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RI-PROGETTAZIONE DEL CREDITO SCIENTIFICO NELL'ERA DELL'ECONOMIA DELL'INFORMAZIONE GLOBALIZZATA

Philip Mirowski

Su gentile concessione dell'Autore e di Edward Valauskas, Editore di First Monday, su cui è stato pubblicato l'articolo per la prima volta nel numero di Dicembre 2001, volume 6, numero 12 . Traduzione a cura di Anna Fata.

 

RIASSUNTO

 

Recentemente è sorto l’interesse per la valutazione dell’impatto delle recenti modifiche nella legge sulla proprietà intellettuale sulla struttura e sulla conduzione della ricerca scientifica. Questo saggio parte dalla prospettiva della letteratura degli studi della scienza e suggerisce che i primi semplicistici appelli all’analisi economica e la sacralità delle intenzioni autorevoli sono ampiamente difettosi sia nelle dimensioni teoriche, sia in quelle empiriche. Noi proponiamo un’alternativa basata su una tassonomia dei tipi di autori presi in considerazione in diversi regimi di proprietà intellettuale. Da questa prospettiva, due tendenze recenti e semi-indipendenti — precisamente, la revisione profonda del copyrigth e del brevetto nella direzione contraria alle prime costruzioni dell’autore e verso un controllo di maggiore downstream, e la spinta alla ri-progettazione delle università verso una direzione maggiormente commerciale — stanno conducendo ad una contraddizione fondamentale del ruolo dei modelli disponibili per gli scienziati contemporanei. Bruscamente, più la scienza viene commercializzata sotto il nuovo regime, più le pratiche di ricerca ed i protocolli precedenti vengono minacciati. Il saggio si chiude con tre tipi di esempi per illustrare questa affermazione: i legali chiedono di sopprimere la critica il dibattito, le restrizioni sull’accesso al dibattito e la trasformazione dei giornali scientifici in pubblicazioni infocommerciali.

INTRODUZIONE

 

Perché così numerosi e seri pensatori sembrano sperimentare tale arrivo problematico ai controlli con i processi sociali e le loro relazioni instabili alle strutture economiche dedicate al loro mantenimento ed incoraggiamento? Esther-Mirjam Sent ed io abbiamo appena terminato di pubblicare una ricerca storica dei vari approcci all’analisi di ciò che si può chiamare "l’economia della scienza" (Mirowski e Sent, 2001). La lezione più importante delineata dall’esercizio, almeno per me, è il ventaglio di teorie sociali che gli analisti della politica scientifica hanno sviluppato nel passato e che sono servite principalmente per sviare la loro attenzione dai problemi pressanti e dalla grandi trasformazioni nella scienza contemporanea. Se dovessi riassumere l’esperienza dell’ultimo secolo, sembra che sia consistita in una o due elementi di base: una afferma che la scienza opera proprio come un mercato, quindi non ti preoccupare e sii felice; mentre l’altra insiste sul fatto che la scienza è proprio l’antitesi del mercato e deve essere trattata con la reverenza appropriata ad un mistero, negando del tutto gli sporchi dettagli del finanziamento. Ciò che è persino strano di questa situazione è il modo in cui quelli che si ritengono degli strenui sostenitori della metafora di un "mercato delle idee", da Michael Polany a Paul David a John Ziman alla scuola di "attore della rete" di Parigi (tutti ristampati da Mirowski e Sent, 2001) tendono a far cadere la loro analisi indietro nel linguaggio e nelle modalità dell’analisi di mercato verso un’estensione più o meno grande [ ], compiendo così le loro crociate per proteggere la scienza dagli idoli del mercato più che un piccolo sospetto.

Ci sono forse due cattive abitudini in cui questa letteratura tende a scivolare, che servono per evitare qualsiasi ricerca incisiva nella relazione complessa della ricerca scientifica verso strutture e istituzioni economiche. La prima propone una caratterizzazione di ampia portata della lettera maiuscola S della scienza come se mantenesse il dominio come un invariante attraverso tre secoli o più di ricerca. Niente è più dannoso all’esame delle strutture sociali ed alle procedure quotidiane della scienza della tendenza a trattarla come un Ideale Platonico, qualcosa che l’ambito degli studi della scienza mette in guardia nella filosofia della scienza e nella sociologia di stile Mertoniano della scienza. Anche peggio è l’impressione dilagante che la Scienza produca come risultato una "cosa" generica che perdura nel tempo, che viene chiamata "conoscenza" o "informazione" o virtù epistemica. La seconda insidia consiste nel fondere l’operazione dei mercati con i modelli della teoria economica neoclassica. Alcuni dei più importanti aspetti sociali dei mercati, come il trattamento dei diritti di proprietà e l’attribuzione delle valutazioni, sono riservati a tali resoconti confusi nella teoria neoclassica, che molto dell’aspetto economico della scienza degenera in argomenti circa i minimi particolari tecnici dei modelli piuttosto che il fenomeno di interesse [ ]. In passato, le strutture sociali della scienza sono dipese in modi decisivi dalle operazioni di mercato, ma questa dipendenza ha cambiato la sua caratteristica nel tempo. L’intersezione recente delle tecnologie dell’informazione, delle definizioni della proprietà intellettuale e la ristrutturazione delle finanze dell’università è semplicemente l’ultima in una sequenza di interazioni tra scienza e mercato. Argomenti noiosi sull’ineffabile "ordine spontaneo" e l’impervietà della verità della corruzione monetaria e le descrizioni delle misure del benessere utilitaristico inaccessibile, equamente forniscono proprio delle deviazioni dalla questione reale, che è comprendere come le strutture sociali delle discipline scientifiche e le strutture sociali dei mercati interagiscono.

In questo saggio ci chiederemo: cosa è accaduto recentemente ad alcuni tracciati assai logori per avere successo nella scienza contemporanea? Dal momento che noi possiamo rilevare l’indice del successo nell’economia di mercato — precisamente, diventare ricchi — come dato e non problematico, l’inchiesta esplorerà prevalentemente la questione di ciò che ora significa per uno scienziato indossare il mantello di autore al volgere del millennio e chiedere come egli o ella esercita il controllo della paternità, in modo tale da raccogliere il riconoscimento sociale e sostenere ciò che può essere sfruttato in qualche modesto successo economico? Questo implicherà l’analisi dello stato perennemente non facile dell’autore nel processo della diffusione delle scoperte scientifiche, così come le nozioni equamente imprecise del "possesso" delle scoperte scientifiche e la loro relazione a forme di proprietà intellettuale. Il credito scientifico è sempre esistito immerso in un ambiente di diritti di proprietà; la direzione viene dall’esplorare come la paternità è stata costruita, non nata. In questo modo, forse noi possiamo cominciare a fare qualche progresso verso la vexata questione della relazione dalla scienza al mercato. Inoltre, ponendo la questione in questo modo, possiamo in realtà incominciare ad analizzare i cambiamenti recenti nella struttura sociale della scienza, che possono essere il risultato dei cambiamenti nella struttura dell’economia, rivelando i modi in cui essi sono reciprocamente costituiti.

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