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CAPITOLO 23

DISTURBI DISSOCIATIVI

La dissociazione è un complesso processo neuropsicologico che ha come risultato la perdita (o la riduzione, o l’interruzione) degli aspetti fondamentali della coscienza vigile, come la coscienza di sé (attuale o passata), del tempo e/o delle circostanze esterne. Non è un fenomeno tutto-o-nulla, ma si colloca su un continuum che va dalle normali esperienze quotidiane a disturbi che interferiscono con il normale svolgimento della vita quotidiana. Si può, infatti, immergersi nella lettura di un libro, tanto da perdere la cognizione del tempo o dello spazio, o fare "sogni ad occhi aperti" così vivaci da sembrare veri tanto da perdere momentaneamente il contatto con la realtà, perdere una parte di una conversazione perché assorbiti da altri pensieri o fantasie, ma si può giungere fino alla totale rottura del rapporto con la realtà tanto da non avere più coscienza della propria identità, dei propri ricordi delle proprie emozioni. Dato che il DD si colloca su di un continuum che va dalla normale dissociazione che si può sperimentare nella vita di tutti i giorni alla multi-frammentazione dell’identità del Disturbo Dissociativo dell’Identità, si tende oggi a parlare di "spettro dissociativo".

La dissociazione, soprattutto quando si passa nel versante patologico del continuum, ha una funzione difensiva o di adattamento, nel senso che serve ad allontanare dalla coscienza eventi traumatici che sarebbero, altrimenti, fonte di angosce insostenibili. Il soggetto letteralmente dissocia se stesso da una situazione o da un’esperienza troppo traumatica per essere integrata nel proprio io cosciente.

I bambini tendono a dissociare più facilmente degli adulti e quei bambini che hanno dovuto fare ricorso a questo meccanismo di difesa tendono ad usarlo anche da adulti (più facilmente rispetto a quelli che non vi hanno fatto ricorso) fino a strutturare un vero e proprio Disturbo Dissociativo (DD).

È opinione generale che il DD riconosca alla sua origine esperienze altamente traumatiche e che i sintomi derivino dall’abituale rimozione dei ricordi traumatici. Così, ad esempio, la vittima di uno stupro con amnesia dissociativa può non avere memoria cosciente della violenza, ma può avere depressione, blocchi emotivi, malessere per stimoli ambientali (colori, suoni, odori, eccetera) in qualche modo correlati all’esperienza traumatica: la memoria dissociata, infatti, non è perduta, è viva ed attiva, ma è semplicemente sommersa, nascosta. Anzi, è proprio questa memoria apparentemente non accessibile che può influenzare le componenti non dissociate del comportamento e dell’esperienza.

Dobbiamo dire, comunque, che i modelli teorici della dissociazione proposti dai diversi Autori sono tutt’altro che soddisfacenti e non danno conto a pieno del fenomeno. Senza entrare nel dettaglio di modelli che forniscono spiegazioni decisamente parziali e limitate, citeremo soltanto il modello più generalmente accettato, quello degli "stati di coscienza".

Questo modello ipotizza che i fenomeni fondamentali del DD, quali l’amnesia ed i disturbi del senso di sé, derivino da un’alterazione traumaticamente indotta delle capacità di modulazione degli stati di coscienza e di integrazione dell’Io attraverso stati di coscienza diversi e separati tra loro (Putnam, 1991). La critiche principali a questo modello sono che:

  • manca un’adeguata verifica del modello stesso,
  • mancano studi sull’ipotizzata predisposizione costituzionale alla dissociazione,
  • non è adeguatamente documentata la maggiore tendenza dei bambini alla dissociazione,
  • il legame tra esperienze traumatiche e dissociazione non è supportato da dati convincenti che vadano al di là della memoria autobiografica specificamente indagata, tanto che, quando le informazioni sono ricavate da cartelle cliniche generali, il riscontro di traumi di rilievo non correla affatto con punteggi elevati nelle scale di valutazione del DD.

Sono soprattutto gli psichiatri americani che hanno rivolto particolare attenzione a questo disturbo che, nelle loro statistiche, sarebbe diffuso, nella popolazione generale, quanto i disturbi d’ansia, dell’umore e da uso di sostanze (Ross, 1991). Nella popolazione psichiatrica i pazienti con DD supererebbero il 15% e tutti (o quasi) avrebbero una storia di traumi, violenze, abusi, eccetera (Saxe et al., 1993). Per converso, punteggi elevati nelle scale di valutazione del DD si osserverebbero costantemente nei soggetti con anamnesi positiva per traumi e violenze ed il punteggio sarebbe tanto più elevato quanto più precoci sono stati i traumi (Waldinger et al., 1994).

Tuttavia, accanto ad Autori che sostengono che il disturbo è sottodiagnosticato, ve ne sono altri che lo ritengono, invece, sovradiagnosticato. Per i primi, la mancata diagnosi di questo disturbo sarebbe attribuibile a diversi fattori fra cui:

  • il fatto che i clinici prendono in considerazione soltanto i quadri tipici, sintomatologicamente caratteristici, mentre sono più frequenti i quadri lievi, con sintomatologia fluttuante;
  • il fatto che i suoi sintomi soddisfano anche i criteri per altri disturbi, come la schizofrenia, il disturbo borderline di personalità, la fuga e l’amnesia psicogena, l’epilessia del lobo temporale, il PTSD, i disturbi da somatizzazione, eccetera.

Per coloro che ritengono, invece, che il disturbo sia sovradiagnosticato, due sarebbero le cause principali, l’induzione da parte del medico e la simulazione:

  • nel primo caso il clinico, sospettando la presenza del disturbo, nel tentativo di evidenziarne i sintomi, fornisce informazioni sul disturbo che il paziente, per compiacerlo o per semplice suggestione, adotta e tende a conformare ad esso il proprio comportamento;
  • nel secondo caso, invece, è l’aspettativa di ottenere dei vantaggi o di evitare dei problemi che induce il paziente a simulare disturbi simili a quelli del DD.

Sul piano clinico, la caratteristica essenziale dei DD è rappresentata da un disturbo o da una alterazione delle normali funzioni integrative dell’identità, della memoria e/o della coscienza.

Quando il disturbo riguarda primariamente la memoria si hanno l’Amnesia Dissociativa e la Fuga Dissociativa nelle quali il soggetto è incapace di richiamare alla memoria eventi personali importanti. L’Amnesia Dissociativa, con perdita acuta della memoria, può essere il risultato di un grave trauma, come un incidente, un evento bellico, uno stupro. La Fuga Dissociativa è caratterizzata non solo dalla perdita acuta di memoria, ma anche dall’andare in luoghi diversi e/o assumere una nuova identità. Se il disturbo riguarda primariamente la coscienza della propria identità il soggetto può assumere una o più identità diverse, ognuna inconsapevole delle altre, come nel Disturbo Dissociativo dell’Identità (o Disturbo da Personalità Multipla, come era definito in passato). Anche nel Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) che pure non fa parte dei DD, il ricordare ed il rivivere l’esperienza del trauma (flashback) si alterna a paralisi emotiva (dissociazione) e ad evitamento. Quando, infine, si altera il senso della propria realtà, il soggetto lo rimpiazza con sentimenti di irrealtà, vale a dire con la Depersonalizzazione.

Il corteo sintomatologico dei DD, al di là dei sintomi specifici che individuano le quattro sindromi appena citate (amnesia, fuga, coscienza della propria identità e derealizzazione), comprende depressione ricorrente, ansia, panico, fobie, rabbia, ira, ridotta autostima, sentimenti di indegnità, vergogna, dolore somatoforme, pensieri e/o comportamenti autodistruttivi, abuso di sostanze, anomalie delle condotte alimentari, difficoltà di rapporto interpersonale e sessuale, disfunzioni sessuali, perdita della nozione del tempo, vuoti di memoria, sentimenti di irrealtà, flashback, pensieri o immagini intrusive, stato di ipervigilanza, di allarme, disturbi del sonno, incubi notturni, sonnambulismo, insonnia, stati di coscienza fluttuanti o alternati. È evidente che questa ricchezza sintomatologica rende difficile la diagnosi poiché pone il DD a cavallo di molteplici disturbi che vanno dai disturbi depressivi ed ansiosi ai disturbi della personalità, dai disturbi somatoformi a quelli psicotici.

Per l’approccio diagnostico è fondamentale il colloquio psichiatrico, che dovrà prendere in considerazione tutti i sintomi sopra citati, con particolare riferimento alle esperienze dissociative, quali i blackout, la perdita della cognizione del tempo, le dimenticanze, le fughe, il possesso inspiegabile di oggetti, i cambiamenti immotivati dei rapporti interpersonali, evidenti fluttuazioni delle conoscenze e delle capacità pratiche, ricordi frammentari della propria vita, stati di trance spontanei, marcata suscettibilità all’ipnosi, sensazioni di estraneamento, eccetera.

Gli strumenti standardizzati disponibili per la valutazione del DD comprendono una scala di screening per la dissociazione patologica degli adulti, la Dissociative Experience Scale - DES (Bernstein e Putnam, 1986), cui fa da pendant una scala per i bambini dai 5 ai 12 anni, la Child Dissociative Checklist - CDC (Putnam et al., 1993), due scale di valutazione diagnostica, la Dissociative Disorders Interview Schedule - DDIS (Ross et al., 1989) e la Structured Clinical Interview for DSM-IV Dissociative Disorders-Revised - SCID-D-R (Steinberg, 1994) ed un questionario per la valutazione quantitativa, il Questionnaire of Experience of Dissociation - QED (Riley, 1988).

La scelta dello strumento da impiegare dipende dallo scopo che il clinico o il ricercatore si prefigge, se intende verificare, in una popolazione, la presenza di sintomi dissociativi ed il livello di gravità di quei sintomi, utilizzerà uno strumento di screening (la DES per gli adulti o la CDC per i bambini); se vuole giungere, invece, ad una diagnosi standardizzata in base ai criteri del DSM-IV impiegherà la DDIS o la SCID-D-R. Non di rado gli strumenti diagnostici vengono utilizzati soltanto se il soggetto raggiunge una determinata soglia negli strumenti di screening.

Dissociative Experience Scale — DES

La DES è una scala di autovalutazione che misura il livello ed il tipo di esperienza dissociativa presente senza entrare nel merito della diagnosi. Le 28 domande che la compongono descrivono delle esperienze dissociative delle quali il soggetto deve indicare la frequenza con cui le ha sperimentate. Nella versione originale la DES utilizza una valutazione analogica: su una linea di 100 mm, il soggetto mette una crocetta sul punto che indica la frequenza con cui ha avuto quell’esperienza; esiste anche una seconda versione, la DESII (Carlson e Putnam, 1993), che usa una scala percentuale a 11 punti (dallo 0% al 100%) sulla quale il soggetto indica il punteggio percentuale che meglio corrisponde alla sua esperienza.

Il punteggio della scala è dato dalla somma dei punteggi dei singoli item diviso per il numero degli item (28) e può andare, perciò, da 0 a 100: punteggi inferiori a 20 sono di frequente riscontro nei controlli sani ed anche in pazienti psichiatrici in generale, punteggi superiori a 30 sono associati, in genere, ad una diagnosi di DD secondo il DSM-IV (od anche di DPTS). È stata messa a punto anche una versione della DES specificamente per gli adolescenti (A-DES) (Armstrong et al., 1997); si distingue dall’originale perché il linguaggio e gli esempi sono stati riformulati (mantenendo inalterato il contenuto), è composta da 30 domande e la valutazione è fatta su una scala a 10 punti. Le caratteristiche psicometriche della DES sono state ampiamente studiate e si sono dimostrate di ottimo livello.

Child Dissociative Checklist — CDC

La scala, che deve essere compilata dai genitori dei bambini dai 5 ai 12 anni (o da osservatori adulti), è composta da 20 item valutati su una scala a 3 punti (0 = falso; 1 = in parte vero; 2 = assolutamente vero) e serve ad individuare il livello di sintomatologia dissociativa senza comunque pretendere di formulare una diagnosi secondo i criteri del DSM-IV. Il punteggio totale può andare da 0 a 40: punteggi superiori a 12 sono associati generalmente alla presenza di patologia dissociativa. La CDC è uno strumento di screening per la dissociazione patologica nei bambini che si caratterizza per la rapidità di esecuzione, per la sua validità ed affidabilità.

Dissociative Disorders Interview Schedule — DDIS

La DDIS è un’intervista completamente strutturata per la diagnosi dei DD secondo i criteri del DSM-III-R e del DSM-IV. Per la vasta area di comorbidità che spesso accompagna i DD, la scala contiene anche domande sì/no per la diagnosi di queste patologie; la scala contiene anche una serie di domande che esplorano violenze ed abusi nella fanciullezza, domande che spesso creano disagio al paziente. La DISS è costituita da 131 item che si articolano su 16 sezioni distinte: 1. lamentele somatiche, 2. storia di abuso di sostanze, 3.storia psichiatrica, 4. episodio depressivo maggiore, 5. sintomi positivi della schizofrenia (o sintomi schneideriani di primo rango), 6. trance, sonnambulismo, amico immaginario, 7.violenze, abusi nell’infanzia, 8. caratteristiche associate ai disturbi dissociativi dell’identità, 9. esperienze soprannaturali/esperienze di possessione/percezioni extrasensoriali/culti, 10. disturbo borderline di personalità, 11. amnesia dissociativa, 12. fuga dissociativa, 13.disturbo di depersonalizzazione, 14. disturbo dissociativo dell’identità, 15. disturbo dissociativo NAS e, 16. item conclusivo. Generalmente ad ogni criterio del DSM corrisponde una domanda che è, in pratica, il criterio stesso espresso con parole diverse. La DDIS si è dimostrata uno strumento affidabile e valido per la diagnosi dei DD e dei disturbi psichiatrici che spesso si associano ad essi. Essendo un’intervista strutturata e non richiedendo un giudizio clinico, la scala può essere applicata anche dal personale non medico.

Structured Clinical Interview for DSM-IV Dissociative Disorders-Revised SCID-D-R

La SCID-D-R è un’intervista semistrutturata (organizzata secondo il modello della SCID), articolata su 276 item, per la valutazione della presenza e della gravità dei 5 sintomi dissociativi fondamentali (amnesia, confusione ed alterazione dell’identità, depersonalizzazione e derealizzazione) e per la diagnosi dei cinque disturbi dissociativi indicati dal DSM-IV (amnesia dissociativa, fuga dissociativa, depersonalizzazione, disturbo dissociativo dell’identità e disturbi dissociativi NAS) e del disturbo acuto da stress. La diagnosi secondo la SCIDDR si basa sull’identificazione dei sintomi chiave dei DD, sulla valutazione della loro gravità e sul confronto del pattern sintomatologico del paziente con quello previsto dai criteri diagnostici del DSM-IV. La gravità di ciascuno dei 5 sintomi fondamentali è valutata da 1 = assente a 4 = grave, per cui il punteggio totale può andare da 5 per il paziente asintomatico, a 20 per quello che ha tutti i 5 sintomi al massimo della gravità. La SCID-D-R è uno strumento altamente affidabile e valido per la diagnosi dei DD dei quali valuta anche la gravità consentendo, con ciò, la possibilità di discriminare tra sottogruppi di pazienti. Ulteriori vantaggi di questo strumento sono, da un lato la capacità di far emergere informazioni, oltre che sui sintomi, anche su eventuali esperienze traumatiche e, dall’altro, la possibilità di determinare se i sintomi dissociativi si osservano in concomitanza o meno dell’uso di alcol o di sostanze. Richiedendo, infine, risposte elaborate, rende più difficile la manipolazione della scala ai fini della simulazione.

Questionnaire of Experience of Dissociation — QED

Il QED è uno strumento messo a punto per la misurazione della dissociazione o dell’incapacità ad integrare a livello conscio pensieri, sentimenti ed azioni. Gli item sono stati ricavati dalla letteratura clinica sull’argomento. I 26 item che lo compongono sono valutati su una scala dicotoma vero/falso, dove "vero" corrisponde ad 1, eccetto che per gli item 7, 10, 15, 17, 18, 20, 21 e 23-26, per i quali il punteggio 1 è assegnato alla risposta "falso". In un ampio campione, i soggetti "normali" avevano un punteggio medio di 9,92, quelli con disturbi da somatizzazione 13,9 e quelli con personalità multipla 24,6. Il QED ha una buona consistenza interna ed ha mostrato una buona validità nominale.

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