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FUNZIONAMENTO SOCIALE E INTERVENTI PSICOSOCIALI INTEGRATI NELLA SCLEROSI MULTIPLA

Chiara Mela, Enza Muliere, Rita Roncone, Massimo Casacchia

Centro di Servizi Interdipartimentale Comportamenti Maladattativi

Clinica Psichiatrica - Università L'Aquila

 

Introduzione
Disturbi psichici e cognitivi
Slcerosi multipla, qualità di vita, stress e strategie di coping
Qualità di vita, carico familiare e modalità di coping dei familiari di pazienti con sclerosi multipla
Trattamenti familiari
Trattamenti di psicoterapia
Conclusioni
Bibliografia

Trattamenti di psicoterapia

Si è già fatta menzione dell'importanza di una valutazione delle modalità di coping per programmare interventi individuali e familiari attraverso i quali aiutare le persone ad affrontare i problemi conseguenti alla malattia.

I primi trattamenti di natura psicoterapeutica applicati su pazienti con SM e descritti in letteratura sono quelli di Witte e Baker (93) e in particolare quelli di Paulley (94-96), nei quali si afferma l'importanza delle caratteristiche premorbose di personalità e delle componenti emozionali – esperienze vissute nell'infanzia e stress emotivi – nel discorso patogenetico della SM. Paulley (94-96) sottolinea, in base alle sue osservazioni, non convalidate da dati scientifici, lo stretto rapporto temporale dei periodi di remissione dopo un intervento psicoterapeutico a impronta psicodinamica.

Diversi studi indicano la possibile utilità di trattamenti psicoterapici individuali, quali psicoterapia di supporto (97), psicoanalisi, terapia cognitivo-comportamentale (98) e di gruppo (99-101).

Larcombe e Wilson (98) riportano risultati significativi ottenuti da una terapia cognitivo-comportamentale (consistente in sedute di gruppo settimanali per un periodo di sei settimane) mirata ad aumentare la frequenza, la qualità, lo spettro delle attività e delle relazioni sociali, applicata su pazienti affetti da SM depressi. In primo luogo, si sono identificati gli schemi cognitivi distorti di tipo depressogeno e le convinzioni irrazionali dei pazienti per procedere con un'analisi logica degli stessi e con delle "prove di realtà".

Infine, si aiutava i pazienti ad essere più obiettivi e a pensare positivamente, sostituendo interpretazioni più funzionali a quelle distorte in senso negativo. Tale trattamento ha consentito di riportare un significativo risultato nella depressione di soggetti affetti da SM rispetto a un campione di controllo posto in lista d'attesa per il trattamento.

Nel loro studio Crawford e McIvor (101) osservano che un programma di psicoterapia di gruppo insight-orientato era in grado di ridurre sia la depressione che l'ansia dei pazienti, incrementando la capacità di autodeterminazione e l'autostima. Gli autori concludono che i pazienti si giovano dell'essere coinvolti in un gruppo con miglioramenti significativi del tono dell'umore.

Mandel e Keller (102), Crawford e McIvor (103) riportano una significativa diminuzione dello stato d'ansia e delle preoccupazioni somatiche al termine del programma di gestione dello stress utilizzato in un centro di riabilitazione – otto incontri di due ore in un contesto psicoeducazionale volto a insegnare tecniche di autocontrollo e di gestione dello stress.

Paris (97) ricorrendo a gruppi di discussione di pazienti ambulatoriali afferma che il metodo di fronteggiamento della malattia è favorito, in quanto i pazienti possono apprendere l'uno dall'altro a riconoscere le loro disabilità e le loro capacità in modo più realistico, e ad affrontare direttamente le loro paure, speranze e delusioni.

Kiessling e coll (104) hanno condotto un'indagine su circa 850 pazienti affetti da SM chiedendo loro se stessero seguendo terapie psicologiche.

Solo l'11% si era sottoposto e/o si sottoponeva ad un trattamento di natura psicoterapica.

Due pazienti partecipavano regolarmente a una terapia di gruppo centrata sul cliente.

Riguardo al passato, 11 persone avevano seguito una psicoterapia di gruppo o individuale e un paziente aveva seguito una psicoterapia familiare. Il 3,5% dei pazienti occasionalmente usufruiva ambulatorialmente di consulenze di neurologi o del medico di famiglia per problemi emotivi, psicoterapia individuale, familiare o di gruppo. Dieci pazienti utilizzavano tecniche di rilassamento, quali il training autogeno. La quota più numerosa di pazienti, quasi il 5%, riferiva di partecipare attivamente a gruppi di autoaiuto con gran beneficio personale. Lo studio metteva in evidenza lo scarso supporto assistenziale di tipo psicologico fornito dai servizi sanitari.

Nel loro studio, Stenager e coll (105) hanno intervistato 49 pazienti per determinare la loro richiesta di trattamenti non medici/alternativi, nell'arco di tempo di 5 anni. Essi hanno trovato che tale richiesta si riduceva dal 55% al 27% nel giro di 5 anni. Tali trattamenti non sembravano modificare significativamente il decorso della SM e gli autori concludevano che la richiesta di trattamenti non medici rappresentava un indicatore delle difficoltà psicosociali nei pazienti con SM.

Interventi neuropsicologici

Un lavoro di Jonsson e coll (106) ha messo in evidenza l'utilità di un trattamento neuropsicologico in persone affette da SM.

Come visto precedentemente, in questi pazienti possono essere presenti disfunzioni cognitive e alterazioni comportamentali che assumono importanza soprattutto in relazione alla situazione lavorativa, al bisogno di assistenza, alle attività della vita quotidiana.

Nel lavoro di Jonsson i pazienti reclutati, con un danno cognitivo di grado medio/lieve, sono stati sottoposti a una psicoterapia insight-orientata, allo scopo di prendere coscienza e accettare l'attuale livello di funzionamento cognitivo, apprendendo nello stesso tempo il modo migliore di utilizzare le abilità residue e altre strategie compensatorie. Questo studio ha mostrato che pazienti con una malattia cronica e progressiva, quale la SM, possono raggiungere buoni risultati a livello cognitivo, tenendo conto dei deficit iniziali e individualizzando il trattamento. Il miglior esito in termini di stabilizzazione dell'umore si otteneva quando durante il trattamento il paziente prendeva consapevolezza delle proprie disabilità e imparava tecniche compensatorie cui far ricorso quotidianamente, con la conseguenza di un'aumentata fiducia in se stesso e la percezione di una migliore qualità di vita (106).

Nello studio di Rodgers e coll (107) i risultati ottenuti da un intervento multimodale di terapia cognitiva sembrano essere promettenti circa il miglioramento di alcuni sintomi neuropsicologici della SM (apprendimento verbale, astrazione verbale, depressione dell'umore, alcune funzioni della sensibilità).

Interventi alternativi

Alcuni autori riportano i risultati di metodiche "alternative" di terapia da loro utilizzate, quali l'ipnosi (108) o l'"imagery" in associazione a training di rilassamento (109), dimostrando un miglioramento del tono dell'umore e dello stato d'ansia dei soggetti affetti da SM. Petajan e coll (110) hanno sperimentato gli effetti del training aerobico sulla qualità di vita dei pazienti con SM. Questi ultimi si sono giovati di tali esercizi mostrando un miglioramento significativo non solo a livello fisico ma anche in termini di interazioni sociali, comportamento emotivo, gestione degli affari domestici, attività ricreative e hobbie.

Lengdobler e Kiessling (111) hanno fatto ricorso alla musico-terapia organizzando sedute di gruppo in cui si discutevano anche problemi associati alla SM, quali la disabilità, l'incertezza sul futuro, l'ansia, la depressione, la perdita di autostima. I risultati riportati suggeriscono il notevole beneficio riportato dai pazienti, non solo in termini di supporto psicologico, ma anche di acquisizione di strategie di coping.

In un articolo di Minden (112) vengono descritte le difficoltà di effettuare una qualsivoglia psicoterapia con pazienti affetti da SM perché la loro capacità di affrontare i problemi psicologici è correlata al decorso della malattia. Ad esempio, l'autrice ritiene che un approccio orientato all'insight è adatto quando il disturbo è stabile, ma è di scarsa utilità quando la malattia è attiva. Nel momento delle esacerbazioni, i pazienti sperimentano sentimenti di impotenza e sono scoraggiati e impauriti, per cui hanno uno scarso interesse e una ridotta capacità di introspezione e desiderio di cambiamento e sono quindi accettabili per il paziente solo colloqui di supporto.

Inoltre, sebbene alcuni pazienti desiderino parlare dei loro disagi psicologici o dei loro sintomi, la maggior parte pone l'attenzione sulle disabilità fisiche o sugli eventi correlati alla malattia. Buona parte dei pazienti desidera anche essere aiutata in alcune decisioni, quali intraprendere un trattamento farmacologico in via di sperimentazione, cessare di lavorare, entrare in una casa di cura, e si richiede per questo ai sanitari una competenza non solo squisitamente "neurologica" (112).

Con questo tipo di pazienti è necessario quindi adattare, in base alla fase di malattia, l'approccio psicoterapeutico, tenendo in debito conto anche la presenza di eventuali deficit cognitivi.


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