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A cosa serve la vulnerabilità?

Giovanni Stanghellini - Firenze
E-mail: stan@dada.it

Il mio contributo origina da un'ipotesi: le persone vulnerabili alle schizofrenie sono ipo-connesse al senso comune, mentre quelle vulnerabili alle psicosi maniaco-depressive sono iper-connesse ad esso.

Il concetto di "senso comune" non è di facile definizione.
Essere accordati al senso comune significa possedere una sensibilità sana ed equilibrata, specie in rapporto alle cose di tutti i giorni. Il senso comune è un'intelligenza convenzionale negli affari pratici.Husserl (1938) parla di "mondo della vita" per definire l'immagine del mondo che ci circonda e in cui siamo radicati. Corrisponde ad un'immagine della realtà costruita per lo scopo pratico della sopravvivenza. Questo tipo di sapere, che riceviamo come un imprinting, è standardizzato e legittimato dalla leggi della familiarità e dalla tradizione.

Se tutto questo può valere come una generica descrizione del concetto di “senso comune”, resta ancora poco chiaro che cosa sia, in senso ontologico, il senso comune. In senso ontologico, almeno per ciò che riguarda un'ontologia regionale ad uso della psicopatologia.
Se dovessi approntare un test per misurare il livello di adesione e conoscenza del senso comune che cosa cercherei di misurare?
Il senso comune è una rete di affermazioni sul mondo in cui viviamo?
Oppure è più propriamente un "senso", cioè una funzione psichica diretta alla comprensione di una data situazione corrente e alla sintonizzazione con essa?
O entrambe le due cose?
Nelle definizioni fin qui revisionate questi due piani sono ampiamente embricati
(A) Da un lato, ci possiamo rappresentare il senso comune come una mappa di credenze e conoscenze, atta ad orientarsi nel mondo sociale.
(B) Ma ci possiamo anche rappresentare il senso comune (dicevo) come un organo di senso orientato sul mondo delle relazioni sociali.
Il senso comune è un senso che sintonizza con ciò che è comune.
In questa prospettiva, il senso comune svolge una funzione adattativa rispetto al mondo sociale, così come l'istinto svolge una funzione adattativa rispetto all'ambiente naturale.

Ma in pratica in cosa consiste questa sintonizzazione con il mondo sociale svolta dal senso comune?

Primo punto: l'ontologia regionale del senso comune
Si può forse riassumere che il senso comune è una funzione che (a) in parte opera confrontando una mappa preesistente ad un paesaggio di rapporti sociali corrente; e (b) in parte, invece, opera per intuizione. La mia competenza sociale è funzione della mia capacità di sintonizzarmi con, e cioè intuire, gli stati mentali dei miei interlocutori.
Il più delle volte, la patologia del senso comune è la patologia della flessibilità di questa funzione adattativa al mondo sociale.

Secondo punto: la patologia del senso comune
Le psicosi maggiori rappresentano patologie del senso comune - come accennavo all'inizio: un difetto nel modo di essere connessi al senso comune.
In questi ultimi anni, questa patologia è stata riletta alla luce della cosiddetta “teoria della teoria della mente”. L'assenza di una teoria della mente negli autistici pregiudica la capacità di sintonizzarsi con il mondo sociale esterno. Questa "intuitività" di cui gli schizofrenici fanno difetto è ciò che fin qui ho chiamato senso comune.
“Intuitività” significa capacità di sintonizzarsi sulla situazione sociale corrente sulla base della capacità di cogliere pre-riflessivamente l'orizzonte di pensiero ed emotivo degli interlocutori ed accordarsi con esso.Il typus melancholicus, viceversa, si colloca sull'estremo opposto rispetto alla condizione schizofrenica. E' in balìa di un alienante tentativo di sintonizzazione con il senso comune.

Terzo (e ultimo) punto: perché esiste una patologia del senso comune?
Nella patologia psicotica si oscilla, dunque, da un alienante conato di adattamento mimetico al mondo sociale ad un alienante disprezzo per il discorso comune.
Ma perché esiste una patologia del senso comune?
Possiamo attribuire un significato e una qualche finalità alla patologia del senso comune?
Cosa esprime, in termini antropologici e psicopatologici, questa condizione di vulnerabilità?
La domanda non dev'essere tanto peregrina se Hegel - nella sua Enciclopedia delle Scienze filosofiche - affermava che la “follia è una tappa necessaria nello sviluppo dello spirito”. Questa dialettica vulnerabile è costitutiva della condizione umana.

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