POL.it POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner logo feedback POL.it banner
POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner
POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner POL.it banner

spazio bianco

NORADRENALINA E DEPRESSIONE

Ruolo del sistema noradrenergico nella fisiopatologia della depressione e nel meccanismo d'azione degli antidepressivi

Nicoletta Brunello1 e Joan M.C. Blom1,2

 

 

Ruolo della noradrenalina nella depressione

Anche se alcuni studi risultano contraddittori, la maggior parte dei dati disponibili in letteratura dimostrano che nella depressione compare una regolazione difettosa dei neuroni noradrenergici nella corteccia cerebrale, nelle aree talamiche-ipotalamiche e nel sistema limbico (vedi Figura 1). Grazie alle più recenti metodologie è stato possibile valutare la risposta dinamica del sistema noradrenergico a diverse stimolazioni farmacologiche. I primi studi sulla funzionalità noradrenergica nei pazienti depressi si sono concentrati a livello presinaptico valutando la possibilità di una alterazione nei meccanismi di rilascio/reuptake del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. In questo senso si inserisce un vasto numero di studi in cui sono state dosate le concentrazioni di noradrenalina e dei suoi metaboliti (prevalentemente il 3-metossi-4-idrossifenilglicol, MHPG) in diversi fluidi biologici (urina, plasma, liquor) per poter monitorare, per estrapolazione, modificazioni della funzionalità noradrenergica nel SNC dei pazienti depressi. I risultati di questi studi (valutati globalmente da Schatzberg e Schildkraut, 1995) appaiono per lo più discordanti, anche perché non è ancora chiaro quale sia la quota di MHPG che deriva dalla NA presente a livello cerebrale. Tuttavia da un loro attento esame si può dedurre che si osservano differenze sostanziali a seconda del tipo e della fase della malattia, nel senso che risultati opposti si possono riscontrare nei pazienti con forme uni- o bipolari e, nell’ambito di questi ultimi, nei soggetti in fase depressiva o maniacale. Queste considerazioni suggeriscono che le concentrazioni di noradrenalina e dei suoi metaboliti riflettano non la presenza della patologia (trait-marker), ma alterazioni contingenti e transitorie associate al disturbo affettivo nella sua dinamica e nella sua molteplicità di forma (state-marker) (Karege et al., 1989).

Indipendentemente dalla classe a cui appartengono, i farmaci antidepressivi di maggior impiego clinico inducono un aumento nella disponibilità sinaptica delle monoamine sia bloccandone la ricaptazione neuronale (reuptake), sia riducendone il catabolismo attraverso l’inibizione delle monoaminoossidasi (MAO), sia rimuovendo il tono inibitorio sul rilascio o sull’attività neuronale. Questi effetti sono osservabili in vitro e dopo la somministrazione acuta dei farmaci, ma poiché la pratica clinica indica chiaramente che la risposta terapeutica si manifesta dopo due o più settimane di trattamento, ciò suggerisce che solo le modificazioni indotte nella trasmissione sinaptica e nei meccanismi di trasduzione intraneuronali in seguito a un trattamento prolungato possono essere alla base dell’azione terapeutica di questi farmaci. Questa osservazione ha indotto numerosi ricercatori a studiare le modificazioni della trasmissione monoaminergica dopo trattamento cronico con antidepressivi, nel tentativo di trovare un meccanismo unitario alla base dell’effetto terapeutico. Numerosi studi condotti nell’animale da esperimento hanno rivelato che il trattamento prolungato con diverse classi di farmaci antidepressivi induce una diminuzione nella risposta dell’enzima adenilato ciclasi (AC) alla stimolazione con noradrenalina; parallelamente studi di legame radiorecettoriale hanno dimostrato una diminuzione del numero dei recettori serotoninergici 5HT2 e una desensibilizzazione dei recettori b -adrenergici, prevalentemente postsinaptici, cui è accoppiata l’AC NA-dipendente. La somministrazione cronica di antidepressivi determina anche una riduzione nel numero dei recettori presinaptici, la cui funzione consiste nell’inibire la neurotrasmissione riducendo l’attività del neurone (firing) oppure bloccando il rilascio del neurotrasmettitore. La comparsa di questi effetti determinerebbe a lungo termine un potenziamento della trasmissione sinaptica, base neurofisiologica della risposta terapeutica. Questi studi preclinici hanno contribuito da un lato a ridimensionare l’ipotesi aminergica della depressione (Leonard, 1986) e dall’altro a considerare l’ipotesi di una compromissione del sistema noradrenergico nel paziente depresso a livello dei recettori coinvolti sia nel controllo del rilascio del neurotrasmettitore a livello presinaptico sia nella trasmissione dell’impulso nervoso alla cellula postsinaptica. Poiché recettori a - e b -adrenergici farmacologicamente analoghi a quelli presenti nel SNC sono stati identificati anche in elementi figurati del sangue, queste cellule, facilmente reperibili da pazienti e volontari sani, sono state utilizzate per studi clinici. Gli studi relativi al recettore b -adrenergico sono stati condotti principalmente nei linfociti dove sembra essere evidente una ridotta funzionalità del sistema b -adrenergico che risponde all’applicazione esogena di noradrenalina con una minore produzione di cAMP nei soggetti depressi rispetto ai controlli sani (Extein et al., 1979). In base a questa osservazione è stato suggerito che nei soggetti depressi sia presente una ridotta funzionalità del sistema noradrenergico, conseguente ad una diminuita responsività del neurone postsinaptico alla stimolazione neurotrasmettitoriale. Le piastrine sono state invece utilizzate come modello periferico per lo studio dei recettori a 2-adrenergici. I dati disponibili in letteratura sono abbastanza contrastanti e risultati diversi sono stati ottenuti a seconda delle metodiche impiegate per gli studi radiorecettoriali: alcuni Autori hanno osservato un aumento dei recettori a 2-adrenergici nelle piastrine dei pazienti depressi (Siever et al., 1984), ma questo dato non è stato confermato da altri studi, tanto che alcuni ritengono che le eventuali variazioni osservate sono probabilmente una conseguenza di variazioni della disponibilità di catecolamine circolanti. Questi studi dimostrano che in una popolazione di pazienti depressi, la patologia è associata ad una compromissione della funzionalità del sistema noradrenergico in quanto specifiche alterazioni sono state osservate sia nelle concentrazioni del neurotrasmettitore e del suo metabolita principale, sia a livello recettoriale. La funzionalità del sistema quindi potrebbe essere modificata sia a livello presinaptico (meccanismi di sintesi e rilascio) sia a livello postsinaptico (responsività alla stimolazione). Le numerose discordanze che emergono confrontando i dati clinici riportati in letteratura sarebbero la conseguenza della dinamica della patologia; esse possono essere infatti correlate ad una manifestazione sintomatica transitoria della patologia, piuttosto che ad una proprietà permanente e caratterizzante della malattia.

Semplici considerazioni anatomo-fisiologiche supportano l'ipotesi noradrenergica della depressione (vedi Figura 1): i neuroni noradrenergici centrali originanti dal locus coeruleus svolgono infatti la funzione di sistema regolatorio che integra informazioni propriocettive e protopatiche modulando in rapporto ad esse l'attività neuronale e, di conseguenza, l'attività di relazione nei confronti dell'ambiente esterno. Risulta pertanto coerente ipotizzare che un'alterazione nella funzionalità di questo sistema possa essere alla base dei disordini affettivi che sono caratterizzati da uno sbilanciamento nell'elaborazione affettiva e nelle risposte vegetative e comportamentali conseguenti a stimolazioni ambientali o interne. In studi funzionali condotti su primati è stato dimostrato che l’elettrostimolazione del locus coeruleus determina l’insorgenza di uno stato di ansia, di ipervigilanza e di inibizione dei comportamenti esplorativi. Modelli animali suggeriscono inoltre che in situazioni di particolare stress si verifica un’attivazione del sistema noradrenergico; in base a queste osservazioni si può affermare che il contributo di tale sistema trasmettitoriale nella depressione sarebbe quello di rendere l’individuo ipersensibile a fattori di stress ambientali, ma in ogni caso incapace di produrre una risposta comportamentale adeguata. In particolare i sintomi della depressione legati al deficit funzionale di questo sistema neurotrasmettitoriale sono la diminuzione della capacità di concentrazione e dell'energia, la perdita di interesse, l'incapacità di provare piacere (anedonia), la mancanza di iniziativa, l'incapacità di agire e un calo dell'attività psicomotoria.

Inibitori selettivi del reuptake della noradrenalina

In base a quanto descritto, appare valido l’approccio di considerare il sistema noradrenergico come uno dei "bersagli" del trattamento antidepressivo, specialmente in quei pazienti con ridotta capacità di azione e iniziativa, mancanza di energia e perdita di interesse. Farmaci antidepressivi triciclici attivi sul sistema noradrenergico, come la desmetilimipramina e la nortriptilina, sono disponibili ormai da parecchi anni; tuttavia le loro proprietà farmacodinamiche di blocco dei recettori muscarinici, istaminergici e a -1 adrenergici, responsabili dei numerosi effetti collaterali, non hanno permesso di definire quali siano gli effetti clinici specifici prodotti da una inibizione selettiva del reuptake della NA. In questo contesto si inserisce la reboxetina {(2RS, a RS)-2-[a -(2-etossifenossi)benzil] morfolina}, composto non triciclico inibitore del reuptake della NA. Il confronto con altri farmaci antidepressivi indica che la reboxetina è la molecola più potente e più selettiva nell'inibire in vitro la ricaptazione della noradrenalina (Tabella 1). Altri studi biochimici e comportamentali avevano dimostrato la potenziale attività antidepressiva della reboxetina: la somministrazione nell'animale da esperimento ad una dose in grado di innalzare i livelli del metabolita O-metilato della NA, indice dell'inibizione del reuptake, previene l'ipotermia indotta da clonidina e il blefarospasmo indotto dalla reserpina (Melloni et al., 1984; Riva et al., 1989). Inoltre il trattamento prolungato con reboxetina induce una diminuzione del numero dei recettori b -adrenergici accompagnata dalla desensibilizzazione dell'AC-NA dipendente e modifica i processi di fosforilazione proteica mediati dall'attività della kinasi cAMP-dipendente e della kinasi Ca++/calmodulina dipendente (Brunello e Racagni, 1998). Questi studi dimostrano pertanto che la reboxetina possiede le caratteristiche neurochimiche dei triciclici sul reuptake della noradrenalina e la capacità, condivisa da quasi tutti gli antidepressivi, di modificare specifici meccanismi intracellulari pre- e post-sinaptici.

Gli studi clinici indicano che la reboxetina possiede un’attività antidepressiva paragonabile a quella dell’imipramina e della fluoxetina (Montgomery, 1997) dimostrandosi particolarmente efficace sulla motivazione e sul funzionamento sociale, sulla capacità cioè del paziente depresso di interagire nuovamente con il mondo esterno (Dubini et al., 1997). Diversamente dai composti triciclici, la reboxetina non interagisce con i recettori per l’acetilcolina, l’istamina e la noradrenalina e dal momento che il trasportatore della noradrenalina viene espresso esclusivamente nelle cellule noradrenergiche (Ordway et al., 1997), questo farmaco, a livello del SNC, agisce solo sui neuroni noradrenergici. Queste proprietà farmacodinamiche rappresentano anche la base della minore gravità degli effetti collaterali della reboxetina rispetto a quelli dei triciclici. In particolare sono stati riportati ipotensione, secchezza delle fauci e nausea, con una frequenza tuttavia inferiore a quella dei farmaci di riferimento (imipramina, desmetilimipramina e fluoxetina rispettivamente) (Mucci, 1997). Infine studi condotti sia in vitro che in vivo indicano che la reboxetina non inibisce significativamente le diverse isoforme del citocromo P450 coinvolte nel metabolismo dei farmaci (CYP1A2, CYP2C9, CYP2D6 e CYP3A4) e non viene metabolizzata dal citocromo 2D6, suggerendo così che questa molecola possa indurre poche interazioni farmacologiche (Dostert et al., 1997).

In conclusione, considerata l'importanza del sistema noradrenergico nella patogenesi della depressione, possiamo affermare che la reboxetina, per la dimostrata efficacia terapeutica accompagnata da tollerabilità e maneggevolezza, rappresenta una valida alternativa al trattamento della depressione e offre al ricercatore, viste le sue caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, la possibilità di approfondire il ruolo svolto dalla noradrenalina nei meccanismi di plasticità sinaptica coinvolti nei disturbi dell'umore e nella risposta ai farmaci antidepressivi.

spazio bianco

RED CRAB DESIGN

spazio bianco

Priory lodge LTD

Click Here!