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Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, Einaudi, Torino 2004, pp. 160, Euro 17

 

 

Nella Prefazione l’autore dichiara che, dopo 25 anni di studio del problema, è possibile trattare la coscienza quale oggetto d’indagine scientifica completamente affrancata da ogni legame con la metafisica.

I numi tutelari cui egli fa riferimento sono Charles Darwin e William James, due scienziati dell’800 cui si aggiunge la poetessa Emily Dickinson che, nello stesso periodo, parlava di un "cervello più grande del cielo", il cui peso è eguale a quello di Dio.

La tesi del libro è che si possono oggi riconoscere le basi neurali di uno stato soggettivo cosciente e che quanto si definisce coscienza emerga solo dall’organizzazione e dall’attività del cervello. In particolare, la coscienza si può definire come processo dipendente dalla dinamica di attività distribuite di popolazioni di neuroni di aree cerebrali diverse.

Edelman precisa la sua concezione affermando che tutta l’esperienza passata contribuisce a quella consapevolezza integrata che ognuno ha di ogni singolo momento, definita presente ricordato.

I capitoli del libro trattano, nell’ordine, la struttura del cervello, la teoria detta del darwinismo neurale, i meccanismi della coscienza e la sua complessità, i fenomeni di attenzione, rappresentazione, identità e il rapporto mente-corpo. Vi è infine una breve bibliografia selezionata che distingue gli autori con cui vi è accordo da quelli con cui vi è disaccordo.

La neuroanatomia di base viene presentata in modo succinto, ma chiaro e funzionale alla discussione successiva che parte dalla considerazione che lo sviluppo del cervello non è stato programmato, ma è un risultato dell’evoluzione darwiniana basata sulla selezione e sui principi popolazionisti. Il modello "globale" di cervello che deriva da questi presupposti è agli antipodi di ogni analogia cervello/computer che identifichi la mente come software di un hardware cerebrale rigido e immodificabile.

Il fondamento della spiegazione proposta da Edelman per i propri esperimenti è la cosiddetta teoria della selezione dei gruppi neuronali (TSGN).

La TSGN si riferisce prima di tutto alla fase di sviluppo conseguente alle variazioni epigenetiche degli schemi di connessione tra neuroni e della struttura sinaptica. In secondo luogo la TSGN considera gli effetti modellatori dell’esperienza sulla neuroanatomia e soprattutto il meccanismo del cosiddetto rientro o scambio ricorsivo tra aree cerebrali interconnesse, che coinvolge vie neurali reciproche collegate in parallelo.

La TSGN non è però la sola spiegazione della straordinaria capacità autopoietica e di amplificazione del cervello: un’altra importante spiegazione della sua versatilità è la cosiddetta degenerazione, ovvero la capacità che hanno diversi suoi componenti di svolgere la stessa funzione e di garantire la ridondanza del sistema.

I meccanismi neurali della coscienza comprendono la categorizzazione percettiva, necessaria per decifrare l’informazione proveniente dal mondo, la capacità di costruire mappe di vario ordine, utilizzata per la formazione dei concetti e, "last but not least", la memoria. Quest’ultima è la facoltà di reiterare o eliminare un atto specifico mentale o fisico mediante variazioni della connettività sinaptica ed è distinguibile in varietà diverse, dette rispettivamente memoria di lavoro (o a breve termine), memoria a lungo termine, memoria procedurale e memoria episodica. L’analogia più adatta a rappresentarla non è quella dell’incisione su una roccia, ma piuttosto quella dello scioglimento e ricongelamento di un blocco di ghiaccio.

La zona del cervello coinvolta nella cosiddetta coscienza primaria, proprietà primitiva presente anche in specie non umane, è il sistema talamo-corticale. La comparsa nell’uomo della capacità di un linguaggio dotato di significati ha permesso l’ulteriore evoluzione ad una coscienza di ordine superiore.

La definizione di coscienza si può completare con le sue capacità di rendere possibili le esperienze delle sensazioni, ovvero i cosiddetti qualia, e di includere anche la coscienza del sé, che consente all’individuo di abbracciare la globalità della "scena cosciente".

Un modo semplice ed immediato di indicare la coscienza è quello imperniato sulla sua capacità di sopravvivere utilizzando i meccanismi di decisione consentiti dalla funzione cerebrale. Il cervello è un sistema ad alta complessità, che comporta un altissimo numero di interazioni tra parti e, tra queste, le più importanti per identificare il correlato neurale della coscienza sono quelle del cosiddetto nucleo dinamico: organizzazione complessa di neuroni funzionalmente aggregati. Per Edelman, però, la semplice correlazione è un concetto limitativo e, per uscirne, egli propone la proprietà della trasformazione fenomenica — che sarebbe il risultato della conversione dei segnali provenienti dal mondo e dal cervello stesso attuata dal nucleo dinamico — con la quale è possibile definire ciò che si prova ad essere coscienti.

Questo ragionamento, raffinato ed abbastanza complicato, permette di mantenere la descrizione nei limiti della causalità e del monismo e di evitare, al tempo stesso, l’identificazione degli individui come automi.

I meccanismi dell’attenzione e le funzioni di tipo automatico vengono quindi analizzate in modo strettamente collegato alle parti del cervello in essi coinvolti, come corteccia, gangli della base, prosencefalo e mesencefalo, assieme alle rispettive interazioni e ai rapporti con l’operatività del nucleo dinamico.

Una capacità che distingue gli esseri umani da altri animali superiori è, oltre al linguaggio, il privilegio (o la maledizione) di poter distinguere, nel presente ricordato, il passato dal futuro, oltre a quella di possedere un concetto di un proprio sé nominabile e socialmente definibile.

La coscienza di ordine superiore, tipicamente umana, implica inoltre le capacità di rappresentazione mentale e nel testo vengono descritti in sintesi gli esperimenti di magnetoencefalografia su soggetti in condizioni di rivalità binoculare, che permettono all’autore di concludere che "gran parte della psicologia cognitivista è mal fondata".

Edelman ha vinto nel 1972 il premio Nobel per la Medicina, attribuitogli per il suo contributo alla comprensione dell’immunologia e, in particolare, per la proposta del meccanismo selettivo di produzione degli anticorpi, che ha permesso di superare i modelli istruttivi antecedenti. Egli è stato, in questo, un biologo darwinista e, anche nella sua successiva teoria della coscienza, la sua prospettiva è restata quella della biologia darwinista. Questo non significa però che egli non sia aperto ad altri saperi e lo dimostra con un eclettismo che va dalla psicologia sperimentale di Kanizsa sulla fenomenologia delle illusioni sensoriali alla filosofia di Wittgenstein sui giochi linguistici. L’eclettismo è comunque funzionale alla possibilità di spiegare le interazioni tra gli insiemi polimorfi del nucleo dinamico, definite da condizioni che "non sono singolarmente necessarie né congiuntamente sufficienti". Le rappresentazioni neurali hanno infatti molte caratteristiche in comune con il linguaggio e, in particolare, gli effetti del contesto, il peso del significato e il ruolo del referente.

Questo libro, succinto ma esauriente, è una lettura senz’altro raccomandabile perché fornisce tutto quanto occorre sapere circa una delle più avanzate concezioni attuali riguardanti la coscienza e i suoi rapporti con la non-coscienza.

Un glossario esteso ed accurato consente all’autore di conciliare sintesi e completezza dell’informazione.

Lauro Galzigna

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