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Andrew Newberg e Eugene d’Aquili: Dio nel cervello. La prova biologica della fede. Mondadori, Milano, 2002, pp 210, Euro 15,80

Come osservazione preliminare si può rilevare che il titolo originale "Why God won’t go away" è stato tradotto impropriamente e forse in modo furbescamente teista dato che il termine "fede" è assente perfino nell’indice analitico.

Il libro inizia con la descrizione di una tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli (SPECT) effettuata su un volontario che praticava la meditazione tibetana. La tecnica ha permesso di verificare un aumentato afflusso di sangue e una possibile attivazione metabolica in un’area del lobo parietale supero-posteriore definita dagli autori area associativa dell’orientamento spaziale. Dalla normale funzione di quest’area dipende infatti l’esattezza della costante percezione che distingue l’io dall’ambiente circostante, mentre la meditazione sembra capace di bloccare temporaneamente tale funzione. L’operazione rende quindi possibile il collegamento del sé con una spazialità infinita e di verificare la correlazione tra esperienza mistica e fisiologia cerebrale. E’interessante il fatto che le vie neurali coinvolte nell’esperienza mistica siano quelle evolutesi per collegare l’esperienza sessuale con la sensazione dell’orgasmo. Nel piacere sessuale sono però implicati anche ipotalamo e sistema nervoso autonomo e tale piacere è strettamente dipendente da sensazioni corporee, perlopiù tattili. L’esperienza mistico-trascendentale e lo stato estatico con cui essa culmina dipende invece in massima parte da strutture cognitive superiori. La gran parte dei mistici raccomanda l’astinenza e la castità per facilitare l’esperienza trascendentale e quasi tutte le religioni impongono per altro un rigido controllo della vita sessuale.

Dopo una descrizione sintetica dei meccanismi di funzionamento del cervello gli autori esaminano le attività delle aree dell’orientamento e dell’attenzione da cui dipende la definizione del sé e l’insieme delle speciali percezioni spazio-temporali associate all’esperienza mistico-religiosa. "Il fatto che l’esperienza spirituale dipenda da un’attività neurale non smentisce la realtà del fenomeno" affermano gli autori, aggiungendo che "Dio non può esistere, come concetto e come realtà, in altro luogo che non sia la mente umana" Le due affermazioni si possono unire in una sorta di corto-circuito in cui si condensano le ipotesi che la mente sia generata dal cervello e che esista qualcosa definibile con il termine "realtà".

L’esame delle risposte emotive collegate con l’attività del sistema limbico prosegue con un approfondimento della descrizione della funzione cerebrale in termini di "funzioni analitiche generali della mente" definite anche come "operatori cognitivi". I dati sperimentali presi in esame sono soprattutto le immagini ottenute con tecniche di SPECT, di tomografia di emissione di positroni (PET) e di risonanza magnetica funzionale (fMRI) con le quali è possibile seguire l’attivazione di diverse aree cerebrali associata allo svolgimento di particolari compiti mentali. Gli studi eseguiti con queste tecniche permettono di proporre che "se Dio esistesse davvero, potrebbe manifestarsi soltanto nell’intrico di strutture e vie neurali", un’affermazione che, come molte altre del libro, può essere letta sia in modo completamente agnostico che in modo teista.

Una possibile precisazione relativa alle pratiche sperimentali discusse riguarda il problema dei "blanks" (prove in bianco) cioè le prove di controllo che permettano di escludere l’esistenza di artefatti. Se cioè si misura l’attivazione di certe aree cerebrali legata a pratiche religiose o esperienze mistico-trascendentali occorrerebbe confrontare questa attivazione con eventuali attivazioni dipendenti da pratiche diverse ma altrettanto intense. Non si può dire che con la meditazione yoga una certa area si attivi a confronto dello stato di non attivazione rilevabile prima della meditazione stessa, ma occorrerebbe confrontare l’attivazione da yoga con quanto succede allo stesso soggetto impegnato in un compito altrettanto impegnativo, ma diverso. Non è escluso che certi drogati del calcio, guardando una finale di campionato del mondo alla TV, rispondano attivando le aree in questione.

I mistici non sono vittime di illusioni, ma i loro stati estatici hanno una base neurale osservabile che li rende, secondo la definizione del testo, "convincenti" come altre percezioni.

Gli autori partono dalla tesi che il misticismo sia la base delle religioni: concezione non del tutto condivisibile poiché in realtà in tutte le religioni esiste un lato mistico che spesso è ridotto ai margini se non addirittura osteggiato in confronto con caratteristiche ritenute più importanti come il potere religioso, l’istituzione religiosa, il controllo sociale religioso.

A parte questo, la ricostruzione riduzionista in senso biologista dell’origine delle religioni, dei miti, dei riti e la loro utilità per la sopravvivenza umana in quanto metodi di controllo dell’ansia e dell’angoscia esistenziale sono di grande interesse e in fondoabbastanza comprensibili nell’ottica di risposte adattative. Da questo punto di vista lo spirito di quest’opera è vicino a quello del lavoro di J. Jaynes che, con l’ipotesi della "mente bicamerale" e di "voce degli dei" dipendente da un’area del cervello destro dei primitivi, ha collegato evoluzione biologica, evoluzione culturale, funzione normale e funzione patologica del cervello umano.

I metodi usati per il condizionamento neurale che permette di trasformare l’homo faber in homo religiosus sono di tipo chimico, mediante digiuno e assunzione di allucinogeni, o di tipo comportamentale. In particolare esistono tecniche di deprivazione sensoriale e tecniche di meditazione capaci di concentrare tutta l’attenzione su qualcosa o per distoglierla da qualsiasi cosa. Questo permette di modificare, esaltando o bloccando del tutto, gli stimoli che afferiscono al lobo parietale supero-posteriore e regolano la formazione del senso del sé interno (lobo sinistro) o dello spazio esterno (lobo destro). In questo modo si arriva a stabilire un collegamento del sé spaziale con l’infinito o con il nulla realizzando la fusione olistica dell’io con il tutto che è l’obiettivo finale della pratica mistica. In queste tecniche è compresa anche la modulazione delle funzioni del sistema nervoso autonomo e delle modalità eccitatoria o inibitoria della funzione centrale.

Il collegamento dell’esperienza mistica con condizioni patologiche come l’epilessia o la schizofrenia viene discusso estesamente mediante un’ipotesi interpretativa utile per ulteriori discussioni.

Più problematica è la transizione dalla visione immanentista ai significati trascendentali e in particolare il punto cruciale che è la definizione di "reale" in senso assoluto che esce dall’ambito semantico del noto adagio hegeliano per il quale tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale.

Il testo conclude con l’affermazione che le basi neurobiologiche sulle quali si fondano le esperienze mistiche dei tipi più diversi implicano l’unitarietà dell’oggetto di tali esperienze. Questo, assieme alle ipotesi sull’origine dei miti da pulsioni biologiche e dei rituali che servono a innescare stati estatici fornisce una giustificazione razionale della religione, ma, a mio avviso, non è sufficiente a dimostrare l’esistenza reale di un Dio. E’ evidente che la mente umana abbia potuto costruire ipostasi trascendenti rispetto alla pura e semplice esistenza materiale e che queste ipostasi siano il prodotto di ben precise attività neurali e si può essere solo soddisfatti che sia possibile studiare sperimentalmente tali attività. In un cervello funzionante vi è certamente l’idea di Dio, ma nello stesso cervello anestetizzato mediante pentotal quest’idea resta solo come potenzialità.

La lettura di un libro come questo è in ogni caso altamente raccomandabile per l’onestà intellettuale degli autori che traspare dal loro modo di porsi, anche se il loro pensiero, in fondo riduzionista, potrà essere usato in modo strumentale dai manipolatori professionali delle coscienze. Alle informazioni neurobiologiche qui contenute si può aggiungere la recente identificazione, riferita tra gli altri da F. Crick, del giro cingolato anteriore quale sede del libero arbitrio. La visione neuro-teista si può così completare escludendo la predestinazione in favore della possibilità di scelta dell’unio mystica che è una delle funzioni del sistema nervoso centrale.

Se questo discorso neurobiologico verrà integrato con una più profonda riflessione storico-filosofica si potrà tollerare meglio la sua pretesa di legittimità unica e incontestabile acquistando maggiore credibilità e spessore. Ed è una cosa che vale certamente la pena di fare.

Forse a questo tipo di lavoro si dovrebbe premettere la definizione più realistica dell’essenza di Dio, discutendo le classiche opzioni come "Verità", "Amore", "Bontà" e magari considerandone anche di nuove come quella che "Dio è Potere".

Ma questo aprirebbe un discorso più ampio che non è certamente possibile fare in questa sede.

Lauro Galzigna

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