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Marina Cattaruzza, Marcello Flores, Simon Levis Sullam, Enzo Traverso (a cura di), Storia della Shoah, UTET Libreria, Torino 2005

Vol. I — La crisi dell’Europa e lo sterminio degli ebrei, pp. XVII+1188

Vol. II — La memoria del XX secolo, pp. 932

(i due volumi in cofanetto Euro 95 — ISBN 88-02-07269-8)

[ Quest’opera di epocale importanza — che tanta fortuna ha conosciuto fuori dai nostri confini nazionali — non è stata ancora intercettata da un numero sufficientemente ampio di lettori italiani. Perciò riproponiamo nella nostra rubrica alcune pagine di carattere introduttivo che forniscono ai lettori di POL.it un’immagine complessiva di questa fondamentale e insostituibile Storia della Shoah. Abbiamo eliminato le note, per rendere più agile ed essenziale il messaggio ]

 

 

Presentazione

 

Negli ultimi due decenni la storiografia internazionale ha collocato la Shoah, la distruzione degli ebrei d’Europa, al centro della storia del Ventesimo secolo, studiandola nei suoi particolari e dettagli, nell’ambito della storia della Germania nazista e soprattutto della Seconda guerra mondiale, e rinnovandone e ampliandone considerevolmente le conoscenze e interpretazioni ben al di là della storia tedesca. La Shoah può essere in effetti considerata oggi come il risultato di una più generale crisi dell’Europa iniziata nel lungo Ottocento, trasformata e accelerata nella Prima guerra mondiale, e divenuta un baratro della politica, della cultura e della società negli anni Venti e Trenta del Novecento, con l’avvento dei fascismi. Nel tempo l’Olocausto è stato infatti gradualmente percepito come uno degli eventi più emblematici del secolo trascorso, oltre che uno dei più efferati e violenti nella storia dell’umanità. Esso può essere inoltre pensato come un prisma in cui leggere alcuni dei principali fenomeni di radicale trasformazione, e vera e propria degenerazione, della politica e della società nel Ventesimo secolo, dentro e fuori l’Europa, anche oltre quell’evento

specifico (alcuni aspetti del quale si sono poi ripetuti e propagati — o viceversa sono stati anticipati — in forme diverse, in genocidi, pulizie etniche, razzismi).

È necessaria una precisazione terminologica: in quest’opera i termini genocidio degli ebrei, Olocausto, Shoah, "Soluzione finale" e a volte anche Auschwitz (per antonomasia) sono usati come sinonimi. Ciascuno di essi ha diverse connotazioni e continua a essere oggetto di controversie pubbliche e discussioni scientifiche di cui non sottovalutiamo l’importanza. Il termine Shoah — "catastrofe" in ebraico — con il quale le vittime ebree hanno iniziato a qualificare la politica dei loro persecutori fin dagli anni della guerra, ci è sembrato il più pertinente, anche per sottolineare la specificità del genocidio ebraico. Per questo, oltre che per la sua più recente e vasta diffusione, è stato inserito nel titolo dell’opera. "Soluzione finale" è invece formula coniata dai nazisti: ma la necessità di prendere in considerazione il linguaggio dei persecutori ne spiega il ricorso in molti contributi. Quanto a Olocausto, benché il termine possieda una discutibile connotazione sacrificale, la sua diffusione internazionale

specie in ambito storiografico (oltre che nel sistema di catalogazione delle grandi biblioteche occidentali) ne giustifica e ne spiega l’uso frequente. Attraverso un insieme di interpretazioni e rappresentazioni appartenenti a diversi ambiti della cultura, della conoscenza e dell’immaginazione, la Shoah è divenuta dunque, infine, un evento centrale nella coscienza e nella memoria

storica dell’Occidente. Quest’opera è perciò dedicata alla documentazione e all’approfondimento di prospettive di analisi ed interpretazione, e ambisce a fornire un quadro il più possibile articolato, attraverso il contributo di alcuni dei massimi specialisti, dello stato delle conoscenze e del dibattito critico e storiografico sull’Olocausto. Nonostante la massa crescente di studi dedicati all’argomento

nei suoi molteplici aspetti ci è parso mancasse ancora, e ci auguriamo sia complessivamente riuscito, il tentativo di ricapitolazione complessiva del dibattito, delle ricerche e dei risultati storiografici raggiunti negli ultimi decenni. Riteniamo che alcune linee interpretative di fondo proposte dall’insieme dei volumi possano inoltre contribuire a porre in una luce nuova, in una prospettiva più ampia e in nuove dimensioni critiche l’insieme di questioni, temi e problemi che emergono dallo studio della Shoah. Ciò ci pare possibile grazie all’adozione di una dimensione diacronica (precedente e successiva a quell’evento), di una prospettiva europea (e talora extra-europea, ma certo non solo tedesca), e di un’indagine condotta su diversi livelli epistemologici, quali quelli — collegati ma distinti — della storia, della memoria e delle rappresentazioni dell’Olocausto, oggi particolarmente presenti nella sensibilità degli studiosi anche di fronte a una loro presenza pervasiva nel discorso pubblico (che necessita però, evidentemente, di essere analizzata e discussa).

La Shoah fu certamente un fenomeno di portata europea, non solo per le dimensioni geografiche del suo svolgimento, ma per l’insieme di eventi e fenomeni che ne costituirono le premesse, in alcuni casi gli antefatti e — ad un livello più profondo e complesso — alcune delle radici storiche. A una tale interpretazione e ricostruzione è dedicato il primo volume di quest’opera. Sulla scia di analisi classiche come quelle di Hannah Arendt sulle origini del totalitarismo e di Zygmunt Bauman sui rapporti tra modernità e Olocausto, è possibile sostenere che il genocidio degli ebrei nel corso della Seconda guerra mondiale fu il risultato di una più antica e più lunga crisi dell’Europa e di trasformazioni complessive inerenti anche i processi di modernizzazione della società.

Questa crisi e queste trasformazioni furono preparate e segnate da fenomeni come l’emergere del razzismo, dalla metà almeno dell’Ottocento; le trasformazioni e la diffusione dell’antisemitismo, particolarmente a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo; i massacri coloniali di inizio Novecento; le trasfor- mazioni qualitative e quantitative della violenza nella Prima guerra mondiale; la crisi dei liberalismi e la radicalizzazione dei nazionalismi; l’emergere, infine, dei fascismi nelle forme di regimi totalitari e violenti. Ma contarono anche fenomeni di burocratizzazione degli apparati statali e di serializzazione e industrializzazione della morte; innovazioni scientifiche e tecniche; trasformazioni

della condizione umana nelle moderne società tecnologiche e di massa.

Allo stesso tempo l’Olocausto non stava necessariamente inscritto in questi fenomeni e nemmeno nella loro teorica somma, ma fu il frutto di eventi e contingenze specifiche dovuti all’avvento del nazismo nella Germania degli anni Trenta e poi soprattutto allo scoppio e all’evoluzione della Seconda guerra

mondiale. Ciò particolarmente nell’ambito del disegno hitleriano e nazista di conquista del continente europeo e di instaurazione di un nuovo ordine, fondato su una gerarchia razziale e sulla supremazia del popolo tedesco, supposta incarnazione della "razza ariana" e portatore della sua apocalittica missione di "redenzione" e soggiogamento dell’umanità. Certamente il progetto della "Soluzione finale" poté e dovette fondarsi su un notevole retroterra storico: politico, culturale e ideologico che ebbe i suoi cardini nella nascita dell’antisemitismo politico, nell’affermazione del nazionalismo völkisch, nell’esplosione e massificazione della violenza nel primo conflitto mondiale, nell’emergere, infine, di una dittatura totalitaria fondata anche sullo scontro radicale

con il nemico interno e su una visione dell’uomo e del mondo allucinata e perversa.

Gli eventi bellici, le corresponsabilità dei collaboratori e collaborazionisti, l’inazione di molti protagonisti e testimoni, furono d’altra parte decisivi per il concreto attuarsi in quelle forme e dimensioni del genocidio ebraico.

La storiografia internazionale ha conosciuto, almeno nell’ultimo quindicennio, progressi considerevoli e definitivi nella ricostruzione e nell’interpretazione degli eventi della Shoah, tanto che si potrebbe dire che essi siano ormai conosciuti nella grande maggioranza dei loro più particolari aspetti e dettagli. Il quadro che ne è emerso, delineato nel secondo volume della Storia della Shoah con il contributo dei suoi massimi specialisti, conferma l’ampiezza della persecuzione e del massacro di ebrei, zingari, slavi, oppositori politici, disabili, omosessuali da parte del nazismo, ma consente anche di esaminare quell’insieme di fenomeni ed eventi alla luce della ragione, delle conoscenze scientifiche e di spiegazioni storiche multicausali e complesse. Sono stati da tempo chiamati in causa, in questo senso, oltre a una mole imponente di documenti e testimonianze e alle ricostruzioni storiche tradizionali, il contributo dell’insieme delle scienze sociali dall’antropologia alla psicologia, ma anche la riflessione filosofica su problemi etici (comportamenti, responsabilità, colpe) ed epistemologici (razionalità, contro-razionalità, conoscenza); quella letteraria, estetica e, di nuovo, epistemologica sul problema delle rappresentazioni (storiche, letterarie, artistiche) e dei loro contributi alla conoscenza; ma anche le definizioni giuridiche e, per esempio, le valutazioni economiche di quegli eventi.

Oggi sappiamo, in estrema sintesi, al di là della preparazione culturale e ideologica, e oltre le necessarie premesse nelle legislazioni e persecuzioni antiebraiche di mezza Europa dalla metà degli anni Trenta, che l’Olocausto fu ideato e realizzato nel corso della Seconda guerra mondale per iniziativa di Hitler e di altre diverse personalità e istanze delle gerarchie e delle burocrazie politiche e militari naziste; che fu condotto in forma di massacri in Europa dell’Est, specie nel corso dell’invasione dell’Unione Sovietica; che fu realizzato con trasferimenti, concentrazioni e imprigionamento di popolazioni, il loro sfruttamento e infine la loro eliminazione con camere a gas e forni crematori in campi di sterminio. Sappiamo che le vittime dell’Olocausto — cioè di un piano predeterminato di sterminio ai danni in primo luogo del popolo ebraico — furono tra i cinque e i sei milioni, nel contesto degli oltre cinquanta milioni di morti della Seconda guerra mondiale. Sappiamo che i carnefici furono non solo tedeschi e non solo assassini ideologicamente motivati, ma uomini comuni (per esempio militari e poliziotti, ma anche semplici impiegati della macchina burocratica dello sterminio), con l’ausilio di centinaia di migliaia di complici, collaboratori e collaborazionisti in tutta Europa, inclusa l’Italia. Sappiamo che milioni di europei assistettero inerti, così come non intervennero a fermare il massacro le potenze schierate contro la Germania nazista, le istituzioni internazionali, la Chiesa, e perfino, per quanto avrebbero potuto, ma in sostanza paralizzate, incredule ed impotenti, le comunità ebraiche in America e in Palestina. Per le sue premesse, per le sue molteplici cause e per il concreto Svolgersi degli eventi, sappiamo e constatiamo, dunque, che l’Olocausto fu una Disfatta della intera civiltà occidentale e uno dei peggiori baratri della coscienza dell’umanità in tutta la sua storia.

La percezione e la stessa conoscenza dell’insieme di eventi che va sotto il nome di Shoah sono — come tutti gli eventi storici, ma qui con una portata e con conseguenze eccezionali — il frutto di un insieme articolato e molteplice di rappresentazioni che hanno conosciuto una complessa evoluzione, legata alle trasformazioni della memoria, dei quadri culturali e politici di riferimento, delle espressioni artistiche, dei mezzi di comunicazione. Questi temi e fenomeni stanno al centro degli ultimi due volumi dell’opera che qui presentiamo. Per lungo tempo, negli anni Quaranta e Cinquanta, l’Olocausto scomparve dalla scena e dal dibattito pubblico internazionali e per molti versi anche dall’attenzione degli storici, e fu percepito come un episodio della Seconda guerra mondiale, o comunque come una aberrazione della storia: il tragico ma circoscritto risultato di un’eclissi della ragione. Fu a partire dagli anni Sessanta che la riflessione storiografica e filosofica iniziò ad interrogarsi e a ripensare le reali dimensioni, le origini, i significati e le conseguenze di quegli eventi, grazie al contributo di storici come Raul Hilberg e George Mosse (già preceduti dalle ricerche pioneristiche di Léon Poliakov e Gerhard Reitlinger) e di filosofi come Hannah Arendt e Theodor W. Adorno. Contarono anche eventi poi rivelatisi epocali come il processo e l’esecuzione, consumati a Gerusalemme all’inizio degli anni Sessanta, di Adolf Eichmann, uno degli architetti dello sterminio. Se i carnefici furono uditi e ascoltati fin dai tempi di Norimberga, le voci delle vittime furono a lungo marginalizzate o rimasero per lo più inascoltate secondo le loro stesse peggiori previsioni e i loro incubi ricorrenti. La testimonianza di una figura come Primo Levi dovette attendere gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso — e per molti versi la tragica scomparsa dello scrittore — per essere riconosciuta come irrinunciabile ed essere considerata come una dei più alti e incisivi documenti della peggiore barbarie del Novecento. Le immagini di Auschwitz ebbero a lungo una limitata diffusione e solo con la loro divulgazione e diffusione massiccia, a partire per esempio da interpretazioni filmiche di serie televisive degli anni Settanta, iniziarono ad essere conosciute da un più largo pubblico e da uomini e donne delle giovani generazioni. Con rare eccezioni, soltanto più tardi furono realizzati documentari ma anche, e soprattutto, fiction cinematografiche che segnarono una diffusione di massa della conoscenza e coscienza dell’Olocausto, risultando spesso ben più incisive dell’opera degli storici o dei filosofi. Solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, infine, si registrò una vera e propria esplosione della memoria della Shoah, attraverso musei, raccolte di testimonianze, giornate della memoria: fenomeni che sono parsi aumentare man mano che ci si allontana da quegli eventi e i testimoni diretti vanno scomparendo.

Anche in ambito letterario e artistico la coscienza di Auschwitz faticò ad affermarsi, fu affidata dapprima a vittime e testimoni e fu spesso anche autorevolmente contestata e discussa rispetto alla sua legittimità o addirittura alla stessa possibilità di una sua interpretazione artistica e poetica. Oggi quelle rappresentazioni e interpretazioni che provengono dalla letteratura e dall’arte appartengono a pieno titolo e formano un unico insieme con la conoscenza e coscienza individuale e collettiva della Shoah. Questa coscienza sollevò del resto fin dal principio — e in alcuni casi eccezionali nel corso dello svolgersi stesso degli eventi — brucianti e radicali interrogativi nella riflessione filosofica attorno alla ragione, all’uomo, all’esistenza; o in quella teologica sulla divinità,

la colpa e i comportamenti umani.

Le diverse storie e memorie nazionali dell’Olocausto hanno conosciuto anch’esse evoluzioni specifiche legate al ruolo e al grado di coinvolgimento di ciascuna nazione in quegli eventi: che si trattasse o si tratti della Germania, di Israele, di paesi con o senza una presenza ebraica (o in cui quella presenza è stata per sempre cancellata); di nazioni che contribuirono alla realizzazione della "Soluzione finale" o i cui cittadini furono vittime dell’Olocausto in forma minore o maggiore; che si tratti, infine, della memoria dell’intera Europa unificata su principi di pace e tolleranza e di ripudio e perpetua condanna dell’esperienza di Auschwitz.

Nell’insieme crediamo che questa molteplicità di contributi, prospettive e approcci, grazie all’apporto di decine di studiosi di paesi, formazioni, sensibilità e appartenenze diverse, fornisca un quadro articolato e complesso della storia, della memoria e delle rappresentazioni della Shoah come evento centrale della storia europea e mondiale del XX secolo e uno degli eventi più cruenti della storia dell’umanità. Le conoscenze e interpretazioni accumulatesi nel tempo consentono oggi di sottoporre quegli eventi che vanno sotto il nome di Olocausto e la loro portata e violenza a un controllo e a una verifica della ragione storica, di chiamare in causa spiegazioni, di sollevare nuovi interrogativi, ma di fornire anche ricostruzioni certe e adeguate risposte. Ci auguriamo,

quindi, che quest’opera possa approfondire e rafforzare la conoscenza storica della Shoah nei suoi molteplici aspetti, possa contribuire a consegnarla stabilmente alla storia del Novecento, possa infine rappresentare anche un monito per le coscienze di tutti, per il presente e per il futuro.

Berna, Siena, Venezia, Parigi

giugno 2005

Marina Cattaruzza

Marcello Flores

Simon Levis Sullam

Enzo Traverso

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