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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

DISCUSSIONE DEL CASO

Freni: ... il rapporto tra certe manifestazioni sintomatiche e la terapia farmacologica. Allora mi piacerebbe sentire dal suo punto di vista del terapeuta se lei ritiene che ci sia davvero stata una collaborazione tra lei e chi dà i farmaci, se lei è soddisfatta della farmacoterapia di questo pz. Opp. lei non è interessata alla farmacoterapia di questo pz. A lei interessa che questo pz prenda il farmaco x o y, o no?

D: no, perché non ho nessuna competenza.

Freni: no, perché non ha nessuna competenza. Le interessa indagare il vissuto soggettivo del pz rispetto ai farmaci? Quando il pz vomita i farmaci è interessata ad indagare questo vissuto, o no perché non è di sua competenza?

D: sì, sono interessata ad indagarlo. Infatti ne parlo con Francesco, gli chiedo perché arbitrariamente intende sospendere la terapia, perché non ne discute con il suo psichiatra, perché non mette in risalto questa difficoltà che lui ha con la sua terapia

Freni: si, il pz cosa dice?

Montepilli: ma, non è molto, è sempre, ha un atteggiamento sempre verso lo scettico, come se la terapia lui è in lotta con l'assunzione della terapia, perché l'assunzione della terapia lo qualifica come malato e quindi lui combatte sempre con questo comportamento che lo connota come malato.

Freni: gli ha anche proposto che lei avrebbe potuto, se lui vuole, parlarne lei con il collega della questione dei farmaci?

Montepilli: no, non gliel'ho proposto

Freni: allora, ho voluto chiarire queste cose, perché mi sembra che qs è un esempio classico della psichiatria media corrente, purtroppo e che spero che i giovani futuri specializzandi che sono qui non rappresentano più, insomma. E' un classico esempio di malpractice da tutti i pdv; dal pdv diagnostico, dal pdv terapeutico, dal pdv della dinamica del (inc) e dal pdv di una presunta intentazione di un trattamento, che c'è in questo caso. E purtroppo devo scendere ad un ulteriore dettaglio : dal pdv del fatto che oggi non è più possibile che uno psicoterapeuta non sappia come funzionino i farmaci, così come non è più possibile che uno psichiatra non sappia in che cosa consiste il lavoro psicoterapeutico, non è più possibile, altrimenti non c'è l'equipe, altrimenti si danno risposte del cavolo, risposte burocratiche, ci sono dei servizi preconfezionati che danno questo, danno questo, danno questo, danno questo ma in una situazione di scissione più grave della scissione che porta (inc), quindi destinata a cronicizzare il pz, a contenere (inc) funziona meglio, ma certamente non creare fattori di evoluzione. Credo che questo caso tra l'altro, per come lo percepisco io, nono sia poi più grave se si (inc) potrebbe essere uno schizoaffettivo. Un paziente giovane trattato così, è una (inc) perché non si coglie per esempio la dinamica tra l'effetto svuotante del farmaco e l'emergenza di un sentimento di vuoto e dell'angoscia di morte e del desiderio di suicidarsi, che è un classico. Cioè quando noi attraverso i farmaci svuotiamo i contenuti deliranti dei pz, esponiamo il pz alla possibilità di suicidio, perché perde l'identità delirante, non ha più niente e i farmaci questo lo fanno. Allora io quando faccio psicoterapia e vedo una cosa del genere, io chiedo al collega che dà i farmaci di (inc) la dose o di cambiare farmaco. L'Aloperidolo tra l'altro è un farmaco oggi superato, in questa prospettiva, oggi abbiamo dei farmaci straordinari che ci aiutano a fare psicoterapia con questi pz, allora la psicoterapeuta di questo pz, se conoscesse questo tipi di farmaci, anche se non è competente a prescriverlo ecc., può pretendere dal farmacoterapeuta un diverso formulario, una diversa prescrizione, la può pretendere, però per pretendere deve conoscere. Allora, vediamo un attimo, a me sembra che la defenestrazione, che poi è successiva a vomitare i farmaci ecc., è già una morte annunciata (inc). questo pz mi colpisce perché è molto lucido, ha uno straordinario insight della propria posizione, avverte tutti quanti, ma non è ascoltato. Allora, il SPDC veramente mi sembra un luogo di un sadismo indescrivibile, perché il ricovero, anziché essere utilizzato come modello per fare il punto della situazione, per rivisitare ciò che è stato fatto, viene utilizzato semplicemente a scopo di punire l'ammalato. Oggi nessuno, nella moderna psichiatria, nessuno consiglia più di maltrattare le madri degli psicotici, anzi si consiglia il massimo dell'accoglimento

Montepilli : succede quotidianamente qs negli SPDC, i parenti vengono disprezzati, puniti e maltrattati, nel modo più assoluto.

Freni : ma qs è la vecchia psichiatria che continua a far così, la psichiatria moderna, ormai ci sono fior di libri, trattati, compreso nel Gabbard c'è scritto che si sconsiglia proprio per la natura teorica della malattia, se noi diciamo simbiosi, ma davvero siamo così imbecilli da credere che una simbiosi, noi la risolviamo impedendo alla madre di visitare il figlio, ma veramente qs vuol dire essere imbecilli, non capire niente. Eppure molti sono convinti che la simbiosi sia un fatto puramente comportamentale, non hanno l'idea che è un fatto intrapsichico, più perfino che interpersonale. Mi colpisce molto la stereotipia anche della prescrizione del farmaco, qs è un pz non responder e gli si continua nel 98 a dargli sto cavolo di Serenase a dosi piuttosto importanti, perché 30X 3, sono 9 mg al giorno di Serenase, che è una dose che svuota il pz, lo catatonizza; quindi è un fatto puramente psicofarmacologico qs, non c'entra niente la psicodinamica qui. Quindi c'è un'ignoranza clinica psichiatrica, che non vede la possibilità di pensare a farmaci diversi, a farmaci meno coartanti. Quando il pz si catatonizza, si catatonizza per l'influenza del farmaco e per un'altra cosa, che dice molto bene "più interventi più malato", lui si catatonizza quando gli viene proposta la riabilitazione : più mi stimolate, più mi esponete, più sto male. E come non capire una cosa del genere ?, lui sta cercando una simbiosi alternativa, una simbiosi sana per guarire la simbiosi malata, la realizza abbastanza bene nel rapporto psicologico, e però qs rapporto viene continuamente disturbato, attaccato, distrutto, sfinito, spinto verso altro, verso agiti che non c'entrano niente, non aiutato dal farmaco. Quindi io vi prego, visto che ci sono anche psicologi qui, sappiate che oggi con i nuovi farmaci, soprattutto nel campo della schizofrenia, non è più possibile dire "io non mi ritengo impegnata a sapere che esistono qs farmaci", non è possibile, non è possibile, perché poi, quando avete qs razza di psichiatri come collaboratori, i danni maggiori li subite voi, voi potete dire :" guarda, io i farmaci non li conosco, non è mia competenza prescriverli, però mi risulta che esiste qs, quest'altro, che agisce così, agisce cosà. Il Serenase, poi, è un altro farmaco che dà le cosiddette stigmate del pazzo, perché la stigmate neurolettica consiste in quella maschera (inc), in quel modo di camminare un po' rallentato, perché c'è una contrazione muscolare; oggi abbiamo farmaci che non danno niente di tutto qs, e lei non li individuerebbe dall'espressione mimica del pz malato, loro stessi percepiscono qs cosa ; quindi la condizione dell'essere ammalato è più privatizzata e il paziente si sente meno esposto allo sguardo degli altri da qs pdv, mentre la facies (inc) dà luogo a qs tipo di delirio : "non ti guardo, non ti vedo, non ti parlo ecc.". poi c'è per finire un ultimo rapporto, molto bello secondo me, purtroppo bello dal pdv teorico - clinico, però catastrofico dal pdv della vita del ragazzo : qs strano rapporto tra i farmaci, lo svuotamento delirante e l'insorgenza di uno stato che potremmo dire genericamente depressivo, ma che ha a che fare il vuoto, la madre che muore ecc.. La madre che muore è un tema che si ripete in tutti gli schizofrenici e che se uno leggesse (inc) "I disturbi schizofrenici dal pdv psicodinamico" trova lì qs punto, la madre che muore è l'emergenza di una angoscia di frammentazione del Sé, laddove la madre non è qs signora qui che fa tutti sti pasticci, ma è un oggetto interno che dà contenimento, che garantisce qs bisogno fusionale, quindi la madre che muore annuncia, è un indicatore prognostico di una grave situazione di frammentazione del Sé che sta per sopravvenire e può annunciare, è un indicatore prognostico anche della probabile esposizione al suicidio del pz, la troviamo quasi sempre in tutti gli esordi di schizofrenia, se fate attenzione ad ascoltare il pz all'esordio, quasi sempre vi dicono la madre che muore. La si riscontra anche in tutte le situazioni di ricaduta grave acutissima, la madre che muore. Ecco, allora, se noi ascoltiamo il pz attentamente, se sappiamo capirlo, allora la madre che muore, non è la madre che sta a casa che muore, poi può darsi che il paziente proietti sulla madre qs cosa, può darsi che la proietta anche sulla terapeuta, può darsi che lui si sia sentito rinfrancato quando la terapeuta gli ha dato un segno di essere viva, di essere vitale, di esserci, ma la madre che muore annuncia qs due elementi : grave frammentazione del Sé, che è vissuta in termini di morte, e anche altra possibilità di suicidio del pz. Quindi qs cose che raccomando agli specializzandi di psichiatria, voi che siete giovani, qs tipo di psichiatria ormai deve appartenere al passato, oggi abbiamo bisogno di una psichiatria veramente integrata, di una psichiatria attenta, anche da un pdv rigorosamente clinico, psicofarmacologico. Qui manca tutto qs, mi dispiace dirlo, ma qs colleghi non hanno lavorato bene, c'è poco da fare : non hanno lavorato bene da un pdv clinico, non hanno saputo utilizzare il momento del ricovero come un momento di programmazione terapeutica su misura del pz e non sulla base di una, come dire, una specie di logaritmo burocratico, insomma, no e dal pdv farmacologico dimostrano di dare un trattamento, e qs è un segno di aggressività nei confronti dello psicoterapeuta, perché, se io penso che il pz può migliorare tanto che lo mando in psicoterapia, vuol dire che immagino un progetto evolutivo, giusto ?, però gli do il farmaco, che meno di tutti aiuta qs processo, anzi gli do il farmaco, che di solito è pensato come farmaco di contenimento per la cronicità, un farmaco tipo Cloziapina, oggi c'é l'Olanzerpina, sono farmaci pensati in un'ottica di guarigione del pz, e spesso danno delle guarigioni miracolose qs farmaci. Un pz del genere, sotto Cloziapina, farebbe dei progressi enormi, allora vuol dire che lo psichiatra pensa che qs pz non può migliorare, non può capire, allora perché lo manda in psicoterapia ?

Viganò : l'avevano detto all'inizio: per agganciarlo e non per curarlo.

Freni : agganciare, qs espressione del cavolo, agganciare. Lei come si sente come agganciatrice ?

Montepilli : molto a disagio

Freni : percepita dai suoi colleghi come agganciatrice, quindi più rispetto anche per il lavoro che facciamo. E' ora di finirla con qs stereotipi. Ecco però noi possiamo pretendere qs dagli altri, se a nostra volta entriamo nel vivo di competenze che tradizionalmente crediamo di non dover avere, purtroppo oggi non è possibile. Oggi forse è meglio che si vada verso una sorta di operatore unico, forse ha ragione Ungherini, che bisognerebbe fare una facoltà che produca persone che curino la psiche nella sua globalità, insomma. Forse, non è possibile pensare oggi uno psichiatra a cui non frega niente della psicoterapia e che usi lo psicoterapeuta come un agganciatore. Non è possibile che uno psicoterapeuta non sappia dire ad uno psichiatra : "guarda che tu non stai facendo il tuo lavoro, guarda che non lo stai curando bene il pz, guarda che occorre qs, quest'altro, mi sembra che qs farmaco non funzioni ecc. ecc.. Quindi qs caso è veramente molto didattico di qs pratica che purtroppo è la media pratica della psichiatria italiana, non che quelle straniere siano migliori della nostra, più o meno, ma la pratica media psichiatrica, nella media dei servizi psichiatrici italiani, è questa, anzi medio - alta, perché tra l'altro non credo che ci siano persone che si piglino la briga di portare un caso, discutere ecc., quindi, da qs pdv, forse, è un filino meglio ancora, però ripeto, io ormai sento parecchi colleghi, ho girato mezza Italia per via di tutti qs seminari (inc), la clozapina ha costretto le equipe che l'hanno adottata come farmaco di riferimento moderno ha costretto a cambiare il modo di funzionare, perché prima, a qs poveri ragazzi gli si dava la punturina di Haldol decanoato nei glutei una volta al mese e buonanotte, che il Serenaese long-acting, per cui non c'è neanche bisogno di un controllo più ravvicinato. Gli si faceva quella nel sedere e ci vediamo tra un mese, con l'altra puntura, a quel punto eravamo arrivati. La Cloziapina ha costretto a mutare, perché non si presta ad essere usata in quel modo lì.

Viganò: forse la dottoressa Arduini, mi pare che prima aveva qualcosa da dire

Arduini: non può che trovarmi d'accordo, sia con con quanto detto dal prof. Viganò, sia con quanto detto dal prof. Freni, perché uno dei grossi problemi, quello dell'integrazione all'interno dell'equipe che passa dal rispetto dell'altro e qs implica di fatto, poi, nella relazione, il rispetto per il pz. Quello che mi ha colpito è non solo il fatto che qs ragazzo, Francesco, fosse in uno stato di desoggettivizzazione, ma che tutti concorrevano concordemente a renderlo sempre più desoggettivizzato.

X: vanificando lo sforzo dello psicoterapueta

Arduini: infatti, quasi che ci fosse proprio una corsa a distruggere l'operato l'uno dell'altro e a far sempre, a rendere sempre più, come dire, appunto burocratica e in fondo un oggetto funzionale, diventava un oggetto funzionale Francesco, ad in fondo (inc) l'incapacità, se vogliamo l'incompetenza o il bisogno di emergere a qualche livello e quindi diventava una, si funzionale, la cosa che consentiva di agire tutte qs dinamiche, che sono anche dinamiche interne al servizio, che rispettano evidentemente anche delle cose di ogni operatore, no, si intersecavano tutti qs aspetti, qs meccaniche, addirittura irriflesse, non sottoposte ad un momento di riflessione. La cosa che mi ha colpito, poi, è stato che qs ragazzo era stato, come dire, si era riscontrata un'alta capacità riflessiva; allora sembra che a qs alta capacità riflessiva del ragazzo rispondesse, abbia corrisposto una scarsa capacità riflessiva all'interno dell'equipe. Ora qs lo dico, per carità, perché tutti i giorni ci troviamo di fronte a casi in cui non sappiamo cosa fare, non è una critica, perché io ci sono dentro e quindi so cosa significa, so cosa vuol dire, uno cerca di fare come può, ma l'importante è avere, almeno, un altro modello che non sia appunto quello in cui ognuno fa la sua cosa senza sapere cosa avviene all'altro, cosa fa l'altro e qs trattando di fatto il pz come un numero, non c'è, la persona non c'è, il soggetto non c'è, fuori da qualsiasi possibilità esistenziale, di esistere, cioè non esiste. Qs non è che il rimarcare il suo vissuto, aimè, di non esserci, di non esserci per nessuno, nemmeno per se stesso, non è pensabile, non è una persona pensabile dall'altro.

Freni: qs mi sembra una buona formula: "non è pensabile dall'altro", cioè nessuno di qs operatori è in grado, qs vorrei precisarlo, perché è importante: che cosa fa l'equipe rispetto alla burocrazia?, non è tanto che tutti sappiano tutto ciò che gli altri fanno, allora bisognerebbe ogni sera fare la riunione prima di andare a casa e dire ognuno cosa ha visto, quindi non è a livello delle informazioni che si costruisce l'equipe, nello scambio delle informazioni, quello caso mai viene di conseguenza, ma l'equipe è il livello in cui il soggetto diventa pensabile o non pensabile ed esiste equipe quando c'è, come dire, qs clima culturale, direi, o etico del, centrato sulla pensabilità del sg., quindi quando l'interesse primo della collaborazione delle persone, che lavorano assieme, è quello di credere innanzitutto, perché è una questione di transfert dell'equipe sul pz, di supporre che il pz esista come sg., a priori, in modo militante, diciamo, in modo preconcetto. Ecco qs fa equipe, poi allora tutto lo sforzo si finalizza, se qs è l'obiettivo da raggiungere, come clima dell'equpe, gli atti che ciascuno compie saranno guidati da qs politica culturale, da qs politica etica, quindi prima ancora di essre una regola, è, direi proprio una, mi sembra che qs formula della pensabilità del soggetto sia importante, dopo di che, allora , il sg trova la curiosità rispetto ai suoi movimenti ecc.

Arduini: in quel senso, credo proprio se che quella persona lì non è pensabile, non mi è rappresentabile, e io non la posso rappresentare all'interno di un'equipe, in cui, diciamo, tutta l'equipe diventa una testa pensante e qs oggetto fa parte di qs, no, acquisisce caratteristiche umane, no, umane, di esserci, io credo che è inevitabile l'agito da parte dell'equipe, perché l'agito diventa, si sostituisce alla capacità di pensare.

Freni: l' agito ha un fare confusionario, che non tiene conto di niente, perché non c'è mai il dubbio di dire: ma, come mai il pz gli do qs farmaco e lo vomita, non funziona, ma forse non va bene?

Viganò: poi, il vomito non è frequente, tra l'altro

Freni: ma, io credo che qs pz non sia uno schizofrenico cronico nel senso deteriore del termine, molto schizoaffettivo. Fra l'altro è molto affettivo qs pz e l'affettività nel sg schizofrenico è ritenuta un indicatore prognostico di possibile guarigione se ben utilizzata ecc., ecc.

Invece in qs modo la si distrugge, perché i movimenti affettivi del pz rimangono letteralmente

Viganò: è stato capace di pensare di andare ad acquistare e di portare un regalo, ora qs vuol dire una certa proiezione, un rapporto con l'altro...

Freni: ma tutto quello che ha fatto sul padre, per recuperarlo. E' molto affettivo qs bambino, mi viene da chiamarlo.

Viganò: si anche a me.

Arduini: e poi anche un'altra cosa, il problema del farmaco. Il farmaco, non considerato come elemento che può intervenire all'interno di una relazione in senso dinamico e che è carico di significato e di investimento, no?, e quindi può essere anche, come dire, usato come possibilità di costruire nella relazione un qualche cosa intorno al farmaco, a come viene assunto ecc., invece c'è, come dire, una specie di catatonicizzazione, di irrigidimento sul farmaco, quello, è il farmaco che, è il paziente che deve adattarsi al farmaco, non il farmaco che deve essere adattato volta a volta, sia nel dosaggio sia nella molecola al paziente, secondo quale pz. Sembra quasi una specie di gemellaggio fatto in modo molto burocratico, non pensato.

Freni: monotono

X diventa persecutorio anche il farmaco, dato così, se non passa nella parola. Volevo dire anche un'altra cosa

Viganò: no, c'era

Freni: noi vediamo tutta la sala, c'era prima la richiesta da parte di Colombo.

X: ah, scusate.

Colombo: io volevo chiedere una cosa alla dottoressa di sentire qualche cosa di più sulla sequenza in cui ... quando l'incontra era silenzioso, catatonico, no, e poi però ha...

Montepilli: dell'ultimo incontro?

Colombo: si, mi è sfuggito qualche cosa, quando lei diceva, raccontava quella situazione in cui lui guardava fuori dalla finestra

Montepilli: ah, quello è stato...

Freni: il primo intervento analitico

Montepilli: questo è stato proprio all'inizio dei nostri incontri, dove io ho veramente avuto delle grosse difficoltà a non sentirmi particolarmente minacciata da Francesco, anche perché, non l'ho messo, però durante un ricovero in SPDC ha staccato il lobo di un orecchio, aggredendo un'altra pz. Quindi mi era stato presentato come un pz molto aggressivo, tanto è vero che mi avevano detto: vedilo durante l'orario di maggior affollamento, avverti anche un infermiere ecc, ecc.

X: mettiti un copri orecchie

Montepilli: metti un copri orecchie. Per cui c'era una certa ansia da parte mia nell'affrontare un pz che mi era stato dipinto così, insomma un personaggio da cui bisognava tutelarsi, un pochino proprio dalla paura fisica. Poi c'era qs suo modo di guardare veramente scombussolante. Io però mi sono accorta che Francesco aveva paura del fatto che io avessi paura del suo modo di guardare e me la sono risolta subito qs faccenda, una volta che non c'era ragione per essere minacciata da lui, basta la cosa è andata avanti. Poi è stato del tutto casualmente, dopo diverse sedute di assoluto silenzio con Francesco con la testa così, che io casualmente, ecco come se fossi da qs parte, ho guardato fuori dalla finestra e mi sono accorta, io sempre guardavo fuori dalla finestra, che Francesco aveva bisogno di guardare me. Quindi, alzava la testa, mi guardava, ma io dovevo continuare a guardare fuori dalla finestra, io non lo dovevo guardare. Quindi io mi sono lasciata guardare da F. e siamo andati avanti per diverse settimane con lui che alternava una posizione china della testa a guardarmi e con io, che ero consapevole del fatto che lui mi guardasse, ma che non ricambiavo qs sguardo ed è stato su qs reciproca disponibilità, io a farmi vedere e lui ad autorizzarsi a guardarmi, che piano piano si è instaurato il discorso, si è proprio passati dalla mancanza di parole ai primi monosillabi.

Viganò: va be', c'è stato qui un elemento che ha fatto triangolazione, che quindi ha aperto la possibilità della parola, che è, Lacan lo chiama, l'ha chiamato "lo stadio dello specchio", quindi un'illustrazione più chiara di qs è difficile trovarla, è la finestra, che rispecchia. Quindi c'è stato un istante, in cui non solo la dottoressa guardava altrove per permettere allo sguardo di F di non incontrante lo sguardo diretto della dott.ssa, però c'è stato quel cenno, per cui, attraverso la finestra, F. ha potuto accorgersi, in maniera non persecutoria, che la dott.ssa aveva ricambiato lo sguardo, si era stabilita una triangolazione, un terzo aveva potuto inserirsi tra i due. E' quell'istante lì che ha permesso di parlare. Quindi, si è visto, non direttamente, ma attraverso lo specchio e qs ha permesso qs inizio di triangolazione, ... terzo della parola; però, almeno io ho colto così la dinamica degli sguardi attraverso la finestra, che c'è stato un istante in cui il sg ha potuto tollerare che lei si fosse accorta che la stava guardando.

Freni: c'è anche che con Winnicott ulteriormente si approfondisce qs discorso del bambino che si rispecchia nello sguardo della madre come prototipo di una (inc), quindi come un primo nucleo di scambio di identificazioni prima adesivo-mimetiche, poi introiettivo-proiettive che fondano e (inc) qs possibilità di dialogo. Ecco a me sembra molto importante qs punto, come pure il racconto che centra il vomitare i farmaci e come identificazione con il malato assassino, mi sembra un punto molto grave che andava riferito immediatamente, come se il pz sentisse una scissione tra un Sé terrorizzato, di essere in preda e un'altra parte di sé assassina, che poi è (inc). E' probabile che lui possa avere il terrore di poter assassinare la madre o la terapeuta e quindi il terrore che hanno vissuto nell'ambito dell'ospedale può essere dato da qs percezione strana da una parte folle, assassina, che li ha messi in agitazione, chiamando lo psicoterapeuta agganciatore. come carceriere del malato assassino, quindi attribuendole una funzione assolutamente impropria, tra l'altro. Cioè, loro che hanno in carcere a disposizione, che hanno l'ammalato lì in carcere, per contenere il malato assassino, chiamano uno dall'esterno per contenere l'assassino, è veramente folle qs cosa.

Di Giovanni: dal pdv degli operatori, perché mi è sembrato estremamente interessante le osservazioni fatte, le ultime, molto, veramente precise, però ecco, mi sembra che oltre tutto si potrebbe allargare ad altri campi. Cioè quello che si rimprovera in qs caso alla madre, no, ai parenti di qs (inc)di qs fare del pz un oggetto finisce per essere fatto, l'ha detto molto bene la dott.ssa Arduini, dagli operatori.

Freni: chi lo rimprovera alla madre?

Di Giovanni: gli psichiatri lo rimproverano.

X: no, lo psichiatra dice, quello che diceva il prof. Freni, che effettivamente non è più moderno ..., allora di fatto poi lo fanno gli operatori di trattarlo come un oggetto, no e quindi di non come oggetto, e quindi non farne invece un sg pensante. Ma qs è allargabile a tutti i campi, perché poi si propinano, e dico proprio si propinano, tutte le cose: i farmaci, la psicoterapia, la riabilitazione, le comunità per minori, gli interventi di affido. Quindi mi sembra estremamente interessante, perché tutto, quando non viene pensato il sg, viene propinato e si sprecano in qs modo non solo le risorse economiche, come ci dice il Ministro della Sanità, ma succede anche, poi si legge sui giornali, che la madre con la bambina di 10 anni si uccida. Allora qs secondo me è una cosa estremamente drammatica, io ho vissuto tutto qs con estremo interesse e lo riporto per il campo dei minori di cui mi occupo, che è una cosa angosciantissima, dove occorre vedere, voi parlavate di un operatore unico, però io non so quanto sia attuabile, perché, per es., nel campo dei minori, il Servizio Sociale, tutte le altre Cooperative, le forme che entrano non sono riportabili ad un operatore unico, è impossibile, anzi io credo che la vita moderna vada verso più operatori. E qs io lo vivo in modo molto drammatico per me, come operatore, perché effettivamente fare di quell'oggetto che viene portato, rimproverandolo ai parenti, ma che poi facciamo anche noi, un solo oggetto che noi pensiamo non è facilissimo e non è per niente (inc); qs caso mi sembra estremamente insegnante

Freni: ma qs caso non è affatto eccezionale da qs pdv, è la norma della norma, è quello che fa dire che il pz viene usato dall'istituzione per auto mantenersi. Quindi è come se l'istituzione non avesse nessun interesse, tra virgolette, a guarire le persone, a dimetterle. Lo stesso può accadere agli operatori, gli operatori trovano la loro legittimazione, pigliano lo stipendio nella misura in cui ci sono i matti, se i matti guarissero gli operatori sarebbero licenziati. Io ho il terrore che si vada verso un ulteriore moltiplicazione degli operatori, perché ciascuno di essi dovrà legittimare la propria competenza acchiappando, sequestrando una parte del pz e sottraendola alla cura, come mi piace dire, allora chi sarà, siccome qui si parla di transfert, di equipe, ma allora chi si occupa di qs benedetto transfert, chi è che lo elabora insieme al pz? Nessuno.

Viganò: mah... nessuno... a qs punto dedicheremo senz'altro l'incontro di giugno a qs tema, che anche alla fine l'anno scorso era venuto fuori qs preoccupazione del prof. Freni di chi si occupa di gestire terapeuticamente, analiticamente il transfert sull'istituzione che, ci stiamo rendendo conto, che è un transfert molto forte. Lo psicotico ha un transfert quasi reale, molto importante, magari solo sui muri, ma, ora, un'ipotesi, ma adesso non è possibile svilupparla, l'accenno solo. E' stata molto eleborata in un corso all'USSL di corso Italia, che si faceva prima di qs incontri; era l'idea che l'equipe si coagula nella gestione di ogni pz su un operatore di riferimento, che in qualche modo viene individuato a partire quasi dalla scelta spontanea del sg, del pz e che quindi costruisce un'autorità clinica, una leadership dell'equipe di volta in volta a partire da un riconoscimento di un transfert che si è generato; può essere anche un infermiere, può essere uno psicologo, spesso è uno psicologo, uno psicoterapeuta, ma non necessariamente, direi mai lo psichiatrica perché è così strutturalmente caricato della posizione legale, autorevole, che non conviene, rischierebbe di fare corto circuito se fosse, almeno, qs è una cosa che discuteremo. Comunque l'individuazione di un elemento di lettura della soggettività a partire dal transfert è un problema fondamentale, altrimenti stiamo parlando e tutti qs nostre ideali di equipe accogliente diventerebbero un'utopia se non si strumenta la cosa. Non so se forse c'è ancora tempo per andare avanti?

X: io volevo dire una cosa sul problema del ... Io penso che, appunto, il discorso dei parenti sia importantissimo e in qs caso va, be, noi di scuola cadiamo poi nei tecnicismi, però penso che alcune cose siano vere. Parliamo di barrare l'altro, l'altro sregolato che deve essere messo in condizione di mordere altrove rispetto al pz. e in qs caso, secondo me, un pochino, nella supervisione iniziale, era stato intuito qs fatto. Era stato intuito che alla madre bisognasse dare un ruolo, bisognasse riconoscere una competenza e quindi lei dovesse essere inserita nel contesto di cura e qs competenza le è stata attribuita sul discorso di controllare la farmacoterapia, quindi intuizione di dare alla madre un ruolo molto importante con la cura che lei potesse condividerlo attivamente con l'equipe e che, però, di fatto è stato utilizzato da questa equipe nel solito modo ambivalente: cioè le affidiamo un contentino, le diamo la possibilità in quell'ambito, ma semplicemente lo psichiatra le chiedeva: "come va, come non va, se Francesco sta bene, F. sta male?", ma di fatto si è ottenuto solamente un ambivalente corto circuito tra il luogo d'ascolto della madre e il luogo di cura di F., però qs problema di mettere il familiare nella condizione di essere riconosciuto nel suo sapere, perché egli, che ha vissuto 10 anni, 15 anni, ha un sapere di come funzionano qs situazioni di crisi e ha certamente ha una sua grande ambivalenza e simbiosi, ecc. Ma qs cose, se non si lavorano a partire da una grande fiducia che il familiare può avere nella benevolenza dell'altro anche nei suoi confronti, nell'accoglienza, ecc, è una cosa difficilissima, secondo me è la cosa più difficile. Io vedo che quasi sempre

invece succede che i genitori, magari inconsciamente, inconsapevolmente, vengono trattati così. C'è poi quella paura così di perdere il proprio ruolo, il proprio ruolo di operatore, per cui il genitore deve essere tenuto fuori, quella paura di essere fagocitati, però io penso che qs sia molto, molto importante: la presa in cura proprio dell'altro, in qs casi. Grazie

Freni: c'è da dire che i genitori degli schizofrenici sono personaggi che suscitano rigetto, sono antipaticcisimi, no?, però, se noi ci ricordiamo quanto dolore, quanta sofferenza sentono qs poveretti, fino al punto di dover avere un figlio schizofrenico che si offre in pasto alla loro pazzia, forse li guardiamo con una maggiore benevolenza, forse li osserviamo anche come pazienti. Il fatto di dare il compito di controllare i farmaci, a maggior ragione enfatizza il fatto del significato simbolico del farmaco, che acquisisce una valenza di transfert nel momento in cui il pz vomitando il farmaco probabilmente vomita l'oggetto materno cattivo. Lo psichiatra glielo rimette dentro senza neanche discutere con lui: "beh, insomma, se lo vomiti possiamo cambiare, ti possiamo dare un farmaco migliore, ecc, cambiamo qs oggetto cattivo in oggetto buono". Questo è il discorso, il farmaco ha in sè un valore simbolico importantissimo, ivi compreso quello di transfert. In qs caso lo ha, perché c'è una scissione di transfert dove l'oggetto negativo vomitato fuori è giusto il farmaco, ma il farmaco in quanto tale, in quanto dato dalla madre, in quanto dato attraverso qs circuito un po' collusivo tra psichiatra, madre. Insomma sono qs i problemi che vanno approfonditi. E' qs un lavoro che però può fare solo lo psicoterapeuta e a volte può farlo solo tra sè e sè, non può farlo condividendolo col pz, ma deve potere modellizzare dentro di sè qs (inc), qs deambulazioni; col pz, di tanto in tanto, può cominciare ad avviare il discorso: che cos'è il farmaco, come mai lo vomita, che male gli fa ecc., ma come mai non ne discute con lo psichiatra, ma non ne esiste un altro buono, un altro buono? E' chiaro che qui non si parla più il farmaco come ne parla uno psichiatra medico, qui stiamo parlando, stiamo deducendo il simbolo.

Viganò: si, psicodinamico. E' chiaro che...

Arduini: volevo dire che il farmaco depot,m una volta al mese, ... si può fare un lavoro per farlo diventare un terzo, insomma.

A qs riguardo mi ricordo un intervento che ha fatto dott. Tebaldo Galli sull'uso anche del ... Infatti a suo tempo .... anche la supervisione di infermieri fatta da uno psicanalista, che proprio sottolineava anche qs aspetto del come si può fare diventare anche il farmaco che l'infermiere dà, no, al pz sotto forma appunto di iniezioni e può diventare un elemento su cui riflettere come viene investito dal pz e cosa diventa nel rapporto tra il pz e l'infermiere, come si può farlo circuitare poi anche lo psichiatra, che significato e che valore ha. Ecco, qs anche sul depot probabilmente si può fare un lavoro di qs tipo.

Viganò : anzi, credo che lo si debba fare, perché, essendo depot, quindi tendenzialmente crea una situazione di protezione, no, come

Freni : o di incarceramento

Viganò : o di incarceramento. Perché in genere l'uso dei farmaci, come noi prendiamo l'aspirina quando abbiamo il mal di testa, in qs somministrazione noi diciamo ai pz : "prenda l'aspirina la mattina, a mezzo giorno e la sera, così il mal di testa non le viene più". Tendenzialmente il rapporto soggettivo tra male e medicina, che si viene a creare, è un po' di qs genere, si dice, protezione, è sotto Haldol quindi, siamo tranquilli, no?, si crea questa idea di una immunità parlamentare del sg, però è chiaro che si può elaborare questo. In certi sg, può essere veicolata proprio l'idea di qs protezione , sono d'accordo. E siccome l'infermiere è gestore dell'iniezione, è con lui che, qs sono temi su cui senz'altro potremmo ritornare. Io volevo chiudere qui e vorrei chiudere qui con particolare ringraziamento non solo alla dott.ssa Montepilli, che ha avuto il coraggio di mettere a cielo aperto una situazione per lei stessa dolorosa, difficile, era molto titubante se portare qs caso

Freni : ha fatto benissimo, magari tutte avessero qs coraggio, di discutere perché si impara da qs.

Viganò : aveva timore lei e devo dire anch'io ero un po' preoccupato, perché con un caso così si sarebbe potuta scatenare la bagarre, no? Quindi volevo dare anche un riconoscimento al pubblico che sa discutere con discrezione.


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