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Identità, Ruoli Sociali e Disagio Psicologico: Una ricerca empirica

Claudio Fasola

1. Introduzione

Obiettivo della ricerca è l'indagine dei rapporti esistenti fra le rappresentazioni di sé e l'identità personale in relazione ai ruoli sociali e al genere sessuale di appartenenza e come questo rapporto è in relazione con il disagio psicologico di un individuo. Partendo da una posizione di pluralismo teorico e pragmatismo conoscitivo (Salvini, 1988) che considera taluni oggetti di studio della psicologia clinica non delle entità fattuali ma dei costrutti concettuali dotati di senso e di significato, si è scelta una prospettiva teorica e metodologica coerente con i temi e gli obiettivi della ricerca; se tutto quello che è detto è detto da un osservatore, allora l’oggetto studiato non può essere disgiunto dagli assunti teorici e metodologici che ne guidano l'osservazione. Le problematiche di ordine teorico e metodologico sono affrontate in una prospettiva epistemologica mutuata dall'interazionismo simbolico, mentre gli strumenti utilizzati sono le "Griglie di repertorio" elaborate da Kelly (1955) e il "Twenty Statement Test", sviluppato da Kuhn e McPartland (1954), utilizzato in una sua forma modificata. Per eseguire questo studio si sono quindi seguite le regole di "un buon programma di ricerca" elaborate da Lakatos (1970) perseguendo una corrispondenza lineare fra la prospettiva teorica adottata e la realtà che si vuole studiare, evitando al contempo incoerenze di tipo categoriale fra teoria e metodo di indagine.

2. Premesse Teoriche ed Obbiettivi

2.1 Premesse Teoriche

2.1.1 Interazionismo simbolico: premesse per un progetto di ricerca

Oggetto della ricerca è lo studio delle modalità di autorappresentazione e di costruzione della realtà sociale da parte di studenti universitari, distinti dalla variabile sesso, con età compresa fra i 22 e i 25 anni. Essendo le rappresentazioni di sé legate al sistema di relazioni entro cui vengono prodotte (e quindi connesse al ruolo, alla situazione e al contesto interattivo in cui si sviluppano) è impossibile indagare il concetto di sé nella sua globalità; si è quindi reso necessario uno studio delle sue possibili manifestazioni all'interno di specifiche posizioni e situazioni. Considerando le caratteristiche del gruppo di indagine, le cui rappresentazioni di sé non sono ancora radicalmente strutturate e ancorate a ruoli sociali predefiniti, si è focalizzata l’attenzione sui ruoli sociali che i soggetti possono rappresentare come possibili in relazione allo loro condizione di esistenza.

Un approccio teorico coerente con queste premesse può essere individuato nell' "Interazionismo simbolico". L’interazionismo sottolinea l'intenzionalità e la consapevolezza del comportamento interattivo e come questo sia in relazione al contesto e alla situazione sociale in cui si produce; l'individuo regola intenzionalmente e attivamente il proprio agire ma sempre in relazione alle strutture di significato.

Citando Gregory Bateson (1972) si può affermare che "nell'essere umano ontologia ed epistemologia non possono essere separate, le convinzioni sul mondo determinano il modo di vederlo e agirvi, e questo modo di sentire e agire determina le convinzioni sulla natura del mondo; l'uomo è quindi legato in una trama di premesse epistemologiche ed ontologiche che a prescindere dalla loro verità e falsità assumono per lui carattere di parziale autoconvalida." (1976, pag. 346). Le parole di Bateson sottolineano l’interazione che intercorre fra le rappresentazioni della realtà, le rappresentazioni di sé e le possibili modalità di azione di un individuo. Identità personale e società sono elementi complementari nella costruzione della realtà (Mead, 1934). L’identità non appartiene in modo esclusivo all’individuo ma viene intesa come una struttura di ordine sociale la cui costruzione è frutto di un processo autoregolativo che mette in relazione (le rappresentazioni di sé dell') individuo e (le rappresentazioni della) realtà. Il rapporto che lega individuo e società è tratteggiato come un confronto dialettico che lega la società alla definizione dell'uomo e l'uomo alla definizione della società. I ruoli che un individuo impersona nella società vanno intesi come un insieme di attributi e di prescrizioni generati dall'interazione sociale capaci di vincolare i modi di essere e di agire delle persone ad un contesto relazionale.

2.1.2 Identità, prototipi, stereotipi sociali e schemi di tipizzazione

L’identità personale attraverso attribuzioni, identificazioni e attese è in costante relazione con la costruzione dei prototipi e degli stereotipi sociali (Conti, Morino et al.,1989). L'accettazione di un prototipo produce una modalità autovalutativa regolata dall’individuazione delle caratteristiche tipiche di quel prototipo. La difficoltà a impersonare in modo ottimale diversi ruoli contraddistinti a volte da caratteristiche antitetiche, può essere messa in relazione con il grado di disagio psicologico manifestato da una persona. Con il concetto di stereotipo indichiamo quindi una struttura organizzata composta da caratteristiche che il soggetto ritiene proprie di un certo gruppo sociale.

La costruzione degli stereotipi è regolata da processi di categorizzazione e di attribuzione. Con il termine schema di tipizzazione indichiamo una "modalità organizzativa della conoscenza interpersonale che si basa su astrazioni categoriali generata da intenti valutativi, diagnostici e prognostici che consente di attribuire ad individui, accomunabili per qualche aspetto distintivo, un insieme di caratteristiche psicologiche" (Salvini, 1998 pag. 70). I processi di categorizzazione di tipo deduttivo attribuiscono ad un certo individuo le caratteristiche del gruppo o della classe di cui fa parte o a cui è stato assegnato.

2.1.3 Sé, identità e autocaratterizzazione sessuale

Lo sviluppo dell'identità personale si realizza all'interno di complessi processi circolari e autoregolativi. Ad esempio, l'appartenenza a un certo ruolo sessuale comporta sin dalla nascita la messa in atto, da parte del contesto di riferimento, di processi tesi a diversificare i due generi sessuali. La pressione sociale esercitata sul bambino e la sua elaborazione soggettiva rappresentano i meccanismi principali attraverso cui si attua questo processo di differenziazione. I genitori, i parenti ed il gruppo sociale di riferimento forniscono un sistema di autorispecchiamenti attraverso cui il bambino inizierà ad apprendere ruoli, modalità espressive e di comportamento coerenti con il proprio sesso di appartenenza. Il processo attivo attraverso cui il bambino elabora queste informazioni viene definito come autocaratterizzazione sessuale; per mezzo di essa si trattengono prevalentemente le informazioni coerenti con la propria identità di genere. Mischel (1981) sostiene che il bambino classificatosi come maschio (e così la bimba classificatasi come femmina) attraverso il principio di costanza sviluppa una immagine di sé coerente con la propria identità sessuale identificandosi con i diversi ruoli sessuali e a conformarsi alle norme che la realtà sociale a cui appartiene gli rimanda. Interiorizzando le prescrizioni esplicite ed implicite desunte dai prototipi e dagli stereotipi, mediate e sperimentate attraverso i ruoli, le donne così come gli uomini costruiscono le motivazioni, i bisogni e le autoconsapevolezze coerenti con l'identità di genere (Salvini, 1998). Attraverso queste considerazioni si può comprendere come lo sviluppo dell'identità, il genere sessuale di appartenenza, i ruoli e le norme sociali a cui essa rimanda siano strettamente legati gli uni agli altri; questi processi intenzionali, interagendo con le caratteristiche (storico, culturali e sociali) della matrice occidentale, producono delle differenze, all'interno dei due generi sessuali, nella costruzione delle rappresentazioni di sé e dei ruoli sociali di appartenenza.

2.2. Obiettivi

2.2.1 Il problema della identità

Studiosi come Mead (1934), Vigotskij (1978) e Bateson (1972; 1979) sostengono che ciò che viene conosciuto come mente non è una "proprietà" che risiede all'interno di un singolo individuo ma il frutto di una relazione che necessita la presenza di una dimensione altra con cui interagire. L'identità personale è legata alle dimensioni di senso che la realtà rimanda e rende disponibili al soggetto. Attraverso l'impersonificazione e la rielaborazione di ruoli, caratterizzati da norme e prescrizioni, l'individuo incomincia ad "indossare gli abiti" che gli permetteranno di strutturare un repertorio di comportamenti e di rappresentazioni di sé, attraverso cui procedere nella costruzione e nella definizione della propria identità. Il sé e l'identità sono quindi frutto di una interazione che mette in relazione l'individuo con sé stesso e con l'insieme di rappresentazioni della realtà che ha costruito. Gli schemi di tipizzazione, i processi di categorizzazione e i vincoli dettati dal genere sessuale di appartenenza esercitano sull'individuo una importante funzione regolativa; la strutturazione della realtà passa quindi attraverso un insieme di processi interattivi legati a numerosi tipi di variabili ed il sesso di appartenenza costituisce un potente vaglio rispetto ai possibili ruoli e modalità di percezione della realtà disponibili all'individuo.

Con il termine ruolo si indica un costrutto attraverso il quale vengono codificati attributi, prescrizioni e regole originati dall'interazione sociale, capaci di vincolare i modi di essere e di agire delle persone in relazione ad un certo contesto o ad una certa situazione. L’acquisizione di un sistema di regole e di significati condivisi, che permette all’individuo la costruzione di una identità sociale, è regolata dalle differenti interpretazioni dei ruoli sociali. Identità e ruoli sociali sono quindi legati da un processo circolare autoregolativo: l'interpretazione di nuovi ruoli fornisce all'individuo un "guardaroba di abiti" con il quale costruire sé stesso e nel contempo affrontare la realtà. Come già evidenziato, l'identità sessuale e personale tendono ad integrarsi, l'identità sessuale rappresenta quindi un precursore dell'identità personale fornendo strutture per l'identificazione, la selezione e l'assimilazione delle caratteristiche individuali sessualmente tipizzate.

La ricerca pone quindi come suo obiettivo uno studio dell'identità personale in relazione alla strutturazione dei ruoli e come il sesso di appartenenza possa essere in relazione alle modalità di costruzione delle rappresentazioni di sé e della realtà. Si ipotizza inoltre che queste differenze abbiano una rilevanza in ambito clinico.

3. La Ricerca

3.1 La scelta del metodo di indagine

Coniugare le premesse epistemologiche di una teoria attraverso cui vengono generati un insieme di ipotesi, e le modalità di analisi con cui esplorare queste ipotesi rappresenta il primo passo per la costruzione di un progetto di ricerca. L'approccio antropomorfista privilegia un metodo specificamente clinico, teoreticista ed idiografico; si pone quindi il problema di come costruire un progetto di ricerca che comporta il confronto fra più individui utilizzando un metodo di indagine di tipo idiografico. Alla luce degli studi di Triandis et al.(1984), Harris (1980), Pervin (1984), Mischel (1981) e soprattutto Lamiell (1981, 1982, 1986) che introducendo il termine idiotetico vuole individuare un modello all'interno della quale gli scopi dell'indagine idiografica e di quella nomotetica sono integrati, si è deciso di utilizzare come strumenti : le "Griglie di repertorio" (GDR) di Kelly (1955) e un questionario derivato dal "Twenty Statement Test" (TST) di Kuhn e McPartland (1954). Le due tecniche portano a un superamento del conflitto fra metodi nomotetici, di natura "scientifica", e metodi idiografici, di natura "clinica", offrendo la possibilità di studiare le modalità personali di costruzione dell'esperienza senza vincolarla a una struttura concettuale preordinata, e garantendo al contempo la possibilità di assegnare valori matematici alle costruzioni di significato prodotte dai soggetti. Attraverso questi strumenti si sono esplorate le credenze e le caratteristiche che un individuo attribuisce a sé stesso (le proprie autorappresentazioni) e ad uno specifico ruolo (ovvero le caratteristiche stereotipiche). Queste tecniche permettono di accedere all'insieme dei costrutti semantici che un individuo attribuisce a sé stesso e che vanno a formare l'identità tipizzata di quella persona. Attraverso questi costrutti si analizzano i rapporti che intercorrono fra identità personale, ruoli e processi autovalutativi. Nonostante la moderna psicologia abbia abbandonato una idea di personalità costituita da un insieme di tratti non bisogna dimenticare che gli individui costruiscono l'idea che hanno di sé stessi attraverso un insieme di costrutti semantici derivati dal senso comune (Mischel, 1973, 1981; Leyens, 1987). L’insieme di tratti che un individuo ritiene propri si lega con le rappresentazioni di sé e viene organizzato in relazione alle richieste e alle aspettative tipiche dei ruoli e delle situazioni in cui l'individuo si trova ad agire.

3.2 La scelta del gruppo di ricerca

Considerando la funzione regolativa dei ruoli sociali impersonati, si è scelto un gruppo di riferimento la cui condizione sociale fosse ancora relativamente flessibile ma che trovasse nei ruoli presentati, le situazioni più probabili per il proprio futuro. Alla luce di queste considerazioni sono stati selezionati 50 soggetti suddivisi in due gruppi di 25 individui ciascuno. La variabile discriminante per costruire i due gruppi era il sesso di appartenenza. L'età dei soggetti era compresa tra i 22 e i 25 anni, la loro occupazione si limitava agli studi universitari ed il loro stato civile era rispettivamente celibe o nubile e senza figli, inoltre appartenevano tutti alla medesima area geografica (provincia di Como).

3.3 Le Griglie di repertorio

La tecnica delle "GDR" è costituita da una procedura strutturata che ha l'obiettivo di elicitare un insieme di costrutti e di esplorare la loro struttura e le loro interrelazioni reciproche. La "GDR" permette l’individuazione di indici di correlazione matematici fra i costrutti e fra gli elementi, consentendo di focalizzare particolari sottosistemi di costruzione e di registrare ciò che è unico e peculiare nei protocolli stilati da una certa persona.

3.4 La costruzione della Griglia di Repertorio

Per la costruzione della "GDR" sono stati individuati nove elementi:

  • "Io come uomo / Io come donna"
  • "Io come vorrei essere"
  • "Un uomo sposato / Una donna sposata"
  • "Una persona di successo"
  • "Un uomo con figli / Una donna con figli"
  • "Una persona felice"
  • "Un uomo che lavora / Una donna che lavora"
  • "Io nel futuro"
  • "Io nel passato"

La valutazione degli elementi è avvenuta tramite una scala a sette intervalli.

3.5 Il Twenty Statement Test

Per affrontare lo studio delle rappresentazione di sé è stato affiancato all'uso delle GDR" uno strumento derivato dal "TST" , ribattezzato in Italia come tecnica del "Chi sono Io". L'utilizzo di questa tecnica parte dal presupposto che è possibile studiare l'identità, intesa come struttura referenziale, attraverso l'analisi dei discorsi di presentazione di sé (Tomé, Bariaud, 1979; Giovannini, 1979) ed inoltre che lo studio degli aspetti cognitivi del sé può fondarsi sulle rappresentazioni verbalizzabili (Salvini, Rabassi, Vidotto, 1998). Questa tecnica permette ai soggetti di fornire descrizioni secondo dimensioni per loro stessi significative, senza fornire vincoli costituiti da domande o costrutti predefiniti.

3.6 Revisione del Twenty Statement Test

Considerando che il fine della ricerca consiste nell'individuare come la variabile sesso influisce sulle rappresentazioni di sé, sulla rappresentazione stereotipica dei gruppi sociali e su come queste rappresentazioni sono collegate fra loro, oltre alla classica domanda : "chi sono io" ne sono state aggiunte altre quattro:

  • "descrivi una persona felice"
  • "descrivi un uomo/donna sposato/a"
  • "descrivi un uomo/donna che lavora"
  • "descrivi un uomo/donna con figli"

3.7 Griglie di repertorio e Twenty Statement Test: analisi dei dati raccolti

L’elaborazione dei dati ottenuti dalle "GDR" è stata ottenuta attraverso una analisi bivariata delle correlazioni di Pearson con una analisi delle significatività di tipo bidirezionale. Attraverso questa analisi si possono rilevare l'omogeneità o l’eterogeneità nella costruzione degli elementi che sono stati forniti al soggetto e quindi individuare il grado di interrelazione dei processi di categorizzazione prodotti dall'individuo.

I dati raccolti attraverso i cinque "questionari" derivati dal "TST" sono stati studiati attraverso un’analisi delle corrispondenze che permettesse di individuare quali etichette descrittive erano comuni per alcuni protocolli e quali invece si rivelavano specifiche per un singolo protocollo.

 

4. Interpretazioni e Conclusioni

4.1 Possibili interpretazioni dei risultati della ricerca

4.1.1 Griglie di repertorio: Prime Considerazioni

L’analisi delle "GDR" e dei protocolli derivati dal "TST" ha fornito risultati significativi e individuato sostanziali differenze fra i due gruppi presi in esame. Nelle "GDR", le categorie "uomo sposato", "uomo con figli" e "uomo che lavora" sono associate fra loro da una correlazione molto elevata, con probabilità di errore minime comprese fra 0,05 e 0,1. Questi dati sottolineano come i soggetti del "Gruppo Uomo" possiedono delle rappresentazioni mentali omogenee relativamente ai tre ruoli sociali presi in esame; l'individuazione di profili descrittivi comuni indica inoltre l'esistenza di una dimensione prototipica unica che sottende alle tre categorie in esame. Queste caratteristiche individuate nel "Gruppo Uomo" non trovano conferma nel gruppo di confronto. Considerando infatti le tre categorie "donna sposata", "donna con figli" e "donna che lavora" si può individuare una debole correlazione fra le prime due, con un valore pari a 0,41 (basso, comunque, se confrontato con lo 0,75 presente nel "Gruppo Uomo"), mentre queste categorie si discostano nettamente da "donna che lavora" con indici numerici che approssimandosi allo zero sono indicativi dell'assenza di qualsiasi indice di somiglianza.

4.1.2 Twenty Statement Test: Prime Considerazioni

Anche l'analisi del "TST" ha fornito risultati integrabili con quanto emerso nelle "GDR". L'analisi delle corrispondenze ha confermato come le tre immagini prototipiche relative ai diversi ruoli sociali possiedano numerosi elementi in comune nel "Gruppo Uomo", i soggetti infatti utilizzano le medesime etichette descrittive per costruire le proprie rappresentazioni stereotipiche. Il "Gruppo Donna", al contrario fornisce descrizioni molto più specifiche e particolareggiate; ad esempio, il numero di aggettivi usati è decisamente maggiore, 38 etichette rispetto alle 28 usate dal "Gruppo Uomo", ed inoltre il peso degli aggettivi in comune per i tre profili è estremamente basso, si nota infatti che solo 3 aggettivi sono condivisi ed inoltre questi spiegano solo il 23,3% della massa totale, valore nettamente inferiore rispetto al 57,2% del "Gruppo Uomo" spiegato dalle 6 etichette descrittive significative per ognuno dei tre protocolli e comuni a tutti e tre.

4.1.3 Considerazioni Generali

Il "Gruppo Donna" sembra quindi possedere delle rappresentazioni distinte ed eterogenee; i ruoli che una donna si trova a impersonificare nella propria vita sono quindi maggiormente complessi e sfaccettati rispetto a quelli degli uomini. La tendenza tipica del gruppo maschile a costruire rappresentazioni omogenee e sovrapponibili di ruoli differenti come quello di marito, di padre e di lavoratore e ad individuare caratteristiche descrittive comuni, può essere messa in relazione con una visione semplificata e meno problematica della realtà sociale. La complessità degli attributi prototipici relativi ai diversi ruoli sociali fornisce alla donna un insieme di aspettative e di possibilità di identificazione molto disomogeneo e a tratti contraddittorio, condizione che può rendere conto dello sviluppo di una dimensione conflittuale nelle rappresentazioni di sé legate ai vari ruoli.

Considerando le diverse modalità di rappresentazione dei ruoli sociali si può capire come il raggiungimento di un livello di autostima soddisfacente sia frutto di un percorso più complesso e insidioso in una donna rispetto ad un uomo. Il rapporto che lega ruolo e identità, mediato dalle molteplici rappresentazioni di sé, è inserito all'interno di una matrice culturale di significati che fornisce ai singoli individui sia una dimensione di senso che un insieme di capacità valutative. L'impossibilità di raggiungere quell'insieme di caratteristiche prototipiche ideali relative al proprio gruppo di appartenenza, può impedire al soggetto di validare le dimensioni più rilevanti della propria identità e di costruire rappresentazioni di sé soddisfacenti, capaci di regolare lo sviluppo dell'identità personale in modo equilibrato.

L'identità maschile e quella femminile con i suoi ruoli, le sue rappresentazioni e i suoi vissuti psicologici sono strettamente legate e in parte prodotte dalla dimensione storico-culturale, la quale è caratterizzata da un insieme di riferimenti simbolici che forniscono le fondamenta delle rappresentazioni delle caratteristiche tipiche di uomini e donne (Salvini, 1993); i suoi mutamenti e cambiamenti sono molto più lenti e limitati rispetto alla dimensione sociale regolata da sistemi più rapidi e dinamici quali quello politico, economico, scientifico e di costume. La diversa strutturazione dei ruoli sociali fra uomini e donne emersa dalla lettura delle "GDR" e del "TST" può essere legata alla velocità dei mutamenti della condizione femminile che sono avvenuti negli ultimi cinquanta anni; questi cambiamenti non sono stati accompagnati da un adeguato mutamento delle caratteristiche psicologiche individuali, maggiormente legate alle profonde sedimentazioni tipiche della dimensione storico-culturale, la cui presenza fornisce una costante rete di sistemi di informazione e di valutazione (Berger, Luckmann, 1966).

Molte donne "si trovano all'incrocio di indicazioni, modelli ed attese di tipo contraddittorio, a loro può riuscire difficile individuare la priorità tra obblighi e desideri, tra l'autorealizzazione lavorativa, quella affettiva e quella materna" (Salvini, 1993, pag.14). Si può quindi ipotizzare che l'insieme delle differenze psicologiche fra donne e uomini sia in parte frutto delle convinzioni che i due gruppi costruiscono rispetto al sesso di appartenenza. Pertanto, quanto maggiore appare la difficoltà nell'individuare queste caratteristiche, tanto più complesso sarà raggiungere una rappresentazione di sé soddisfacente, immagine riflessa dei ruoli che l'individuo si trova ad impersonare.

I cambiamenti della società occidentale hanno fornito alla donna nuovi ruoli, nuove aspettative attraverso cui regolare la propria crescita personale, ma nel contempo hanno prodotto nuove incognite e difficoltà nel processo di strutturazione dell'identità personale. Il peso della dimensione storico-culturale aumenta la sua influenza tanto più la modificazione della dimensione sociale avviene velocemente, infatti il sistema di significati attraverso cui un individuo costruisce e comprende la realtà rimane imbrigliato all'interno di queste due dimensioni che si muovono su piani divergenti rendendo i processi regolativi dell'identità personale problematici e i modelli di autovalutazione sfuggenti e contraddittori. I dati ottenuti dal "TST" relativamente ai protocolli 4 e 5 e l'analisi qualitativa delle etichette descrittive utilizzate ha evidenziato nel "Gruppo Donna" un maggior grado di insoddisfazione e di disagio, evidenziato dalla frequente scelta di aggettivi quali "bloccata" scelto 9 volte, "insoddisfatta" 7 ed "in conflitto" 9, completamente assenti nel "Gruppo Uomo", si è quindi ipotizzato che la differente costruzione dei ruoli e delle rappresentazioni di sé potesse essere in relazione anche con il livello di autostima e di stress psicologico degli individui.

4.1.4 Strutturazione dei ruoli e disagio psicologico

Una ricerca del 1999 dal titolo "More Women than Men fell Super-stressed" svolta dal Roper Reports Worldwide (R.R.W.) ha mostrato infatti come le donne, appartenenti a un campione rappresentativo di tutto il mondo nord-occidentale manifestano un livello di stress negativo, costante e duraturo maggiore rispetto agli uomini. Inoltre tanto maggiore è il numero di ruoli che le donne devono impersonare tanto maggiore è il grado di stress negativo che manifestano.

Nelle "GDR" si è infatti notato come la correlazione che lega "Io come sono" e "Io come vorrei essere" è molto superiore nel "Gruppo Uomo" rispetto al "Gruppo Donna". Anche l'analisi delle corrispondenze che ha preso in esame i protocolli "Chi sono Io" , "uomo felice/donna felice" evidenzia da parte degli uomini l'uso di un maggior numero di etichette descrittive comuni associato all’utilizzo da parte del "Gruppo Donna" di un maggior numero di etichette con significato negativo. Parte di queste differenze può essere attribuita alla maggiore facilità di una donna nel comunicare il proprio disagio psicologico rispetto a un uomo, ma di fronte a questa considerazione non si possono comunque escludere altre ipotesi interpretative. Si può infatti ipotizzare che le dimensioni stereotipiche, legate ai diversi ruoli sociali, così diverse nelle loro rappresentazioni fra uomini e donne, oltre ad essere associate alla strutturazione dell'identità personale e alle rappresentazioni del sé, possano essere messe in relazione con il livello di disagio psicologico e di stress negativo manifestato da un individuo. Essendo l’identità personale legata a diversi ruoli, impliciti ed espliciti, che un individuo si trova ad impersonare e quindi ad un sistema di regole, attribuzioni, aspettative ed identificazioni, si può affermare che, quando la strutturazione dei ruoli e delle situazioni è priva di dimensioni conflittuali, anche il vissuto personale risulta più equilibrato e privo di disagio. I risultati ottenuti dall’analisi delle "GDR" e del "TST" evidenziano come una strutturazione dei ruoli, e quindi dell'identità, più complessa e sfaccettata sia appannaggio dell'universo femminile. Si ipotizza quindi una relazione fra la modalità di costruire i ruoli interpretati e il vissuto psicologico dell’individuo. Considerando i dati raccolti dal R.R.W. si osserva infatti come le categorie caratterizzate da un livello di stress maggiore siano quelle contraddistinte da un maggior numero di ruoli, socialmente codificati, da impersonare. Se anche la psicologia del senso comune è capace di fornire interpretazioni calzanti di questo fenomeno ("maggiori responsabilità e poco tempo libero sono fonte di disagio", ma anche considerazioni antitetiche come "maggiore possibilità di gratificazione e raggiungimento di mete che un individuo si è preposto sono fonte di soddisfazione e appagamento") risulta più complesso fornire delle interpretazioni, che non si rivelino dei semplici esercizi di natura tautologica. La rete di significati attraverso cui un essere umano interpreta e struttura la realtà risulta quindi un tramite per poter comprendere le differenze che intercorrono fra i diversi individui e al contempo superare le considerazioni della psicologia del senso comune.

Per illustrare i rapporti che intercorrono, anche a livello clinico, fra le caratteristiche, le norme e le prescrizioni tipiche di un certo ruolo ed i processi autovalutativi prodotti da un individuo può essere utilizzato il concetto di abilità e competenza sociale. Bandura (1971) sostiene che affinché un individuo riesca a portare a termine in modo soddisfacente i compiti richiesti dai diversi ruoli che si trova ad impersonare è necessario che possieda un complesso e funzionale repertorio di competenze.

Lo sviluppo dell'identità procede parallelamente alla individuazione di ruoli e repertori comportamentali coerenti con le rappresentazioni di sé e con il genere sessuale di appartenenza, il quale vincola e condiziona in modo sostanziale gli abiti che un individuo può "indossare" all'interno di una data situazione. La capacità che ha un individuo di padroneggiare diverse situazioni e differenti ruoli sociali non è legata esclusivamente alle strategie e alle abilità che possiede, ma è influenzata dal tipo di condotte comportamentali che un certo compito richiede; infatti in una realtà di tipo concettuale non è tanto il numero o il tipo di ruoli che un individuo impersona ad essere importante, quanto piuttosto il modo in cui li costruisce e quindi le competenze che penserà di dover possedere per interpretarli in modo adeguato.

L’analisi delle corrispondenze del "TST" ha evidenziato le diverse competenze e caratteristiche che una donna ritiene necessarie per affrontare il ruolo di madre, di lavoratrice e di moglie e di conseguenza saranno differenti anche le strategie e le abilità necessarie per fronteggiare i tre ruoli in modo soddisfacente. I processi autovalutativi e il livello di autostima sono quindi in costante interazione con i ruoli impersonificati da un individuo; i dati della ricerca hanno evidenziato in modo significativo come uomini e donne configurano in modo differente i ruoli sociali maggiormente distintivi delle loro vite adulte. Non solo le donne manifestano una visione più eterogenea e diversificata ma presentano anche maggiori dimensioni conflittuali all'interno dei diversi profili descrittivi. Considerando i risultati delle ricerche illustrate si potrebbe sostenere ingenuamente che uno dei fattori che differenziano il "Gruppo Uomo" dal "Gruppo Donna" possa essere individuato in una mancanza di competenze e strategie adeguate nell'affrontare le richieste dei differenti ruoli da parte del "Gruppo Donna". Ma alla luce di quanto precedentemente esposto si sostiene che è la natura stessa del ruolo, filtrata attraverso le categorie di giudizio e di significato possedute dagli individui, a produrre questo tipo di realtà. Una caratterizzazione più omogenea dei ruoli tipica dell'universo maschile, evidenziata sia dall’analisi delle correlazioni delle "GDR" che dall’analisi delle corrispondenze del "TST", richiede al soggetto un numero minore di competenze per poter affrontare in modo soddisfacente i diversi compiti, si desume che la maggior facilità nel raggiungere questi obiettivi sia in relazione a un maggior livello di autostima nei soggetti maschili e quindi a una minore presenza di disagio psicologico. Si individua quindi nel concetto di abilità sociale e nell'insieme di relazioni che lo legano ai processi autovalutativi messi in atto da un individuo, un interessante strumento per poter interpretare la relazione che intercorre fra la diversa percezione dei ruoli sociali e la loro relazione con il disagio psicologico manifestato da una persona.

4.2 Conclusioni

L'analisi delle "GDR" e dei "TST" ha evidenziato significative differenze nei due gruppi presi in esame. Le rappresentazioni dei ruoli sociali fornite dal "Gruppo Donna" sono complesse, organizzate in modo specifico ed eterogenee fra di loro, inoltre il "Gruppo Donna" ha evidenziato indici di conflittualità e di disagio; il "Gruppo Uomo" al contrario presenta una visione omogenea dei ruoli di marito, padre e lavoratore, le immagini prototipiche rimandano quindi ad un insieme di qualità stereotipiche sovrapponibili fra loro, oltre a questo il "Gruppo Uomo" ha mostrato un grado maggiore di soddisfazione personale. La complessità evidenziata dal "Gruppo Donna" nel definire le caratteristiche distintive dei diversi ruoli sociali che si troverà ad impersonificare, ha fornito lo spunto per ipotizzare una maggiore difficoltà da parte delle donne nell'integrare un sistema di rappresentazioni così eterogeneo. I dati rilevati dal RRW legati alle teorie relative alle abilità sociali e confrontati con i risultati ottenuti dalla ricerca, inducono a ipotizzare che il sistema di ruoli e regole offerto dalla società occidentale, la quale genera ed è al contempo generata dai processi costruttivi e interpretativi degli individui, mediato dalle sue dinamiche storico - culturali e sociali sia una delle ragioni che sottendono al maggior grado di disagio psicologico manifestato dalle donne rispetto agli uomini. Si ipotizza che una tale costruzione della realtà si inserisca nei processi autovalutativi prodotti dall'individuo e al contempo nello strutturarsi delle varie rappresentazioni di sé; la complessità evidenziata dalle donne nel descrivere i diversi aspetti dei propri prototipi sociali si associa a una maggiore difficoltà nel riconoscere come proprie quell'insieme di abilità necessarie per impersonare con successo i diversi ruoli che la società offre, al contrario la visione semplificata riscontrata nel gruppo maschile sembra offrire un percorso facilitato per ottenere rappresentazioni di sé più soddisfacenti e gratificanti; sembra inoltre che questa differente modalità di costruzione dei ruoli sociali sia in relazione con il differente livello di disagio psicologico manifestato da uomini e donne. Alla luce di queste considerazione sarebbe interessante costruire un progetto di ricerca che analizzi le modalità di costruzione dei ruoli sociali di un individuo in relazione al grado di stress che manifesta.

Un concetto che può essere utilizzato per comprendere le relazioni fra individuo, mondo sociale, rappresentazioni di sé e sviluppo dell'identità è rappresentato dall'idea di "circolo ermeneutico" teorizzata da Heidegger (1927). L'individuo produce rappresentazioni di fatti e processi che appartengono a uno sfondo nel quale egli è al tempo stesso coinvolto, producendo delle conoscenze e delle rappresentazioni di una realtà della quale possiede una precognizione in quanto vi si trova costantemente ad interagire. Queste considerazioni si allontanano dall'idea di uno sviluppo della conoscenza (sia interna che esterna all'individuo) intesa come frutto del rapporto lineare che lega oggetto e soggetto, ed evidenziano la dimensione "posizionale" della conoscenza, costantemente legata alla collocazione che essa occupa nella gerarchia sistemica degli individui (Gargani, 1988).

Partendo da queste posizioni si afferma che le idee e le azioni di un individuo non sono frutto di menti individuali "autocontenute", oppure di una super coscienza collettiva che si imporrebbe ai singoli, ma bensì di relazioni interattive e sociali, comunque più ampie di ciascun singolo soggetto, alla cui formazione ogni individuo partecipa creativamente attraverso abilità interattive e comunicative. Si sostiene, concordando con le idee di Bateson (1972), che la mente non sia localizzabile in un organismo individuale ma al contrario si trovi all'interno di un processo interattivo e costruttivo, dove l'unità non è più l'organismo ma l'organismo nel suo ambiente. Il sé quindi non è una struttura monadica e immutabile dell'individuo ma è caratterizzato, come sostiene Goffman, (1967) da una dimensione molteplice, relazionale e situazionale, esso è in relazione con la natura riflessiva della varietà di cornici (contesti) che organizzano e regolano l'esperienza sociale Tutti gli elementi che definiscono ruoli e contesti hanno quindi un carattere metacomunicativo, infatti l'individuo che riceve un certo messaggio è guidato nella sua interpretazione e nella programmazione di una azione adeguata, dalla sua modalità di considerare i ruoli che legano sé stesso e il messaggio con cui interagisce. Parafrasando le parole di De Biasi (1998) si sostiene come l'individuo al di fuori del proprio contesto di significazione equivalga all'applauso di una mano sola. La nozione di "circolo ermeneutico" realizza la sua necessità, in relazione a questo studio, nel momento in cui si offrono dei modelli interpretativi dello sviluppo dell'identità del singolo individuo partendo dalla sua costruzione della realtà, consapevoli che la realtà sociale e culturale in cui si trova gli ha fornito gli strumenti necessari per sviluppare i propri processi di significazione.

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Claudio Fasola, psicologo clinico, laureato presso l’Università degli Studi di Padova, si occupa di sessuologia, insegnamento presso la Ssis veneta (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario), e ricerca presso la Facoltà di Psicologia di Padova. Lo studio dell’identità personale attraverso il modello interazionista, qui presentato, appartiene ad un più ampio progetto di ricerca, in via di completamento, che analizzerà nel dettaglio i diversi aspetti di questo fenomeno.

Claudio Fasola, indirizzo posta elettronica: cfasola@libero.it



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