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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA - MILANO
GUARDIA SECONDA

CLINICA PSICODINAMICA NEL LAVORO ISTITUZIONALE

INTRODUZIONE

di Carlo Viganò

Riprendiamo il nostro Seminario, con il caso della dott.ssa Barracco, ma prima di cominciare vorrei fare alcune precisazioni, anche a partire da riflessioni emerse dopo la presentazione del caso della volta precedente, esposto dalla dott.ssa Caspani.

Questo Seminario è un laboratorio clinico, di clinica psicodinamica in ambito istituzionale, che non ha la finalità di supervisionare i casi, non entra nel merito, se non incidentalmente e in modo indiretto, della conduzione dei casi; è possibile che dalle presentazioni possa apparire anche qualcosa dell'ordine della conduzione, ma poiché noi non facciamo trascrizioni delle sedute, non possiamo pronunciarci con cognizione di causa sulle questioni di conduzione della cura. Non facciamo trascrizioni delle sedute, o videoregistrazioni, ecc., non solo e non tanto perché è un lavoro lungo e difficile, ma proprio perché il nostro obiettivo è diverso, e cioè perché siamo convinti che in psicoanalisi, a differenza che nella clinica medica, non esiste e non può esistere una teoria della tecnica. Esiste una teoria, da una parte, una teoria forte, messa a punto da Freud e in seguito dagli epigoni delle varie Scuole Psicoanalitiche, che comprende i concetti di Inconscio, transfert, interpretazione, pulsione, ecc., articolati fra loro e sistematizzati in un sapere specifico, e dall'altra esiste una tecnica, che è testimoniata a partire dalla clinica, dalla costruzione dei casi e dall'enucleazione delle strutture che ciascun caso permette di reperire. Fra la teoria e la tecnica, però, non c'è una corrispondenza biunivoca, non c'è un'applicabilità diretta, come per es. nella clinica psichiatrica, in cui da una parte io posso individuare i criteri minimi per fare diagnosi, per es. di disturbo Borderline, e dall'altra ho il caso particolare, dove devo decidere una strategia e porre un atto.

Questa corrispondenza biunivoca fra teoria e pratica in psicoanalisi non è possibile, c'è una incommensurabilità strutturale fra i due universi, e per questo motivo, al di fuori della struttura transferale, è impossibile e anche inutile cercare di fare un'operazione di individuazione della validità tecnica di un intervento o di un altro.

L'unica testimonianza che si può avere del caso, quindi, al di fuori del contesto della cura (analisi e supervisione), è proprio la Costruzione del Caso, che in quanto tale si differenzia profondamente dal resoconto della seduta o delle sedute, in quanto è un testo, in senso strutturale e letterario, testimonia di una scelta soggettiva (quella del terapeuta che lo presenta), ed è su questo testo, su queste scansioni, che è possibile tentare un'operazione di reperimento di una clinica del soggetto, al di là della critica causalistica (si sarebbe potuto fare così, si sarebbe dovuto dire questo... qui si sono interpretate le difese..., ecc.), una clinica che permetta di individuare e mettere in luce, al di là delle differenze di scuola, i momenti di emergenza soggettiva, le scansioni che hanno permesso un cambiamento, ecc.

Anche per questo motivo, quindi, nelle riunioni preliminari di preparazione del caso ci sforziamo di elaborare questo testo, che poi sottoponiamo alla sala.

Il caso che, quindi, arriva alla discussione, non è tanto il paziente X, quanto, appunto, questo testo, frutto dell'operazione clinica e della rivisitazione di gruppo. Esso permette di valutare la qualità del progetto terapeutico, della strategia e della modellizzazione (costruzione) che l'ha sorretta. Il vantaggio della lettura diacronica è quello di far emergere meglio la tipicità del soggetto, rispetto a quanto fosse possibile in ciascun momento della cura.

Per questo motivo, quindi, vi pregherei di ascoltare il testo, l'esposizione letteraria del caso, senza interrompere con precisazioni o chiarimenti a meno che non siano proprio indispensabili, per poi passare ad una discussione successiva.


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