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Le questioni che poniamo a chi governa

Come si sa negli ultimi anni il consumo di sostanze stupefacenti ha assunto, accanto alle forme più tradizionali, nuovi profili.

Crescono sia il consumo di sostanze attive sulla mente sia la diffusione di "nuovi stili di vita" non solo tra gli adolescenti ma anche tra i giovani adulti, non solo tra le fasce disagiate della popolazione ma anche nella popolazione generale ed in particolare in gruppi che mostrano un buon adattamento sociale. Chi non consuma a volte non riesce a riconoscere chi consuma e può arrivare a credere che tra quelli che lui frequenta non ci sia nessuno che consumi. Chi consuma, spesso, funziona come gli altri. Solo in caso di incidente o di trauma il suo consumare emerge; si sentono allora i vari "chi lo avrebbe mai detto", "non avrei mai creduto che…",

Le rappresentazioni degli stili di consumo sono però spesso stereotipate e, in quanto tali, inadeguate a descrivere la complessità e la variabilità degli oramai tanti stili di consumo; spesso si tratta di rappresentazioni obsolete, parziali e fuorvianti. Un esempio per tutti è la rappresentazione del consumatore problematico come di una persona facilmente identificabile e non integrata nella società o l’associazione fra consumo problematico e devianza; questi errori portano all’identificazione di un metodo di intervento unico e indifferenziato per tutti i tipi di consumo.

Il consumo di sostanze ed i comportamenti a rischio ad essi frequentemente associati presentano aspetti disgreganti e invalidanti per l’individuo e per la società ed hanno un profilo complesso. Sono, infatti molto frequenti casi di consumo problematico di sostanze concomitante o precedente o successivo ad altre forme di dipendenza, quali il gioco d’azzardo patologico, i disturbi del comportamento alimentare, la dipendenza da videogiochi, lo shopping compulsivo, la dipendenza dal lavoro. Ciò che accomuna tutte le varie forme di dipendenza, con o senza sostanza, è l’incontenibilità dell’impulso a mettere in atto il comportamento, pur nella consapevolezza dei suoi effetti dannosi, e, talvolta, nonostante tentativi reali ed attivi del soggetto di astenersi.

L’offerta di sostanze è molto alta e molto diffusa; si serve di tecniche di vendita sofisticate che servono per abituare all’uso (che dire di quei finti "spumanti" dei regali per bambini piccoli che così imparano a stappare la bottiglia?) ovvero a creare una fidelizzazione del cliente (che dire delle dosi sotto-costo di cocaina?). Il mercato per quanto criminale è diventato un fenomeno merceologico.

Si pongono così i termini per una sfida globale, radicale e pervasiva al modo di essere della nostra società. Cresce la consapevolezza che i cambiamenti negli stili di consumo di sostanze rappresentano una minaccia per la coesione sociale; ne è un esempio l’incremento di eventi di cronaca che riportano aggressività e violenza in famiglia, nella scuola, sul lavoro, nei luoghi di ritrovo e nelle città. Infatti il consumo di sostanze ha riflessi sulla società complessivamente intesa e sulla salute pubblica, oltre che su quella dei singoli consumatori.

Raccogliere questa sfida significa operare affinché si aggiornino le conoscenze e i criteri di lettura dei nuovi fenomeni e parallelamente cambino gli assetti delle risposte secondo i parametri dell’approccio scientifico e razionale.

L’obiettivo è il contrasto al consumo di tutte le sostanze psicoattive legali ed illegali.
Siccome il consumo è sentito "in", inserito nell’attuale concetto di "divertimento" e promosso secondo le regole di mercato come un brand (es. cocaina: velocità e successo), è difficilissimo impostare il contrasto.

Bisogna puntare alla creazione di comunità competenti: è un lavoro culturale ed educativo di lunga lena che coinvolge chi amministra, chi programma, chi insegna, chi opera nei servizi, chi fa volontariato. Il rinnovamento passa attraverso un processo culturale veramente "popolare" che consenta alle comunità locali di essere protagoniste e segna la fine della delega a tecnici, "esperti" della materia: è la comunità medesima che, attraverso un percorso di conoscenza e di analisi critica delle proprie modalità interattive, delle proprie difficoltà e delle proprie risorse, deve diventare il fulcro delle politiche di contrasto.

Occorre radicare nei territori l’impegno sinergico dei diversi attori sociali (amministrazioni, agenzie educative, servizi sociali e sanitari del pubblico e del privato, la cittadinanza attiva); ciascuno con la propria specificità opera all’interno di una medesima rete. Il consolidamento della comunicazione e collaborazione tra gli attori sopra citati è un obiettivo essenziale.

Nel frattempo si profilano nuovi decisivi problemi del futuro.

Si diffonde il costume per cui gruppi di ragazzi senza nessun altro interesse in comune si incontrano al solo scopo di consumare: decidono dove, quando, quale sostanza. Consumata l’esperienza nel restante tempo ognuno ha un suo differente gruppo di riferimento. E’ un accesso consapevole e consumistico ritenuto "controllato" e "sicuro" che richiede una certa esperienza.
Si diffondono fuori da ogni logica di indicazione medica l’uso di psicofarmaci, di farmaci prestazionali e di analgesici, le smart drug.

Molti soggetti sono concordi nell’osservare nei giovani, rispetto ad alcuni anni fa, un generale livello di scarsa tolleranza alle frustrazioni, la ricerca del piacere immediato, le elevate aspettative di successo (spesso fomentati dalle famiglie), lo scarso rispetto per i ruoli e l’autorità, l’individualismo. Frequenti sono gli episodi di violenza. L’aggressività emerge sia nelle relazioni tra coetanei (per futili motivi, per motivi razziali, bullismo) sia tra ragazzi e adulti (non rispetto delle differenze di ruolo, delle proibizioni, delle norme).

La maggior parte dei ragazzi riferisce che la famiglia non ha detto loro nulla o quasi nulla circa le sostanze stupefacenti. Si deve invece parlare di droghe e di dipendenze in casa: è un ingrediente essenziale della genitorialità competente. Il genitore che non lo fa trascura un suo compito.
Bisogna raccomandare ai genitori un loro intervento precoce, incisivo, onesto sulle sostanze stupefacenti. La famiglia va però aiutata a divenire una fonte credibile dai ragazzi sul tema delle sostanze; dovrebbero essere pertanto i genitori a parlarne per primi con i loro figli, già a partire dall’età della scuola elementare. Ma bisogna aiutare i genitori ad affrontare il tema, sostenendoli ed aggiornandoli: aiutare le famiglie è la priorità.

I ragazzi che consumano tabacco o cannabis abitualmente segnalano di aver cercato, inizialmente, di resistere alle pressioni del gruppo, ma di aver poi ceduto per non sentirsi "diversi" ed "emarginati". Bisogna aiutarli ad assumere la capacità di "dire di no" (se del caso rivolgendosi anche ai genitori o agli insegnanti) all’offerta di sostanze nel gruppo dei pari.

Serve una maggiore attenzione da parte della scuola. L’abuso di droghe e le dipendenze devono diventare oggetto di studio obbligatorio a partire dalla 1° media. Tanto più che il passaggio dalla scuola media inferiore alla scuola media superiore rappresenta un momento critico cruciale rispetto all’inizio dell’abuso di sostanze. E’ prioritario promuovere iniziative di prevenzione del consumo di sostanze già nella scuola media inferiore.

Accade invece che ci siano adulti e genitori che non solo non sanno come parlare in modo competente di sostanze e di dipendenze; non vogliono parlarne o ritengono non sia loro compito farlo; occorre incoraggiarli a rompere le paure e le ipocrisie.

Purtroppo, coerenti con queste resistenze, la "delega allo specialista" sta crescendo. Fa comodo a tanti. Evita di mettere in discussione gli assetti sociali ed istituzionali attuali e le cause del fenomeno. Individualizza il problema: se è l’individuo ad avere il problema la società, può, dormire quieta. Tutto allora è (appare, viene vissuto, si vorrebbe che fosse) individualizzato e sotto controllo. Va rilevato che la deriva scientista che spiega le dipendenze con motivazioni tutte biologiche va esattamente nella stessa direzione. Questi sono gli atteggiamenti negativi che occorre eliminare.

Si profila il momento di rinnovare le strategie sociali e sanitarie in materia di abuso e dipendenze da sostanze stupefacenti: ci sarà la Conferenza nazionale in marzo. Questo è il momento per un approfondimento e una revisione su quanto finora fatto. Al centro vanno poste la dimensione della responsabilità individuale e della responsabilità sociale per aiutare la famiglia e la comunità locale. Sapranno i nostri governi nazionale e regionali raccogliere queste sfide o si limiteranno alle litanie sulla crisi dei servizi o, peggio ancora, si strapperanno le vesti per illudere ancora una volta la gente con l’esigenza di spostare tutto il dibattito sul legale?

Ci si riuscirà ad avere un approccio unitario su tutte le droghe e sui comportamenti di abuso? Ci si riuscirà ad assumere una preminente logica di sanità pubblica in cui la protezione della salute mentale e della qualità della vita delle popolazioni va di pari passo con il contrasto degli effetti negativi sulla società, sui vicini e sui familiari dell’abuso di sostanze legali od illegali? Ci si riuscirà ad investire le istituzioni nella loro interezza nelle politiche di contrasto?

Potremmo girare gli interrogativi nel modo seguente: si continuerà a parlare di droghe illegali e non di alcol? Si parlerà di droghe e non di condotte di abuso? Ci si concentrerà sulle molecole di sostituzione anziché sulla rieducazione? Si parlerà di geni anziché di psicopatologia? Ci si concentrerà sul tossicodipendente anziché sul fratello e sulla sorella conviventi o sulla violenza alla moglie o ai nonni?

Non poniamo interrogativi relativi al sostegno della ricerca, dell’innovazione e della professionalità: manca una minima politica di formazione istituzionale degli operatori; sarebbe come gettare secchi di acqua gelida sulle voglie di volare alto che hanno i promotori della Conferenza. Auguri.

Umberto Nizzoli

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