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POTENZIALITA' E DIFFICOLTA' DEGLI INTERVENTI INTEGRATI NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE DELLA A.U.S.L. 6 - Palermo

 

IL PRIMO CONTATTO IN UN'OTTICA DI MODELLO OPERATIVO INTEGRATO

 

Il primo contatto con l'utenza, soprattutto con quella che viene a presentare problemi gravi Ë parso subito un punto cruciale nella organizzazione di una operativit integrata. Quelle che seguono sono riflessioni teoriche e proposte operative, frutto anche del dibattito apertosi nel gruppo di studio su questa tematica, e del confronto fra le diverse esperienze.

Proporre un primo contatto che tenga conto di un approccio al paziente psichiatrico rispettando un'ottica integrata crea non poche resistenze in quegli operatori che per cultura e formazione, sostengono la insostituibilit terapeutica del rapporto duale nell'accostarsi al paziente e che, in questi anni hanno subto, piuttosto che condiviso, il lavoro in Èquipe.

Dare delle regole e dei modelli di comportamento trova contrari quegli operatori che sostengono la "fantasia" come migliore tipo di approccio e che vedono in qualunque assetto di lavoro una coercizione ed un imbrigliamento alla libert di operare che finisce per essere controproducente.

Se Ë vero che la psichiatria, proprio per l'enorme diversit di vedute che la permea, Ë una materia che si presta difficilmente ad una strutturazione in schemi rigidi, Ë ugualmente vero che fare uno sforzo per organizzare l'accoglienza entro un sistema condiviso da tutta l'Èquipe presenta numerosi vantaggi, primo fra tutti l'immagine di coerenza e di unit del Servizio che ben dispone l'utenza in generale e in modo particolare l'utente psicotico, soddisfacendo uno dei suoi bisogni primari, quello di continuit.

Questa integrazione sta alla base del funzionamento di Èquipe quale insieme coordinato in cui la funzionalit delle singole parti dipende dalla possibilit di una loro interazione. L'Èquipe si connota allora come gruppo operativo capace di strutturare l'approccio e di elaborare un progetto di intervento che pu essere discusso e modificato.

Il primo contatto, che Ë unanimemente considerato un momento fondamentale del processo di presa in carico, stabilisce un rapporto tra l'intera Èquipe - o i suoi "delegati" - e l'utente, proprio perchÈ inizia a definire la relazione e pone le basi per il prosieguo del rapporto terapeutico.

In una struttura pubblica, quale il DSM, il primo contatto Ë il primo momento strutturato di incontro tra chi fa la richiesta e gli operatori del Servizio che hanno la funzione di filtrarla.

In un'ottica integrata di trattamento, il primo contatto si caratterizza per i seguenti aspetti:

a) primo contatto come anello di un lavoro programmato in Èquipe

b) primo contatto come lettura iniziale del bisogno

c) primo contatto come definizione e messaggio all'utente

d) primo contatto come primo momento dell'integrazione

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a) primo contatto come anello di un lavoro programmato in Èquipe

Dove non vi Ë integrazione, il primo contatto Ë solo il primo anello di una catena lineare, in cui avviene un passaggio da operatore ad operatore senza un ritorno circolare dell'informazione; paziente e famiglia sono presi in carico o "deviati" fino a trovare un punto di arrivo nell'operatore di riferimento, generalmente piuttosto sganciato da ogni Èquipe.

Nel caso dell'integrazione, invece, il primo contatto Ë parte di un percorso svolto all'interno di un Èquipe, in cui l'informazione circola fra gli operatori, ritorna periodicamente da coloro che sono pi impegnati e coinvolti a coloro che sono pi periferici nella gestione del caso. Anche qui diventa centrale l'idea del progetto comune che deve essere presente, prima a un livello pi generale, e quindi nella predisposizione delle regole a cui l'Èquipe fa riferimento (chi svolge il primo contatto; come si decide l'invio; quanto e come ci si incontra in Èquipe ecc.) e poi a un livello pi concreto nell'avvio di ogni singola presa in carico (progetto terapeutico-riabilitativo). Vi Ë sempre, infatti, il rischio che l'integrazione non sia sostanziale ma apparente, cioË limitata al ripetersi stereotipato di momenti di raccordo (riunioni di Èquipe, lavoro in sottogruppi), che per - proprio per la mancanza di una reale volont di portare avanti una progettualit comune - divengono dei vuoti "rituali di integrazione". Ci che qualifica un lavoro di tipo integrato non sono quindi solo le consuetudini di quella Èquipe quanto la presenza reale, fin dal primo momento, della disponibilit da parte dei diversi operatori a costruire un progetto comune.

 

b) Primo contatto come lettura iniziale del bisogno

La lettura della domanda di aiuto del paziente, che deve essere costantemente e attentamente effettuata durante tutto il processo terapeutico, Ë importante anche durante il primo contatto perchÈ, come nel caso dello psicotico, pu non essere evidente ma camuffata in vari modi (vissuti di angoscia e di panico, comportamenti ostili ed aggressivi, richieste impossibili), attraverso dinamiche complesse.

La realt psicotica, ma non soltanto quella, non va considerata come qualcosa da eliminare a tutti i costi ma come una modalit espressiva, pur se certamente incongrua e non sempre facilmente decifrabile, dei bisogni fondamentali del paziente, tra cui la resistenza al cambiamento, talvolta cos onnipotente da vanificare ogni sforzo e da aumentare l'angoscia quando si tenta di valorizzare le parti sane, o il bisogno di non avere bisogni, che spiega l'ostinata resistenza all'emancipazione. Abituarsi a tale lettura, fin dal primo momento, attenua nell'operatore il senso di sconforto o di impotenza che suscita il rapporto con lo psicotico e che pu indurlo a forzare il paziente verso una impossibile guarigione. E' importante, invece, comprendere ed accettare questi bisogni e cercare di stabilire in un confronto di Èquipe le reali capacit emancipative ed evolutive del paziente per potere ben modulare tempi e modalit di intervento.

Naturalmente a questa dimensione, quella delle problematiche e dei bisogni sul versante "interno" al soggetto, va collegata la dimensione riferita all'intreccio delle relazioni in cui la persona Ë inserita.

In questo modo la lettura dei bisogni si allarga, divenendo la lettura complessa non tanto di una "persona con un problema", quanto di una intera "situazione-problema", in cui la dimensione familiare costituisce una parte particolarmente significativa del contesto.

Per finire, non vanno dimenticate, quelle problematiche concrete (autonomia, mezzi di sussistenza, difficolt pratiche) che avessero un rilievo importante.

 

c) Primo contatto come "messaggio" all'utente

E' importante sottolineare che il primo contatto veicola messaggi significativi nei confronti di utente e familiari. Infatti, l'operatore del primo contatto, pur svolgendo fondamentalmente un lavoro di lettura del bisogno, non pu non costruire insieme all'utente/i un'iniziale definizione del "problema". La posizione dell'operatore non pu essere neutrale, asettica, di sola lettura ma influenzer, comunque - ed a volte in maniera significativa - il prosieguo del trattamento.

Hanno gi un significato per l'utente aspetti come: le figure professionali che effettuano il primo contatto; la scelta dei contenuti del colloquio; la scelta di chi convocare (individuo, coppia, famiglia) ed il diverso ascolto dato ai presenti; la scelta di chi convocare per l'incontro successivo ecc..

Questi messaggi inviati volutamente o non volutamente, proprio per il fatto di essere collocati al livello dei comportamenti e dei fatti concreti vanno a definire - spesso con maggiore forza delle parole - la relazione con il paziente e la sua famiglia.

 

d) Primo contatto come primo momento dell'integrazione

In un'ottica di lavoro integrato il colloquio di primo contatto, pur vedendo la partecipazione soltanto di alcuni degli operatori dell'Èquipe, rappresenta il primo momento di un processo che coinvolge le diverse figure professionali appartenenti all'Èquipe stessa.

Spesso in questo primo colloquio potranno mettersi a confronto due diversi operatori, ottiche e prospettive diverse, tese ad una lettura quanto pi completa possibile della situazione presentata. Ma anche nel caso in cui un solo operatore si prendesse questo compito, l'Èquipe interverr subito dopo: prima per rendere complesso quanto osservato inizialmente e poi per semplificarlo, in un momento successivo, attraverso la scelta di una strategia di intervento; verranno cioË scelte la o le professionalit da impegnare nel momento successivo, la prospettiva pi utile, le risorse, gli operatori di riferimento e la modalit di prosecuzione dell'intervento. L'Èquipe stessa, attraverso l'operatore o gli operatori scelti, incontra la situazione problematica e trova poi le risorse interne ed esterne pi adatte per venire incontro al problema presentato.

Il primo contatto Ë dunque un primo momento di integrazione se Ë frutto, nelle modalit di attuazione della operativit dell'Èquipe, di un suo pensiero e progetto.

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