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Dal fascicolo 12 volume 3 2006

Roberto Manera
Dipartimento delle Dipendenze; Az. U.L.S.S. n. 8 Regione Veneto
Via Ospedale Civile n. 18
Castelfranco Veneto, CAP 31033, Treviso
Tel 0423/732736; Fax 0423/732737; E-mail: manerar@ulssasolo.ven.it

Paola Gallini
Dipartimento delle Dipendenze; Az. U.L.S.S. n. 8 Regione Veneto

Graziano Bellio
Dipartimento delle Dipendenze; Az. U.L.S.S. n. 8 Regione Veneto

Angelo Fioritti
Assessorato Politiche per la Salute, Regione Emilia-Romagna

PREVALENZA DELLA COMORBILITA' PSICHIATRICA IN PAZIENTI CON DIPENDENZA DA OPPIACEI IN UN SER.T. DEL VENETO

Riassunto

Scopo: Il presente lavoro persegue lo scopo di valutare la prevalenza della comorbidità psichiatrica nei pazienti con dipendenza da oppiacei in trattamento con farmaci agonisti, da almeno 6 mesi, presso il Servizio Tossicodipendenze dell'AZ.ULSS n. 8 della Regione Veneto

Metodi: 90 pazienti, su 257 eleggibili allo studio, hanno completato una valutazione standardizzata che prevedeva l'utilizzo di strumenti di screening (Addiction Severity Index- A.S.I.; Sympton Check List 90 Revised - S.C.L. 90 R.; Valutazione Globale del Funzionamento - V.G.F.) e di approfondimento diagnostico (Structured Clinical Interview for DSM - IV Axis I Disorders - Clinical Version - S.C.I.D. I° C.V. / Mini International Neuropsychiatric interview 5.0.1- M.I.N.I. ; Structured Clinical Interview for DSM - III - R Axis II Disorders - S.C.I.D. II°)

Risultati: I pazienti con dipendenza da oppiacei valutati in modo standardizzato presentano una prevalenza di comorbidità attuale in Asse I° del 23,3% e lifetime del 56%; gli stessi pazienti presentano una comorbidità in Asse II° del 45,6%.

Conclusioni: La presente ricerca conferma i dati della letteratura sulla rilevanza clinico - epidemiologica della comorbidità psichiatrica nei pazienti con dipendenza da oppiacei.

Parole chiave: dipendenza da oppiacei; comorbidità psichiatrica; valutazione standardizzata

Summary

Aims: To measure the prevalence of psychiatric comorbidity among patients with Opiod Dependence in substitution treatment for 6 months or more in a public addiction unit in Veneto’s region.

Methods: Ninety patients completed a full standardized assessment interview with screening tools (A.S.I., S.C.L.90, V.G.F.) and diagnostic interviews (S.C.I.D. I, Sc.C.I.D.II, M.I.N.I.).

Results: Axis I comorbidity rates were 23.3% (current) and 56% (lifetime). Mood disorders (15.5%) and anxiety disorders (10%) were the most common comorbidity in the sample. Current Axis II comorbidity was 45.6%.

Conclusions: Depressive and anxiety disorders are more common in patients with opiod dependence and their regular assessment is strongly advised in order to improve the compliance and the outcome of patients referred to public addiction units.

Keywords: opioid dependence, psychiatric comorbidity, standardized assessment.

PREVALENZA DELLA COMORBIDITA' PSICHIATRICA IN PAZIENTI CON DIPENDENZA DA OPPIACEI IN UN SER.T. DEL VENETO

Dr. R. Manera; Dr. ssa P.Gallini; Dr. G. Bellio; Dr. A. Fioritti

INTRODUZIONE

Nel Ser.T. dell'Az. ULSS n. 8 della Regione Veneto, all'interno del Piano Triennale 2003-05, Lotta contro la Droga, è stato avviato un progetto dal titolo "Tossicodipendenza e Comorbidità Psichiatrica" con lo scopo di valutare la prevalenza della comorbidità psichiatrica nei pazienti con dipendenza da oppiacei in carico al Servizio e rivedere i processi di presa in carico per rendere più valutabili i processi produttivi (diagnosi e interventi di cura) e gli esiti del trattamento.

Il progetto prevedeva, nella fase di assessment, a supporto del colloquio clinico, l'introduzione di alcuni strumenti di valutazione standardizzati che sono stati distinti in strumenti di I° livello o di screening e di II° livello o di approfondimento diagnostico, sulla base della tipologia delle informazioni ricavabili da ogni strumento e dell' "agilità" nella somministrazione.

La letteratura riporta tassi di prevalenza della comorbidità psichiatrica molto variabili, dal 15 all'85%, (Fioritti e Solomon, 2002).

Tale variabilità è riferibile a diversi fattori: caratteristiche e modalità di selezione del campione, metodologia utilizzata per la valutazione diagnostica, l'utilizzo o meno di scale standardizzate, il setting, la tipologia di utenza, la remissione più o meno completa del disturbo da uso di sostanze, il tempo intercorso dall'ultima somministrazione di sostanze, il periodo a cui si riferisce la diagnosi (Rieger D.A. et Al., 1990; Kessler R. C., 1994; Brooner R.K., et Al.,1997; Pani P.P., 2002; Cibin M., 2004) etc.

L'osservazione clinica e i dati della letteratura generalmente concordano nel ritenere che la presenza di una comorbidità psichiatrica associata alla tossicodipendenza condizioni negativamente la gravità del quadro clinico e la prognosi (Maremmani I., 2000; Bignamini E., 2002; Fioritti e Solomon, 2002; Perone e Pecori, 2002; Bellio G., 2003).

Come è noto, numerosi altri fattori situazionali ed esperienze pregresse concorrono a determinare la gravità clinica di questi pazienti, come ad esempio la precipitazione di eventi stressanti (life events), la presenza di dinamiche relazionali conflittuali o carenti, l'utilizzo di meccanismi di difesa e strategie di coping rigide o scarsamente adattive, disturbi fisici associati, condizioni socioeconomiche e lavorative precarie ecc..

Il progetto parte dal presupposto che una diagnosi sistematica possa orientare in modo più preciso gli interventi terapeutici e consentire con maggiore probabilità la riduzione della gravità della tossicodipendenza e della psicopatologia associata.

L'esigenza di servirsi di alcuni strumenti standardizzati nella diagnostica e nel monitoraggio clinico, è diventata una questione sempre più rilevante per gli operatori dei servizi, in quanto si sentono molto più sollecitati, rispetto al passato, a prestare attenzione all'appropriatezza ed efficacia degli interventi effettuati (Serpelloni G., 2000; Lucchini A., 2001; Fiocchi a., 2003).

L'operazione di ripensare e riorganizzare i processi diagnostici in modo da quantificare e qualificare in modo standardizzato, attraverso un assessment multidimensionale, la gravità del quadro clinico, rappresenta un notevole cambiamento delle procedure operative all'interno del nostro Ser.T. Storicamente, la diagnosi veniva formulata sulla base del colloquio clinico e spesso non era formalizzata né registrata nella cartella clinica. Era ovviamente difficile, mancando di strumenti standardizzati di misura, comparare in modo oggettivo la condizione tossicologica e psicopatologica di partenza con quella che si poteva osservare a distanza di mesi o anni di trattamento. Per tutti questi motivi si è pensato di implementare il Progetto "Tossicodipendenza e Comorbidità Psichiatrica" che andremo ora a presentare.

SCOPO DEL PROGETTO

Questo progetto è strutturato secondo i principi della ricerca-intervento e persegue lo scopo di valutare nei pazienti con Dipendenza da Oppiacei in carico al Ser.T. :

  • la prevalenza della comorbidità in asse I° secondo il DSM IV TR
  • la prevalenza della comorbidità in asse II° secondo il DSM III R
  • la gravità della tossicodipendenza in un'ottica multidimensionale
  • la gravità della sofferenza psichica
  • il valore globale di funzionamento

Tutti gli strumenti di valutazione utilizzati in questa ricerca-intervento vengono citati nel paragrafo seguente. I risultati emersi rispetto alla valutazione della gravità della tossicodipendenza, della sofferenza psichica e del funzionamento globale dei pazienti saranno oggetto di approfondimento in un altro lavoro. Oggetto di questo articolo è invece la presentazione dei dati relativi alla prevalenza della comorbidità psichiatrica.

MATERIALI E METODI

Dopo aver preso in considerazione diversi strumenti di valutazione riportati in letteratura (Conti L., 1999; Cifelli G., 2003) ne sono stati scelti alcuni che rispondevano maggiormente alle nostre esigenze. (ad es. l'utilità clinica, la validità, l'affidabilità-riproducibilità, la diffusa applicazione nell'ambito clinico)

Tra gli strumenti di I° livello sono stati inseriti nel protocollo diagnostico:

-l'A.S.I. (ADDICTION SEVERITY INDEX), (McLellan e coll., 1979; McLellan A. T. et Al., 1985; (McLellan et Al., 2004; Consoli A., 2001, D'Egidio et Al.., 2003; Makela, 2004) per valutare la gravità della tossicodipendenza;

-l'S.C.L. 90 - R (SYMPTOM CHECK LIST), (Derogatis L. R., 1983) per valutare la sofferenza psichica;

-il V.G.F. (VALUTAZIONE GLOBALE DEL FUNZIONAMENTO), (APA, 2000) per misurare il funzionamento globale del paziente.

Strumenti di II° livello:

-la S.C.I.D. I C.V. (STRUCTURED CLINICAL INTERVIEW FOR DSM - IV AXIS I DISORDERS), (First M. B., Spitzer R. L. e Al. ) per la diagnosi standardizzata dei disturbi mentali in Asse I° (l'intervista è stata utilizzata per i primi 30 pazienti)

-il M.I.N.I. (MINI INTERNATIONAL NEUROPSYCHIATRIC INTERVIEW 5.0.1), (Sheehan D. e Al.) per la diagnosi standardizzata dei disturbi mentali in Asse I° (l'intervista è stata utilizzata per gli altri 60 pazienti)

-la S.C.I.D. II (STRUCTURED CLINICAL INTERVIEW FOR DSM - III - R AXIS II DISORDERS (First M. B., Spitzer R. L. e Al. ) per la diagnosi standardizzata dei disturbi mentali in Asse II°

Sono stati utilizzati due strumenti per la valutazione standardizzata dei disturbi in Asse I° del DSM IV TR, la SCID I e il MINI per verificare nel nostro ambiente operativo i vantaggi e svantaggi delle due interviste.

Il M.I.N.I., diversamente dalla S.C.I.D. I, non consente la distinzione tra disturbo psichiatrico primario (presente indipendentemente dall'uso di sostanze) e secondario (conseguente all'Uso di Sostanze o a Condizioni Mediche Generali).

La S.C.I.D. I risulta pertanto più precisa per la diagnostica differenziale. D'altra parte la somministrazione del M.I.N.I. risulta più rapida ed agevole.

Nella presente ricerca la differenziazione tra disturbi primari e secondari è comunque continuata anche con l'utilizzo del M.I.N.I. in quanto è stato chiesto sistematicamente, ad ogni paziente e per ogni disturbo, se al momento dell'esordio del disturbo psicopatologico vi era o meno una recente esposizione al consumo di sostanze o presentava una Condizione Medica Generale tale da giustificare il quadro sintomatologico.

L'indagine clinica è stata inoltre integrata con altre fonti di informazione, in particolare, con il contributo del medico di riferimento e la consultazione della cartella clinica (es. esami tossicologici delle urine).

E' stato pertanto possibile mantenere, per tutti i 90 pazienti valutati, la differenziazione dei Disturbi Comorbili in Primari e Secondari, Attuali e Lifetime.

I pazienti che non presentavano, con gli strumenti psicometrici, un disturbo attuale, ma avevano avuto un disturbo lifetime compensato farmacologicamente sono stati inseriti nel gruppo di pazienti con comorbidità attuale (es. disturbo depressivo compensato con terapia).

POPOLAZIONE TARGET

La "valutazione clinica standardizzata" è stata proposta ai pazienti del Ser.T. che presentavano un disturbo da Dipendenza da Oppiacei ed erano in trattamento da almeno 6 mesi con metadone o buprenorfina.

La scelta di focalizzare l'attenzione su un sottogruppo di pazienti omogeneo per sostanza utilizzata (droga primaria: oppiacei), tipologia e fase del trattamento, è stata fatta per stimare il peso della comorbidità psichiatrica limitando il numero di variabili confondenti (disturbi psicopatologici associati all'uso di altre sostanze psicoattive, diversa fase del trattamento, ecc.) e facilitare la comparazione con gruppi di pazienti simili.

Questo sottogruppo costituisce, attualmente, il maggior carico di lavoro per il Ser.T., è abbastanza numeroso e sufficientemente stabile da permettere eventuali rivalutazioni nel corso del tempo e verificare l'andamento della gravità del disturbo e per alcuni casi l'esito del trattamento.

Sono stati esclusi dalla valutazione standardizzata

i pazienti in fase avanzata di trattamento o in prossimità della dimissione

i pazienti in situazioni di crisi acuta

i pazienti che hanno rifiutato la valutazione standardizzata

Rispetto alla compliance dei pazienti è stato osservato quanto segue: su 257 pazienti in trattamento con metadone o brupenorfina, 131 pazienti sono stati inviati dalla Psicologa per la valutazione standardizzata e di questi, 90 hanno concluso il percorso, 36 hanno rifiutato o interrotto la valutazione, 5 stavano completando le interviste. Gran parte dei 126 pazienti, non inviati alla valutazione standardizzata, aveva difficoltà di accesso al Ser.T. per motivi di lavoro o di trasporto, una piccola minoranza non era reperibile perché in C.T. o in Carcere.

METODOLOGIA DI LAVORO

La parte operativa del progetto è partita nel dicembre 2003 ed è terminata a gennaio 2006.

La proposta di una "valutazione standardizzata" è stata presentata ai pazienti come un intervento focale finalizzato a verificare la loro condizione clinica attuale e veniva accompagnata da una lettera che descriveva l'iniziativa e richiedeva il consenso informato. Ciascun medico del Ser.T. si è fatto carico di presentare e proporre la valutazione standardizzata ai propri pazienti.

Tutti coloro che hanno aderito al progetto sono stati presentati dall'operatore referente alla psicologa-consulente che ha fissato un primo appuntamento dove si precisava che la valutazione avrebbe richiesto 3-4 incontri per la somministrazione delle interviste ed un colloquio conclusivo per la restituzione clinica. Le informazioni ricavate dalla valutazione standardizzata sono state , in un primo tempo, presentate e discusse con gli operatori referenti e successivamente restituite al paziente. Il colloquio di restituzione è stato strutturato in modo tale da fornire ai pazienti una descrizione dei loro disturbi psichici attuali, una definizione dei livelli di sofferenza e di funzionamento e le indicazioni terapeutiche circa la conferma o la proposta di modifica del trattamento in corso.

Per questa valutazione standardizzata era prevista una sequenza specifica nella somministrazione delle interviste e dei questionari: si iniziava con la somministrazione dell'ASI al termine della quale venivano descritti e consegnati al paziente due questionari, l'SCL-90 R e il questionario di screening per l'intervista SCID II, con l'indicazione di compilarli a domicilio e di segnare le domande che non erano comprese e avevano bisogno di un chiarimento.

Gli item non completati venivano segnalati ed eventualmente spiegati al paziente che era messo nella condizione di rispondere a tutte le domande.

Nel secondo incontro si somministrava la S.C.I.D. I / M.I.N.I. per la determinazione dei disturbi mentali in asse I, mentre il 3° incontro era riservato all'applicazione della SCID II per la diagnosi dei disturbi di personalità. L'ultimo colloquio veniva dedicato alla restituzione dei risultati e alle indicazioni terapeutiche.

CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE

Vengono riportate alcune caratteristiche socioanagrafiche dei 90 pazienti che hanno concluso la valutazione.

L'età media è di 33,3 anni (range dai 21 ai 52 anni).

La classe di età maggiormente rappresentata è compresa tra > 25 e < 30 anni.

Il 90% dei partecipanti è di sesso maschile, il 10% è rappresentato da femmine.

Per quanto riguarda la scolarità prevalgono i pazienti con diploma di scuola media inferiore con 58 pazienti (64,4%), a seguire, 16 pazienti (17,7%) con diploma di maturità, 12 (13,3%) avevano il diploma professionale, 3 (3,3%) una scolarità elementare e 1 (1,1%) il diploma di laurea.

Lo stato civile è rappresentato prevalentemente da soggetti celibi/nubili (68,8%).

Un dato particolarmente rilevante è legato alla condizione occupazionale: nel nostro campione la percentuale di occupati è del 65,5%, mentre i disoccupati sono il 21,1%.

Infine, il tempo medio trascorso dal primo uso di oppiacei al momento della attuale valutazione standardizzata è stato di 12,2 anni ed è indicativo della durata media della dipendenza (range da 2 a 25 anni), mentre il tempo medio trascorso dal primo contatto con il Ser.T. alla valutazione attuale è stato di 8,8 anni ed è indicativo della Durata media della Presa in Carico (range da 1 a 20 anni).

RISULTATI e CONCLUSIONI

Prevalenza Comorbidità Psichiatrica

Asse I°

In questo ricerca, la prevalenza della comorbidità psichiatrica attuale (point prevalence) nei pazienti con dipendenza da oppiacei, in trattamento con agonisti da almeno sei mesi, risulta del 23,3% per "almeno un disturbo in Asse I attuale". I principali quadri clinici vengono diagnosticati con una percentuale pari al 15,1% per disturbi depressivi, al 10% i disturbi d'ansia e al 3,3% per i disturbi psicotici. Le percentuali sono abbastanza simili a quelli riportate in altri studi italiani per questa tipologia di pazienti (Pozzi et al., 1993; Pani et al., 1991, Clerici,1993). La prevalenza lifetime presenta, come prevedibile, tassi ancor più elevati sia per i disturbi depressivi (43,3%) che per i disturbi d'ansia (28,9%).

Milby J. B., e coll. 1996 sostengono che in alcuni studi la percentuale di pazienti comorbili per disturbi dell'umore o d'ansia "primari" sia sovrastimata e in parte indotta da sostanze, specialmente se la valutazione viene fatta nelle prime fasi del trattamento.

Pur condividendo l'affermazione di questo autore sul rischio di sovrastimare i disturbi in comorbidità, l'importanza dell'associazione tra disturbi da uso di sostanze e disturbi dell'umore e d'ansia "primari" viene confermata da varie fonti (Grant B.F. e coll. 2004) e ribadita anche dai dati che emergono dalla nostra ricerca: il fatto di aver rispettato le indicazioni metodologiche previste nel DSM IV per la differenziazione tra disturbi primari e secondari rafforza l'ipotesi che la co-occorrenza non sia solamente ascrivibile agli effetti legati all'uso di sostanze psicoattive ma sia probabilmente attribuibile a fattori di vulnerabilità comuni ai due disturbi.

Asse II°

Nel nostro studio, la percentuale di pazienti con disturbo di personalità risulta pari al 45,6%. Le categorie diagnostiche più rappresentate corrispondono ai Disturbi NAS (20%), Narcisistico (7,8%), Evitante (7,8%) e Antisociale (6,7%) di Personalità.

Se si escludono i disturbi di personalità NAS la percentuale di pazienti con "almeno un disturbo di personalità" è pari al 27,8% (25 pazienti).

Nel nostro studio i pazienti con i disturbi di personalità del Cluster B, in particolare i disturbi borderline e antisociale, appaiono meno rappresentati rispetto ad altre ricerche (Verheul, 2001). Queste differenze potrebbero essere riferite ad un processo di autoselezione e alla difficoltà di compliance dei pazienti con gravi disturbi di personalità.

Nel nostro campione, inoltre, il genere femminile è scarsamente rappresentato (10%) e come è noto il disturbo borderline, per esempio, è più frequente nelle donne.

La somministrazione dell'intero pacchetto di questionari ed interviste comporta, come già ricordato un impegno piuttosto consistente. Per pazienti particolarmente problematici e con livelli di funzionamento compromesso che appartengono più frequentemente a questo Cluster, la valutazione può protrarsi più a lungo o interrompersi con maggiore facilità per l'interferenza di eventi diversi, tra cui la necessità di iniziare programmi residenziali.

Seguendo un'altra ipotesi si potrebbe pensare che la prevalenza di gravi disturbi di personalità sia leggermente minore nella nostra zona rispetto ad altre (Compton W.M. e coll. 2005; Kindorf R. e coll. 2004) grazie alla presenza di fattori ambientali protettivi che interferiscono con lo sviluppo e la piena espressione di disturbi di personalità. Il nostro Servizio è collocato in un territorio diffusamente abitato ma non concentrato in grandi agglomerati, i livelli di occupazione e di reddito nella popolazione generale sono abbastanza soddisfacenti, così come la disponibilità di servizi sociosanitari, etc.

Si potrebbe anche ipotizzare che i trattamenti prolungati nel tempo presso il Servizio abbiano consentito ad alcuni pazienti di attenuare alcune caratteristiche di personalità più disadattive.

A sostegno di questa ipotesi, nel corso della ricerca abbiamo potuto rilevare che 11 pazienti su 90 soddisfacevano i criteri per il Disturbo della Condotta ma solo 5 di questi hanno poi sviluppato un Disturbo Antisociale di personalità "clinicamente evidente". E ancora, alcuni pazienti con anamnesi positiva per una "sindrome antisociale" (Compton W.M. e coll. 2005) presentavano, al momento della valutazione standardizzata, una remissione del quadro clinico, spesso da diversi anni e solitamente dopo aver iniziato un trattamento agonista.

Questi pazienti potrebbero aver lentamente modificato alcuni tratti di personalità in senso più adattivo, tanto che, al momento della valutazione, risultavano "sottosoglia" oppure "solo con qualche tratto di personalità clinicamente non significativo".

L'osservazione di una elevata percentuale del Disturbo di personalità NAS caratterizzato dalla presenza di disagio e/o disfunzionalità clinicamente significativa, anche che non soddisfa i criteri per uno specifico disturbo di personalità, potrebbe essere ascrivibile agli stessi fattori di protezione sopraelencati, ai lunghi periodi di trattamento effettuati e all'avanzare dell'età. Altresì: "si presta a descrivere quella disfunzionalità aspecifica frequentemente rilevabile nella personalità dei tossicodipendenti che non soddisfa alcuna struttura caratteristica" (Pozzi, 1990).

Considerazioni conclusive

La proposta di una "valutazione clinica standardizzata" ha rappresentato un'importante occasione per i pazienti di rifocalizzare l'attenzione sui propri bisogni sociosanitari e per gli operatori di verificare l'adeguatezza del trattamento.

E' stato possibile rilevare in modo sistematico e standardizzato la distribuzione di frequenza dei disturbi psichiatrici in comorbidità in asse I° e in asse II° in una parte dei pazienti in carico e di iniziare a misurare la consistenza del fenomeno nel servizio.

Questo fatto risulta particolarmente importante perché ha consentito di discutere e formalizzare alcuni percorsi di cura specifici per la patologia psichiatrica associata ed ha creato le premesse per porre in termini "più oggettivi" la questione dei carichi di lavoro del servizio e delle risorse necessarie per far fronte ai bisogni di questi pazienti.

I limiti di questo lavoro sono legati in particolare alla scarsa numerosità dei pazienti valutati e alla scelta in corso d'opera di rinunciare ad un campionamento randomizzato della popolazione target.

Il fatto che si tratti di una ricerca locale e non multicentrica introduce altri elementi di distorsione che limitano la comparabilità con altri lavori.

Questa prima esperienza legata all'introduzione nel campo operativo di Interviste e Questionari sembra indicare che un sistema standardizzato di valutazione non sia alternativo ma complementare ai colloqui e al "giudizio clinico" che conservano le loro fondamentali prerogative nella valutazione iniziale, nella costruzione della relazione terapeutica e della presa in carico successiva (APA, 2003).

Per migliorare la capacità diagnostica, di presa in carico e di valutazione degli esiti appare importante adattare le conoscenze teoriche e gli strumenti di lavoro cercando di limitare il rischio del riduzionismo (Rigliano P., 2004) o della complessificazione inconcludente, anche rispetto alla questione della valutazione.

Altresì la consapevolezza della gravosità e delicatezza del compito sollecita iniziative di ricerca clinica applicata finalizzate a definire un assetto diagnostico rispondente ai bisogni di sistematicità (Manzato et Al., 2006) ma che risultino anche sostenibile per il paziente e per l'operatività dei Servizi.

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