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NORADRENALINA E DEPRESSIONE

Ruolo del sistema noradrenergico nella fisiopatologia della depressione e nel meccanismo d'azione degli antidepressivi

Nicoletta Brunello1 e Joan M.C. Blom1,2

 

 

L’attuale comprensione delle malattie psichiatriche deriva ampiamente dalle nostre conoscenze sull’effetto di farmaci specifici su alcuni sintomi e pertanto la patofisiologia dei disturbi mentali non è provata direttamente, ma parzialmente dedotta dal meccanismo d’azione degli psicofarmaci. L’osservazione clinica che una sostanza è in grado di modificare un sintomo psichiatrico, migliorandolo o peggiorandolo, porta spesso a ritenere che l'azione neurochimica o cellulare di tale farmaco possa essere direttamente correlata alla disfunzione biologica alla base del sintomo stesso. Sono state così formulate diverse ipotesi neurobiologiche per spiegare le principali malattie psichiatriche come la schizofrenia, l’ansia e la depressione.

In base a queste ipotesi la patologia depressiva sarebbe la conseguenza di un’alterazione funzionale dei sistemi monoaminergici, in particolare della noradrenalina (NA) e della serotonina (5HT), mentre i disturbi psicotici deriverebbero da un’alterata trasmissione dopaminergica (DA). Queste teorie sono servite a guidare le indagini della psichiatria biologica volte ad identificare eventuali "markers" delle patologie psichiatriche in grado da una parte di validare la diagnosi e dall’altra di seguire il decorso della malattia e l’eventuale risposta all’approccio terapeutico.

Teoria aminergica della depressione

La depressione è una condizione caratterizzata da una serie eterogenea di anomalie biologiche e di concomitanti eventi psicosociali. La maggior parte delle teorie biologiche sulla depressione si focalizza su anomalie in uno o più sistemi neurochimici cerebrali. Studi clinici e di base hanno chiaramente dimostrato che la noradrenalina e la serotonina sono coinvolte nel trattamento della depressione. Nonostante questi studi non abbiano ancora permesso di arrivare a definire chiaramente il meccanismo d'azione degli antidepressivi e la patofisiologia della depressione, hanno tuttavia portato ad una serie di ipotesi riguardanti il meccanismo d'azione dei farmaci antidepressivi e la patofisiologia della depressione, ipotesi che puntano su alterazioni nei livelli delle amine biogene e dei loro recettori. Anche gli studi più recenti non sono riusciti ad identificare un'azione comune del trattamento antidepressivo sui livelli delle monoamine o sui loro recettori.

Numerose sono state le ricerche condotte al fine di chiarire i ruoli dei vari neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale (SNC), tra cui la noradrenalina, la serotonina e la dopamina. Ciascuno di questi neurotrasmettitori è stato localizzato nei tratti e nei nuclei cerebrali coinvolti nella regolazione del tono dell’umore, dell’affettività e dell’ansia, del sonno e dell’appetito, della ricompensa e della motivazione, della memoria e dell’apprendimento e dell’espressione delle emozioni, funzioni queste che risultano alterate nel corso della depressione.

I primi studi avevano indicato che composti come la reserpina, che depletano il contenuto di catecolamine a livello centrale e periferico, potevano indurre la comparsa di una sintomatologia depressiva in una percentuale di pazienti. Questa osservazione ha portato alla formulazione dell'ipotesi aminergica della depressione in base alla quale si riteneva che la patologia depressiva fosse caratterizzata da una alterazione del sistema adrenergico, con fasi di diminuita funzionalità sinaptica durante gli episodi depressivi ed aumento nella fase maniacale della malattia (Schildkraut, 1965). L'ipotesi aminergica era inoltre supportata dalla scoperta che i farmaci antidepressivi di prima generazione, i triciclici, come l'imipramina, e gli inibitori delle MAO, come la fenelzina, provocavano a breve termine un aumento nei livelli sinaptici delle monoamine. Tale ipotesi è stata ulteriormente confermata dall'efficacia terapeutica degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) come la fluoxetina. Lo sviluppo degli SSRI ha condotto per molti anni a considerare la serotonina come il principale neurotrasmettitore coinvolto nella depressione e a trascurare il ruolo del sistema noradrenergico (Nutt, 1997). La recente disponibilità di un farmaco specifico sul sistema noradrenergico come la reboxetina, inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina a livello sinaptico (Riva et al., 1989; Brunello e Racagni, 1998), ha permesso di rivalutare l'importanza di questo sistema nella fisiopatologia della depressione (Leonard, 1997) e ha indicato l'opportunità di considerare la complessità delle interazioni tra i vari sistemi neurotrasmettitoriali nella risposta ad un trattamento con farmaci antidepressivi.

Il ruolo delle monoamine nella depressione è stato ulteriormente dimostrato valutando l'effetto di una riduzione controllata dei livelli di NA e 5HT in individui normali e in pazienti depressi in fase di remissione dalla malattia. I risultati di questi studi dimostrano che sebbene la deplezione di 5HT o NA non induca la comparsa di sintomi depressivi nei soggetti normali (Delgado et al., 1997), i pazienti invece, che con successo erano stati trattati con farmaci inibitori del reuptake della 5HT o della NA, andavano incontro ad una ricaduta a seguito della deplezione dell'amina corrispondente (Delgado et al., 1993; Miller et al., 1996). Ciò indica chiaramente che la NA e la 5HT sono in qualche modo coinvolte nel mantenimento della risposta antidepressiva, ma non può da solo spiegare né il meccanismo d'azione dei farmaci antidepressivi, né la patofisiologia della depressione, in quanto l'esperienza clinica dimostra che, nonostante i livelli di monoamine vengano aumentati rapidamente, esiste un lasso di tempo, variabile dai 10 ai 20 giorni, tra l'inizio del trattamento con i farmaci e l'instaurarsi dell'effetto terapeutico. Nel loro complesso questi risultati suggeriscono che altri fattori sono sicuramente coinvolti nella biologia della depressione e nella risposta ad un trattamento antidepressivo.

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