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IL RICONOSCIMENTO DEI DISTURBI EMOTIVI NELLA MEDICINA DI BASE:IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE

Anna Saltini

Servizio di Psicologia Medica

Istituto di Psichiatria

Università di Verona - Ospedale Policlinico

INTRODUZIONE
L'INTERLOCUTORE DEL MEDICO DI BASE
L'APPROCCIO AL PAZIENTE E ALLA MALATTIA
L'INTERVISTA MEDICA
IL MEDICO DI BASE E L'IDENTIFICAZIONE DEI DISTURBI EMOTIVI: EVIDENZE DEL RUOLO DELL'INTERVISTA MEDICA
LA FORMAZIONE DEL MEDICO DI BASE. QUALI BENEFICI?
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA

Introduzione

Nei paesi dove esistono un Servizio Sanitario Nazionale ed una medicina di base ben sviluppata, l'ambulatorio del medico di base rappresenta, generalmente, per i pazienti con disturbi emotivi, la sede del primo contatto con il servizio sanitario. Sono oramai numerosi gli studi che hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti con disturbi emotivi presenti nella popolazione generale vengono visti, ed in seguito eventualmente trattati, dal medico di base. Le stime di prevalenza dei disturbi psichici calcolate in ricerche effettuate nell'area di Verona hanno ad esempio dimostrato che nel corso di una settimana i pazienti con disturbi psichici che si rivolgono al medico di base sono circa 10 volte più numerosi di quelli che entrano in contatto con i servizi psichiatrici e 50 volte più numerosi di quelli che vengono ricoverati nei reparti psichiatrici ospedalieri (Tansella & Williams, 1989). E' stato inoltre dimostrato che più di un terzo dei pazienti che si rivolgono al medico di base presenta disturbi emotivi ed il 15-25% presenta disturbi di tipo depressivo od ansioso (Von Korff et al., 1987; Barrett et al., 1988; Bellantuono & Tansella, 1989). La depressione e l'ansia rappresentano in effetti i disturbi più frequenti nella medicina di base ed è questo il setting nel quale la maggior parte di essi viene di fatto trattata (Blacker & Clare, 1987; Williams & Skuse. 1988).

La medicina di base riveste dunque un ruolo chiave nell'ambito della salute mentale e del riconoscimento e trattamento dei disturbi emotivi. Fra i disturbi appartenenti allo spettro depressivo ed ansioso, oltre alle forme benigne o transitorie, vi è per altro una percentuale significativa di disturbi la cui gravità mette in evidenza come i disturbi emotivi più frequentemente trattati in settings non specialistici rappresentino un importante problema di salute pubblica. In un'elevata percentuale di casi i disturbi emotivi di comune riscontro nella medicina di base presentano infatti un decorso protratto, si associano a svariati tipi di limitazioni sul piano sociale (Mann et al., 1981; Kessler et al., 1985) e all'incremento dell'utilizzazione dei servizi sanitari (Duggan et al. 1991; Johnson et al., 1992; Von Korff et al., 1992); inoltre, se non adeguatamente trattati, questi disturbi, oltre a comportare disabilità e costi sociali, comportano esiti negativi in termini di cronicità e risultano associati all'aumento del rischio per patologie organiche (Departement of Health and Social Security, 1988). Da questo punto di vista, la dicitura "disturbi minori", usata per definire i disturbi più raramente trattati in ambito psichiatrico, appare pertanto fuorviante, comunicando infatti l'impressione che si tratti di problemi che hanno poca rilevanza da un punto di vista clinico o con prognosi in ogni caso favorevole.

Nonostante nell'ambito della medicina di base venga riconosciuto e trattato un considerevole numero di pazienti con disturbi emotivi, molti studi hanno dimostrato che però soltanto una parte dei pazienti che si rivolgono ai medici di base viene di fatto riconosciuta. Si stima infatti che da un terzo alla metà dei pazienti sofferenti di un disturbo emotivo resterebbe non identificata (Marks et al., 1979; Skuse & Williams, 1984). Per quanto riguarda i disturbi depressivi, è stato mostrato che, per ogni consultazione, circa la metà dei pazienti con tali disturbi non viene riconosciuta dal medico di base (Goldberg & Huxley, 1980), un ulteriore 10% viene riconosciuto solo successivamente mentre per il 20% dei casi l'intervallo di tempo corrisponde alla remissione del disturbo. Per il rimanente 20%, la morbilità può risultare ancora misconosciuta anche dopo sei mesi.

Il misconoscimento della morbilità psichiatrica nella medicina di base rappresenta tuttora un fenomeno di comune riscontro in diversi paesi del mondo (Ustun & Sartorius, 1995); le ragioni o le circostanze particolari dalle quali esso dipende sono state ampiamente studiate (Marks et al., 1979; Goldberg & Bridges, 1987; Goldberg & Huxley, 1992; Goldberg et al., 1993).

Tra i fattori che influenzano il riconoscimento dei disturbi emotivi, quelli riguardanti il paziente, l'approccio del medico al paziente e alla malattia e la conduzione dell'intervista medica sono stati fino ad oggi oggetto di grande attenzione. Un aspetto cruciale del fenomeno del mancato riconoscimento dei disturbi emotivi è rappresentato, infatti, in particolar modo, oltre che dal grado di conoscenza da parte del medico della natura dei disturbi in questione e dalle sue attitudini nei confronti della psichiatria, dalla possibilità di mettere effettivamente in luce i segni della eventuale presenza di un disturbo, da valutare ed identificare successivamente in termini diagnostici. Come si comprenderà meglio di seguito, tale possibilità dipende molto da come si configura l'interazione medico-paziente durante l'intervista medica. I fattori di cui sopra non sono dunque indipendenti l'uno dall'altro ma, al contrario, l'effetto prodotto da ciascuno di essi influenza gli altri e viene reciprocamente da essi influenzato. L'interazione medico-paziente, come qualsiasi altra forma di comunicazione interpersonale, è infatti un processo che si sviluppa sulla base delle caratteristiche individuali (conoscenze, attitudini, livello socio-culturale, stile comunicativo ecc.) e dei processi interattivi che vengono a definirsi sulla base del modo in cui ciascuno dei due interlocutori (medico e paziente) adatta il proprio modo di comunicare ed i propri contenuti a quelli dell'altro.


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