logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina


spazio bianco

1. La presenza del carcere

Negli ultimi mesi, forse anche a causa di stravolgimenti politici e sociali piuttosto significativi, la cosiddetta opinione pubblica si è accorta ( a volte abilmente guidata in modo strumentale e fuorviante) della presenza incombente e scomoda del carcere e della sua drammatica realtà. Tutti siamo diventati giudici e accusatori, aguzzini e vittime di una coscienza civile troppo spesso addormentata e condizionata da falsi sensi di colpa e da rivendicazioni esasperate di giustizia e di libertà. Le mie riflessioni possono sembrare di parte ma il mio lavoro di psichiatra all'interno del carcere mi obbliga ad un confronto aperto, spero proficuo e stimolante, seppure a volte perturbante e conflittuale. Quindi non sempre necessariamente obiettivo. Ma non credo che questo sia sempre un male.
Lo psichiatra che lavora in carcere vive quotidianamente in un'area di confine e di reclusione emotiva, un territorio di frontiera che evoca però anche un'immagine di contiguità, di vicinanza, di conoscenza. La sofferenza e la malattia all'interno delle mura di un carcere sembrano a volte assumere altre sembianze oltre a quelle dolorose ed apparentemente inavvicinabili che siamo abituati ad incontrare ed a riconoscere nel nostro lavoro. I cancelli e le sbarre suggellano ineludibili distinzioni e spesso sembrano schiudersi su vissuti di seducente onnipotenza o di reale incapacità. Entrare in contatto con la trasgressione e la colpa, la reclusione e la pena, e dunque con l'ambiguità e la contraddizione dialettica di concetti come quelli di assistenza e di repressione insiti nel lavoro psichiatrico, costituisce in carcere un'abitudine dolorosa e mai indifferente.
La prigione, come forma di meccanismo disciplinare, é piuttosto antica e precede quasi la sua stessa utilizzazione nei sistemi penali. Rendere gli individui docili ed utili, con un lavoro preciso sul loro corpo e la loro mente, ha generato l'istituzione penitenziaria prima ancora che la legge la definisse una pena eccellente. L'evidenza del carcere, ineludibile e dolorosamente presente, é prima di tutto una semplice ed essenziale privazione di libertà, a cui si aggiunge poi la possibilità di quantificare presumibilmente la pena secondo la variabile del tempo. Questa sottrazione di tempo alla vita del detenuto sembra rendere concretamente l'idea che sia l'intera società ad essere stata lesa. Da questo punto di vista dunque il carcere potrebbe considerarsi quasi naturale, come é naturale nella nostra società l'uso del tempo per misurare gli scambi. Ma l'evidenza della prigione si fonda anche sul suo ruolo, supposto o preteso, di sistema per trasformare gli individui. La solidità del carcere forse sta proprio in questa duplice finalità, giuridico-economica da una parte e tecnico-disciplinare dall'altra, privazione di libertà e funzione correttiva e rieducativa..
Questo doppio fondamento ha fatto spesso apparire il carcere come una forma immediata e civilizzata di pena. Ecco dunque che il carcere diventa non solo il luogo di esecuzione della pena, ma il luogo di osservazione degli individui puniti, conoscenza di ogni detenuto, del suo comportamento, delle sue disposizioni profonde, del suo eventuale progressivo miglioramento.

[ Torna all'indice del lavoro]
spazio bianco
RED CRAB DESIGN

spazio bianco

Priory lodge LTD