono guarito?, quando guarirò completamente". È impossibile non rispondergli perché diventa molto ansioso ed insistente. In un occasione cercai di fargli capire che tale quesito era privo di senso, ma qs provocò in lui una tale reazione d'angoscia che dovetti ritrattare e rispondere. A volte inoltre mi chiama anche la madre, su sua richiesta, per sapere in che percentuale è guarito. Per lui qs numeri sono così importanti, perché gli danno un nome che simbolizza il suo stato, ovvero potrebbe chiedere al servizio psichiatrico:" chi sono io?". Conosco e seguo qs famiglia da circa 6 mesi, cioè da quando lavoro in quel CPS. Parecchi medici mi hanno preceduto, ma nessuno sembra sia stato ricordato, anch'io da M e da sua madre non mi sento riconosciuta, io o un altro sarebbe lo stesso, mentre mi sembra diverso il rapporto con L, perché ora è molto arrabbiata con me, che le ho dato delle speranze di cambiamento, il ricovero, e non ho saputo mantenerle, cioè l'ho dimessa.

Nel luglio del 98 il Tribunale dichiara l'inabilitazione di M e nomina il vicesindaco curatore dello stesso. A M decidiamo in accordo con i servizi sociali del Comune di non comunicare il nome del curatore per evitare ritorsioni, bensì il CPS ed il Comune congiuntamente sono stati investiti dal giudice del compito di dargli quotidianamente una piccola quota della sua pensione e di amministrare il rimanente. Inizialmente spavaldamente incredulo riguardo a qs notizia, M modifica drasticamente il suo atteggiamento ed il comportamento verso la madre quando realizza che quanto comunicato corrispondeva al vero. Per il momento sembra che la figura del giudice abbia permesso una triangolazione che dalla morte del padre ad oggi non aveva più funzionamento. Il giudice, come principio paterno, normativo, ordinatore, blocca col controllo sul denaro ogni tentativo di emancipazione, trattenendolo in una posizione infantile di sottomissione ed obbedienza che è una funzione che il pd aveva saputo svolgere. Padre, che seppur con tutti i suoi limiti, aveva riconosciuto i figli, aveva dato loro un nome, cosa che la madre si era dimenticata di fare. È quindi evidente che dalla morte del padre, entrambi i figli sono stati ricacciati nel caos materno, possibilmente psicotico. M ha cercato, per imitazione, di uscirne, prendendo il posto del padre, ma siccome non ha gli strumenti per prendere le distanze dalla follia materna tale tentativo è fallimentare e la coppia madre- figlio si ritrovano a cercare nei ricoveri il terzo perduto. Il ricovero rappresenta, perciò, il terzo, risultato inefficace, come possibile separazione tra i due. Allo stesso modo a mio avviso possono essere lette tutte le altre richieste ai servizi psichiatrici e anche l'uso dei farmaci. Fine


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