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Cesare Albasi, Psicopatologia e ragionamento clinico, Raffaello Cortina, Milano, 2009, pp. 311, 27 euro di ALESSANDRO MIGLIORE

 

Un interrogativo costantemente presente nella ricerca clinica è come trovare una risposta alle caratteristiche poliedriche e sfuggenti del mondo psichico, cercando di coniugare la molteplicità e fuggevolezza della mente con la necessità scientifica di fondare empiricamente la pratica clinica. L’esigenza di strumenti per pensare alla psicopatologia in un senso più ampio di quello riduzionistico legato alla tradizione categoriale e descrittiva, e utile al lavoro clinico, è il punto centrale della riflessione e della ricerca presentata in questo volume.

Cesare Albasi, membro della Associazione Studi Psicoanalitici (ASP) e della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRe), è ricercatore e docente in Psicologia clinica presso l’Università di Torino, oltre ad essere uno stimato clinico (psicoterapeuta, analista relazionale, supervisore). Negli ultimi anni abbiamo potuto leggere (cfr. per esempio Attaccamenti traumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati, Torino 2006) le sue riflessioni sulla propria esperienza clinica negli scritti dedicati al trauma, alla dissociazione e alla psicoterapia psicoanalitica, che appaiono ulteriormente valorizzati nel contesto del volume qui presentato dedicato al cominciamento del lavoro clinico sul caso, la valutazione della psicopatologia; e che (con il referaggio di Franco del Corno e Vittorio Lingiardi, curatori del PDM-Manuale Diagnostico Psicodinamico,oltre che del volume qui recensito) presenta, primo libro pubblicato in Italia, un’articolata riflessione sul PDM e un sistema di valutazione clinica da esso derivato, che ruota attorno al QFM-27, Questionario clinician report sul Funzionamento Mentale e sui livelli di organizzazione della personalità molto rilevante per l’impiego clinico del PDM e per l’attività di ricerca, sia quella scientifica in senso ampio sia quella che ogni centro o servizio clinico è ormai attualmente invitato a condurre per varie e numerose ragioni (cfr. www.pdm-qfm.com).

Questo libro nasce così dalla necessità di avere a disposizione un testo nel quale vengano discussi alcuni strumenti concettuali che favoriscano un ragionamento clinico integrato sulla psicopatologia. In realtà, molti libri sono stati pubblicati su questo tema e molti verranno scritti in futuro. Il punto che li accomuna sembra, tuttavia, essere la tendenza ad affrontare la psicopatologia secondo un’ottica descrittivo-nosografica oppure ad analizzarla a partire dalla definizione dei concetti di base di qualche modello teorico specifico. Se da una parte è indiscutibile che tutti questi approcci siano indispensabili nel lavoro clinico, dall’altra appare innegabile che nessuno di essi, se considerato in modo univoco ed esclusivo, sia sufficiente a sostenere quel complesso processo che è la valutazione psicopatologica finalizzata ad aiutare il paziente.

Con Psicopatologia e ragionamento clinico Albasi si prefigge di dimostrare che, in modo complementare alla ricerca teorica ed empirica sui concetti psicopatologici, risulta essenziale anche lo sviluppo di un pensiero sulla psicopatologia che ne metta in luce le valenze applicative, valorizzando in modo particolare il momento diagnostico, vero punto di partenza del lavoro clinico. Accettare "la sfida della diagnosi" (come Albasi la definisce) richiede di accogliere alcune esigenze: l’esigenza della sistematicità nella valutazione della psicopatologia, quella delle formulazioni adatte a impostare in modo integrato trattamenti differenti, quella della comunicabilità (tra clinici ed eventualmente con il paziente che lo richiede) e dell’intersoggettività come valori irrinunciabili. Finalità di questo testo è di affrontare alcune delle questioni sollevate da tali presupposti, collocandosi in una prospettiva definita dal primato della clinica. Esso non è dedicato agli aspetti storici o epistemologici della psicopatologia, né adotta una posizione argomentativa che persegua obiettivi teoretici o strettamente disciplinari. Si rivolge, piuttosto, al contesto clinico nel quale la valutazione e la comprensione della psicopatologia devono essere impiegate per progettare il trattamento di aiuto per il paziente. La valorizzazione dell’esperienza soggettiva, unica ed irripetibile, del paziente è l’orizzonte di riferimento per gli argomenti discussi, che riguardano sia aspetti astratti della riflessione clinica che aspetti operativi degli strumenti oggi disponibili.

Il libro si articola in cinque parti. La prima (capp. 1-2) si configura come un’introduzione alla lettura delle pagine che seguiranno. L’autore chiarisce la propria visione di alcuni dei concetti principali della psicologia clinica e della psicopatologia (salute e normalità, patologia e dolore, mente e soggettività), fondamenti di un ragionamento clinico efficace. Tali concetti vengono inquadrati in una cornice psicoanalitica relazionale che valorizza l’incontro intersoggettivo come contesto evolutivo imprescindibile per la costruzione di una soggettività piena e ricca di significato personale. In quest’ottica, la nostra soggettività, intesa da Albasi come "luogo di costruzione del significato dell’esperienza", non può che formarsi all’interno delle relazioni di attaccamento, che offrono un riconoscimento intersoggettivo alla nostra specificità, unica e necessariamente complessa, di caratteristiche. La psicopatologia viene di riflesso concepita come scompaginamento della propria soggettività e delle proprie relazioni come sorgenti di significatività. Come scrive l’A., essa va intesa al pari di una strategia adattiva (benché fallimentare) a compiti evolutivi specifici e contesti singolari. A partire dall’importanza della relazione e della relazionalità come pilastri fondanti la psiche, prende corpo una visione dell’intervento clinico come interazione personale tra soggetti (il paziente e il terapeuta), un incontro tra menti, volto all’attivazione di processi di ricerca dei significati. A questa analisi concettuale Albasi fa seguire la discussione di quello che ritiene il pilastro metodologico del processo diagnostico: il ragionamento clinico sul caso. Quest’ultimo viene scomposto e analizzato nelle diverse forme logiche che possono sottenderlo. La prima è quella nosologica, modalità di pensare sulla base di somiglianze con categorie e tipi generali secondo un criterio del tipo "tutto o niente", fondamento della diagnosi descrittiva di manuali psicopatologici come il DSM e l’ICD. La seconda, di tipo dimensionale, è una modalità di ricerca di differenze e unicità, volta all’identificazione delle regole che danno forma al funzionamento mentale di un individuo con l’obiettivo di costruire un modello che rappresenti la sua irripetibile singolarità. In apparente contrapposizione con il carattere verbale ed esplicito delle prime due, la terza logica, di tipo procedurale, si configura come modalità di conoscenza attraverso l’azione e l’interazione con l’altro, basata su una valutazione intuitiva tramite i livelli impliciti del funzionamento mentale.

Lungi dall’affermazione del primato di una logica sulle altre, propria di un riduzionismo dicotomico che le concepirebbe come polarità antitetiche che si escludono mutuamente, Albasi propone per esse un inquadramento epistemologico di matrice dialettica. Quest’ultimo, accettando il paradosso dell’interdipendenza degli opposti, promuoverebbe una soluzione pienamente integrativa delle tre logiche in modo tale che, pur nel rispetto delle rispettive peculiarità distintive, i limiti di ciascuna possano essere compensati dalle qualità delle altre. Nella visione dell’A., che aderisce al modello "costruttivista-partecipante", le tre logiche sarebbero copresenti nel reggere il ragionamento clinico fin dall’inizio dell’incontro col paziente.

La seconda parte del libro (capp. 3-5) è dedicata a un’esposizione approfondita e particolareggiata degli strumenti principali che orientano la pratica diagnostica oggi. Punto di partenza è una discussione del DSM, di cui vengono trattate caratteristiche, punti di forza e di debolezza e prospettive di sviluppo futuro prevalentemente attraverso una imponente revisione della più recente letteratura "ufficiale APA". Di qui l’A. passa a presentare il Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM) che, pubblicato negli Stati Uniti nel 2006 e introdotto di recente anche in Italia, rappresenta un’autentica rivoluzione operativa nel campo della psicodiagnosi. Esso si propone come un’alternativa complementare ai sistemi tassonomici fondati su un’impostazione esclusivamente descrittiva alla psicopatologia. Infatti, pur senza trascurarne la dimensione categoriale, valorizza una concezione della diagnosi in senso dimensionale, pervenendo a una valutazione clinica fondata su una comprensione complessiva e articolata del funzionamento del singolo individuo, utile per una progettazione psicoterapeutica su misura del paziente. Offrendo una dettagliata analisi del PDM nella sua molteplicità di prospettive osservative, costantemente accompagnata dalle riflessioni critiche dell’A., il libro si propone come prezioso strumento per il suo utilizzo applicativo.

Nella terza parte del volume (capp. 6-8), a partire da qualche breve riflessione che rimanda ai contesti socio-culturali ed epistemologici contemporanei, l’A. definisce alcuni temi cardine dell’attuale dibattito psicoanalitico relazionale (come la complessità, il senso di identità e la capacità di costruire relazioni di attaccamento), delineando la propria concezione della mente come articolata su due piani fondamentali: quello "orizzontale", che implica la molteplicità dei Modelli Operativi Interni (MOI), e quello "verticale", che comprende livelli di funzionamento impliciti (procedurali e non simbolici) ed espliciti (dichiarativi e simbolici).

La parte quarta (cap. 9) si apre con una riflessione sui livelli di organizzazione della personalità, che rappresenta uno dei concetti centrali del PDM. La molteplicità dei MOI discussa nei precedenti capitoli viene qui ripresa per esplorare in modo approfondito la dimensione dissociata del livello procedurale del funzionamento psichico. Ampio spazio è riservato dall’A. ai propri concetti di Modelli Operativi Interni Dissociati e di Attaccamenti traumatici (cfr. il citato Albasi, 2006), fondamentali per la comprensione dei deficit di funzionamento che caratterizzano i livelli borderline di organizzazione della personalità.

I capitoli della parte quinta (10-11) espongono, sinteticamente e a livello introduttivo, alcuni presupposti degli orientamenti cognitivista e sistemico relazionale, evidenziando così le linee d’integrazione tra prospettive teoriche differenti. Entrambi i capitoli mostrano molti collegamenti con gli altri concetti trattati nel volume da un punto di vista psicoanalitico, sottolineando la necessità, profondamente sentita dall’A., di un confronto tra prospettive teoriche per poter affrontare in modo non riduttivo il tema della psicopatologia.

A conclusione del libro, l’Appendice propone alcuni schemi e strumenti per lo studio e l’applicazione del PDM, riprendendo in modo sintetico i concetti espressi nel corso del volume per indicarne possibili utilizzi in senso applicativo diagnostico. Particolare attenzione è dedicata alla presentazione del Questionario del Funzionamento Mentale

( QFM-27; www.pdm-qfm.com ), elaborato dallo stesso Albasi con la sua equipe di collaboratori. Questo strumento si prefigge di facilitare la valutazione delle funzioni mentali del paziente così come vengono concettualizzate nel PDM e di formulare ipotesi sui livelli organizzativi di personalità ai quali esse operano.

La pubblicazione di Psicopatologia e ragionamento clinico si inserisce in uno scenario contemporaneo caratterizzato da un grande fermento filosofico-scientifico, in virtù del quale le basi ideologiche della modernità (come il razionalismo, lo scientismo e l’oggettivismo di stretta derivazione positivista) stanno subendo una radicale messa in discussione. La matrice epistemologica che attualmente informa il modo di concepire la scienza, di pensare e di osservare, è estremamente differente da quella caratteristica della modernità, periodo nel quale sono state gettate le fondamenta della psicologia, della psicoanalisi e della psichiatria. L’approccio dicotomico promulgato dalla modernità viene superato, nel pensiero contemporaneo, da una logica integrativa di tipo dialettico, in cui ogni elemento del discorso è in relazione con l’altro, rimanda all’altro e si compenetra con esso in un tutt’uno dinamicamente articolato. In questa linea sono da collocare le riflessioni cosiddette postmoderne, centrali per la comprensione della psicopatologia, sulla categoria del "soggetto" e sulla molteplicità. Ragionare clinicamente oggi implica, dunque, collocarsi in un contesto molto differente da quello di qualche decennio fa. All’interno di tale contesto, con Psicopatologia e ragionamento clinico Albasi riesce a tratteggiare interessanti possibilità di integrazione al servizio della clinica: integrazione tra prospettive disciplinari, tra punti di vista teorici, tra livelli di osservazione, tra logiche del ragionamento clinico, tra soggetto e soggetto (clinico e paziente, medico e psicologo, servizio pubblico e privato ecc.). Lo spirito che lo anima è quello di un’integrazione che non può essere nutrita da un riduzionismo limitante ma dalla curiosità per le differenze e le specificità degli approcci alla psicopatologia.

Un valore di questo libro è testimoniata dall’inevitabile sensazione, lasciata dalla sua lettura e meditazione, di aver ricevuto uno stimolante indirizzo di pensiero, come un’impronta formativa ad aprire i propri ragionamenti clinici ma anche a fondarli seriamente in un pensiero critico e in riferimenti empirici. In primo luogo esso, sulla base delle sue profonde riflessioni epistemologiche, fornisce lo stimolo per un nuovo modo di ragionare clinicamente. Albasi riesce a dimostrare che i margini di confronto e dialogo offerti dal progresso dei paradigmi teorici contemporanei, pur nel rispetto delle differenze, sono molto ampi ed è possibile integrare i punti di vista offerti dai diversi modelli per avere una visione dei problemi clinici sfaccettata e articolata e, dunque, molto fertile.

In modo complementare alla ricerca teorica sui concetti psicopatologici, l’A. cerca poi di sviluppare un pensiero sulla psicopatologia strettamente connesso alla pratica clinica, di cui viene valorizzato il momento diagnostico (pensato criticamente e contestualizzato). Ponendo in primo piano l’approccio dimensionale alla comprensione del paziente, Psicopatologia e ragionamento clinico è diventato uno strumento-guida per l’utilizzo applicativo del PDM-Manuale Diagnostico Psicodinamico sia in ambito clinico che nel contesto della ricerca empirica, sia per clinici con formazione psicoanalitica sia per altri (come testimonia l’attività di formazione nelle diverse ASL che hanno adottato il QFM nella loro prassi quotidiana).

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