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Eine kleine Nachtbesprechung

Bruno Morchio

Bacci Pagano -Una storia da carruggi- Fratelli Frizzi Ed.

Euro 9,50

Un medico, uno psichiatra, o uno psicologo che sia (in questo caso non c’è differenza), che scriva romanzi, non dovrebbe far notizia, visto che tutti gli italiani di media cultura lo fanno: forse proprio romanzi no, ma poesie sicuramente. Ma uno che scriva come Bruno Morchio colpisce: fa pensare ai medici e agli psichiatri scrittori, e la mente corre a Cecov, o, si licet maxima, a Tobino. Insomma, il nostro Bruno ha scritto un giallo, con un plot, un percorso interno, in cui la trama è la psicologia e l’ordito è il delitto, giallo di paese (Genova) ma nello stesso tempo global, con eventi e intrecci ampli, di grande portata politica, sociale, economica, e chi più ne ha… Non è certo alexitimico, il nostro psicologo, a differenza della maggior parte dei suoi colleghi, ed il preconscio vince e prorompe dovunque: un buon anticlericale come il detective narrante non può che chiamarsi Pagano, e fin qui, bene. Ma si è accorto, l’autore, che l’orrendo poliziotto reazionario e fascista si chiama Manzi (tutto il potere sessuale al nemico), e il poliziotto buono Petruzziello, vezzeggiativo-diminutivo infantile, il che ne fa un grande rotondetto bebè?

L’autore ha una cosa di bello, tra le tante: idealizza tutto. Idealizza i cattivi, proprio cattivi, i buoni, proprio buoni, idealizza una strana sinistra stizzosa, isterica e un po’ scema, una strana destra cupa e cinicissima (scusate il superlativo), ma intelligente, idealizza la fabbrica e l’operaio (la parola stessa idealizza). Ma la Klein, lo psicologo, la ricorda? Un fondo di perbenismo pseudo pessimista ma in realtà ottimista, anzi ottimizzante (bravo Bruno!) pervade il racconto: tutte le troie e gli immigrati, sono per definizione buoni, o se sono cattivi è perché sono corrotti dallo stanziale pessimo (ma che c’è di male, visto che le eroine di Dostojevsky sono tutte grandi baldracche?) Le osterie sono controidealizzate, ma chi ne vede più osterie così? Buona anche una strana cucina franco-genovese, ed una Genova degradata, proprio quella che non piace ai genovesi. Il paesaggio è lirico, anche se improbabile: avete mai sentito il rumore dell’acqua del Bisagno (del Bisagno!) quando soffia impetuosa la tramontana (che l’autore, chissà perché, denomina in russo burian, forse per nostalgia d’altri tempi)?

Ma Bruno sa scrivere, perbacco! Eccome se sa scrivere! E sa anche narrare, oggi che sembra che così pochi lo sappiano fare. Uno psicologo che sa scrivere è come una rivoluzione astronomica, lo spostamento della stella polare da nord a sud: uno psicologo dalle buone metafore, dalla fantasia rappresentativa, dalla ricchezza di linguaggio senza rigidità, che rende alla nostra lingua flessibilità ed elasticità senza degradarla e rinsecchirla. Andate a leggere il libro, compratelo, perché i libri esistono quando vengono comprati in libreria, e direte con me "Bravo Bruno!", anche se io aggiungerei: la prossima volta leva l’investigatore e scrivi un altro tipo di giallo, hai in mente "Delitto e castigo"?

È vero, ci sono grandi prediche scaturite da un’etica ipertrofica e birichina assieme —rubare non ai poveri, ma alle grandi banche- delinquere ma con buoni scopi, e senza spargere sangue, per carità: una delinquenza su misura, nello scaffale giusto, che ha preparato l’autore stesso, perché i delinquenti ci si mettano. Ma insomma, se uno fa la fatica di costruirsi la sua tribuna, il suo speaker’s corner…però, Dostojevsky… ma basta… falla finita un po’ anche tu con questo Dostojevsky! E figuriamoci poi, se anche Bruno, ottimo psicologo oltre che ottimo scrittore, non conosce bene il banchiere esoso, il mafioso torvo, l’ottuso dittatore che c’è dentro di noi.

Un’ultima curiosità: ma, Bruno, fa davvero così freddo d’inverno a Genova?

Romolo Rossi

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