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FUNZIONAMENTO SOCIALE E INTERVENTI PSICOSOCIALI INTEGRATI NELLA SCLEROSI MULTIPLA

Chiara Mela, Enza Muliere, Rita Roncone, Massimo Casacchia

Centro di Servizi Interdipartimentale Comportamenti Maladattativi

Clinica Psichiatrica - Università L'Aquila

 

Introduzione
Disturbi psichici e cognitivi
Slcerosi multipla, qualità di vita, stress e strategie di coping
Qualità di vita, carico familiare e modalità di coping dei familiari di pazienti con sclerosi multipla
Trattamenti familiari
Trattamenti di psicoterapia
Conclusioni
Bibliografia
Sclerosi multipla, qualità di vita, stress e strategie di coping

Le conseguenze psicosociali di avere una malattia cronica, quale la SM, sono state solo recentemente oggetto di una ricerca sistematica (52, 53).

Aronson (54) e Stuifbergen (55) hanno indagato le relazioni fra qualità di vita nella SM e altri fattori, quali le caratteristiche sociodemografiche e il grado di disabilità fisica. In generale, una più scadente qualità di vita tra le persone con SM è stata associata con il fatto di essere disoccupati, di presentare sintomi neurologici gravi o moderati, con affaticabilità, ridotta capacità di effettuare determinati movimenti (per esempio, salire le scale) e con un decorso instabile di malattia (52). Una correlazione ancora maggiore si è evidenziata con l'interferenza della malattia sul funzionamento sociale.

Tale interferenza viene riferita spesso dai pazienti come particolarmente disturbante; sembra esserci infatti un ampio divario nella valutazione di disabilità, quale percepita dai pazienti affetti da SM, e la valutazione condotta dai medici (56), in quanto questi ultimi attribuiscono un'importanza maggiore alle limitazioni fisiche determinate dalla malattia, mentre i pazienti sembrano essere più interessati ad altri parametri della qualità di vita, quali la salute mentale e la vitalità, l'occupazione, il ruolo nella famiglia e le relazioni sociali.

Hermann e coll (57) hanno confrontato la qualità di vita (valutata attraverso l'SF-36) in tre gruppi di soggetti affetti da epilessia, diabete e SM, riscontrando una qualità di vita significativamente peggiore nella SM relativamente al funzionamento fisico e al funzionamento sociale. I pazienti con SM ed epilessia hanno riportato punteggi inferiori nella scala del benessere emotivo. Il gruppo di pazienti con epilessia aveva in tale studio una migliore percezione dello stato di salute rispetto al gruppo dei diabetici e dei pazienti affetti da SM.

Anche Rudick e coll (58) hanno confrontato la qualità di vita nella SM e in altre malattie croniche (malattie infiammatorie intestinali e artrite reumatoide) evidenziando come la qualità di vita più insoddisfacente fosse quella dei soggetti affetti da SM, proporzionalmente con il punteggio riportato sulla Scala dello Stato di Disabilità di Kurtzke (KEDSS). Tale risultato è spiegato dagli autori dal fatto che la SM comporta una varia combinazione di sintomi e di problemi (compromissione della motilità e della sensibilità, disturbi urinari e intestinali, deficit cognitivi e disturbi della vista) nello stesso soggetto.

Negli anni '40 e '50, sono stati condotti, spesso secondo un'ottica psicoanalitica, numerosi studi che hanno evidenziato una correlazione "speculativa" tra eventi stressanti di vita e la sintomatologia della malattia (37, 59-62).

Cazzullo (63) ha raccolto gli eventi esistenziali di 100 pazienti con SM ed è emerso che gli eventi stressanti sembrano essere presenti soprattutto nelle fasi di esordio. Analogamente, Grant e coll (64) hanno osservato che il 77% dei pazienti con SM presentavano una frequenza maggiore di eventi di vita sfavorevoli nell'anno precedente l'insorgenza della sintomatologia rispetto a soggetti sani di controllo. Le esperienze più stressanti riscontrate riguardavano situazioni di conflitto o di separazione con il coniuge, un membro familiare o un amico; una malattia grave o la morte di una persona cara; problemi lavorativi e di gestione delle attività domestiche. La maggior parte di tali studi depone a favore dell'osservazione che l'insorgenza e l'esacerbazione della sintomatologia nella SM possono essere collegate a una "frantumazione" dell'ambiente sociale dell'individuo.

Molte ricerche hanno dimostrato che per fronteggiare lo stress in genere le persone impiegano strategie di "coping", di fronteggiamento (65-67), che possono essere definite come le modalità messe in atto per far fronte a una situazione nuova o problematica con lo scopo di superarla, di evitare l'esposizione a essa o di ridurne gli eventuali svantaggi.

A dispetto del fatto che la SM può comportare sintomi disabilitanti e che non vi sono ancora trattamenti veramente efficaci, molte persone riescono ad adattarsi in modo soddisfacente alla difficile esperienza di convivere con la SM.

Nello studio di Zeldow e Pavlou (26), circa il 50% dei pazienti ha mostrato una buona capacità di adattamento alla malattia; tale capacità sembra dipendere dalla percezione di un migliore supporto sociale (11, 68), dalla possibilità di confidarsi e di ricorrere a una persona di riferimento (69) e dalle maggiori opportunità di instaurare rapporti con soggetti sani (70). Il restante 50% sembrava invece utilizzare stili adattativi disfunzionali.

Più precisamente, la ricerca ha evidenziato che l'adattamento alla malattia dipende da sistemi di supporto esterni e interni. Le risorse esterne di supporto coinvolgono le relazioni con i familiari, gli amici, agenzie lavorative, interventi medici, gruppi di counselling e di auto aiuto. I sistemi adattativi (capacità di coping) interni sono sia in relazione alla funzionalità delle preesistenti strategie di coping adottate dall'individuo sia a quelle che l'individuo riesce a mettere in atto nel confrontarsi con i problemi che caratterizzano la SM.

Il coping viene generalmente distinto in due categorie, la prima comprendente le reazioni emotive finalizzate a ridurre la tensione che accompagna una data situazione ("emotion-focused coping strategies"), la seconda relativa alle azioni pratiche messe in atto per affrontarla ("problem-focused coping strategies") (71).

All'interno di tali categorie generali, viene poi descritta una vasta gamma di strategie specifiche, la cui scelta ed efficacia sono influenzate dalle caratteristiche socioculturali e di personalità dell'individuo esposto, dalla natura dell'intervento e dell'ambiente in cui l'evento si verifica. Cohen (72), a esempio, distingue nell'ambito delle strategie di coping quattro sottocategorie.

1. La ricerca di informazioni sulla natura dell'evento.

2. La scelta e la pianificazione di soluzioni pratiche.

3. L'evitamento della situazione.

4. La ricerca di aiuto e di sostegno della rete sociale.

Si ipotizza che una modalità di reazione focalizzata maggiormente sulla messa in atto di strategie di problem solving porti più facilmente alla concreta risoluzione dell'evento, mentre una condotta orientata prevalentemente al controllo emotivo attraverso l'evitamento favorirebbe il perdurare della situazione e l'aumento della tensione associata all'evento.

Le strategie di coping sono state ampiamente descritte in psicologia sperimentale (73, 74) e sono state valutate in termini di impatto sull'esito di diverse malattie organiche, quali le malattie organiche croniche e il morbo di Parkison (75, 76).

In uno studio Buelow (77) ha valutato, in pazienti con patologie neurologiche che compromettono progressivamente l'autonomia della persona, gli stressors, gli stili di coping e l'abilità ad avere cura di se stessi. Si è messo in evidenza che gli stressor più significativi erano: sentimenti di stanchezza, inabilità al lavoro, incertezza del futuro, bisogno dell'aiuto degli altri, cambiamenti nelle relazioni familiari e sociali. Dallo stesso studio emerge che i meccanismi di coping più utilizzati dai pazienti non comprendevano l'utilizzazione di una modalità strutturata di risoluzione dei problemi, ma stili di coping di tipo emotivo, quali il fare affidamento su se stessi, l'ottimismo oppure soluzioni palliative.

Nello studio di Jean e coll (78) alcuni soggetti affetti da SM nell'affrontare situazioni stressanti legate alla malattia ricorrono a strategie di coping di tipo "emotivo" che sono considerate strategie disfunzionali in vista dell'adattamento alla malattia. Un distress psicologico di maggiore entità porta a utilizzare più frequentemente queste modalità di coping.

Nel processo di adattamento sociopsicologico alla SM, alcuni autori hanno studiato non tanto stili di adattamento quanto il diverso ruolo di altre componenti psicologiche, come per esempio, la capacità di mantenere la propria autostima. Infatti, Brooks e Matson (79) hanno osservato che i soggetti di sesso femminile mostrano più frequentemente rispetto agli uomini una maggiore autostima.

Il numero di ricadute verificatesi negli ultimi sette anni è il più forte predittore dell'evoluzione del processo di adattamento alla malattia, anche se il riuscire a conservare un'immagine positiva di sé garantisce un adattamento soddisfacente alla malattia. Quanti riferiscono di aver "accettato" la malattia presentano una maggiore autostima, mentre coloro che si sono rifugiati nella religione o nella famiglia sembrano presentare una minore fiducia in se stessi e quindi un minore adattamento alla malattia.

Nel suo studio O'Brien (80) ha riscontrato un rapporto significativo tra autostima, supporto sociale, e modalità di coping "strutturate". Secondo questo autore, autostima e supporto sociale non determinerebbero comunque lo sviluppo di un coping di tipo "problem-focused".

Nel fronteggiare gli eventi stressanti i pazienti ricorrevano a una combinazione di entrambe le strategie (di tipo emotivo e focalizzate sul problema), sebbene più spesso, in circostanze generali, facessero ricorso a quelle strategie focalizzate sul problema e di confronto attivo.

Ulteriori ricerche sulle strategie di coping messe in atto da pazienti con SM hanno evidenziato che essi possono utilizzare sia una modalità di affrontare la malattia caratterizzata da "coping attivo", "autoaffermazione", "religiosità" sia una modalità caratterizzata prevalentemente da "depressione" e "trivializzazione" (81). I pazienti compresi nel I cluster, con età media e durata media di malattia maggiori, erano più soddisfatti della loro vita. Inoltre tali pazienti potevano usufruire di un notevole supporto sociale rispetto ai pazienti del II cluster. Ciò fa pensare che le tecniche di coping si modifichino nel tempo consentendo un miglior adattamento alla malattia.

Aikens e coll (82) hanno evidenziato che la compromissione dovuta alla malattia, gli eventi stressanti e meccanismi di coping di "fuga-evitamento" sono correlati a sintomi depressivi associati alla SM.

Quadri psicopatologici di depressione e prevalenti stili di coping sfavorevoli (anche in relazione alle capacità cognitive dei soggetti affetti) sembrano emergere con il peggioramento della malattia, suggerendo di tener conto di tali aspetti nel momento in cui si cerca di rafforzare le capacità personali dei pazienti (83).

Il rapporto tra coping e depressione nella SM varierebbe anche col variare del grado di compromissione fisica (84): tanto più è grave la compromissione fisica, tanto più utilizzate risultano le strategie di "Fuga-Evitamento" e di "Riposo emozionale", correlate positivamente all'entità della depressione. La strategia di "Problem-solving" sembrerebbe invece correlata negativamente con la gravità del quadro depressivo e positivamente con l'adattamento alla malattia.

Uno dei compiti degli operatori è quello di identificare quelle persone che utilizzano strategie di coping inadeguate o insoddisfacenti e aiutarle a recuperare un controllo nei riguardi della malattia.

Di pari importanza è la valutazione del carico assistenziale dei familiari. Tale valutazione sulle modalità di coping e sul carico familiare è necessaria per programmare interventi individuali e familiari di tipo psicoeducativo integrato attraverso i quali vengano migliorate l'informazione sulla malattia e le abilità di comunicazione e di problem-solving all'interno della famiglia.


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